Pagina:Gita sulla strada di ferro da Parigi a San Germano.djvu/3: differenze tra le versioni

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Cinquecento viaggiatori privilegiati si spinsero fuori della sala, come un’orda di Tartari: un correre giù per le scale a capitombolo, un tirarsi per le braccia, un sospingersi l’un l’altro, uno stracciarsi d’abiti, uno schiamazzare, un guaìre, come se la terra mancasse sotto i piedi, e come se il ritardo di un minuto secondo avesse a costare la vita. Che volete? In un lampo tutta quella turba si trovava già appollajata nei ''wagon'' e chiusavi a chiave dai conduttori.
Cinquecento viaggiatori privilegiati si spinsero fuori della sala, come un’orda di Tartari: un correre giù per le scale a capitombolo, un tirarsi per le braccia, un sospingersi l’un l’altro, uno stracciarsi d’abiti, uno schiamazzare, un guaìre, come se la terra mancasse sotto i piedi, e come se il ritardo di un minuto secondo avesse a costare la vita. Che volete? In un lampo tutta quella turba si trovava già appollajata nei ''wagon'' e chiusavi a chiave dai conduttori.
Al tocco di una seconda campana sbucarono per l’opposta scalea gli altri cinquecento ottantotto viaggiatori nei ''wagon'' sguerniti, e colla stessa furia dei primi andarono a prender posto su i loro sedili di legno. A me era toccato il penultimo ''wagon'', sicchè non fui dei solleciti ad entrarvi e potei colla mia imperturbabilità da statistico noverare tutti i ''wagon'' disposti a partire e il novero fisso d’ogni viag-
Al tocco di una seconda campana sbucarono per l’opposta scalea gli altri cinquecento ottantotto viaggiatori nei ''wagon'' sguerniti, e colla stessa furia dei primi andarono a prender posto su i loro sedili di legno. A me era toccato il penultimo ''wagon'', sicchè non fui dei solleciti ad entrarvi e potei colla mia imperturbabilità da statistico noverare tutti i ''wagon'' disposti a partire e il novero fisso d’ogni viag-<span class="SAL">3,4,Silvio Gallio</span>

Versione delle 15:55, 29 mag 2011

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sotto pena.... della vita. Pena terribile, non intimata da giudici, non eseguita da carnefici, ma fatalmente eseguibile dalla inevitabile macchina a vapore, la quale sulle strade di ferro rappresenta il Dio Fato dei tempi nostri.

Mentre i viaggiatori stavano occupandosi della lettura, al di sotto di essi i macchinisti e gli artieri apprestavano la macchina locomotrice ed i wagon, l’uno in coda all’altro. Il fumo del vapore si sollevava in colonna luogo la facciata della casa ed appannava i cristalli del grande finestrone della sala; quando ad un tratto udissi un fragor sordo e prolungato che fece tremar noi e la sala, ed a cui tenne dietro un suono festoso di trombetta che annunziava l’arrivo dei viaggiatori da S. Germano. Noi tutti ci ponemmo alle finestre per contemplar quello spettacolo, ma fummo delusi: il convoglio s’era fermato sotto il salone e non vedemmo che i viaggiatori sbucare a frotte e salire sur un’ampia gradinata che conduceva agli uffici dei gabellieri e di là partirsene. Un minuto dopo fummo avvisati dal suono sgarbato di una campanella che era venuta l’ora della partenza anche per noi. Si aperse una grande porta a invetriate che dava su una scoperta scaléa, ed i viaggiatori dei primi posti furono pei primi invitati ad uscire.

Cinquecento viaggiatori privilegiati si spinsero fuori della sala, come un’orda di Tartari: un correre giù per le scale a capitombolo, un tirarsi per le braccia, un sospingersi l’un l’altro, uno stracciarsi d’abiti, uno schiamazzare, un guaìre, come se la terra mancasse sotto i piedi, e come se il ritardo di un minuto secondo avesse a costare la vita. Che volete? In un lampo tutta quella turba si trovava già appollajata nei wagon e chiusavi a chiave dai conduttori. Al tocco di una seconda campana sbucarono per l’opposta scalea gli altri cinquecento ottantotto viaggiatori nei wagon sguerniti, e colla stessa furia dei primi andarono a prender posto su i loro sedili di legno. A me era toccato il penultimo wagon, sicchè non fui dei solleciti ad entrarvi e potei colla mia imperturbabilità da statistico noverare tutti i wagon disposti a partire e il novero fisso d’ogni viag-3,4,Silvio Gallio