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ziniano rimasero sconosciuti, e il Bologna s’affrettava a rispondere al Corsini che nel N. 10 dell’Apostolato — il numero che si pretendeva che fosse stato rimesso dal Palli al Giusti — non conteneva nessuna poesia di colui che il ministro chiamava: un autore toscano e da lungo tempo già conosciuto in Toscana.

Ma il Corsini e il Bologna, il ministro dell’interno e il capo della Polizia del Granducato, ebbero subito ad occuparsi più seriamente — almeno in apparenza — di Giuseppe Giusti e delle sue poesie. L’Austria, questa volta, faceva uscire dalla loro abituale indolenza i nostri due uomini di Stato.

L’Austria, difatti, era stata rabbiosamente sferzata dal Giusti. Sotto lo scudiscio del Giovenale toscano essa aveva trasalito e il principe di Metternich, che dal suo gabinetto di Vienna aveva imbavagliato per lunga serie d’anni il pensiero di tanti popoli, ora si vedeva ridotto a porgere le spalle ai colpi dello staffile dell’anonimo scrittore. Bisognava farlo tacere; e, com’era naturale, per siffatta operazione, il vecchio principe si diresse ai ministri del Granduca.

Difatti, il 1 aprile 1843, il Corsini scriveva al Presidente del Buon Governo:

„Il dicastero aulico di Vienna ha designato al Governo della Lombardia certo dott. Giuseppe Giusti, toscano, come autore d’un componimento poetico intitolato: L’Incoronazione a Milano contenente, per quanto se ne dice, un’odiosa diatriba contro i sovrani regnanti d’Italia, aggiungendo poi che secondo notizie provenienti da fonte sicura lo stesso dott. Giusti si occuperebbe attualmente d’altro consimile componimento, più specialmente diretto contro la dinastia austriaca.

„Il prefato Governo della Lombardia nel partecipare a quello di S. A. I. e R. le anzidette notizie, osserva dal suo canto essere in fatto positivo che la pubblica opinione