Istorie dello Stato di Urbino/Libro Primo/Capitolo Quinto: differenze tra le versioni

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Libro Primo - Capitolo Quarto Libro Primo - Capitolo Sesto
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CAPITOLO QUINTO.

De i fiumi più famosi, che la Contrada inondano de' Senoni.


D
a' otto illustri fiumi, l'Umbria Senonia irrigata viene, i quali con varij rami diversamente chiamati, dall'Apennino uscendo, rapidi corrono all'Adriatico in seno. E questi sono l'Esino, la Misa, il Suasano, il Metauro, l'Isauro, il Crustumio, il Rimino, e'l Rubicone.

Trà essi i più abbondanti d'acque, sono l'Esino, il Metauro, & il Rimino, tutti trè atti à navigarsi, come altra volte si navigò l'Esino. Esio, che da un Rè di quella Regione prese il nome, (come nell'ottavo Libro riferisce Silio Italico, così scrivendone. Quis Aesis regnator erat fluvioque reliquit nomen, hà gli suoi principij nelle copiose vene de i Monti Inginij, al luogo, che dando l'acque à due Mari, Acqua pendente da' paesani s'appella; assai vicino all'antichissima Città Inginia, hor da volgari chiamata Gubbio, di dove per cupe valli, e per dirupi precipitosi correndo, & alla sinistra parte lasciando nella via Flaminia la Terra di Schieggia, le cui mura all'Oriente bagna, con altri fiumi sotto Catria s'incontra, e nell'incontro torcendo alquanto il corso, lascia convenevole spatio, dove stà posto il Castel dell'Isola, Contea molto antica de' Signori Odagi. Di quì nell'istesso modo trà sassi scendendo à i Cimiterij Emiliani si porta, ove con l'acque d'altri fiumi ingrossandosi, con più quieto moto i campi Sentini inonda, à tutto il Mondo sopra ogni fama noti, non meno per lo sacrificio, che ivi fè di se stesso Decio à gli Dei Tartarei, che per le segnalate vittorie ottenute per questo (à credere de i Gentili) da' Romani contro i loro nemici, & alle Porte di quella famosa Città, che hora Sassoferrato s'appella (inclita Madre del glorioso Bartolo, e di molti altri huomini essimij, che con le penne, e gli ostri fecero stimarsi Heroi) con l'acque del fiume Sanguirone, e della ricca Marena, che ivi è corrente sopra l'arene d'oro, accrescendo à se stesso potere, e forza, orgoglioso à gli aspri Monti della scoscesa Roscia se'n passa; nelle cui foci co'l fiume Giano s'unisce, che all'idustriosa, e grossa Terra di Fabriano [p. 52 modifica]dà insieme con le ricchezze il nome. E questi due, fatto un sol Fiume, dopò mille raggiri tra quei dirupi, da gli sbattimenti affaticato, esce al fine in bianche spume rumoreggiante, dallo stretto vado; & allargando la sua valle in piano, per ampio, e per sassoso letto, con più piacevol corso all’Adriatico s’incamina; e gionto alla sua Regia di Iesi, piegandosi alquanto, la riverisce, da cui poscia allargato, & in due parti equali una gran pianura spartendo, giunge finalmente al Mare, à cui contribuisce in larga foce le sue ben chiare, mà più agitate onde, famose non tanto per le vittorie illustri, che ivi l’Anno di Roma 675. ottenne Q. Metello, partiale di Silla, contro il Pretore Carinna, Duce delle genti di Carbone, e Mario; Consoli Romani, come racconta Appiano Alessandrino nel primo Libro delle guerre civili: quanto che à Galli (come dicemmo) i confini prescrissero.

