Il principe Foresto d'Este nell'armata cesarea comandata dal maresciallo Raimondo Montecuccoli: differenze tra le versioni

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| Nome e cognome dell'autore = Alberto Gandini
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Luigi Alberto Gandini
Luigi Alberto Gandini

Versione delle 21:23, 16 giu 2009




Luigi Alberto Gandini

Il principe Foresto d’Este nell’armata cesarea comandata dal maresciallo Raimondo Montecuccoli in nozze Federico Montecuccoli Degli Erri - Albertina Sanvitale, Modena, 1893



Al nobil uomo / il sig. Marchese / Giuseppe Montecuccoli degli Erri / di Polinago / conte di Mitterburg / in occasione / delle fauste nozze / del figlio marchese Federico / colla nobile donzella / contessa Albertina Sanvitale

Caro amico,

un po’ di storia, che dipinga i costumi del seicento dell’epoca del Montecuccoli e alcune sue lettere, ecco quanto può offrirti, nel fausto avvenimento delle nozze di tuo figlio, la mia penna povera e modesta.

E mi faccio animo pensando, che il presentare una pagina, anche una riga, una parola inedita e che appartenga al grand’Uomo non sarà mai senza interesse. Gradisci il dono e fallo gradire ai tuoi Sposi, unitamente ai miei auguri. Aff.mo L. A. Gandini


I documenti sono sempre preziosi, anche se svelano atti di umana fralezza, che non sempre si ha la fortuna di registrare imprese nobili e gloriose. E sarebbe errore il credere, possano questi tornare ad offesa, a profanazione, quando trattisi di famiglie, che da secoli vantano tradizioni illustri. Un moscerino non può coprire il sole. Questo preambolo dice il perché, scontratici in questo argomento nello studiare la storia de’ costumi, abbiamo pensato di pubblicarlo.

Del Montecuccoli parleremo solo per incidente. Se non in tutto, almeno in gran parte, le sue gesta furono da autori di vaglia illustrate e fra questi il nostro Cesare Campori meritamente va ricordato ; mentre del Principe Foresto d’Este e della parte che esso prese alla campagna del 1672-1673 ben poco sappiamo e quindi i fatti che narreremo, avranno almeno il merito della novità. Non saranno importanti per la storia militare, ma per quella dei costumi. Ciò premesso, crediamo opportuno far precedere alcuni cenni storici specialmente sui motivi che indussero la Corte di Modena a inviare questo giovane, che di poco aveva varcato i vent’anni, all’armata cesarea, nella quale aprì la sua breve carriera col grado di capitano.

Spogliato da Clemente VIII del ducato di Ferrara nel 1598 Cesare d’Este, primo duca di Modena, muore nel 1628, lasciando molti figli: il primogenito, Alfonso III, che, un anno dopo, vedovo di Isabella di Savoia, donna fornita delle più scelte virtù, abbandona il mondo e si fa cappuccino, abdicando in favore di Francesco I suo figlio. Luigi condottiero dell’armata veneziana, Foresto, che militò in Germania contro Gustavo Adolfo e che si trovò alla battaglia di Lutzen e Borso anch’esso uomo d’arme, che prese parte alla stessa battaglia, nella quale si distinse, unitamente al Principe Mattia di Toscana. Di Borso si ricorda il famoso duello col Conte Terzki, secondo alcuni genero, secondo altri cognato del Wallenstein. Dopo varie gloriose imprese, il Principe Borso durante la guerra di Spagna muore d’infermità nel 1657, vedovo da un anno di Ippolita d’Este, lasciando una figlia Angela-Caterina e tre maschi Luigi, Cesare-Ignazio e Foresto. Quest’ultimo, del quale ci dovremo occupare, essendo nato nel 1652, aveva allora sei anni.

Prima però di giungere all’epoca alla quale si riferisce il nostro racconto, dovremo notare, che alla Corte Estense, dopo la nascita di questi tre ragazzi, erano accadute varie vicende. Lo splendido, munificente Principe Francesco I dopo un governo di ventinove anni era passato a miglior vita e scorsi quattro anni, ossia nel 1662, era venuto a mancare anche il suo successore, Alfonso IV. Questi lasciava un figlio di due anni, Francesco II, del quale assunse tutela la madre, Duchessa Laura Martinozzi nipote del Cardinale Mazzarino.

Non è a dire con quanta cura la buona duchessa allevasse il figliuolo, saggiamente diretta in questo grave compito dallo Zio Cardinale Rinaldo vescovo di Reggio, personaggio di penetrazione di mente e che era stato, dice il Muratori, anche carissimo al fratello, Francesco I, “che sempre il volle partecipe ne’ suoi più segreti consigli”.

Ma se da un lato la duchessa trovava un aiuto, dall’altro le apportava grave disturbo la presenza in corte dei figli del Principe Borso, che già grandicelli a poco a poco con male insinuazioni sovvertivano l’educazione del duca loro cugino.

Le cose giunsero a tal punto, che il Cardinale, adducendo che non voleva che “questi tre principi marcissero nell’ozio della casa paterna” sono parole del Muratori, prese la risoluzione di inviare il Principe Luigi a militare nel Brunswick e gli altri due a Parigi. Ma il Muratori aggiunge che “il principe Foresto passò poi in Germania alla guerra”, come vedremo. Cesare Campori accennando appunto ai figli del Principe Borso d’Este, ricorda esso pure che il Cardinale Rinaldo li teneva lontani da Modena “acciò cogli esempi loro non inducessero il giovinetto Francesco II all’infingardaggine e ai vizii”, e quanto al Principe Luigi, che era il maggiore, dice, che fu mandato in giro per le varie corti di Germania accompagnato dal gesuita Carlantonio Montecuccoli (parente del Maresciallo, influentissimo alla corte cesarea e a quella di Modena) e che le lettere di questo religioso, che sono nell’Archivio Estense “fanno un pessimo ritratto dell’allievo, il quale non riusciva ad apprendere cosa alcuna, neppure quelle buone creanze necessarie...”.

Gli altri due fratelli Cesare-Ignazio e Foresto inviati in Francia, erano stati affidati dal Cardinale al Conte Antonio Zoppola personaggio capace e stimato, appartenente a distinta famiglia del Friuli .

