Codice di Napoleone il grande/Libro II/Titolo IV: differenze tra le versioni

Da Wikisource.
Contenuto cancellato Contenuto aggiunto
Lp (discussione | contributi)
Prima stesura
(Nessuna differenza)

Versione delle 14:23, 5 mag 2007

Template:Generale

◄   Libro II - Titolo III Libro III   ►

TITOLO IV.

DELLE SERVITU’ PREDIALI.

637. La servitù è un carico imposto sopra un fondo per l’uso e utilità di un fondo appartenente ad altro proprietario.

638. La servitù non induce alcuna preminenza di un fondo sopra l’altro.

639. La medesima deriva dalla situazione naturale dei luoghi, o dalle obbligazioni imposte dalla legge, o dalla convenzione fra i proprietarj.

Leg. 2, in pr., ff. de aqua et aquæ pluviæ arcendæ.


CAPO PRIMO.

Delle Servitù che derivano dalla situazione dei luoghi.

640. I fondi inferiori sono soggetti riguardo a quelli che si trovano più elevati a ricevere le acque che da essi scolano naturalmente, senza che vi sia concorsa l’opera dell’uomo.

Il proprietario inferiore non può alzare alcun riparo che impedisca questo scolo.

Il proprietario superiore non può fare alcuna cosa che renda più grave la servitù del fondo inferiore.

Leg. 1, §. 13, 23; l. 2, in pr. et §. 1; l, 1, §. 1. ff. de aqua et aquaæ pluviæ arcendæ, l. 1, §. 13, ff. eod. titulo, l. 1, §. 10, eod. titulo.

641. Quegli che ha una sorgente nel suo fondo, può usarne ad arbitrio, salvo il diritto che potesse avere acquistato il proprietario del fondo inferiore per qualunque titolo od in forza di prescrizione.

Leg. 1, §. 12; l. 21 et 26, ff. de aqua et aquae pluviae arcendae.

642. La prescrizione in questo caso non può acquistarsi che col possesso continuo d’anni trenta, da computarsi dal momento in cui il proprietario del fondo inferiore ha fatto e terminato dei lavori visibili, e destinati a facilitare il declivio ed il corso delle acque nel proprio fondo.

Leg. 10, ff. si servitus vindicetur, l. 1, cod. de servitutibus et aqua.

643. Il proprietario della sorgente non può deviarne il corso, quando la medesima somministri agli abitanti di un comune, villaggio, o borgata l’acqua che è loro necessaria: ma se gli abitanti non ne hanno acquistato o prescritto l’uso, il proprietario può pretendere una indennizzazione determinata dai periti.

644. Quegli il cui fondo bordeggia un’acqua corrente, tranne quella che è dichiarata di ragione del pubblico demanio coll’articolo 538, al titolo della Distinzione dei beni, può servirsene, mentre trascorre, per l’irrigazione dei suoi fondi.

Quegli il cui fondo viene attraversato da quest’acqua, può anche servirsene nell’intervallo, in cui essa vi trascorre, ma coll’obbligo di restituirla al suo corso ordinario nell’uscire dai suoi terreni.

Leg. 3, in pr. ff. de aqua et aquae pluviae arcendae.

645. Insorgendo qualche controversia fra i proprietarj cui tali acque possono essere utili, i tribunali decidendo, devono conciliare l’interesse dell’agricoltura coi riguardi dovuti alla proprietà, ed in tutti i casi devono essere osservati i regolamenti particolari e locali sul corso ed uso delle acque.

646. Ogni proprietario può obbligare il suo vicino a stabilire i termini di confine delle loro contigue proprietà. Lo stabilimento dei termini di confine si fa a spese comuni.

Argum. ex leg. 5, cod. communi dividundo. L. 12. tabul., tabula 7.

647. Ogni proprietario può chiudere il suo fondo, salva l’eccezione prescritta nell’articolo 682.

Argum. ex leg. 21, cod. mandati.