Due sono le Mise, che inaffiano là terra Senonia, se bene prima, che al Mare diffondansi, nella selva celebre de Bodiani s’uniscano. La prima al destro fianco della Rocca contrada, che all’Oriente mira, da’ fonti di Caprofico, e dall’Acque sante pigliando l’origine, per alcune miglia nel Territorio scorre della Terra sudetta, di dove uscendo, alla destra bagna i campi della Serra de’ Conti: alla sinistra i Barbaresi, e più al basso quelli di Montenovo, ed ivi alle sue ripe lasciando il fecondissimo sito, in cui giacenti si trovano le reliquie infrante dell’antica Ostra, nel Contado Bodiano s’incentra, & alla selva descendendo veloce, con l’altra Misa s’incontra. La quale da’ due Fonti di qualità diversi, e di sito lontani, che ne i Monti Sentini scatoriscono, hà gli suoi natali; & alla sinistra della medesima Rocca degli istessi Fonti i copiosi rivoli mischiandosi, si transformano in Fiume, il quale à Camporano il Rocchegiano lasciando alla destra, il Barbarese Contado, co’l Montenovese inonda: & alla sinistra quello di Castellione, e più à basso i campi Corinaltesi, per lo cui mezo in angusto letto, placido camina; e questi anco adietro lasciando, entra nel Ripegiano, che co’l suo letto dal Boadiano divide, & alla destra alquanto piegandosi, all’altro si porta, formando co’l medesimo, e con una serie di vaghi colli, che dalla parte d’Ostro le fan corona, in ampia pianura d’angoli acuti un triangolo perfetto; in mezo à cui frondeggia l’accennata selva, piena d’antichissime Quercie, d’altissimi Cerri, di verdeggianti frassini, d’Orni, d’Aceri, d’Oppij, d’Olmi, di Avellane, de’ Corgni & altri simili, i quali non meno rendono ampia, ed amena la selva, di quello, che si faccia questa per la sua grandezza, ed amenità, famosi i fiumi. Quivi delle due Mise l’acque unite, si come per un sol letto all’Adriatico scorrono; così di un Misa solo il nome ritengono.


E questo forse per mostrare più ricchi i tributi, che delle proprie onde afferisce al Mare, non molto da esso lontano, quelle trattenendo alquanto [p. 53 modifica]s’ingrossa in guisa, che in Senigaglia fà un sicurissimo Porto à Naviganti. E se bene per la strettezza, non può farsi di tutti i legni, che de i più alti Mari premono il dorso, capace; in ogni tempo però si vede pieno di Navi mediocri, che da ogni parte l’Adriatico, e ’l Ionio veleggiano, portando merci da tutti i lidi loro. Di questo Fiume molti Scrittori parlarono, come ne i loro Volumi non meno de’ Moderni, che de gli Antichi appare, specialmente Guglielmo Saone sopra Pomponio Mela; e prima di lui G. Fabritio, Sebastian Monstero Alemano, Girolamo Ruscelli sopra la Geografia di Tolomeo, Leandro Alberti nella Descrittione d’Italia, Francesco Panfili nel primo libro del suo Piceno, ed Appiano Alessandrino, nel sopradetto Libro delle guerre civili, ove egli racconta, che alle foci di questo Fiume, Pompeo, havendo rotto Martio, valoroso Duce delle Genti di Mario, saccheggiò Senigaglia; e conseguentemente, si crede, che ivi delle sue vittorie ergesse i Trofei.

Il fiume Suasano, che hora da tutti Cesano si chiama, specialmente da Monsignor Rodulfi, nelle Croniche di Senigaglia; perche ne’ tempi antichi scorreva per mezo la famosa, e gran città di Suasa, da gli Egittij fondatori di quella, prese con essa il nome. Questi trè miglia distante dalle foci del Misa, sgorga le sue acque nel Mare, nel luogo à punto, che la Bastia s’appella; ove Livio Salinatore, e Claudio Nerone Consoli Romani, diero alla sconfitta del formidabile essercito Cartaginese principio, di cui fù Duce Asdrubale; la quale poscia all’onde Metaurense compirono. E perche da questi potentissimi nemici, quivi debellati, d’Italia i pericoli, e le crudelissime guerre cessarono, da loro mosse alla Republica Romana per tuor le del Mondo l’Imperio, Cesano fù da certi per l’innanzi chiamato, e nella distruttione di Suasa, affatto l’antico nome perdendo, non per altro, che per questo poscia fù inteso; Benche Sebastiano Macci de bello Asdrubalis lo dimandi Ceeno; e forse con tal nome l’appella, perche un picciol fiume, che nel Territorio Mondaviese trascorre, di fango maggior copia, che di acqua porta al suo letto, il quale perciò in modo, arenoso diviene, che per alcune miglia verso del Mare pericoloso à passeggieri si rende; onde molti, che dopò le piene tentano varcarlo, impensamente sommersi restano, grand’infamia à quell’onde lasciando; de i cui mortali perigli avisandone il Panfili, nel primo Libro del Picen citato, i vivi, così ne canta.