Più tardi, ossia nel 1670, fu mandato da Torino anche il conte Muzio Dandini, che non sappiamo di qual paese fosse, ma anch’esso coll’incarico di sorvegliare alla loro educazione. I loro carteggi ci danno ragguagli della condotta di questi due Principi a Parigi. Essi vi giunsero il 6 gennaio 1669, avendo ritardato a recarvisi, che venisse l’ordine del Cardinale che, scrive il conte Zoppola, i principi attendevano a Bernières “con incredibile impazienza”. Dimorava allora a Parigi Maria di Borbone Soisson Principessa di Carignano, che vedova fino dal 1656 del Principe Tommaso di Savoia , aveva lasciato il Piemonte. Pei Principi estensi, che erano suoi nipoti, fu questa una vera fortuna, poiché la principessa, oltre l’interesse che prese alla loro educazione, non lasciava occasione per divertirli e spesso li voleva al suo palazzo “inviandoli a prendere colla sua carrozza a 6 cavalli, un suo scudiere et staffieri” come scriveva il conte Zoppola. E da lui sappiamo, che il lunedì 15 febbraio 1669, quantunque il Principe Cesare avesse il raffreddore, la Principessa di Carignano li condusse amendue in carrozza alla fiera di S. Germano “et li tenne a pranso”. Che il 26 di detto mese essa li portò a vedere un balletto in Corte, “secretamente accompagnati da Monsieur Bon-Oil introduttore degli ambasciatori”. E che a dì 8 marzo, ultimo di carnevale, nel dopo pranzo la Principessa li condusse, unitamente ai figli del Conte di Soisson, dalla Principessa di Baden, ove passarono la sera giocando “diverse pezze di cordella, quantità di conditi, et altre cose fra quali toccò al Sig.r Principe Foresto un piccolo orologio d’oro et al Sig.r Principe Cesare due pezze di cordella...”.

Dalle lettere del Conte sappiamo però, che sino dal febbraio il Principe Foresto non sempre poteva prendere parte a questi divertimenti e neppure “agli studi ed ai cavallereschi esercizi” in causa di febbri che lo avevano ridotto in uno stato di magrezza da dare pensiero. Il Conte quasi ogni giorno informava il Cardinale, tanto sul parere dei medici chiamati a consulto, quanto sugli effetti della cura, la quale consisteva specialmente in “purghe, salassi e frequenti decotti di tizana laxativa”. A giugno il Principe poté dirsi guarito, e il Conte tranquillo, ma, sorsero presto nuovi guai. E quali fossero, lo dice il Conte Zoppola in una sua del 2 agosto al Cardinale “vego lo studio de signori Prencipi andare ogni giorno di male in peggio, come in ogni altra cosa, che riguarda il loro profitto et loro condizione”.

E il Conte Dandini scriveva (10 ottobre 1670) il Principe Foresto non potere “in alcun modo soffrire quando si sentiva riprendere con rigore”. Abbiamo però motivo di credere, che il conte Zoppola fosse alquanto severo, specialmente per gli studi, giacché il Dandini riferisce, d’aver sentito la Principessa lamentarsi, “avessero un governatore, che a Lei non piaceva punto”. Fatto è, che i Principi “non vedevano l’ora di sbrigarsi dalla scuola per andare all’accademia”. Era quest’accademia una palestra di esercizi cavallereschi pei giovani della più alta nobiltà e i Principi estensi la frequentavano ogni giorno, come scrive il Dandini, “per lo spazio di tre hore e consisteva solamente in correre tre lancie all’anello et in maneggiare quattro cavalli per ciascheduno... Vi sono cinquanta scolari et il Principe Foresto è il migliore di tutti, ne può apprendere alcuna cosa di più, perché i mastri qua di simil professione mi pare habbino poca scienza, ne v’è alcun cavallo che vada aggiustatamente, ma solo s’ha riguardo, che galoppino intorno in fretta senza considerare se poi vadano bene o male, ne il mastro avvertisce lo scolaro quando erra di quello ch’egli deve fare, onde io dubito, che in questo particolare li SS.ri Principi non avranno in Italia, dove si cavalca incomparabilmente con maggior maestria, che qui, l’applauso, che riportano nell’Accademia... Imparano anche altri due esercizi, che sono il saltar al cavallo et il tirare di spada, ma il Sig.r Principe Foresto fa con più agilità et leggiadria et queste sono tutte le virtù, alle quali sin hora io ho veduto attendere li Sig.ri Principi”. Per questi due ultimi esercizi, a cui allude la lettera del Dandini, veniva un istruttore a casa, come pure per gli studi, e di questi ebbero la direzione l’Abbate di Saint-Spir e Monsieur Richer, quest’ultimo fu più tardi invitato a recarsi a Modena, onde istruire il Duca. Ed ebbero pure un maestro di ballo, suggerito dalla Principessa di Carignano, Monsieur de la Motte maestro di corte.

Da due anni i Principi si trovavano a Parigi, quando il Cardinale Rinaldo prese il partito di inviare almeno uno dei due, il Principe Foresto in Germania, sotto le armi, raccomandandolo al Montecuccoli, come già il Cardinale aveva fatto pel Principe Luigi, che poi non aveva voluto saperne. Ma il Principe Foresto accettò.

Anche il Campori, ricorda come il Maresciallo avesse proposto “alla Corte di Modena, che se si avesse ad uscire in campagna, il Principe Luigi militasse nelle truppe imperiali, offerendosi trovargli una compagnia della quale sarebbe capitano, se pure servire non volesse come soldato venturiere... ma essendosi preteso di avere questo subito, non se ne fece altro... e invece di lui, il suo fratello Foresto, che era il meno peggio dei tre, venne nominato capitano” (pagina 431-432).

Il Cardinale pertanto, cui stava grandemente a cuore l’onore e la dignità della Casa, conoscendo il carattere stravagante e leggiero anche di quest’ultimo, non l’aveva fatto partire per la vita avventurosa del campo (specialmente a quei tempi), senza lasciargli al fianco il suo governatore Conte Zoppola, che sotto l’apparente incarico di cavaliere di compagnia, dovesse tenere il giovane in carreggiata, coll’ordine espresso di informare di tutto la Corte. Ora per continuare la nostra narrazione coll’appoggio di documenti inediti, comincieremo dal notare che fu spedito da Modena in Germania il conte Annibale Foschieri coll’ordine del Cardinale di recarsi in Boemia, ove era aspettato il Principe. Il conte giunto a Praga il 24 novembre, scrive non avere notizia di S.a A.a, che però in conformità del trattamento stabilito da Sua Eminenza, è già in trattative per prendere in affitto una casa a mezzo fiorino il giorno a Brandes, presso Kommotau stazione del Reggimento, 15 miglia distante da Praga. Il 2 dicembre il Principe non si è ancora visto, ma sono giunti i suoi cavalli da sella condotti da un certo Palazzi “in così buon stato, che non sembra abbiano fatto il viaggio”. E poco dopo il Foschieri scrive di avere dato incarico a Vienna al conte Alberto Caprara perché acquistasse carrozza e cavalli da tiro “essendo colà a molto migliore condizione che in questo Regno (di Boemia)”.

Il Principe giunse finalmente il 12 a Brandeis e il Foschieri si reca “sollecitamente a Praga a provvedere quanto occorreva” e appena tornato, invia al Cardinale la nota dell’argenteria, che il Principe s’era portato seco: “otto piatti, dieciotto tondi, due para di candellieri, un paio di sottocoppe, quattro possate et il servizio d’argento per la sua Camera. Onde, scrive il conte, ho ordinato a Praga quattro piatti, sei Tondi, un Bacile, una Brocca da tavola, otto possate ed un paio di mochette per compimento del bisogno”, e in altra accenna ai “piatti di stagno per i famigli”.

