Divina Commedia/Inferno/Canto XIV: differenze tra le versioni

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''Canto XIV, ove tratta de la qualità del terzo girone, contento nel settimo circulo; e quivi si puniscono coloro che fanno forza ne la deitade, negando e bestemmiando quella; e nomina qui spezialmente il re Capaneo scelleratissimo in questo preditto peccato.''
''Canto XIV, ove tratta de la qualità del terzo girone, contento nel settimo circulo; e quivi si puniscono coloro che fanno forza ne la deitade, negando e bestemmiando quella; e nomina qui spezialmente il re Capaneo scelleratissimo in questo preditto peccato.''
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Poi che la carità del natio loco
Poi che la carità del natio loco
mi strinse, raunai le fronde sparte
mi strinse, raunai le fronde sparte
e rende' le a colui, ch'era già fioco. {{r|3}}
e rende’ le a colui, ch’era già fioco. {{r|3}}


Indi venimmo al fine ove si parte
Indi venimmo al fine ove si parte
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che dal suo letto ogne pianta rimove. {{r|9}}
che dal suo letto ogne pianta rimove. {{r|9}}


La dolorosa selva l'è ghirlanda
La dolorosa selva l’è ghirlanda
intorno, come 'l fosso tristo ad essa;
intorno, come ’l fosso tristo ad essa;
quivi fermammo i passi a randa a randa. {{r|12}}
quivi fermammo i passi a randa a randa. {{r|12}}


Lo spazzo era una rena arida e spessa,
Lo spazzo era una rena arida e spessa,
non d'altra foggia fatta che colei
non d’altra foggia fatta che colei
che fu da' piè di Caton già soppressa. {{r|15}}
che fu da’ piè di Caton già soppressa. {{r|15}}


O vendetta di Dio, quanto tu dei
O vendetta di Dio, quanto tu dei
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ciò che fu manifesto a li occhi mei! {{r|18}}
ciò che fu manifesto a li occhi mei! {{r|18}}


D'anime nude vidi molte gregge
D’anime nude vidi molte gregge
che piangean tutte assai miseramente,
che piangean tutte assai miseramente,
e parea posta lor diversa legge. {{r|21}}
e parea posta lor diversa legge. {{r|21}}
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e altra andava continüamente. {{r|24}}
e altra andava continüamente. {{r|24}}


Quella che giva 'ntorno era più molta,
Quella che giva ’ntorno era più molta,
e quella men che giacëa al tormento,
e quella men che giacëa al tormento,
ma più al duolo avea la lingua sciolta. {{r|27}}
ma più al duolo avea la lingua sciolta. {{r|27}}


Sovra tutto 'l sabbion, d'un cader lento,
Sovra tutto ’l sabbion, d’un cader lento,
piovean di foco dilatate falde,
piovean di foco dilatate falde,
come di neve in alpe sanza vento. {{r|30}}
come di neve in alpe sanza vento. {{r|30}}


Quali Alessandro in quelle parti calde
Quali Alessandro in quelle parti calde
d'Indïa vide sopra 'l süo stuolo
d’Indïa vide sopra ’l süo stuolo
fiamme cadere infino a terra salde, {{r|33}}
fiamme cadere infino a terra salde, {{r|33}}


per ch'ei provide a scalpitar lo suolo
per ch’ei provide a scalpitar lo suolo
con le sue schiere, acciò che lo vapore
con le sue schiere, acciò che lo vapore
mei si stingueva mentre ch'era solo: {{r|36}}
mei si stingueva mentre ch’era solo: {{r|36}}


tale scendeva l'etternale ardore;
tale scendeva l’etternale ardore;
onde la rena s'accendea, com'esca
onde la rena s’accendea, com’esca
sotto focile, a doppiar lo dolore. {{r|39}}
sotto focile, a doppiar lo dolore. {{r|39}}


Sanza riposo mai era la tresca
Sanza riposo mai era la tresca
de le misere mani, or quindi or quinci
de le misere mani, or quindi or quinci
escotendo da sé l'arsura fresca. {{r|42}}
escotendo da sé l’arsura fresca. {{r|42}}