648. Il proprietario che vuol fare una cinta al suo fondo, perde il diritto di mandare a pascolare le sue bestie nell’altrui fondo dopo la raccolta delle messi, in proporzione del terreno che ha sottratto all’uso comune.


CAPO II.

Delle Servitù stabilite dalla legge.

649. Le servitù stabilite dalla legge hanno per oggetto la pubblica o comunale utilità, o quella dei privati.

650. Le servitù stabilite per l’utilità pubblica o comunale, riguardano i marciapiedi lungo i fiumi navigabili od atti a trasporto, la costruzione, o riparazione delle strade, od altre opere pubbliche o comunali.

Tutto ciò che concerne questa specie di servitù, viene determinato da leggi o da regolamenti particolari.

651. La legge assoggetta i proprietarj l’uno verso l’altro a differenti obbligazioni, indipendentemente da qualunque convenzione.

Leg. 1, §. 23; in pr. ff. de aqua et aquae pluviae arcendae.

652. Una parte di queste obbligazioni è regolata delle leggi sulla polizia rurale.

Le altre riguardano i muri e le fosse comuni, i casi in cui si faccia luogo al diritto d’appoggio, il prospetto nella proprietà del vicino, lo stillicidio, ed il diritto di passaggio.


Sezione I.

del Muro e delle Fosse comuni.

653. Nelle città e nelle campagne ogni muro che fino alla sua sommità serve di divisione tra edifizj, corti, giardini, ed anche fra recinti ne’ campi, si presume comune, se non vi è titolo o segno in contrario.

654. È segno che il muro non è comune, quando la sommità di esso da una parte è diretta ed a piombo della sua fronte esteriore, e dall’altra presenta un piano inclinato;

Come pure quando non vi sono che da una parte sola o lo sporto del tetto, o cornicioni e mensole di pietra appostivi al tempo della costruzione del muro.

In questi casi si considera che il muro appartenga esclusivamente al proprietario dalla cui parte sono lo stillicidio, cornicione, o le mensole di pietra.

655. Le riparazioni e le ricostruzioni del muro comune sono a carico di tutti quelli, che vi hanno diritto, ed in proporzione del diritto di ciascuno.

Paul. sentent., lib. 5, tit. 10, §. 2; leg. 28, §. 1; l. 39, ff. de damno infecto.

656. Ciò non ostante qualunque compadrone di un muro comune può esimersi dall’obbligo di concorrere alle spese delle riparazioni e ricostruzioni, rinunciando al diritto di comunione, purchè il muro comune non sostenga un edifizio di sua spettanza.

657. Ogni compadrone può far fabbricare appoggiando ad un muro comune, ed immettervi travi e travicelli per tutta la grossezza del muro, ad esclusione di cinquantaquattro millimetri di essa (due pollici), senza pregiudizio del diritto che ha il vicino di far accorciare la trave fino alla metà del muro, nel caso in cui egli volesse collocare una trave nello stesso sito, od appoggiarvi un cammino.

Leg. 12, ff. communi dividund.

658. Ogni compadrone può fare innalzare il muro comune; ma sono a di lui carico le spese dell’innalzamento, le riparazioni pel mantenimento dell’alzata superiore alla cinta comune, ed inoltre l’indennità pel maggior peso in proporzione dell’alzamento, e secondo il suo valore.

Leg. 1, cod. de aedificiis privatis.

659. Se il muro comune non è atto a sostenere l’alzamento, quegli che vuole alzare è tenuto a farlo ricostruire per intiero a sue spese, e nel proprio suolo quanto alla maggior grossezza.

660. Il vicino che non ha contribuito all’alzamento, può acquistarne la comunione pagando la metà della spesa, ed il valore della metà del suolo occupato per la maggior grossezza.

661. Ogni proprietario in contiguità di un muro, ha pure la facoltà di renderlo comune in tutto od in parte, rimborsando al padrone la metà del totale valore, o la metà del valore della parte che vuol rendere comune, e la metà del valore del suolo sopra cui il muro è costrutto.

