Aes rude, signatum e grave rinvenuto alla Bruna/Introduzione: differenze tra le versioni

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Versione delle 19:22, 4 ott 2011

Luigi Adriano Milani

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Aes rude, signatum e grave rinvenuto alla Bruna Capitolo I

[p. 27 modifica] [p. 28 modifica] Con questo mio studio io credo di essere arrivato a un risultato superiore a qualsiasi aspettazione, compresa, per prima, la mia (cfr. nota n. 51).

Ho fatto, senza il più lontano preconcetto, l’analisi oggettiva del tesoretto della Bruna, e sono venuto grado grado a provare agli stessi miei occhi increduli, un fatto del più alto e largo interesse storico ed archeologico: cioè, che già la primitiva monetazione del bronzo e dell’argento dei Romani è lo specchio il più fedele ed eloquente della loro storia.

Nel tempo in cui non esistevano la stampa ed i giornali, il popolo romano, eminentemente pratico, trovò che la moneta, fatta per lo scambio, poteva a lui servire di mezzo per la divulgazione rapida ed ufficiale di tutti i suoi fasti religiosi, militari, politici e civili.

Io era arrivato ad una conclusione analoga studiando oggettivamente e tipologicamente le monete imperiali romane, ed in ispecie quelle di Traiano (Vedi Museo Italiano, Vol. II: Milani, Di alcuni ripostigli di monete romane; studi di cronologia e storia, p. 81 e 88, segg.); ma non mi sarei mai immaginato che la stessa idea nascesse spontanea nei Romani fin dal principio della loro monetazione, e trovasse sin dall’origine una applicazione tanto luminosa.

Abbiamo nelle più antiche monete romane i documenti contemporanei della storia di Roma : le narrazioni de’ più accreditati annalisti e dei nostri antichi poeti nazionali vengono, in massima, confermate come in un codice di Stato e in una Cronaca contemporanea; gli errori che sono negli annalisti vengono in parte corretti, e le lacune, in parte, perfettamente riempite.

Come il lettore vedrà, è un nuovo orizzonte che si apre al nostro sguardo, un orizzonte senza fine: [p. 29 modifica]io non posso che dare un saggio molto incompleto; ma sono nella convinzione d’essere sulla buona strada. Questa strada me l’ha aperta il connubio dell’archeologia dell’arte con la numismatica tipologica, la metrologia, la religione e la mitologia italica (ved. la nota n. 27) e la storia. Sottopongo questo saggio alla ponderazione ed alla critica dei dotti, domandando venia, ove, in materia cosi vasta, nuova e complessa, trattata in tanta brevità di tempo, mi fosse per avventura sfuggita qualche inesattezza, la quale non potrà tuttavia alterare la sostanza delle mie osservazioni.




CAPITOLO I.

Il ripostiglio della Bruna1.

osservazioni preliminari.


La scoperta di questo ripostiglio si fece casualmente nella primavera del 1890 presso la Bruna2, nel comune di Castel Ritaldi, a pochi passi dal fosso Tatarena, quasi a centro fra Spoleto, Trevi e Todi, nel cuore dunque dell’Umbria.

Un contadino, zappando la terra, s’imbattè dapprima nel quadrilatero tav. IV-V, il quale infatti

  1. Mentre si stampava il presente scritto, venne pubblicato nei Rendiconti della R. Accademia dei Lincei (Vol. VI, fasc. 12, pag. 851) una brevissima Nota intorno a questo ripostiglio, altrettanto magra quanto piena di inesattezze.
  2. La Bruna, distante circa 11 chilometri da Spoleto, è un piccolo posto, con una chiesa ed una osteria, il quale si trova segnato sulla carta topografica militare.