“Havendo seco ancora quattro livree per li Lacchè ho ordinato, dice il conte, quelle delli Paggi, Carrozzieri et Trombetta il che si va facendo, come parimenti la provisione delle cose per la sua Camera, di biancheria, di selle, d’usse arnesi da cucina et qualche stramazzetto per la famiglia”. E in altro luogo aggiunge: “Li due lacchè c’ha condotto il Sig.r Principe sono boni figlioli, ve n’è uno che sa bene la Credenza...”.

Quanto allo Zoppola giunto esso pure col Principe, noteremo che il Foschieri credesi in dovere avvisare il Cardinale che fino dai primi giorni “esso non incontrava al principe, il quale si lamentava che lo Zoppola lo trattava assai rudamente et usava autorità troppo dispotica”. Ma poi per qualche tempo di questo non si parlò più.

Di un’altra persona, certo Frigieri che pure era al seguito, parla il conte favorevolmente, dice essere assai disinvolto, “parla bene il tedesco et lo stimerei molto sufficiente da servire da mastro di casa”, ed aggiunge, “che l’altro aiutante di Camera è un bono alemanno, che parla bene latino et serve con assiduità il suo Padrone Serenissimo”. Di S.a A.a dà ottime notizie, che “si esercita nelle due lingue et contentandosi di sentire da mio figlio, continua il Foschieri, i principii delle matematiche, allo studio delle quali sarà introdotto, quando havrà un maestro”.

In altra sua previene il Cardinale che “non havendo il Sig.r Principe per il verno se non un vestito semplice di panno griso, ancora mal concio dal viaggio, sarà necessario fargliene un altro conveniente, che possa servire, sì per la funzione del possesso, come per altre occasioni”.

Sotto la data 22 dicembre, il Conte dà avviso “havere il Conte Caprara comprato un bel carrozzino di veluto et sei boni cavalli ungheresi, quali ha già incaminati a questa volta e il tutto per prezzo di ottocento fiorini et con il viaggio di questi... et un Cuoco, che aspetto pure di colà, la spesa anderà circa novecento fiorini”. Essendo prossima la “funzione del possesso della compagnia” in data 6 gennaio 1672 parla il Foschieri di altre spese: queste sono per “un regalo da farsi alla Compagnia, pel pranso, pel nollo di un carro per condurre le robbe et una calessa per la famiglia, così si spenderano altri ducento fiorini”. Al Sergente Maggiore “il dono di una spada, con una bella cintura, con frangie et trapuntamenti d’oro et si sono spesi mille fiorini”. Intanto sui primi di gennaio venne l’ordine dal Maresciallo, che il Principe alloggiasse non più a Brandeis, ma a Kadan, paese migliore e prossimo egualmente a Kommotau, ove era la residenza della Compagnia, e aggiunge il conte Foschieri “che la domenica seguente ci portassimo a Kommotau dove trovassimo il Serg.e Mag.e con molti ufficiali del Regg.o et dela compagnia, tutti furono ad inchinare il sig. Prencipe. La sera il suo Capitano tenente lautamente tratò il sig. Prencipe et li sudetti ufficiali et la mattina seguente vuolse ad ogni modo darsi la colazione.

Dopo la quale montò a cavallo la Compagnia et il Serg.e Magg.e ne diede il possesso al sig. Pr.e quale nella fonzione si portò con tutta la disinvoltura et brio et fatto un breve discorso bene appropriato all’atione con gran giubilo fu acclamato dalla compagnia per Capitano et salutato con tre salve, cosa per quanto dicono tottalmente insolita. Dopo la fonzione s’incaminò a questo suo Quartiere accompagnato dalli sudetti Ufficiali et seguitato dalla Compagnia, giungessimo qui due hore dopo mezzo giorno et la sera tutti gli Ufficiali et ancora qualche gentilhuomini del Paese cenarono con il sig. Prencipe ad una tavola assai bene intesa, et guarnita, dove si stete molto alegramente; il martedì la matina si diede parimenti la colazione a tutti, dopo la quale si licenziarono et ritornarono alli loro quartieri.

La Compagnia è di 75 soldati effettivi tutti bene all’ordine ma diversamente montati”. Fin qui il Foschieri.

Anche il conte Zoppola si affrettò a scrivere al Cardinale, annunciandogli che il Principe aveva preso possesso della Compagnia e da questa lettera vediamo come esso prima di arrivare in Boemia si fosse fermato qualche tempo a Francoforte e di là il Conte avesse scritto varie lettere.

Serenissima Altezza

Portai più volte dalla città di Francoforte i miei humilissimi ossequij come pure nella partenza dalla medesima le portai la mossa del Sig.r Prencipe Foresto alla volta di questo Regno di Boemia che ragionto il Sig. Conte Foschieri, siamo per spatio di molto tempo fermati a Brandais per dare campo all’allestimento dell’equipaggio per S. A. già ordinato dal sudetto Sig.r Conte in Praga, che d’indi poscia portati alli 10 del corente a Commotau, ivi si trovarono il Sig.r Sergente Maggiore con diversi capitani et officiali del Regimento del Sig.r Conte Generale Montecuccoli, che accolsero il Sig.r Prencipe con dimostrazione di gran stima et lo trattarono la sera et matina susseguente splendidamente, possia radunata la compagnia colonella destinatagli, s’incaminarono fuori della Città, ove dal medesimo Sig.r Sergente Maggiore fu dato il possesso della medesima con aplauso universale, d’indi poscia s’incaminorono unitamente qui a Caden quartiero destinato al Sig.r Prencipe il quale trattò la sera et matina seguente li sud.ti, ove fu beuto molto, diportandosi il sud.o Sig. Prencipe in tal congiuntura bravissimamente, ne porto perciò a V. A. S. humil.te l’haviso, mentre al solito della mia riverentissima devozione m’inchino e resto

Di V. A. Ser.ma Umil.mo dovot.mo et obl.mo Servitore Antonio di Zoppola

Caden li 10 genaro 1672.

Quantunque comandante della Compagnia, il Principe dové continuare gli studi sotto il governo del Conte Zoppola. E’ interessante il seguente brano di lettera del Foschieri, 24 gennaio, che descrive il suo orario quitidiano. “...quanto alla distribuzione del tempo, che pratica il sig. Principe, si leva la mattina alle sette hore di Alemagna, alle otto si va alla messa, ritornato a casa alle nove studia sino alle undici la lingua alemanna, dopo tira di spada e fa qualche altro esercizio, alle dodici si pransa et alle due monta a cavallo et va alla caccia et a movere et menegiare li cavalli, la sera poi novamente studia due hore la lingua. Si sono provisti alcuni libri di storia a Viena, alla lettura de quali s’applicherà incaminato che sia bene nella lingua Alemana... si scriverà a Lione per havere qualche libri moderni della disciplina et esercitii militari... la compagnia, come già ho significato a V. A. S.ma è composta di bonissimi soldati et per quanto intendo è la più bella del Regg.o, il sig. Principe starà attento ad andarla ancora sempre migliorando” e in altra del 22 febbraio scrive al Cardinale: “posso assicurare l’A.a V.a che la famiglia del sig. Principe non si può desiderare più morale ne di migliori costumi...”.

