Ricordanze della mia vita/Parte terza/XLII. Ferdinando II e la diplomazia europea: differenze tra le versioni

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XLII. Ferdinando II e la diplomazia europea

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XLII. Ferdinando II e la diplomazia europea
Parte terza - XLI. La diplomazia e gli ergastolani Parte terza - XLIII. Incertezze

[p. 424 modifica]

XLII

(Ferdinando II e la diplomazia europea).

Santo Stefano, 20 settembre 1856.

. . . Spero che tuo nipote torni subito, e ti rechi lettere di P(anizzi). Come l’avrai fa di mandarmele subito per quel tal Chiarino amico della persona di Ventotene. Io non so capire quale ha potuto essere la cagione di questo ritardo: forse qualche espressione della tua lettera, in cui parlavi delle speranze che ti dava la benedetta memoria del tuo buon zio. Che egli, P(anizzi), che è lí, e sa bene le cose, avesse avuto qualche speranza, io non lo credo: altra cagione ci dev’essere. Tu non farai piú premura per fare effettuire la cosa, giacché non dobbiamo renderci importuni. Se si vuole, io sono prontissimo, e volentissimo: se no, sarò sempre obbligato a tanta generosa cortesia quanta è stata mostrata, e rimarrò come sono, ed avrò quella pazienza che non mi è mancata mai.

Quali conforti io posso dare al tuo giusto dolore per la perdita dello zio?1 Io comprendo tutto quello che vuoi dirmi, e ne sono addoloratissimo, e non vedo altro spiracolo di luce per noi. Ma, diletta mia, non iscoraggiarti: ricordati che abbiamo avute tempeste piú furiose assai, e siamo scampati. Che posso dirti? Io mi rodo e mi macero dentro, perché vedo che non posso aiutarti, e talvolta mi assaltano certe furie, che mi farebbero finire questa vita incresciosa e pesante, se non mi si presentasse alla mente un’immagine d’amore e di dolore che m’incatena alla vita. Tu vieni a calmare i miei dolori, la tua immagine mi calma.

Voglio dirti una cosa, ma non parlarne con alcuno. Io ho avuto gran piacere che il re sia stato duro alle pretenzioni [p. 425 modifica] dell’Inghilterra e della Francia, perché almeno ha mostrato un po’ di saldezza di animo, e fermezza di carattere. E che? deve sempre questo povero paese essere esso ed i suoi governanti a discrezione dei piú forti? Che c’entrano i forestieri nelle quistioni interne? È forse il regno infeudato a Francia o ad Inghilterra? E quelli che sperano libertá per le mani de’ forestieri2, sono parricidi, sono scellerati, sono simili a quei ribaldi figliuoli, che per vendicarsi d’un’ingiuria ricevuta da un cattivo padre, si uniscono allo strano per nuocergli. Ed amano la patria costoro? e si chiaman liberali? Io per me vorrei che Ferdinando fosse giusto, ragionevole, leale, ma non vorrei che egli fosse disprezzato e conculcato, perché egli è, vogliamo o non vogliamo, il capo dello stato, e il disprezzo suo è disprezzo di tutta la nazione. Io cosí l’intendo, e credo che pochi la intendono cosí, perché pochi sono i ragionevoli. Io fui condannato a morte, io sono nell’ergastolo per causa di stato, ma io darei il mio sangue e la mia vita a Ferdinando, se lo straniero volesse insultare lo stato, occuparlo, invaderlo, impadronirsene. Io non guardo l’uomo ma guardo il re rappresentante dello stato, capo della nazione. Io vorrei uscir di prigione, sí, ma piú di questo io desidero che il paese non sia avvilito, e sprezzato; piú del mio bene, io amo il bene e l’onore pubblico. Tu ti meraviglierai che Ferdinando trovi un amico in chi forse egli crede che è un suo nemico: ma tu pure sai che piú di tutto io amo il vero, e il giusto: e quando anche chi mi ha mandato all’ergastolo ha ragione, io mi dimentico che sono nell’ergastolo, e gli do ragione.

Se sai novelle dimmele, specialmente di Napoli: se no, tanto meglio: abbiamo altro che ci cuoce piú da vicino, i guai nostri. Qui le solite voci pazze, e le solite speranze piú pazze. Oh! senza speranze come si vivrebbe nell’ergastolo? Io che ne ho pochissime sento quanto m’è grave il vivere qui. Fortunato chi crede, e spera!

In punto ho occasione di mandarti questa per la via di Ventotene: onde finisco.


Note

  1. La morte di Sir William Temple. [N. di R. S.]
  2. Da Murat. [N. di R. S.]