Contr. argum. ex leg. 11, cod. de contrahendda emptione.

662. Uno dei vicini non può fare alcun incavo nel corpo d’un muro comune, nè applicarvi od appoggiarvi alcuna nuova opera senza il consenso dell’altro, ovvero, in caso di rifiuto, senza aver fatto da periti determinare i mezzi necessarj onde l’opera non riesca di danno alle ragioni di quello.

Leg. 11, ff. si servitus vindicetur; l. 28, ff. communi dividundo

663. Ciascuno può costringere il suo vicino a concorrere nelle spese di costruzioni o di riparazioni dei muri che dividono le loro case, corti e giardini situati nelle città e nei sobborghi: l’altezza di essi sarà determinata secondo i regolamenti particolari, o secondo gli usi costantemente ricevuti, e non essendovi usi o regolamenti, ogni muro divisorio da costruirsi o riedificarsi in avvenire, dovrà essere, nelle città di cinquantamila anime o più, almeno di trentadue decimetri (dieci piedi) in altezza compreso il cornicione, e nelle altre città, di ventisei decimetri (otto piedi.)

Leg. 35, 36, 37, et 39, ff. de damno infecto.

664. Quando i differenti piani di una casa appartengono a più proprietarj, ed i titoli di proprietà non determinano il modo delle riparazioni e ricostruzioni, devono queste farsi nel modo che segue:

I muri maestri ed i tetti sono a carico di tutti i proprietarj, ciascuno in proporzione del valore del rispettivo suo piano.

Il proprietario di ciascun piano fa il pavimento su cui cammina;

Il proprietario del primo piano forma la scala che vi conduce, quello del secondo continua la scala dal primo al secondo piano; e così di seguito.

665. Ricostruendosi un muro comune od una casa, si ritengono le servitù attive e passive anche riguardo al nuovo muro od alla nuova casa, senza che possano rendersi più gravose, e purchè la ricostruzione siegua prima che sia acquistata la prescrizione.

Leg. 14, §.29, ff. de usurpationibus et usucapionibus.

666. Tutte le fosse tra due fondi si presumono comuni, se non vi è titolo o segno in contrario.

667. È un segno, che la fossa non è comune, se si trovi lo spurgo od il getto della terra da una sola parte della medesima.

668. La fossa è considerata di spettanza esclusiva di colui, dalla cui parte esiste il getto della terra.

669. La fossa comune deve mantenersi a spese comuni.

670. Ogni siepe dividente fondi è riputata comune, eccettuato il caso in cui un solo fondo fosse in istato di essere cinto, o non vi si abbia titolo, o possesso sufficiente in contrario.

671. Non è permesso di piantar alberi di alto fusto se non alla distanza prescritta dai regolamenti particolari attualmente veglianti, o dalle usanze del paese costanti e notorie; ed in mancanza degli uni e delle altre, alla distanza di due metri dalla linea di separazione di due fondi per gli alberi d’alto fusto, e di un semimetro per gli altri alberi e siepi vive.

Leg. 13, in fine ff. finium regundorum.

672. Il vicino può esigere che gli alberi e le siepi piantate ad una distanza minore siano estirpate.

Quello sul cui fondo s’inoltrano i rami del vicino, può costringerlo a tagliarli.

Se poi le radici s’inoltrano nel di lui fondo, può esso stesso tagliarle.

673. Gli alberi situati nella siepe comune, sono di ragione comune come le siepi, e ciascuno de’ due proprietarj può chiedere che siano abbattuti.

Leg. 12, ff. finium regundorum, l. 2, ff. de arboribus caedend.


Sezione II.

Della Distanza e delle Opere intermedie richieste in alcune costruzioni.

674. Quegli che fa scavare un pozzo od una latrina presso un muro, sia o non sia comune,

Quegli che vuole costruirvi cammino o focalare, fucina, forno o fornello,

O appoggiarvi una scuderia;

O formare al dorso di questo muro un magazzino di sale, od un ammasso di materie corrosive, è obbligato lasciare la distanza prescritta dai regolamenti ed usi particolari intorno a tali oggetti, e di fare le opere prescritte dai medesimi regolamenti ed usi, afine di non apportar danno al vicino.