I' cominciai: "Maestro, tu che vinci
I’ cominciai: "Maestro, tu che vinci
tutte le cose, fuor che ' demon duri
tutte le cose, fuor che demon duri
ch'a l'intrar de la porta incontra uscinci, {{r|45}}
ch’a l’intrar de la porta incontra uscinci, {{r|45}}


chi è quel grande che non par che curi
chi è quel grande che non par che curi
lo 'ncendio e giace dispettoso e torto,
lo ’ncendio e giace dispettoso e torto,
sì che la pioggia non par che 'l marturi?". {{r|48}}
sì che la pioggia non par che ’l marturi?". {{r|48}}


E quel medesmo, che si fu accorto
E quel medesmo, che si fu accorto
ch'io domandava il mio duca di lui,
ch’io domandava il mio duca di lui,
gridò: "Qual io fui vivo, tal son morto. {{r|51}}
gridò: "Qual io fui vivo, tal son morto. {{r|51}}


Se Giove stanchi 'l suo fabbro da cui
Se Giove stanchi ’l suo fabbro da cui
crucciato prese la folgore aguta
crucciato prese la folgore aguta
onde l'ultimo dì percosso fui; {{r|54}}
onde l’ultimo dì percosso fui; {{r|54}}


o s'elli stanchi li altri a muta a muta
o s’elli stanchi li altri a muta a muta
in Mongibello a la focina negra,
in Mongibello a la focina negra,
chiamando "Buon Vulcano, aiuta, aiuta!", {{r|57}}
chiamando "Buon Vulcano, aiuta, aiuta!", {{r|57}}


com'el fece a la pugna di Flegra,
com’el fece a la pugna di Flegra,
e me saetti con tutta sua forza:
e me saetti con tutta sua forza:
non ne potrebbe aver vendetta allegra". {{r|60}}
non ne potrebbe aver vendetta allegra". {{r|60}}


Allora il duca mio parlò di forza
Allora il duca mio parlò di forza
tanto, ch'i' non l'avea sì forte udito:
tanto, ch’i’ non l’avea sì forte udito:
"O Capaneo, in ciò che non s'ammorza {{r|63}}
"O Capaneo, in ciò che non s’ammorza {{r|63}}


la tua superbia, se' tu più punito;
la tua superbia, se’ tu più punito;
nullo martiro, fuor che la tua rabbia,
nullo martiro, fuor che la tua rabbia,
sarebbe al tuo furor dolor compito". {{r|66}}
sarebbe al tuo furor dolor compito". {{r|66}}


Poi si rivolse a me con miglior labbia,
Poi si rivolse a me con miglior labbia,
dicendo: "Quei fu l'un d'i sette regi
dicendo: "Quei fu l’un d’i sette regi
ch'assiser Tebe; ed ebbe e par ch'elli abbia {{r|69}}
ch’assiser Tebe; ed ebbe e par ch’elli abbia {{r|69}}


Dio in disdegno, e poco par che 'l pregi;
Dio in disdegno, e poco par che ’l pregi;
ma, com'io dissi lui, li suoi dispetti
ma, com’io dissi lui, li suoi dispetti
sono al suo petto assai debiti fregi. {{r|72}}
sono al suo petto assai debiti fregi. {{r|72}}


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ma sempre al bosco tien li piedi stretti". {{r|75}}
ma sempre al bosco tien li piedi stretti". {{r|75}}


Tacendo divenimmo là 've spiccia
Tacendo divenimmo là ’ve spiccia
fuor de la selva un picciol fiumicello,
fuor de la selva un picciol fiumicello,
lo cui rossore ancor mi raccapriccia. {{r|78}}
lo cui rossore ancor mi raccapriccia. {{r|78}}
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Lo fondo suo e ambo le pendici
Lo fondo suo e ambo le pendici
fatt'era 'n pietra, e ' margini dallato;
fatt’era ’n pietra, e margini dallato;
per ch'io m'accorsi che 'l passo era lici. {{r|84}}
per ch’io m’accorsi che ’l passo era lici. {{r|84}}


