Pagina:Versi di Giacomo Zanella.djvu/50: differenze tra le versioni

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Lo Sguardo a terra, in gran pensier s’immerse.
Lo sguardo a terra, in gran pensier s’immerse.
Poi di subita fiamma il volto acceso,
{{R|300}}Poi di subita fiamma il volto acceso,
Acceso le pupille, “E che paventi,
Acceso le pupille, “E che paventi,
Sclamava, o Galileo? L’orma di Dio
Sclamava, o Galileo? L’orma di Dio
Chiara cosi nell’universo appare.
Chiara così nell’universo appare,
Che a Lui naturalmente il cor s’innalza
Che a Lui naturalmente il cor s’innalza
Non gravato di fango. Ove pur fosse
{{R|305}}Non gravato di fango. Ove pur fosse
Che rigida scïenza, a’ corpi intesa,
Che rigida scïenza, a’ corpi intesa,
L’alme obbliasse: riprendesse i regni
L’alme obbliasse: riprendesse i regni
Atei la carne: le robuste fedi,
Atei la carne: le robuste fedi,
I magnanimi istinti e le speranze
I magnanimi istinti e le speranze
Immortali dell’uomo orrenda piena
{{R|310}}Immortali dell’uomo orrenda piena
Di torbidi marosi travolgesse;
Di torbidi marosi travolgesse;
Conservatrice del superno foco
Conservatrice del superno foco
Che l’avvenir rallumi, arca di Dio,
Che l’avvenir rallumi, arca di Dio,
Sul tetro abisso Poesia galleggi;
Sul tetro abisso Poesia galleggi;
E alle giovani stirpi, che redente
{{R|315}}E alle giovani stirpi, che redente
Scendon dal monte a ripigliar gli alberghi,
Scendon dal monte a ripigliar gli alberghi,
L’antico ver, che gli avi tralignati
L’antico ver, che gli avi tralignati
Ebbero a scherno, un’altra volta impari.
Ebbero a scherno, un’altra volta impari.
Odimi, padre. D’amoroso ospizio
Odimi, o padre. D’amoroso ospizio
Nella regal Partenope cortese
{{R|320}}Nella regal Partenope cortese
L’aureo Manso mi fu. Dagli anni oppresso
L’aureo Manso mi fu. Dagli anni oppresso
E da fortuna, vacillante, infermo
E da fortuna, vacillante, infermo
Visto avean quelle soglie{{AutoreCitato|Torquato Tasso|il gran Torquato}}
Visto avean quelle soglie{{AutoreCitato|Torquato Tasso|il gran Torquato}}
Cercarvi asilo. In riva al mar torreggia
Cercarvi asilo. In riva al mar torreggia
L’ampio palagio. Il nobile signore
{{R|325}}L’ampio palagio. Il nobile signore
La stanza m’additava, e ne’ viali
La stanza m’additava, e ne’ viali
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Versione delle 18:35, 21 feb 2011

Lo sguardo a terra, in gran pensier s’immerse.
300Poi di subita fiamma il volto acceso,
Acceso le pupille, “E che paventi,
Sclamava, o Galileo? L’orma di Dio
Chiara così nell’universo appare,
Che a Lui naturalmente il cor s’innalza
305Non gravato di fango. Ove pur fosse
Che rigida scïenza, a’ corpi intesa,
L’alme obbliasse: riprendesse i regni
Atei la carne: le robuste fedi,
I magnanimi istinti e le speranze
310Immortali dell’uomo orrenda piena
Di torbidi marosi travolgesse;
Conservatrice del superno foco
Che l’avvenir rallumi, arca di Dio,
Sul tetro abisso Poesia galleggi;
315E alle giovani stirpi, che redente
Scendon dal monte a ripigliar gli alberghi,
L’antico ver, che gli avi tralignati
Ebbero a scherno, un’altra volta impari.
Odimi, o padre. D’amoroso ospizio
320Nella regal Partenope cortese
L’aureo Manso mi fu. Dagli anni oppresso
E da fortuna, vacillante, infermo
Visto avean quelle soglieil gran Torquato
Cercarvi asilo. In riva al mar torreggia
325L’ampio palagio. Il nobile signore
La stanza m’additava, e ne’ viali