Pagina:Zibaldone di pensieri II.djvu/86: differenze tra le versioni

Da Wikisource.
Alebot (discussione | contributi)
m Wikipedia python library
 
Alebot (discussione | contributi)
m Edit by Alebot
Corpo della pagina (da includere):Corpo della pagina (da includere):
Riga 1: Riga 1:
<noinclude>vrebbe; </noinclude>e sebbene è libero da quel male, contro il quale è diretto quel rimedio: contuttociò quello stesso rimedio è un male, un vizio, un’imperfezione: e sebbene non nuoce piú il primo male, nuoce il rimedio: e quell’individuo non è mica perfetto né sano. Cosí una gamba di legno a chi ha perduto la naturale. Il quale cammina bensí con quella gamba, che altrimenti non potrebbe sostenersi: ma non perciò resta ch’egli non sia imperfetto.
<section begin=1 /><!--{{ZbPagina|579}}--><noinclude>vrebbe; </noinclude>e sebbene è libero da quel male, contro il quale è diretto quel rimedio: contuttociò quello stesso rimedio è un male, un vizio, un’imperfezione: e sebbene non nuoce piú il primo male, nuoce il rimedio: e quell’individuo non è mica perfetto né sano. Cosí una gamba di legno a chi ha perduto la naturale. Il quale cammina bensí con quella gamba, che altrimenti non potrebbe sostenersi: ma non perciò resta ch’egli non sia imperfetto.


Ed ecco (per conclusione del mio discorso) come quei governi e quelle cose d’ogni genere, che da principio e secondo natura, sarebbero ed erano perfette, tolta la natura, non possono piú esserlo malgrado qualunque sforzo della ragione, del sapere, dell’arte: e queste non possono mai riempiere il luogo della natura, e fare perfettamente le di lei veci: anzi rimediando a un male, ne introducono necessariamente un altro: perché esse stesse introdotte che sono in qualunque genere di cose, ne formano un’imperfezione, e rendono quella tal cosa imperfetta per ciò solo che le contiene (22-29 gennaio 1821).
Ed ecco (per conclusione del mio discorso) come quei governi e quelle cose d’ogni genere, che da principio e secondo natura, sarebbero ed erano perfette, tolta la natura, non possono piú esserlo malgrado qualunque sforzo della ragione, del sapere, dell’arte: e queste non possono mai riempiere il luogo della natura, e fare perfettamente le di lei veci: anzi rimediando a un male, ne introducono necessariamente un altro: perché esse stesse introdotte che sono in qualunque genere di cose, ne formano un’imperfezione, e rendono quella tal cosa imperfetta per ciò solo che le contiene (22-29 gennaio 1821).




{{ZbPensiero|579/1}} Da tutto il sopraddetto deducete questo corollario. L’uomo è naturalmente, primitivamente, {{ZbPagina|580}} ed essenzialmente libero, indipendente, uguale agli altri, e queste qualità appartengono inseparabilmente all’idea della natura e dell’essenza costitutiva dell’uomo, come degli altri animali. La società è nello stesso modo primitivamente ed essenzialmente dipendente e disuguale, e senza queste qualità la società non è perfetta, anzi non è vera società. Pertanto l’uomo in società bisogna che necessariamente si spogli e perda delle qualità essenziali, naturali, ingenite, costitutive, e inseparabili da se stesso. Le quali egli può ben perdere in fatto, ma non in ragione, perché come si può considerare un essere spoglio di una sua qualità intrinseca, costitutiva, e indipendente affatto dalle {{pt|circo-|circostanze }}
{{ZbPensiero|579/1}} Da tutto il sopraddetto deducete questo corollario. L’uomo è naturalmente, primitivamente, <section end=1 /><section begin=2 />{{ZbPagina|580}} ed essenzialmente libero, indipendente, uguale agli altri, e queste qualità appartengono inseparabilmente all’idea della natura e dell’essenza costitutiva dell’uomo, come degli altri animali. La società è nello stesso modo primitivamente ed essenzialmente dipendente e disuguale, e senza queste qualità la società non è perfetta, anzi non è vera società. Pertanto l’uomo in società bisogna che necessariamente si spogli e perda delle qualità essenziali, naturali, ingenite, costitutive, e inseparabili da se stesso. Le quali egli può ben perdere in fatto, ma non in ragione, perché come si può considerare un essere spoglio di una sua qualità intrinseca, costitutiva, e indipendente affatto dalle {{pt|circo-|circostanze }}<section end=2 />

Versione delle 20:06, 15 set 2009

vrebbe; e sebbene è libero da quel male, contro il quale è diretto quel rimedio: contuttociò quello stesso rimedio è un male, un vizio, un’imperfezione: e sebbene non nuoce piú il primo male, nuoce il rimedio: e quell’individuo non è mica perfetto né sano. Cosí una gamba di legno a chi ha perduto la naturale. Il quale cammina bensí con quella gamba, che altrimenti non potrebbe sostenersi: ma non perciò resta ch’egli non sia imperfetto.

Ed ecco (per conclusione del mio discorso) come quei governi e quelle cose d’ogni genere, che da principio e secondo natura, sarebbero ed erano perfette, tolta la natura, non possono piú esserlo malgrado qualunque sforzo della ragione, del sapere, dell’arte: e queste non possono mai riempiere il luogo della natura, e fare perfettamente le di lei veci: anzi rimediando a un male, ne introducono necessariamente un altro: perché esse stesse introdotte che sono in qualunque genere di cose, ne formano un’imperfezione, e rendono quella tal cosa imperfetta per ciò solo che le contiene (22-29 gennaio 1821).


*    Da tutto il sopraddetto deducete questo corollario. L’uomo è naturalmente, primitivamente,  (580) ed essenzialmente libero, indipendente, uguale agli altri, e queste qualità appartengono inseparabilmente all’idea della natura e dell’essenza costitutiva dell’uomo, come degli altri animali. La società è nello stesso modo primitivamente ed essenzialmente dipendente e disuguale, e senza queste qualità la società non è perfetta, anzi non è vera società. Pertanto l’uomo in società bisogna che necessariamente si spogli e perda delle qualità essenziali, naturali, ingenite, costitutive, e inseparabili da se stesso. Le quali egli può ben perdere in fatto, ma non in ragione, perché come si può considerare un essere spoglio di una sua qualità intrinseca, costitutiva, e indipendente affatto dalle circo-