"Tra tutto l'altro ch'i' t' ho dimostrato,
"Tra tutto l’altro ch’i’ t’ ho dimostrato,
poscia che noi intrammo per la porta
poscia che noi intrammo per la porta
lo cui sogliare a nessuno è negato, {{r|87}}
lo cui sogliare a nessuno è negato, {{r|87}}


cosa non fu da li tuoi occhi scorta
cosa non fu da li tuoi occhi scorta
notabile com'è 'l presente rio,
notabile com’è ’l presente rio,
che sovra sé tutte fiammelle ammorta". {{r|90}}
che sovra sé tutte fiammelle ammorta". {{r|90}}


Queste parole fuor del duca mio;
Queste parole fuor del duca mio;
per ch'io 'l pregai che mi largisse 'l pasto
per ch’io ’l pregai che mi largisse ’l pasto
di cui largito m'avëa il disio. {{r|93}}
di cui largito m’avëa il disio. {{r|93}}


"In mezzo mar siede un paese guasto",
"In mezzo mar siede un paese guasto",
diss'elli allora, "che s'appella Creta,
diss’elli allora, "che s’appella Creta,
sotto 'l cui rege fu già 'l mondo casto. {{r|96}}
sotto ’l cui rege fu già ’l mondo casto. {{r|96}}


Una montagna v'è che già fu lieta
Una montagna v’è che già fu lieta
d'acqua e di fronde, che si chiamò Ida;
d’acqua e di fronde, che si chiamò Ida;
or è diserta come cosa vieta. {{r|99}}
or è diserta come cosa vieta. {{r|99}}


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Dentro dal monte sta dritto un gran veglio,
Dentro dal monte sta dritto un gran veglio,
che tien volte le spalle inver' Dammiata
che tien volte le spalle inver’ Dammiata
e Roma guarda come süo speglio. {{r|105}}
e Roma guarda come süo speglio. {{r|105}}


La sua testa è di fin oro formata,
La sua testa è di fin oro formata,
e puro argento son le braccia e 'l petto,
e puro argento son le braccia e ’l petto,
poi è di rame infino a la forcata; {{r|108}}
poi è di rame infino a la forcata; {{r|108}}


da indi in giuso è tutto ferro eletto,
da indi in giuso è tutto ferro eletto,
salvo che 'l destro piede è terra cotta;
salvo che ’l destro piede è terra cotta;
e sta 'n su quel, più che 'n su l'altro, eretto. {{r|111}}
e sta ’n su quel, più che ’n su l’altro, eretto. {{r|111}}


Ciascuna parte, fuor che l'oro, è rotta
Ciascuna parte, fuor che l’oro, è rotta
d'una fessura che lagrime goccia,
d’una fessura che lagrime goccia,
le quali, accolte, fóran quella grotta. {{r|114}}
le quali, accolte, fóran quella grotta. {{r|114}}


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tu lo vedrai, però qui non si conta". {{r|120}}
tu lo vedrai, però qui non si conta". {{r|120}}


E io a lui: "Se 'l presente rigagno
E io a lui: "Se ’l presente rigagno
si diriva così dal nostro mondo,
si diriva così dal nostro mondo,
perché ci appar pur a questo vivagno?". {{r|123}}
perché ci appar pur a questo vivagno?". {{r|123}}


Ed elli a me: "Tu sai che 'l loco è tondo;
Ed elli a me: "Tu sai che ’l loco è tondo;
e tutto che tu sie venuto molto,
e tutto che tu sie venuto molto,
pur a sinistra, giù calando al fondo, {{r|126}}
pur a sinistra, giù calando al fondo, {{r|126}}


non se' ancor per tutto 'l cerchio vòlto;
non se’ ancor per tutto ’l cerchio vòlto;
per che, se cosa n'apparisce nova,
per che, se cosa n’apparisce nova,
non de' addur maraviglia al tuo volto". {{r|129}}
non de’ addur maraviglia al tuo volto". {{r|129}}