Turbidus Adriaticum Caesanus fertur in aequor,
     Praecipitat rapidas imbribus auctus aquas.

Quantunque nelle sue Tavole Tolomeo non habbia questo fiume notato, si come ne anco il Metauro, non essendosi di tal mancamento la cagione saputa, non poca meraviglia à gli huomini spiritosi arreca, tutta volta [p. 54 modifica]da ogni altro, che dopò lui ha scritto sopra la Geografia di esso, viene tra gli altri fiumi più celebri connumerato, Et da gli Historici molto illustrate sono le sue ripe, non tanto per le glorie, che in esse gli antichi Romani della sconfitta de’ Cartagine acquistarono, quanto per le famose vittorie, che sopra le medesime ne i più vicini tempi l’invitto Federico di Montefeltro hebbe contro l’anathematizato Sigismondo Malatesta, il quale con eserciti numerosi di fiera, e d’invida gente, a più potere tentava di opprimere la Chiesa Santa, e de gli suoi sudditi intorbidire la fede, tirandoli à forza all’ubbidienza sua. Dal Monte Sitria (nonmeno illustrato da i sette anni di Angelica, e di solitaria vita, che ne gli suoi antri oscuri, e beati menò Romoaldo il Santo, che dall’insigne Abbadia, nelle sue falde giacente) e da Catria, d’Italia Monte famoso riceve il Cesano gli suoi principii, e più a basso dall’abbondante Fonte Avellano accresciuto, con perpetuo corso strepitoso à i Belisi piani, e à i campi delitiosi della Pantana discende; indi le mura della Pergola bagnando co’l Cinischio s’incontra, il quale il Catria dal Fonte Avernoso pigliando anch’esso l’origine, per un’horrida e profonda valle precipitandosi, a Frontone raccogliesi, Contea assai popolosa de’ Signori Porti, di dove con più quieto corso per mezo al Piano scorrendo, che ad Angelo Capitano invitto, dal Biondo, e dal Leandro fino alle stelle inalzato, diede i bassi natali, alla Pergola si trasporta, d’intorno a cui involto in semicircolo, à mille sordidi artefici presta di se medesimo l’uso; dalle mani de' quali, poscia uscendo, tinto di cento colori, co’l Cesano si mischia: Onde così esso accresciuto, quanto più torbido, tanto più altero, et arrogante si mostra, con più strepitosi rugiti correndo al Mare; et alle radici di Monte Secco da un’altro Fiume, che da Monti Sentini discende, pigliando nuovi tributi, apre oltra modo in grande pianura la Valle, in cui, ove da i colli Miralbellesi vien spalleggiata, giaceno sepolte dall’Egittia Suasa le famosissime ceneri. E nel suo viaggio ricevendo spesso da ogni banda rivoli, e torrenti, di mediocre Fiume il nome s’acquista, e dando al corso di trentatré miglia il fine, carco d’arene nell’Adriatico precipitoso isbocca.

