Pagina:La secchia rapita.djvu/186: differenze tra le versioni
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XI.
Tremolavano i rai del sol nascente
90sovra l’onde del mar purpuree e d’oro;
e in veste di zaffiro il ciel ridente
specchiar parea le sue bellezze in loro:
d’Africa i venti fieri e d’Oriente
de le fatiche lor prendean ristoro;
95e co’ sospiri suoi soavi e lieti
sol Zefiro increspava il lembo a Teti.
XII.
Al trapassar de la beltà divina
la Fortuna d’amor passa e s’asconde.
L’ondeggiar de la placida marina
100baciando va l’inargentate sponde.
Ardon d’amore i pesci, e la vicina
spiaggia languisce invidiando a l’onde;
e stanno gli amoretti ignudi intenti
a la vela, al governo, a i remi, a i venti.
XIII.
105Quinci e quindi i delfini a schiere a schiere
fanno la scorta al bel legnetto adorno;
e le ninfe del mar pronte e leggiere
corron danzando e festeggiando intorno.
Vede l’Umbrone ove sboccando ei père
110e l’isola del Giglio a mezzogiorno;
e in dirupata e ruinosa sede
monte Argentaro in mezzo a l’onde vede.
XIV.
Quindi s’allarga in su la destra mano,
e lascia il porto d’Ercole a mancina;
115vede Civitavecchia, e di lontano
biancheggiar tutto il lido e la marina.
Giaceva allora il porto di Traiano
lacero e guasto in misera ruina;
strugge il tempo le torri e i marmi solve
120e le machine eccelse in poca polve.