L. 27, §. 10, ff. ad legem Aquiliam; l. 19, §. 1, ff. de servitutibus praediorum urbanorum; l. 17, §. 2, ff. si servitus vindicetur.


Sezione III.

Del prospetto nel fondo del vicino.

675. Uno de’ vicini non può, senza il consenso dell’altro, formare nel muro comune alcuna finestra od apertura, in qual si sia maniera, anche con invetriata fissa.

L. 40, ff. de servitutibus praediorum urbanorum; l. 28, ff. communi dividundo; l. 8, cod. de servitutibus et aqua.

676. Il proprietario di un muro non comune contiguo al fondo altrui, può formare in questo muro delle luci o finestre con inferriate e invetriate fisse.

Queste finestre devono esser munite di cancelli di ferro, le cui maglie avranno un decimetro (tre pollici e otto linee) di apertura al più, ed un telajo e inventriata fissa.

L. 2, ff. de servitutibus praed. urbanorum; l. 26, ff. de damno infecto; l. 12, §. 1, cod. de aedificiis privatis.

677. Queste finestre o luci non si possono collocare, che all’altezza di 26. decimetri, o sia di otto piedi al di sopra del pavimento o suolo della camera, che si vuole illuminare, se questa è a pian terreno; e di diciannove decimetri, o sia sei piedi al di sopra del pavimento, se questa è nei piani superiori.

678. Non si possono avere vedute dirette, o finestre a prospetto, nè logge o altri simili sporti verso il fondo chiuso o non chiuso del suo vicino, se tra il fondo di questo, e il muro in cui si formano le dette opere, non vi è la distanza di diciannove decimetri (sei piedi).

679. Non si possono aver vedute laterali od oblique sul medesimo fondo, che alla distanza di sei decimetri (due piedi).

680. La distanza, di cui si parla nei due precedenti articoli, si computa dalla faccia esteriore del muro ove si fa l’apertura, e se vi sono balconi od altri simili sporti, dalla loro linea esteriore sino alla linea di separazione delle due proprietà.


Sezione IV.

Dello Stillicidio.

681. Qualunque proprietario deve far costruire i tetti in maniera che le acque piovane scolino sul suo terreno o sulla via pubblica; egli non può farle cadere sul fondo del suo vicino.


Sezione V.

Del diritto di passaggio.

682. Il proprietario i cui fondi sono circondati per ogni parte, e che non ha veruna uscita sulla via pubblica, può addomandare un passaggio sui fondi dei suoi vicini per la coltivazione del suo podere, assumendo il peso di una compensazione proporzionata al danno che tale passaggio può cagionare.

Argum. ex l. 12, ff. de religiosis et sumptibus funerum; l. 1, §. 2, et 3, ff. di ususfructus petatur; l. 5, §. 4, ff. ad exhibendum; l. 8, ff. de incendiis; l. 9, ff. de damno infecto.

683. Il passaggio deve regolarmente prendersi in quella parte, in cui il transito è più breve dal podere circondato alla via pubblica.

Argum. ex l. 9, ff. de servitutibus.

684. Ciò nondimeno il passaggio deve essere stabilito in quella parte ove riesca di minor danno, a colui, sul cui fondo viene accordato.

Argum. ex lege 7, ff. de servitut.

685. L’azione per indennità nel caso preveduto dall’articolo 682, è soggetta a prescrizione; e sussiste il diritto di continuare il passaggio, quantunque l’azione per indennità non sia più ammissibile.


CAPO III.

Delle servitù stabilite per fatto dell’uomo.


Sezione I.

Delle diverse sorti di Servitù che possono stabilirsi sui Beni.