Dopò i piani di Marotta, ove più sanguinosa fù contro i Cartaginesi la battaglia, nove miglia dal Cesano distante, si trova il Metauro, il quale anch’egli col Mare, mischiandosi, ferma in quello delle sue acque il corso. Queso dopò il Tevere, et il Po, che Rè de’ Fiumi s’appella, il più famoso d’Italia viene assolutamente stimato, non meno per la bellezza delle sue sponde, le quali paiono con artificioso magistero fabricate, che per le due famose vittorie, che in esse a favore d’Italia, e dell’Imperio Romano, contro de i Barbari si ottennero; una delle quali fù la sopr’accennata, ove con gli suoi venne sconfitto Annibale, di cui a pieno [p. 55 modifica]parla Livio nel settimo della I. deca; e l'altra al Forlo, dove con Totila mancò il Gotico Regno, secondo che Procopio Medico del vittorioso Narsete ne scrisse, à cui si dà piena credenza, essendovi egli presente stato, e non al calunniatore di esso Flavio Biondo, come ben dimostra Bernardino Baldi Abbate di Guastalla. Et oltre à queste certe, altri anco vogliono, che sopra le medesime sponde da Aureliano Imperatore, con tre crudelissime battaglie debellati venissero i Marcomani, dell'Alemagna ferocissimi popoli, che passarono i Monti, per signoreggiare l'Italia; à cui non contradico, sicuro essendo, che in quella vicinanza tutto ciò succedesse; Quantunque non possa far di meno à non mi meravigliare di alcuni, che asseriscano esser stati alle stesse onde i Galli Senoni rotti da Furio Camillo, dopò che questi saccheggiata, ed arsa hebbero la Città di Roma, e già dall'assedio del Campidoglio partiti erano; essendo che Livio il quale nel quindo libro della prima Deca racconta questo fatto, espressamente habbia scritto, che tale conflitto succedesse à Galli, nella via Gabina, da Roma non più di otto miglia lontano, con queste formali parole.

Igitur primo concorsu, haud majore momento fusi Galli sunt, quam ad Aliam vicerant, Iustiore altero deinde praelio ad octavum lapidem Gamina via, quo se ex fuga contulerant eiusdem ductu, auspicioque Camilli vincuntur, ubi cedes obtinuit. Castra capiuntur, & ne nuncius quidem cladis relictus. Dictator recuperata ex hostibus Patria, triumphans in Urbem redit.

Onde io non posso imaginarmi, se gli accennati storici ciò attestino per l'equivoco preso circa il luogo di questa vittoria: overo che scordatesi delle parti essentiali di chi scrive Istorie, ch'è il raccontare il vero, poeticamente cosi dicessero, per questo fiume inalzare à' più sublimi honori; delche non hà esso bisogno, essendo famosissimo divenuto per tutto il Mondo, quando trionfante co'l Salinatore nel Campidoglio comparve à far pomposa mostra delle sue glorie, havendo fatto acquisto dell'istesso Mondo. Quindi ragionevolmente da ogni Scrittore antico, fuorche da Tolomeo, celebrato viene, specialmente da Strabone, da Livio, da Ubio Sequestro, da Pomponio Mela, e da altri mille, che annoverandoli tutti, sarei prolisso. Non tacerò però gli encomij, che del medesimo all'onde attribuirono Lucano, e Silio, che però quegli per la velocità essaltandole, così ne parla.

In leverem condera latus, veloxq: Metaurus.

E questi celebrando dell'istesse il suono, che strepitoso fanno in raggirarsi nel sassoso letto trà le profonde voragini; cosi nell'ottavo Libro ne scrisse.


Rapidasq; sonanti vertice contorquens undas, per saxa Metaurus.


