Sotto il velame/Le tre fiere/IV: differenze tra le versioni
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Versione delle 12:36, 21 gen 2010
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IV.
La lonza non è in Cicerone, come nè l’incontinenza. A raffigurare l’incontinenza, Dante cercò fiera meno fiera. E meno fiera delle altre due è la lonza, sia ella il leopardo o la lince o la pantera. E più speciosa, anche, poichè ella ha il pel maculato e la pelle gaietta o dipinta.1 Si può certo interpretare diversamente questa dipintura della pelle; ma si può certo interpretare anche così: bella e graziosa d’aspetto. E la lonza è leggiera e presta molto. Anche qui le interpretazioni possibili sono tante; ma tra [p. 146 modifica]esse anche, per esempio, questa: che ella non ha freno al suo corso, ossia che è incontinenza. Ma un particolare intorno ad essa è tale da non ammettere se non una spiegazione ragionevole. Eccola. Dante2
aveva una corda intorno cinta,
e con essa pensò alcuna volta
prender la lonza alla pelle dipinta.
Or questa corda è più probabilmente il cingolo della castità, o più genericamente la continenza. E la continenza non è il contrario di qualsivoglia vizio o peccato, ma di soli quelli che vengono da un naturale émpito, da un soverchio amore del bene; di soli quelli che sono proprii dell’appetito, il quale, come ha bisogno di sprone, così, e più, ha bisogno di freno. E quella corda è quel freno.3 E un altro particolare intorno ad essa non è spiegabile se non in un modo: quello della cagione che aveva Dante a bene sperare. Qual era? “L’ora del tempo e la dolce stagione„. L’unica spiegazione ragionevole è quella che Dante stesso ne dà. Invero egli fa cantare a certi fitti nel fango:4
Tristi fummo
nell’aer dolce che del sol s’allegra
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
or ci attristiam nella belletta negra.
Per pena, cioè, di essere stati tristi nell’aer dolce, rallegrato dal sole, ora ci attristiamo nella melma,
Note
- ↑ Inf. VI 108.
- ↑ Inf XVI 106 segg.
- ↑ Tra l’altro, vedi Summa 1a 2ae 102, 5: renes autem accingendi sunt cingulo castitatis.
- ↑ Inf. VII 121 segg.
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