686. È permesso ai proprietarj di stabilire sopra i loro fondi, od a beneficio di essi quelle servitù che sembrassero loro opportune, purchè le servitù stabilite non siano imposte nè alla persona, nè a beneficio della persona, ma solamente ad un fondo e ad uso di un fondo, e purchè tali servitù non siano in alcun modo contrarie all’ordine pubblico.

Il titolo che costituisce le dette servitù ne regola l’esercizio e l’estensione: mancando il titolo, hanno luogo le seguenti disposizioni.

L. 1, §. 1; l. 6, et 16, ff. communia praediorum; l. 5, ff. de servittibus; l. 19, ff. de usufructu et quemad.

687. Le servitù sono stabilite per l’uso o delle fabbriche, o dei terreni.

Le prime si denominano urbane, tanto se le fabbriche cui spettano siano situate in città, quanto in campagna.

Le seconde si denominano rustiche.

L. 1 et 2, ff. de servitutibus praediorum rusticorum.

688. Le servitù sono continue o discontinue.

Le servitù continue sono quelle il cui esercizio è, o può essere continuato, senza che sia necessario un fatto attuale dell’uomo; tali sono gli acquedotti, gli stillicidj, i prospetti, ed altre di questa specie.

Le servitù discontinue sono quelle che richiedono un fatto attuale dell’uomo per essere esercitate: tali sono quelle di passare, di attinger acqua, di condurre le bestie al pascolo, ed altre simili.

L. 14, ff. de servitutibus; l. 1, §. loquitur ff. de aqua quotidiana et aestiva.

689. Le servitù sono apparenti, o non apparenti.

Le servitù apparenti sono quelle che si manifestano con opere esteriori, come una porta, una finestra, un acquedotto.

Le servitù non apparenti sono quelle che non hanno segni visibili della loro esistenza, come, per esempio, la proibizione di fabbricare sopra un determinato fondo, o di non fabbricare che ad un’altezza stabilita.

L. 20, ff. de servitutibus praediorum urbanorum.


Sezione II.

In qual modo si costituiscono le Servitù.

690. Le servitù continue ed apparenti si acquistano in forza di un titolo, o mediante il possesso di trent’anni.

691. Le servitù continue non apparenti, e le servitù discontinue, siano o non siano apparenti, non possono stabilirsi che mediante un titolo.

Il possesso benchè immemorabile non basta a stabilirle, senza che però si possano attualmente impugnare le servitù di questa natura acquistate di già col possesso in que’ paesi, ove potevano in tale modo acquistarsi.

692. La destinazione del padre di famiglia riguardo alle servitù continue ed apparenti tiene luogo di titolo.

693. Non vi è destinazione del padre di famiglia, se non quando sia provato che i due fondi attualmente divisi appartenevano allo stesso proprietario, e che siano da lui state poste le cose nello stato, dal quale risulta la servitù.

694. Se il proprietario di due fondi, tra i quali esista un segno apparente di servitù, dispone di uno di essi senza che il contratto contenga veruna convenzione relativa alla servitù; questa continua ad esistere attivamente o passivamente in favore del fondo alienato, o sul fondo alienato.

Leg. 30, ff. de servitutibus praediorum urbanorum; leg. 7, ff. communia praediorum, tam urban. quam rustic.

695. Mancando il titolo costituente quelle servitù che non possono acquistarsi con la prescrizione, non vi si può supplire che col mezzo di un titolo, il quale contenga la ricognizione della servitù fattane dal proprietario del fondo servente.

696. Costituendosi una servitù, si ritiene accordato tutto ciò che è necessario per usarne.

E perciò la servitù di cavar acqua dalla fonte altrui, porta necessariamente seco il diritto del passaggio.


Sezione III.

Dei Diritti del proprietario del fondo al quale è dovuta la servitù.

697. colui al quale è dovuta una servitù, può fare tutte le opere necessarie per usarne e conservarla.

Leg. 11, §. 1, ff. communia praediorum; l. 15, ff. de servitut. praediorum rusticorum; l. 10, ff. de servitutibus; l. 4, §. 5, ff. si servitus vindicetur; l. 3, §. 11, 12, 13, 14, 15, 16; l. 4, §. 1; l. 5, ff. de itinere actuque privato.

