Pagina:Il Libro dei Re, Vincenzo Bona, 1886, I.djvu/192: differenze tra le versioni

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All’orrendo mio stato, e la sventura
625Che già già ti minaccia, assai più grave
Non far così per te. Vedi che il rio
Destino il dorso m’incurvò, che ancora
Vive sperando il cor, ma la memoria
È piena di dolor. La giovinezza
630Non mi restò, per me non son più figli,
E vincolo non è quaggiù nel mondo
Pari a quel della prole. Ha l’ingiustizia
Mezzo e confin; per adoprarla, grave
Cagion trovar si dee. Ma tu qual mai
635Cagione avevi? E se l’avesti, fuori,
Fuori l’esponi e dì, l’alta cagione,
Per cui tanta su me sorte malvagia
Meditavi di duolo. Umil son io,
Povero fabbro, e vennemi sul capo
640Dal mio signor divoratrice fiamma.
Che se prence sei tu, se due serpenti
Rechi, segno del ciel, sulla cervice,
T’è pur forza a me ancor render giustizia
E l’offesa purgar. Prence di sette
645Regïoni del mondo esser ti vanti;
Deh! perchè sarà mia del duol soltanto
La trista eredità? Grave, o signore,
È la ragion che rendermi t’è forza,
E stupir ne dovrà tutta la terra,
650Che allor, per tal ragion, chiaro farassi
Che al dì che giunse a’ figli miei tal sorte,
Lor tenere cervella a’ tuoi serpenti
D’uopo fu dar, dinanzi al popol tuo!
     Mentr’ei così dicea, Dahàk guardava,
655E gli nascea per quegli accenti in core
Gran meraviglia. A Kàveh il figlio suo
Reso fu allor; cercàr di farlo amico
Per promesse e lusinghe i circostanti,
E cenno il re gli fea ch’ei pur sul foglio