Pagina:Alfieri, Vittorio – Tragedie, Vol. I, 1946 – BEIC 1727075.djvu/303: differenze tra le versioni
Alex_brollo: split |
|||
Stato della pagina | Stato della pagina | ||
- | + | Pagine SAL 75% | |
Intestazione (non inclusa): | Intestazione (non inclusa): | ||
Riga 1: | Riga 1: | ||
{{RigaIntestazione||{{Sc|atto terzo}}|297}} |
|||
Corpo della pagina (da includere): | Corpo della pagina (da includere): | ||
Riga 1: | Riga 1: | ||
{{poem t| |
|||
breve è pur troppo a ristorare i lunghi |
breve è pur troppo a ristorare i lunghi |
||
sofferti affanni. Il suo silenzio... |
sofferti affanni. Il suo silenzio... |
||
Agam. |
Agam.+14 Oh quanto |
||
Oh quanto |
|||
meno il silenzio mi stupia da prima, |
meno il silenzio mi stupia da prima, |
||
ch’ora i composti |
ch’ora i composti studíati accenti! |
||
Oh come mal si avvolge affetto vero |
Oh come mal si avvolge affetto vero |
||
fra pompose parole! un tacer havvi, |
fra pompose parole! un tacer havvi, |
||
figlio d’amor, che tutto esprime; e dice |
figlio d’amor, che tutto esprime; e dice |
||
piú che lingua non puote: havvi tai moti |
|||
involontarj testimon dell’alma: |
involontarj testimon dell’alma: |
||
ma il suo tacere, e il parlar suo, non sono |
ma il suo tacere, e il parlar suo, non sono |
||
Riga 16: | Riga 15: | ||
fra tanti rischj e memorande angosce |
fra tanti rischj e memorande angosce |
||
col sudor compri; s’io per essi ho data, |
col sudor compri; s’io per essi ho data, |
||
piú sommo bene, del mio cor la pace? |
|||
⚫ | |||
;Elet. |
|||
⚫ | |||
avrai fra noi, per quanto è in me, per quanto |
avrai fra noi, per quanto è in me, per quanto |
||
sta nella madre. |
sta nella madre. |
||
⚫ | |||
;Agam. |
|||
⚫ | |||
da se dissimil tanto, onde s’è fatta? |
da se dissimil tanto, onde s’è fatta? |
||
Dillo tu stessa: or dianzi, allor quand’ella |
Dillo tu stessa: or dianzi, allor quand’ella |
||
Riga 28: | Riga 25: | ||
ponea; vedesti? mentre stava io quasi |
ponea; vedesti? mentre stava io quasi |
||
fuor di me stesso, e di abbracciarlo mai, |
fuor di me stesso, e di abbracciarlo mai, |
||
mai di baciarlo non potea saziarmi |
mai di baciarlo non potea saziarmi; |
||
a parte entrar di mia paterna gioja, |
a parte entrar di mia paterna gioja, |
||
di’, la vedesti forse? al par che mio, |
di’, la vedesti forse? al par che mio, |
||
chi detto avrebbe che suo figlio ei fosse? |
chi detto avrebbe che suo figlio ei fosse? |
||
Speme nostra comune, ultimo pegno |
Speme nostra comune, ultimo pegno |
||
dell’amor nostro, Oreste. — O ch’io m’inganno, |
|||
o di giojoso cor non eran quelli |
o di giojoso cor non eran quelli |
||
i segni innascondibili veraci; |
i segni innascondibili veraci; |
||
non di tenera madre eran gli affetti |
non di tenera madre eran gli affetti; |
||
non i trasporti di consorte amante. |
non i trasporti di consorte amante. |
||
⚫ | |||
Elet. |
|||
}} |
|||
⚫ | |||
</poem> |
|||
Piè di pagina (non incluso) | Piè di pagina (non incluso) | ||
Riga 1: | Riga 1: | ||
</div> |
|||
<references/></div> |
Versione delle 11:22, 15 mag 2020
Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
atto terzo | 297 |
sofferti affanni. Il suo silenzio...
Agam. Oh quanto
meno il silenzio mi stupia da prima,
ch’ora i composti studíati accenti!
Oh come mal si avvolge affetto vero
fra pompose parole! un tacer havvi,
figlio d’amor, che tutto esprime; e dice
piú che lingua non puote: havvi tai moti
involontarj testimon dell’alma:
ma il suo tacere, e il parlar suo, non sono
figli d’amor, per certo. Or, che mi giova
la gloria, ond’io vò carco? a che gli allori
fra tanti rischj e memorande angosce
col sudor compri; s’io per essi ho data,
piú sommo bene, del mio cor la pace?
Elet. Deh! scaccia un tal pensiero: intera pace
avrai fra noi, per quanto è in me, per quanto
sta nella madre.
Agam. Eppur, cosí diversa,
da se dissimil tanto, onde s’è fatta?
Dillo tu stessa: or dianzi, allor quand’ella
colle sue mani infra mie braccia Oreste
ponea; vedesti? mentre stava io quasi
fuor di me stesso, e di abbracciarlo mai,
mai di baciarlo non potea saziarmi;
a parte entrar di mia paterna gioja,
di’, la vedesti forse? al par che mio,
chi detto avrebbe che suo figlio ei fosse?
Speme nostra comune, ultimo pegno
dell’amor nostro, Oreste. — O ch’io m’inganno,
o di giojoso cor non eran quelli
i segni innascondibili veraci;
non di tenera madre eran gli affetti;
non i trasporti di consorte amante.
Elet. Alquanto, è ver, da quel di pria diversa