698. Tali opere debbono farsi a sue spese, e non del proprietario del fondo serviente; purchè il titolo di costituzione della servitù non istabilisca il contrario.

699. Quando il proprietario del fondo serviente è tenuto in forza del titolo alle spese necessarie per l’uso e per la conservazione della servitù, può egli sempre liberarsene, abbandonando il fondo serviente al proprietario del fondo dormiente.

700. Se il fondo dominante viene ad essere diviso, la servitù è dovuta a ciascuna porzione, senza però che si renda più gravosa la condizione del fondo serviente.

Così, se si tratti di un passaggio, tutti i compadroni debbono usarne nello stesso sito.

Leg. 17, ff. de servitutibus.

701. Il proprietario del fondo serviente non può fare cosa alcuna che tenda a scemare l’uso della servitù, od a renderlo più incomodo.

Per conseguenza non può variare lo stato de’ luoghi, nè trasferire l’esercizio della servitù in un sito diverso da quello, dove fu originariamente stabilita;

Tuttavia se questa primitiva destinazione è divenuta più onerosa al proprietario del fondo serviente, o se lo impedisce dal fare le riparazioni vantaggiose, potrà offerire al proprietario dell’altro fondo un sito egualmente comodo per l’esercizio dei suoi diritti, e questi non potrà ricusarlo.

Leg. 9, ff. si servitus vindicetur, leg. 5 et 9, cod. de servitutibus et aqua; l. 20, §. 3; l. 31, ff. de servitut. praedior. urbanorum.

702. Colui che ha un diritto di servitù, non può dal canto suo usarne, se non secondo il suo titolo, senza che, tanto nel fondo serviente, quanto nel dominante, possa innovare cosa alcuna, la quale renda più onerosa la condizione del primo.

Argum. ex leg. 24 et 29, ff. de servitut. praed. rusticorum; l. 1, §. 15 et 16, ff. de aqua quotid. et aestiva.


Sezione IV.

In qual maniera si estinguono le Servitù.

703. Le servitù cessano quando le cose si trovano in uno stato tale, per cui non se ne possa più far uso.

704. Tornano ad aver luogo, se le cose sono ristabilite in modo da poterne usare, eccetto che sia trascorso uno spazio di tempo bastante a far presumere estinta la servitù, come all’articolo 707.

Leg. 14, ff. quemadmodum servitutes amittuntur; leg. 34, §. 1, et leg. 35, ff .de servitut. praedior. rusticor.

705. Qualunque servitù si estingue riunendosi in una sola persona la proprietà del fondo dominante e quella del fondo serviente.

Leg. 1, ff. quibus modis [recte: quemadmodum] servit. amit.; l. 30, in pr. ff. de servitut. praed. urb.

706. La servitù è estinta col non uso pel corso di trent’anni.

Leg. 6, ff. de servitut. praed. urban.; leg. 13, cod. de servitutibus et aqua; l. 4, §. 29, ff. de usurpationibus et usucapionibus; l. 12, in fin. cod. de praescript. longi temporis.

707. I trent’anni cominciano a decorrere secondo le diverse specie di servitù, o dal giorno in cui si è cessato dall’usarne, se si tratti di servitù discontinue; o dal giorno in cui si è fatto un atto contrario alla servitù, se trattisi di servitù continue.

708. Il modo della servitù può prescriversi come la servitù medesima, e nella stessa maniera.

709. Se il fondo dominante appartiene a più persone in comune, l’uso fattone da alcuna di esse, impedisce la prescrizione riguardo a tutte.

Leg. 5, l. 10, in pr. et l. 16, ff. quemad. servit. amitt.

710. Se fra i comproprietarj v’è alcuno contro cui non abbia potuto decorrere la prescrizione, come un minore, conserverà questi il diritto di tutti gli altri.

Leg. 10, in pr., ff. quemad. servit. amitt.

◄   Libro II - Titolo III Libro III   ►