Il conte Foschieri, esaurito il suo mandato, partì per Vienna a dì 3 di marzo, per fare ritorno a Modena, avendo già disposto l’occorrente per l’equipaggio da campo, “provvedendo i carri, et la tenda per il tempo, che il Prencipe anderà alla campagna: come all’armatura forte, et colletto di dante, si provvederà a Vienna”.

Mentre pareva che il Principe fosse bene avviato e finalmente a posto, tutto a un tratto vediamo, che esso non era contento della sua compagnia. Lo si deduce da una lettera del Maresciallo a lui diretta, dalla quale risulta che di questa compagnia, comandata dal Principe, doveva essere stato o titolare o proprietario il Maresciallo stesso, poiché nel PS. a questa lettera, che ora presenteremo, dice che era sua e forse per cortesia gliene aveva ceduto il comando. Chi sa dire per quali ragioni il Principe, stanco di questa, ne volesse un’altra? Fatto è che il Maresciallo secondò il suo desiderio, facendogli però notare che gli dava il comando di una delle migliori compagnie del Reggimento, forse colla tacita lusinga, che questa finalmente l’avrebbe contentato.

Ser.mo Principe mio Sig.re Prone Col.mo La particolar satisfazione, che sento nel servire all’A. V. mi fa con ogni accuratezza vegliar all’occasione di testimoniarle co’ fatti questa verità, perciò nella rassegnazione che fa il Sig.r Conte d’Eril della Compagnia ho stimato mio debito offerirla a V. A. per essere una delle migliori del Reggimento. Degnasi l’A. V. gradire questo nuovo atto del mio divoto ossequio, con cui augurole una perpetuazione di felicità. Di Vostra Altezza Il Tenente Colonello havrà ordine di mettere V. A. in possesso di questa Compagnia ed io ripiglierò così la mia. Vienna li 25 giugno 1672. Dev.o Servitore R. Montecuccoli Al Ser.mo Principe Foresto d’Este – Praga per Keden

Probabilmente a questa nuova destinazione del Principe non sarà stata estranea l’intromessione del Cardinale. Ne darebbe sentore quest’altra lettera importantissima, dal Maresciallo diretta al Cardinale stesso, ispirata da sentimenti di affettuosa e profonda devozione verso la Casa Estense, mentre poi nel parlare di sé svela quella temperanza, quella modestia tanto spesso caratteristica dei Grandi.

Ser.mo Principe mio Sig.re Prone Col.mo

E’ proprio impulso della gran benignità dell’A. V. il gradire gli atti della mia vera servitù, esercitati nella persona del Sig.re Principe Foresto mio Signore; e si come sarà mai sempre mia particolare cura il servire, secondo la debolezza delle mie forze all’A. V. così con la medesima procurerò le di lui glorie, conforme potrebbe seguire adesso nell’occasione che S. M. C. mi ha clementissimamente onorato di mandarmi nell’Imperio al comando del suo Esercito, che invia colà per mantenere stabile li punti della pace di Cleves e ne do, com’è mio dovere, parte all’A. V., la quale supplico onorarmi di molti suoi stimatissimi Comandamenti, et altresì nostro Signore a darle ogni perfetto contento.

Dell’Altezza Vostra Dev.o Servitore R. Montecuccoli

Vienna li 11 agosto 1672.

Al Serenissimo Card. d’Este – Modena per Sassolo

E’ cosa nota che al principio del 1673 l’esercito imperiale dai quartieri d’inverno si pose in marcia per unirsi all’armata dell’Elettore di Brandeburgo colla speranza di cimentarsi contro l’esercito di Turenna. Allora il Principe e la sua compagnia si trovavano a Lemgo e di là il Conte Zoppola scriveva alla Corte di Modena le notizie del campo, dirigendo le lettere a persona di confidenza della Duchessa. Del Principe nessuna doglianza, sia che questi si tenesse a dovere, sia che il Conte sopportasse le sue bizzarie, increscendogli pregiudicarlo.

Ill.mo Sig.re mio Sig. et Prone Col.mo Haverà V. S. Ill.ma di mano in mano ricevute le notizie intorno l’andamenti delle nostre marchie e pervenuti finalmente in Vestfalia si è preso in questa il quartiere d’Inverno, la Corte Generale mane in Paderborn et l’Armata è divisata in vari lochi di questa Provincia. Il nostro Reggimento con quello a piedi del Sig.r Conte Lesle sono alloggiati qui nella Contea di Lipa e la più parte de Ufficiali sono aquartierati qui nella città Lemgau come pure il Sig. Prencipe Foresto, il quale gode, per lo Idio gratia, perfettissima salute... Di V. S. Ill.ma Devot. et. oblig.mo Servitore Antonio di Zoppola Lemgau li 14 genaro 1673.

Seguono altre due più interessanti. Nella prima del 25 gennaio il Conte Zoppola accenna alla marcia verso Paderborn, al concentramento dell’esercito, e ad un successo ottenuto contro i Francesi.

Giorni sono ch’io portai a V. S. Ill.ma il nostro harrivo in Vestfalia a quartiere d’Inverno in questa Città di Lemgo, ma poco dura la nostra quiete, mentre dimattina doviamo marchiare verso Paderborn, ove a una meza lega di là sarà il rendeaus di tutta l’Armata, per poscia incaminarci ove farà il bisogno. Si discorre che si anderà ad assediare Kiberg Città assai forte et il castello fortissimo, questa spetta all’Ellettore di Colonia... Vi sono dentro più di 3 mila difensori et prevedendo forse la nostra marchia a quella volta, vi incaminò alcuni reggimenti per soccorrerla... li quali incontrati dalle genti del vecchio duca di Lorena et di quelli di Brandeburgo li riuscì a questi di romperli con l’acquisto di sette stendardi. Turenna non è molto lungi da quella città... li rigori de la stagione rende insoportabile il campeggiare. Il sig. Principe sta bene...

Lemgau 25 gennaro 1673.

In quest’altra lettera del 16 febbraio il conte descrive i preparativi della battaglia e l’inaspettata ritirata dei francesi. Ma sul più bello termina la lettera pregando di essere richiamato a casa ed avvisando che il Principe ha desiderio di fare una corsa in Italia.