E io ancor: "Maestro, ove si trova
E io ancor: "Maestro, ove si trova
Flegetonta e Letè? ché de l'un taci,
Flegetonta e Letè? ché de l’un taci,
e l'altro di' che si fa d'esta piova". {{r|132}}
e l’altro di’ che si fa d’esta piova". {{r|132}}


"In tutte tue question certo mi piaci",
"In tutte tue question certo mi piaci",
rispuose, "ma 'l bollor de l'acqua rossa
rispuose, "ma ’l bollor de l’acqua rossa
dovea ben solver l'una che tu faci. {{r|135}}
dovea ben solver l’una che tu faci. {{r|135}}


Letè vedrai, ma fuor di questa fossa,
Letè vedrai, ma fuor di questa fossa,
là dove vanno l'anime a lavarsi
là dove vanno l’anime a lavarsi
quando la colpa pentuta è rimossa". {{r|138}}
quando la colpa pentuta è rimossa". {{r|138}}


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[[en:The Divine Comedy/Inferno/Canto XIV]]
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Versione delle 21:54, 10 ott 2010

Inferno - Canto XIII Inferno - Canto XV

Canto XIV, ove tratta de la qualità del terzo girone, contento nel settimo circulo; e quivi si puniscono coloro che fanno forza ne la deitade, negando e bestemmiando quella; e nomina qui spezialmente il re Capaneo scelleratissimo in questo preditto peccato.


 
Poi che la carità del natio loco
mi strinse, raunai le fronde sparte
e rende’ le a colui, ch’era già fioco. 3

Indi venimmo al fine ove si parte
lo secondo giron dal terzo, e dove
si vede di giustizia orribil arte. 6

A ben manifestar le cose nove,
dico che arrivammo ad una landa
che dal suo letto ogne pianta rimove. 9

La dolorosa selva l’è ghirlanda
intorno, come ’l fosso tristo ad essa;
quivi fermammo i passi a randa a randa. 12

Lo spazzo era una rena arida e spessa,
non d’altra foggia fatta che colei
che fu da’ piè di Caton già soppressa. 15

O vendetta di Dio, quanto tu dei
esser temuta da ciascun che legge
ciò che fu manifesto a li occhi mei! 18

D’anime nude vidi molte gregge
che piangean tutte assai miseramente,
e parea posta lor diversa legge. 21

Supin giacea in terra alcuna gente,
alcuna si sedea tutta raccolta,
e altra andava continüamente. 24

Quella che giva ’ntorno era più molta,
e quella men che giacëa al tormento,
ma più al duolo avea la lingua sciolta. 27

Sovra tutto ’l sabbion, d’un cader lento,
piovean di foco dilatate falde,
come di neve in alpe sanza vento. 30

Quali Alessandro in quelle parti calde
d’Indïa vide sopra ’l süo stuolo
fiamme cadere infino a terra salde, 33

per ch’ei provide a scalpitar lo suolo
con le sue schiere, acciò che lo vapore
mei si stingueva mentre ch’era solo: 36

tale scendeva l’etternale ardore;
onde la rena s’accendea, com’esca
sotto focile, a doppiar lo dolore. 39

Sanza riposo mai era la tresca
de le misere mani, or quindi or quinci
escotendo da sé l’arsura fresca. 42

I’ cominciai: "Maestro, tu che vinci
tutte le cose, fuor che ’ demon duri
ch’a l’intrar de la porta incontra uscinci, 45

chi è quel grande che non par che curi
lo ’ncendio e giace dispettoso e torto,
sì che la pioggia non par che ’l marturi?". 48

E quel medesmo, che si fu accorto
ch’io domandava il mio duca di lui,
gridò: "Qual io fui vivo, tal son morto. 51

Se Giove stanchi ’l suo fabbro da cui
crucciato prese la folgore aguta
onde l’ultimo dì percosso fui; 54

o s’elli stanchi li altri a muta a muta
in Mongibello a la focina negra,
chiamando "Buon Vulcano, aiuta, aiuta!", 57

sì com’el fece a la pugna di Flegra,
e me saetti con tutta sua forza:
non ne potrebbe aver vendetta allegra". 60

