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Di tal natura è il ''Lamento dell'innamorato per la partenza'' in ''Storia della sua amata'', di [[Autore:Ruggierone da Palermo|Ruggerone da Palermo]], e il canto di [[Autore:Odo delle Colonne]], da Messina, dove l'innamorata con dolci lamenti effonde la sua pena e la sua gelosia. Eccone il principio: <poem> |
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Oi lassa innamorata, |
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contar vo' la mia vita, |
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ch'io son, senza peccata, |
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d 'assai pene guernita |
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per uno che amo e voglio, |
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siccome avere io soglio; |
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Ed or mi mena orgoglio, |
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Sono sentimenti elementari e irriflessi, che sbuccian |
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un poeta popolare, e com’è una prima e subita |
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Sono sentimenti elementari e irriflessi, che sbuccian fuori nella loro natia integrità senza immagini e senza concetti. Non ci è poeta di quel tempo, anche tra i meno naturali, dove non trovi qualche esempio di questa forma primitiva, elementare, a suon di natura, come dice un poeta popolare, e com'è una prima e subita impressione colta nella sua sincerità. Ed è allora che la lingua esce così viva e propria e musicale che serba una immortale freschezza, e la diresti «pur mo' nata», e fa contrasto con altre parti ispide dello stesso canto. Rozza assai è una [[S'eo trovasse Pietanza|canzone]] di [[Autore:Re Enzo|Enzo re]]; ma chi ha pazienza di leggerla, vi trova questa gemma: <poem> |
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Giorno non ho di posa, |
Giorno non ho di posa, |
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Rozzissima è una [[D'Amor distretto vivo doloroso|canzone]] di [[Autore:Folco di Calavra|Folco di Calabria]], poeta assai antico; ma nella fine trovi lo stesso sentimento in una forma certo lontana da questa perfezione, pur semplice e sincera: <poem> |
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Rozzissima è una canzone di Folco di Calabria, paeta |
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assai antico; ma nella fine trovi lo stesso sentimento in |
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una forma certo lontana da questa perfezione, pur |
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semplice e sincera: |
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Perzò meglio varria |
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morir in tutto in tutto, |
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in pena ed in corrutto, |
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come uomo languente. </poem> |
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Nella [[Tutto lo mondo vive sanza guerra|canzone]] a stampa di [[Autore:Folcacchiero da Siena]], fredda e stentata, è pure qua e colà una certa grazia nella nuda ingenuità di sentimenti che vengon fuori nella loro crudità elementare. Udite questi versi:<poem> |
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E par ch'eo viva in noia della gente: |
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ogni uono m' è selvaggio: |
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dolci versi faceano - agli albori. </poem> |
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Questi fenomeni amorosi sono a lui cosa nuova, che lo empiono di maraviglia e lo commuovono e lo interessano, senza ch'ei senta bisogno di svilupparli o di abbellirli. Narra, non rappresenta, e non descrive. Non è ancora la storia, è la cronaca del suo cuore.<br /> |
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Però niente è in questi che per ingenuità e spontaneità di forma e di sentimento uguagli il canto di [[Autore:Rinaldo d'Aquino|Rinaldo di Aquino]] o di [[Autore:Odo delle Colonne]]. Sono due esempli notevoli di schietta e naturale poesia popolare.<br /> |
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Ma la coltura siciliana avea un peccato originale. Venuta dal di fuori, quella vita cavalleresca, mescolata di colori e rimembranze orientali, non avea riscontro nella vita nazionale. La gaia scienza, il codice d'amore, i romanzi della Tavola rotonda, i Reali di Francia, le novelle arabe, Tristano, Isotta, Carlomagno e Saladino, il soldano, tutto questo era penetrato in Italia, e se colpiva l'immaginazione, rimaneva estraneo all'anima e alla vita reale. Nelle corti ce ne fu l'imitazione. Avemmo anche noi i trovatori, i giullari e i novellatori. Vennero in voga traduzioni, imitazioni, contraffazioni di poemi, romanzi, rime cavalleresche. L'''Intelligenzia'', poema in nona rima ultimamente scoperto, è una imitazione di simil genere. L'amore divenne un'arte, col suo codice di leggi e costumi. Non ci fu più questa o quella donna, ma |
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del cuore messo in agitazione dall'amore. E queste poesie, come le più semplici e spontanee, sono anche le più affettuose e le più sincere. Sono le prime impressioni, sentimenti giovani e nuovi, poetici per sè stessi, non ancora analizzati e raffinati.