Avanzati i Francesi di qua del Reno come già havisai V. S. Ill.ma partissimo li 30 del passato per congiungerci con l’Elettore di Brandeburgo che pure seguì nei contorni di Lipstat et marchiando unitamente a Soul due hore distante al Turena si formò ivi la battaglia, la quale era in numero di 30 mila combattenti effettivi cioè 20 mila di Brandeburgo et 10 mila Imperiali... Era S. A. Ellettorale in persona con il Principe suo primogenito et questi portandossi di squadrone in squadrone con facia ridente dinotava a tutti il desiderio del cimento, come universale era il giubilo sperando in quella giornata d’haver ad effettuare quella che con tanti disastri et patimenti havevano sempre cercata, una tanta occasione. Si fermò ivi Battaglia sino verso la sera, venendo possia d’havviso che l’Armata Francese si ritirava con dispiacere grandissimo di tutti... ...da poi haver presediato la Città di Hamm con 4 m. persone et cinque milla nella città di Soux ci partissimo di ritorno a nostri quartieri passando con tutta l’Armata per mezo della cità di Lipstat ove pure vi sono alloggiati 7 mila huomini, in questa occasione fu il Sig. Prencipe Foresto comandato in una partita di 1500 cavalli ma non invenissimo altro, che un rigoroso fredo, come può V. S. Ill. saperlo, stante il clima e la stagione. Il Sig. Generale Montecuccoli partì di Paderborn e sono varij li discorsi, chi dice si fermerà in Ratisbona per li negotiati et altri dicono abi pigliato quel camino per imbarcarsi sul Danubio et portarsi a Viena stante la sua indispositione patitta di flussione di sangue e veramente io lo riverij avanti la di lui partenza e lo trovai molto astinuato e senza forze. Il sig. Prencipe gode perfetissima salute e vive con continuo desiderio di portarsi in Italia, ma vedo la stagione così avanzata ch’io non so come possi fare il viaggio e ritornare in tempo della futura campagna. Mi raccomando sempre più alla benignità di V. S. Ill.ma con procurare il mio ritorno a codesta corte; mentre il mio sogiorno qui io lo vedo sempre più infrotuoso e con discapito della persona e della mia poca borsa. Le ravivo intanto la mia vera devozione e resto per sempre Di V. S. Ill.ma Devot. et oblig. serv.re Antonio di Zoppola Lenzau li 16 febraro 1673.

Sui motivi che provocarono questa decisione del Conte Zoppola, troviamo che esso è assai circospetto, anzi in altra sua, scritta più tardi, sollecitando sempre più il suo ritorno dice, di non volere estendersi di vantaggio.

...ancorché habia ottenuto (il Principe) licenza di portarsi in Italia, come già le havisai, resta per ciò ancora iressoluta la sua partenza per codesta volta, io per ciò rinnovo a V. S. Ill.a efficacissime le mie instanze a fine mi honori di portare le mie humil.me supliche a presso la Serenissima Sig.a Duchessa Patrona, aciò sia ritirato di qui, mentre per tanti capi io sono astretissimo di suplicare l’A.a S.a Serenissima, ne mi estendo di vantaggio, poi che la prudenza di V. S. Ill.ma può assai ben compredere ch’io non mi muovo a ciò, che per mera necessità: le ravivo intanto la mia vera devotione et mentre la supplico della sua gratia et protecione resto per sempre Di V. S. Ill.ma Devot. et ob.mo Serv. Antonio di Zoppola Leitmeritz (di Boemia) li 3 Giugno 1673.

Ma mentre la Duchessa procrastinava a dargli il sospirato congedo, sorsero tali circostanze che il conte, licenziato dal Principe in modo assoluto, fu costretto, anche a sua discolpa, spedire da Vienna sotto la data 29 giugno 1673 una lunga relazione dei fatti accaduti, che riporteremo in fine per non interrompere la nostra narrazione. Intanto a spiegare un tanto cambiamento nella condotta del Principe, dobbiamo ricordare avere già detto, che il personaggio che più teneva a soggezione i figli di Borso era il cardinale; questi nel settembre del 1672 era venuto purtroppo a mancare. Su tal proposito il Muratori ricorda, che tutti tre i fratelli intesero la morte dello zio “parendo loro d’essere emancipati”. Nessuna meraviglia dunque se il Conte Zoppola dà principio alla sua relazione dicendo che il Principe Foresto da quel giorno fece un gran cambiamento, considerando il Conte quale un ostacolo alle sue voglie giovanili. Ma peggio poi fu, quando il Principe poco dopo mostrò il desiderio di ritornare in Italia, quantunque la campagna fosse imminente e già ricominciate le marcie, con quanto pericolo di disonorare il suo nome è facile comprendere. Forse in vista di ciò venne ritardato il suo ritorno fino al luglio del 1673. Un primo incidente appena giunta la notizia della morte del Cardinale, ebbe origine dall’opporsi il principe a vestire il corruccio; ma il Conte gli fu attorno con tanta fermezza che l’altro si mosse a contentarlo. Per questo però mancavano i denaro e si mandò lo Zoppola a Francoforte per cercare la somma in prestito di mille talleri da un banchiere, avendolo il Principe autorizzato a lasciare in pegno una parte della sua argenteria. Eseguita l’operazione, lo Zoppola presentò la nota firmata dal banchiere degli argenti depositati, ma il principe volle, che questa restasse presso di lui, adducendo il timore di perderla. Non passò gran tempo, che disponendosi il principe a venire in Italia, il Conte credé suo dovere consegnargli la nota. Il Principe allora maravigliato protestò negando di non avere voluto la nota degli argenti depositati, così che il povero conte fu costretto cercare testimoni, onde non cadere in sospetto di ladro. Un colpo così improvviso doveva essere stato ordito da un personaggio, che ora entra in scena, un certo Annibale Corgi nativo di Scandiano, che quantunque di buona famiglia, era capace d’ogni ribalderia. Costui era venuto all’armata raccomandato dal Principe Luigi. A nulla valsero le parole del Conte, che conoscendolo di fama, consigliò il Principe a dargli, se avesse voluto, una piazza fra i soldati della sua compagnia, ma non tenerselo appresso, che gli avrebbe messo in confusione la casa. In breve il Corgi divenne pel principe un confidente, un compagno indivisibile, pel Conte un accanito avversario: e n’ebbe persino soffrire il buon Mattias, servitore del Conte, cui un bel giorno toccò dal Corgi per brindisi un boccale di vino nella faccia.

Tralascieremo altri particolari per non togliere al lettore il piacere di scorrere la relazione. Soltanto vogliamo aggiungere, come costui sempre più incoraggiato dal favore, che gli accordava il Principe, non malvagio ma certamente debole e spensierato, maggiormente inveisse contro l’unico ostacolo che gli si parava davanti, contro il Conte. E un giorno, che esso volle reagire, il Corgi afferrata una pistola, l’avrebbe ucciso se il Principe non li avesse separati.