Esce questo Fiume dal giogo dell'Alpi, di dove correndo al basso, la [p. 56 modifica]terra bagnata dell'Amole nello Massa Trabaria, come parimento Borgo de Pace, Mercatello, Tiferno Metaurense, hoggi detto Sant'Angelo in Vado, Castel Durante, già Castel delle ripe, ed hora Città Urbania, e fuor della Massa, nell'Urbinato,il Castel di Firmignano; i piani Gaifiij, e Primicilij, e più giù Calmazzo, Villa famosanella via Flaminia, dove il medesimoco'l Candiano s'unisce, che dall'Alpi di Vaccareccia viene all'Acqualagna col precipitoso Borano ad incontrarsi, il quale dalla Regione, da cui toglie di Borano il nome, che nel Territorio Inginio, trà alti colli, e profonde valli si raccoglie, scendendo; sicome del Bosso à Cagli, e dal Borano à Cantiano, con l'onde sorbisce i nomi; così esso con quelle (benche si lagni) all'Acqualagna dall'istesso Candiano assorbito viene. Questi poscia ingrossato all'ingiù, frà smisurati sassi precipitoso correndo, trà l'Orrido Forlo s'intoppa, e del tutto s'asconde, da quali dopò molti raggiri finalmente svilupandosi, fà co'l suono delle sua precipitosa caduta ribombare le valli, e dall'angusta Foce uscendo, forma in spatioso campo di se stesso meravigliosa veduta, & in una gran ruota girando il letto, ove de' Duchi già fù il delitioso Barcho, se stesso finalmente offerisce al Metauro, poco stimando di se medesimo la perdita, per rendere quel Fiume per tanti rispetti glorioso, maggiore; il quale perciò arrichito, corre orgoglioso ad inaffiare il Foro, che anticamente fù da Sempronio eretto; da cui spiccandosi, & in mezzo à spatiosa valle indirizzando il moto, và con le sue ad incontrare l'onde Adriatiche, con le quali mischiandosi, ad un ponto si priva di quanto mendicando, per lo patio di cinquantacinque miglia, se n'era quà, e là ito raccogliendo.

Otto miglia verso l'Occidente, oltre il Metauro, del Fiume Isauro s'incontra la Foce, che le mura di Pesaro inondano, à Naviganti dei vicini Mari fà sicuro il Porto. Questi dal Tempio della gran Madre Iside, che nelle sue sponde da i compagni d'Hercole Libico, in honore di quella Dea edificato venne, (in cui anche gran tempo della medesima adorossi un simolacro d'oro) prese con la Città appò gli Antichi, gli honori, e 'l nome, onde per l'innanzi, e questa, e quello, Isaoro furono detti; quantunque il Fiume Hoggi da volgari Foglia s'appelli, da Foglia (si crede) celebre Maga, che nelle medesime sponde soggiornò molti anni. Benche altri vogliono (come Cesare Clementini nell'Historie di Rimino attesta) che fosse questa meretrice famosa, laquale per la sua bellezza, non meno da remote, che da vicine contrade, à se tirasse gli amanti: e può anco essere, che dell'una, e dell'altra infamia fosse macchiata. Nasce l'Isaoro alle radici dell'Apennino, in un prato ameno, intorno à sette miglia, sopra Sestino, da un Fonte, che ivi sgorga in molta copia le sue acque chiare, di onde gli abbondanti rivoli al profondo cascando, con altri uniti si [p. 57 modifica]convertono in Fiume, che rapido verso al Mare scorrendo, bagna del detto Sestino l'antiche mura, e successivamente di Belforte i campi, di Pian di Mileto, di Lumano, e del famoso Sasso, che da i Corvi, i quali annidarono ivi, da i Fondatori di esso Corbarco fù detto. E più à basso nel terreno di Urbino spandendo la sua valle in lato piano, sotto Corbordolo, e Talacchio, riceve nel suo seno Laspis, che trahe da i Fonti del medesimo Urbino l'origine; onde per quello accresce non meno à se grandezza, e nome, che à i campi Pesaresi vergogna, e danno, di sozzo fango, e di sterile arena imbrattandoli, mentre, che soleva in quelli (sovente dalle sue ripe uscendo) con mille rigagni ben cento letti à l'anno. E forse per questo di tal gionta perla Lucano in brevissime note, così cantando.


Crustumiumq. rapax, & iunctis Lapsis Isauro.


Plinio nel Libro Terzo delle sue Historie al Capitolo quartodecimo, pone l'istesso Fiume nella sesta Regione d'Italia, e fuor dell'uso de gli Scrittori Antichi, lo chiama, insieme con la Città, Pisaurum, trà essi non facendo varietà nel nome. Che se bene da Strabone, e da Tolomeo con silentio si passa, tutta volta dalle penne di molti altri, viene celebrato; no tanto per esser questo verso l'Occidente, del medesimo Piceno il fine e dell'Emilia il principio all'Oriente; e dell'una, e dell'altra Provincia il Divisore; quanto per le molte battaglie, che in varij tempi sopra le sue ripe furon commesse da Capitani famosi, i quali aspiravano alla possessione d'Italia, come à i professori dell'Historie può esser noto, per la fede, che ne fanno gli Scrittori veraci.