Di tal natura è il Lamento dell'innamorato per la partenza in Storia della sua amata, di Ruggerone da Palermo, e il canto di Autore:Odo delle Colonne, da Messina, dove l'innamorata con dolci lamenti effonde la sua pena e la sua gelosia. Eccone il principio:
Oi lassa innamorata,
contar vo' la mia vita,
e dire ogni fiata,
come l'amor m'invita,
ch'io son, senza peccata,
d 'assai pene guernita
per uno che amo e voglio,
e non aggio in mia baglia,
siccome avere io soglio;
però pato travaglia.
Ed or mi mena orgoglio,
lo cor mi fende e taglia.
Oi lassa tapinella,
come l'amor m'ha prisa!
Come lo cor m'infella
quello che m'ha conquisa!
La sua persona bella
tolto m'ha gioco e risa,
ed hammi messa in pene
ed in tormento forte:
mai non credo aver bene,
se non m'accorre morte,
e spero, là che vene,
traggami d'esta sorte.
Lassa che mi dicia,
quando m'avìa in celato:
- Di te, o vita mia,
mi tegno più pagato,
che s'io avessi in balìa
lo mondo a signorato.
Sono sentimenti elementari e irriflessi, che sbuccian fuori nella loro natia integrità senza immagini e senza concetti. Non ci è poeta di quel tempo, anche tra i meno naturali, dove non trovi qualche esempio di questa forma primitiva, elementare, a suon di natura, come dice un poeta popolare, e com'è una prima e subita impressione colta nella sua sincerità. Ed è allora che la lingua esce così viva e propria e musicale che serba una immortale freschezza, e la diresti «pur mo' nata», e fa contrasto con altre parti ispide dello stesso canto. Rozza assai è una canzone di Enzo re; ma chi ha pazienza di leggerla, vi trova questa gemma:
Giorno non ho di posa,
come nel mare l'onda:
core, chè non ti smembri?
Esci di pene e dal corpo ti parte:
ch'assai val meglio un'ora
morir, che ognor penare.
Rozzissima è una canzone di Folco di Calabria, poeta assai antico; ma nella fine trovi lo stesso sentimento in una forma certo lontana da questa perfezione, pur semplice e sincera:
Perzò meglio varria
morir in tutto in tutto,
ch'usar la vita mia
in pena ed in corrutto,
come uomo languente.
Nella canzone a stampa di Autore:Folcacchiero da Siena, fredda e stentata, è pure qua e colà una certa grazia nella nuda ingenuità di sentimenti che vengon fuori nella loro crudità elementare. Udite questi versi:
E par ch'eo viva in noia della gente:
ogni uono m' è selvaggio:
non paiono li fiori
per me, com' già soleano,
e gli augei per amori
dolci versi faceano - agli albori.
Questi fenomeni amorosi sono a lui cosa nuova, che lo empiono di maraviglia e lo commuovono e lo interessano, senza ch'ei senta bisogno di svilupparli o di abbellirli. Narra, non rappresenta, e non descrive. Non è ancora la storia, è la cronaca del suo cuore.
Però niente è in questi che per ingenuità e spontaneità di forma e di sentimento uguagli il canto di Rinaldo di Aquino o di Autore:Odo delle Colonne. Sono due esempli notevoli di schietta e naturale poesia popolare.
Ma la coltura siciliana avea un peccato originale. Venuta dal di fuori, quella vita cavalleresca, mescolata di colori e rimembranze orientali, non avea riscontro nella vita nazionale. La gaia scienza, il codice d'amore, i romanzi della Tavola rotonda, i Reali di Francia, le novelle arabe, Tristano, Isotta, Carlomagno e Saladino, il soldano, tutto questo era penetrato in Italia, e se colpiva l'immaginazione, rimaneva estraneo all'anima e alla vita reale. Nelle corti ce ne fu l'imitazione. Avemmo anche noi i trovatori, i giullari e i novellatori. Vennero in voga traduzioni, imitazioni, contraffazioni di poemi, romanzi, rime cavalleresche. L'Intelligenzia, poema in nona rima ultimamente scoperto, è una imitazione di simil genere. L'amore divenne un'arte, col suo codice di leggi e costumi. Non ci fu più questa o quella donna, ma