Dopo questi ultimi fatti, il Conte licenziato dal Principe scrisse da Vienna alla Duchessa la lettera seguente, inviando al tempo stesso al suo solito corrispondente della Corte la relazione, dianzi accennata.

Ser.ma Altezza

Supplico Umilmente V.a A.a S.a a non imputare a mia colpa il non haver io seguito in codesto viaggio il Sig. Prencipe Foresto. La cagione è stata l’havermi il Sig. Prencipe dato prima di partire una licenza così assoluta e rissentita, che non ostante l’aver io rappresentato che dovevo dipendere da comandi V.a A.a S.a di nell’abandonarlo o seguirlo, mi è convenuto cedere alla riflessione, che nella tanta alterazione del Sig. Prencipe ormai non era impressione che valesse.

Sarò però in breve ai piedi di V.a A.a S.a e spero nella sua infinita clemenza di trovar adito di compassione per il succeduto. La mia riverentissimo fedeltà al S.r Prencipe et l’assiduo servitio ch’io gli ho prestatto anche in questa ultima campagna, havevano bene diverse speranze. Ma la benignissima clemenza di V.a A.a S.a mi consola, confidandomi di poter meritare da V.a A.a S.a una benigna audienza delle mie inmeritate disgratie e mi rassegno col mio riverentissimo ossequio.


Di V.a S.a Ser.ma Humil. Devot.mo et. osseq.mo Serv. Antonio di Zoppola

Vienna li 29 Giugno 1673.

Relazione del Conte Antonio Zoppola spedita da Vienna alla Corte di Modena il giorno 29 giugno 1673 (R. Archivio di Stato in Modena. Carte Zoppola)

Ill.mo Sig.r mio Sig. et Pro.ne Colend.mo

Li trattamenti usati dal Sig.r Prencipe Foresto così improprij e men douti alla mia persona mi hano costreto a lasciarlo in Laitmis con mio gran ramarico sul punto della sua partenza per cotesta volta, che doveva seguire lunedì ventisei del cadente e perché resti V. S. Ill.ma informata almeno in parte della cagione di ciò, procurerò d’essere meno prolisso ch’io potrò nell’esprimerle il suceso. Seguita la morte della gloriosa memoria del Sig. Prencipe Cardinale che riposi in Cielo, incominciò questo Sig. Prencipe molto a cangiarsi e con termini molto severi contro di me m’acorsi bene ch’io gli era di grande impedimento alle sue voglie giovanili, onde io con molta flema procurai sempre di scansare ogni occasione di disgusto, ma con opportunità ridurmi lontano da S. A. come in tante mie ho supplicato V. S. Ill.ma di portare le mie humilissime espressioni alla Ser.ma Sig.a Ducessa Patrona: ma per incominciare alle cose, che mi hanno premuto e mi premano sino all’anima, si è che Anibale Corgi da Scandiano capitò dal sudetto Sig.r Prencipe sino l’anno passato con letere di racomandatione del Sig.r Prencipe Luigi a fine li dasse piazza nella sua compagnia; io ch’era già informato dell’huomo che haveva fati tanti misfati in codeste parti, stimai bene di dire al Sig. Prencipe, che in riguardo delle raccomandacioni del Sig.r Prencipe suo fratello doveva fare in ogni maniera di acomodarlo nella Compagnia, ma che tenirselo apresso di se non era bene, che oltre l’essere una persona di mal fare, li haverebbe ancora messo in confusione la Casa, come seguì, che non stette quindici giorni che cominciò a gridare con tutti con volere rimodernare le cose di casa, ma come le cose nuove piaciono, cossì il Sig.r Prencipe s’invaghì delle zianzie di quest’uomo, incominciò a prestarli orechio, onde divenuto cossì insolente per la libertà datoli, che ha messo in scompilio tutta la Casa. Al principio di Febraro nelle marchie che facessimo verso Soust, e Am una matina avanti giorno, mentre che il Sig. Prencipe era di già a Cavallo avanti la sua compagnia in procinto per marchiare, costui prorupe nelle seguenti parole in presentia del Sud.o Sig.r Prencipe: Matias dice ch’io li ho beuta la sua biada: veramente à poi un cavallo che val dieci scudi et io li risposi, perché era mio il servitore et cavallo, ch’esso lo meteva molto a bon mercato, et insolentemente lui mi rispose con altre parole indecenti, che era poi cossì; a questa novità di trattare meco che per lo inanti li havevo fatti tanti servitij, lo guardai veramente fisso, et mi sogiunse voi mi guardate, dovete sapere ch’io ho fatto filare d’altri Cavalieri che voi, io li risposi che era un linguaciuto, e che tacesse per il suo meglio e nel mentre ch’io proferij tal parola tocò la marchia e partissimo; dindi a cinque o sei giorni costui era a tavola con li servitori, un staffiere del Sig.r Prencipe fece un prindese al mio servitore et da poi beuto datoli il bocale in mano, come qui è consueto, a ciò li facesse di ragione, il Corgi li pigliò per forza di mano il bocale et glielo diede nella facia. A questo rumore io acorsi e vedendo che il mio servitore era in tera inciampato co’ speroni et con piedi et pugni costui lo percoteva, io le dissi che in casa del Principe non si doveva usare questi mali trattamenti, e che dovesse andare al suo quartiere, che non aveva che fare lì, mi rispose che non voleva andare se il Sig.r Prencipe non gli lo diceva, e costì andai a partecipare il tutto al Sig.r Prencipe, il quale mi rispose, che volete ch’io vi faccia, io li risposi che doveva provedere a questi incovenienti e chiamato il mio servitore s’informò del seguito, possia chiamò il Corgi, il quale ad alta voce disse al Sig. Prencipe ch’io era questo e questo, che se mi trovasse in Italia che farebbe de fatti et altre parole indecenti che mi ferivano grandemente, onde non potendo sofrire davantaggio, entrai nella camera et li dissi ch’era un infame a parlare in quella forma, lui rispose: a me infame, la mia casa è honorata, et io li risposi che non parlava della sua casa, che lavevo sempre tenuta et conosciuta per honorata , ma che esso haveva sempre condotto una sì mala vita che lo rendeva tale, mi rispose che io era un infame et dato di mano a una pistola del Sig.r Prencipe che era atacata al muro in presentia del medesimo Sig. Prencipe tirossi il cane della sud.ta per tirarmi, io volsi pigliare una delle mie che erano ivi atacate, ma per essere la camera tanto picola, non potei girare da dietro il Sig.r Prencipe, facendomi S. A. medesima ostacolo, fui costretto ad ussire della Camera. Stette due hore grosse costui dentro dal Sig.r Prencipe, io haveva disegnato di ucciderlo nel venire fuori che faceva della sudetta Camera, ma considerato alla mia salvezza, trovai che era impossibile, si seguitò le marchie et il Sig.r Prencipe tené sempre apresso di lui questo huomo et ad onta mia lo vedeva maggiormente di bon ochio, dindi a sei giorni il Sig. Prencipe mi disse: e bene che abiamo a fare di questo povero Corgi, che satisfatione pretendete d’esso, io li risposi che da una persona di cossì pessime qualità io non pretendeva satisfazione alcuna e ch’io sperava con il tempo di sodisfarmi delle ingiurie da costui fatemi in presentia di S.a A.a, mi rispose ch’era presso di lui caro et raccomandato dal Sig.r Prencipe suo fratello et che lui certo non lo scacierà di casa, io li risposi ch’io non li diceva che lo tenesse o che scaciasse, che a me poco importava e l’uno et l’altro, che mi haveva bastato di conoscere in S.a A.a che valeva più un furfante che una persona come ero io, che per il spacio di circa quaranta anni di servitù sin hora prestata alla Ser.ma Casa, aveva azardata la vita, speso la robba, et ciò ch’era in mio potere anche in suo servizio medemo, mi soggiunse, che voleva ch’io mandassi via il mio servitore, io li risposi, se il mio servitore havesse comesso mancamento in sua casa, che non solo lo averei scaciato ma mortificato a quel segno che haverebbe meritato, ma che stimarei di farli una grande ingiustizia s’io lo mandassi via senza alcun mancamento comesso, mi sogiunse che voleva assolutamente che andasse, io li risposi che se S.a A.a comandasse sarebbe andato, ma non sarebbe andato senza di me, mi rispose ch’io andassi pure che non si curava, io li risposi, che mi doleva non essere in mio arbitrio di levarmi da lui, ma ch’io aveva di già scrito a fine io fossi ritirato dalla sua persona, mi rispose ch’era lui patrone assoluto, che non riconosceva alcuno sopra di sé, e che era patrone del suo et della sua volontà, che perciò poteva andare liberamente. E bene io li dissi, me ne anderò et rapresenterò tutto ciò che me dice a Ser.mi Patroni. Arivassimo di ritorno a Lenzau e sospeso il Sig.r P.e et io medesimo in eseguire ciò che si era deliberato, da lì a pochi giorni si ebe la comissione di nuove marchie e portati con il regimento a Paterborn per levare il canone da quella Città che ivi era rimasto. Ritornati di nuovo a Lenzau per ivi fermarsi poche hore, li vene volontà al Sig.r Prencipe di andare in persona a riscuotere lontano tre lege quatro talari, che li erano douti per rissiduo della contributione di quel contado, io che conosceva essere improprio ad un par suo per sì pocha cosa andar cossì lontano, li soggiunsi, che se pure li voleva, che doveva inviare qualcheduno de suoi, ma che era tutto infrotuoso, mentre dovevamo marchiare in quella medesima notte da quella Contea, mi sogiunse che lui assolutamente voleva andare, io li risposi che se voleva andare era patrone, ma che si era stato due giorni et due noti intiere a cavalo, che se era con sua bona gratia, io mi sarei restato mentre io et il mio cavallo eramo stanchissimi, mi sogiunse ch’io era obligato a fare quello voleva lui, io li risposi che non ero obligato a secondare tutti i suoi capricci, mi sogiunse ch’io era un disgraziato, io li risposi ch’io era persona honorata e che se fosse Prencipe d’altra Casa di quella che lui è nato, alla quale professo tanto ossequio e tanta obligatione, ch’io li farei conoscere ch’io non merito questi titoli così improprij; mi vene alla vita con furore, io li dissi che si ritirasse per gratia che non mi oltragiasse di vantaggio ch’io era nato Cavaliere, et che tale io morirei, con questo cessò il tutto et d’indi a poche hore vense la marchia. Non ostante questo io ho sempre servito S. A. conforme il mio consueto non havendolo mai abandonato in alcuna occasione sì di giorno come di note sino che siamo ritornati ai quartieri di Boemia, et in questi continuando pure a maltrattarmi, et a confettare ad onta mia il Corgi, mi risolsi di non capitarli avanti che quando mi chiamavano, mentre voleva uscire et a pranzo et a zena, del resto io li stava sempre lontano.