Da i Monti di Carpegna, e dal Lago Capiolo, nella Provincia del Monte Feltro, la Conca nasce, che da gli Antichi Crustumio s'appella, di cui Lucano, e Plinio ne gli accennati luoghi fan mentione. Questi da gli suori principij spiccandosi, e per alti dirupi sbalzando l'onde, orgoglioso alle profonde valli per angusto, e per sassoso letto discende; poi sotto Gemano al lato festro di Montefiore lasciando i Monti vago ne gli suoi raggiri, con un altro si mischia, & arrichito d'acque in bella pianura à risguardanti scopresi. Finalmente con più riposato corso, dalla Cattolica non molto distante, si riduce al mare, ove anticamente fù la Città di Conca, laqual (come già scrissi) dall'onde voraci dell'istesso Mare fù assorbita.

All'Occaso bagna le mura di Rimino il Fiume, che di questo medesimo nome da gli Antichi Historici appellato viene; appresso di cui si rende assai famoso, venendo egli da loro al par d'ogni altro celebrato, singolarmente da Strabone, da Plinio, da Catone, da Procopio, e da mille altri; anco da quelli che più moderatamente hanno scritto. Non più Rimino chiamasi di presente, mà col nome volgare viene da tutti appellato [p. 58 modifica]Marechia: nè di tal varietà di nome penetrare hò potuto la cagione. Poco sopra la Villa di Roccucci, alle mura della Badia, trà gli Apennini, sorge questo Fiume, e frà lo spatio di quaranta miglia di corso, hor per oblique, & hor per linee rette portando all'Adriatico l'acque. Finalmente giunto, e quelle con riverente inchino presentando, nel compire trattenendosi con humili cerimonie, alle mura di Rimino forma se non famoso, almen commodo Porto, da cui l'entrate, che à i ricchi habitatori della Contrada sopravanzano, ad altri Popoli bisognosi tragittansi.

Da Rimino, intorno à dieci miglia discosto, nella strada Emilia, il fiume Rubicone da' passaggieri s'incontra, che nella divisione delle Provincie Galle, fù consegnato da Belloveso per limite à Senoni; e dopò l'esterminio di quelli, fù da' Romani per Divisor d'Italia da gli altri Popoli Galli dichiarato, come dà infiniti Scrittori si racconta, e da Lucano inispecie in questi seguenti versi.


Punicus, Rubicon cùm fervida canduit aestas,
Perq; lmas serpit valles, & Gallica certus
Limes ab Ausonijs disterminat arva colonis.


Questi benche povero d'acque, assai ricco di nome si fece quando Cesare il Dittatore contro le Senatorie Leggi osò guadarlo, & in Italia armati condurre gli Esserciti, da che lo spargimento di tanto sangue civile trasse l'origine. Indi per quello Cesare l'essaltatione ottenne, sino alla Deità, da' Gentili sognata (se le penne deì celebri Scrittori degne sian di fede) principalmente quella del citato Lucano ne i seguenti versi.


Iam gelidas Caesar cursu superaverat Alpes
Ingentesque animo motus, bellumque futurum.
Caeperat, ut ventum est parvi Rubiconis ad undas.


Frà queste onde, mentre badava irresoluto Cesare se dovesse, ò nò passarle, una Larva scoprissi, che con instromento bellico suonando, spronollo à far di Roma, e dell'Imperio del Mondo la gloriosa impresa. Da i cui motivi risolvendosi finalmente di tentare la sorte, cosi in varcarle, (al riferire di Svetonio Tranquillo) disse. Eatur, quò Deorum ostenta, & inimicorum iniquitas vocat. iacta sit alea. Et il medesimo hassi da Appiano Alessandrino, che nel secondo Libre delle sue Historie più disteso questo fatto narra.