Allora il duca mio parlò di forza
tanto, ch’i’ non l’avea sì forte udito:
"O Capaneo, in ciò che non s’ammorza 63

la tua superbia, se’ tu più punito;
nullo martiro, fuor che la tua rabbia,
sarebbe al tuo furor dolor compito". 66

Poi si rivolse a me con miglior labbia,
dicendo: "Quei fu l’un d’i sette regi
ch’assiser Tebe; ed ebbe e par ch’elli abbia 69

Dio in disdegno, e poco par che ’l pregi;
ma, com’io dissi lui, li suoi dispetti
sono al suo petto assai debiti fregi. 72

Or mi vien dietro, e guarda che non metti,
ancor, li piedi ne la rena arsiccia;
ma sempre al bosco tien li piedi stretti". 75

Tacendo divenimmo là ’ve spiccia
fuor de la selva un picciol fiumicello,
lo cui rossore ancor mi raccapriccia. 78

Quale del Bulicame esce ruscello
che parton poi tra lor le peccatrici,
tal per la rena giù sen giva quello. 81

Lo fondo suo e ambo le pendici
fatt’era ’n pietra, e ’ margini dallato;
per ch’io m’accorsi che ’l passo era lici. 84

"Tra tutto l’altro ch’i’ t’ ho dimostrato,
poscia che noi intrammo per la porta
lo cui sogliare a nessuno è negato, 87

cosa non fu da li tuoi occhi scorta
notabile com’è ’l presente rio,
che sovra sé tutte fiammelle ammorta". 90

Queste parole fuor del duca mio;
per ch’io ’l pregai che mi largisse ’l pasto
di cui largito m’avëa il disio. 93

"In mezzo mar siede un paese guasto",
diss’elli allora, "che s’appella Creta,
sotto ’l cui rege fu già ’l mondo casto. 96

Una montagna v’è che già fu lieta
d’acqua e di fronde, che si chiamò Ida;
or è diserta come cosa vieta. 99

Rëa la scelse già per cuna fida
del suo figliuolo, e per celarlo meglio,
quando piangea, vi facea far le grida. 102

Dentro dal monte sta dritto un gran veglio,
che tien volte le spalle inver’ Dammiata
e Roma guarda come süo speglio. 105

La sua testa è di fin oro formata,
e puro argento son le braccia e ’l petto,
poi è di rame infino a la forcata; 108

da indi in giuso è tutto ferro eletto,
salvo che ’l destro piede è terra cotta;
e sta ’n su quel, più che ’n su l’altro, eretto. 111

Ciascuna parte, fuor che l’oro, è rotta
d’una fessura che lagrime goccia,
le quali, accolte, fóran quella grotta. 114

Lor corso in questa valle si diroccia;
fanno Acheronte, Stige e Flegetonta;
poi sen van giù per questa stretta doccia, 117

infin, là ove più non si dismonta,
fanno Cocito; e qual sia quello stagno
tu lo vedrai, però qui non si conta". 120

E io a lui: "Se ’l presente rigagno
si diriva così dal nostro mondo,
perché ci appar pur a questo vivagno?". 123

Ed elli a me: "Tu sai che ’l loco è tondo;
e tutto che tu sie venuto molto,
pur a sinistra, giù calando al fondo, 126

non se’ ancor per tutto ’l cerchio vòlto;
per che, se cosa n’apparisce nova,
non de’ addur maraviglia al tuo volto". 129

E io ancor: "Maestro, ove si trova
Flegetonta e Letè? ché de l’un taci,
e l’altro di’ che si fa d’esta piova". 132

"In tutte tue question certo mi piaci",
rispuose, "ma ’l bollor de l’acqua rossa
dovea ben solver l’una che tu faci. 135

Letè vedrai, ma fuor di questa fossa,
là dove vanno l’anime a lavarsi
quando la colpa pentuta è rimossa". 138

Poi disse: "Omai è tempo da scostarsi
dal bosco; fa che di retro a me vegne:
li margini fan via, che non son arsi, 141

e sopra loro ogne vapor si spegne".


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