Hora farò una pocha digressione, e rapresenterò a V.a S.ria che seguita la morte del Seg. Prencipe Cardinale stimai bene di dire a S. A. ch’era necesario il metere il duolo ancorché puoco S.a A.a curasse: io li sogiunsi più volte ch’era in dovere di farlo, si ridusse finalmente e mi mandò dal Sig. Conte Enea Caprara per haver de denari come in altre congionture mi haveva procurato, et restai con esso Sig.r Conte che mi procurasse mille talleri, mi promise come in effetto mi scrisse, che li aveva ritrovati, ma che ne volevano cinque per cento, mostrai la litera al Sig. Prencipe, il quale mi disse ch’era tropo et che lui non li voleva, d’indi a circa otto giorni mi chiamò et mi disse che se io voleva andare a Francoforte a procurare con li Heufville banchieri de havere denari per fare il coroto, che avrebbe mandato meco il Frigieri, et in caso non volessero dare in su la parola mille talari, che se li domandavano che se li dasse l’Argenteria in pegno sino a tanto venissero le risposte di Viena dai Sig.ri Pistolozzi d’avere acettata la tratta del sud.o denaro, et in conformità de suoi ordini si eseguì et si fece nota di tutta l’Argenteria di quanti pezzi si lassiarono delle sudetti Heufville cioè due note simili tutte due sotoscrite da loro et da me et sigilate con uno et l’altro bolo, una rimanse apresso de li medemi et una apresso di me et quella ch’io teneva, harivato ch’io fui dal Sig.r Prencipe io gliela volsi dare in mano propria et S.a A.a ricusandola mi disse ch’io la tenessi apresso di me perché lui la potrebbe perdere et cussì mi restò in mano; più volte ho hauto discorso con il Sig.r Prencipe di questo negozio, lagnandomi che non havevo letere de sopra nominati Heufville, ne tan poco de Pistolozi de Viena. Hora per tornare al filo, subodorando la presta partenza di S. A. per Italia io li portai la nota dell’Argenteria ch’io riteneva apresso di me a fine che volendo levarla di Francoforte potesse haverla senza impedimento. Questo Sig.r Prencipe si mostrò nuovo di tal cosa dicendomi, che lui non haveva a me datto tal ordine e che si meravigliava di ciò ch’io havessi ratenuto apresso di me una cosa cossì importante e che non sapeva che pensare sopra ciò, io li sogiunsi che dicesse di non si aricordare, ma che io non haveva fatto che quello mi haveva comandato et ch’io li havevo voluto dare la medesima nota sino quando ritornai a lui da Francoforte et se voleva maggiore attestacione che facesse chiamare il Frigieri che lo havrebbe maggiormente informato, mi sogiunse ch’io dovessi levarmi dal suo servitio, io li dissi che a me era facile all’ubidirlo, perché io non era apresso di lui, che per quanto era stato comandato d’asisterlo, mi rispose alteratamente in presentia del Sig. Saden (?) che ivi si trovava, ch’io andassi fuori dalla sua camera senza più ritornarvi, io li dissi ch’io lo sicurava ch’io me ne sarei andato senza mai più capitarvi, ma che era ben di dovere ch’io fossi pagato sì delle mie mesate che avanzo, come delli denari spesi e dati fuori per lui di comissione dell’A.a S.a come pure di pagarmi il mio ritorno in Italia, mi sogiunse che non mi voleva dar niente et che però alla più presta io me ne andassi fuori della Camera; io sopra ciò li replicai molte parole che stimai proprie et adequate alla mia riputatione et possia mi ritirai, ne più sono tornato et sbrigato ch’io fui di certi picoli affari, li mandai di nuovo la lista del mio havere e mi fece rispondere che non voleva saper niente et cossì mi partij et rivato qui in Viena ne porto a V.a Sig.a Ill.ma intieramente di tutto ciò il seguito et suplicandola di volermi honorare di rapresentare questo mio infelice sucesso con la narativa di tutto ciò alla Ser.ma Sig.a Duchessa Patrona, alla quale pur scrivo d’essermi ritirato dal Sig.e Prencipe et capitatto qui in Viena per essere quanto prima a piedi di S.a A.a S.ma e nararli queste mie non meritate disgracie, non tralasciando di sogiungere a V.a S.a Ill.ma che il Prencipe conduce seco in Italia il sud.o Corgi, ch’è quanto posso dirgli, mentre col solito della mia vera devozione, resto

Di V.a S.a Ill.ma Humil. Devot.mo et. obblig.mo Serv.re Antonio di Zoppola

Viena li 29 Giugno 1673.

Non sappiamo se il Principe col suo compagno sia subito tornato a Modena, ma è da supporre, giacché la duchessa fece pratiche a Vienna perché fosse richiamato, e ciò si rileva da una lettera del Padre Carl’Antonio Montecuccoli scritta appunto da Vienna al D.r Giulio Cesare Nardi Cancelliere della Duchessa, nella quale, parlando del Principe Foresto, così esprime:

...E poi nel progresso del negotiato senza però dar apparenza d’havervi havuto altro interesse, che di zelo di servire alla Ser.ma Casa, mi figuravo di poter bene intavolare ali vantaggi di S. A. S.ma e quelli anche del Sig.r Principe Foresto, perché dovendo mandarsi truppe in Polonia era agevole farci havere un Reggimento Formato, e poi in poco tempo anche commando maggiore, ne potea negarsi cosa alcuna a quella Serenissima Casa. Vienna li 20 Agosto 1673. Obl. e particolariss.o Ser.e Carl’Antonio Montecuccoli

Gli uffici del Padre Carl’Antonio non sembra avessero esito favorevole, se il Principe al cominciare del 1674 si indusse a chiedere da Modena d’essere di nuovo ammesso alla Compagnia. Ma il Maresciallo con tutto il rispetto e la maggiore deferenza gli rispose, che con dispiacere dovea privarsi dell’onore di contentarlo.

Ser.mo Principe mio S.re Prone Col.mo

Dal favore della lettera di V.a A.a del 15 dello scorso, sentomi con ramarico restare privo dell’onore di servirla più allungo colla Compagnia del mio reggimento di cui V.a A.a mi comanda disporre. La mia divozione verso il gran merito dell’Altezza Vostra resterà però sempre prontissima all’obedienza de suoi comandi, qualunque volta ella si compiacerà di onorarmi, sì come la supplico, mentre che riverentemente a V.a A.a mi inchino.

Di V. A. S.ma Dev.o Servitore R. Montecuccoli

Di Vienna li 3 Aprile 1674.

S.mo Principe Foresto d’Este a Modena

Al Conte Zoppola, giunto a Modena, era finalmente serbata la soddisfazione di vedere pienamente approvata la sua condotta dalla Serenissima Duchessa e in benemerenza de’ suoi servigi e in compenso delle molestie, che questi gli avevano procurato, venne innalzato alla carica di Gentiluomo della Camera del Duca. Infatti come tale è registrato nella Bolletta dei salariati di Corte dell’anno 1673 a c. 13 (R. Arch. di Stato in Modena): “Sig.r Conte Antonio Zoppola è stato dichiarato dalla Ser.ma Sig.a Duchessa sua Sig.a per Gentiluomo della Camera del Ser.mo Sig.r Duca con provigione di L.e sessantasei il mese, principiando il suo servizio il dì pr.o ottobre, come all’ordine della med.a A.a Ser.ma sotto M.: 52” . Quanto al Corgi, si potrebbe supporre che nella descrizione dei fatti successi il Conte per sfogo di risentimento ne avesse esagerato le tinte. Ma a togliere qualunque dubbio, ecco una lettera, che il Corgi scrive quattordici anni dopo i fatti che abbiamo narrato. Sembra avesse abbandonato il servigio del Principe e fosse tornato a Scandiano, suo luogo natio, ove nuove imprese gli avevano procurato il bando. Prega quindi S. A. a fargli grazia adducendo a scusa, che la colpa della quale era stato ultimamente imputato, fra le tante commesse, era una delle più leggiere e in prova di quanto dice, non esita a confessarsi reo di omicidi, di furti e di tante altre nefandità.

Ser.ma Altezza

So che è temerità, ma quanto V.a A.a S.ma avrà la bontà di credermi, l’assicuro ch’è statto, la necessità et la disperazione ch’a ciò m’à forzato, m’è caduto un techio o avuto un infermità che quasi m’à condotto al sepolcro, con bona gracia di V. A. m’è morto una vacha et per sigilo delle mie disgrazie mi sono molo un ginochio, vega con occhio di pietà V.a A.a in quante miserie m’à ridoto i miei pecati. Supplico genuflesso ad interpore la di lei autorità apresso il Ser.mo Padrone a ciò posi venire a Scandiano sono (stato) amaciatore, robatore, tradito Christo, in fine considera V.a A.a ch’è la minima di ciò ch’ò fatto. Ho alcune lite che so, che prestissimo le sbroliarei et mi buscharei cento scudi che in queste mie infelicità mi sariano di gran solievo, di nuovo dunque prostrato a Piedi di V.a A.a S.ma la Suplico et baciando ove colocha i Piedi, me li consacro.

Di V. A. S.ma Ob. Fed.mo et Oss.mo Servo et Sud.o Anibale Corgi

S. Ritiro (?) li 19 Xbre 1687.

Non si può negare, che il Principe Foresto avesse mostrato d’essere sventato e leggero, se di costui s’era fatto un confidente. Ma dopo tutto, di questi esempi nella storia ne troviamo parecchi. Il principe, come abbiamo detto, non era d’animo pravo e infatti cogli anni s’andò a poco a poco emendando, così che, entrato nel 1698 dopo la morte del fratello Luigi nei diritti della Contea di Scandiano, sappiamo che i suoi vassalli ne facevano elogi.