Sperai gran tempo, e le mie Dive il sanno
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LXXXIX
Sperai gran tempo, e le mie Dive il sanno
che fur mia scorta a l’amoroso passo,
quel mio dir frale e basso
alzar, cantando in più lodato stile.
5Or m’è già presso il quartodecim’anno
de’ miei martìr, che in questo viver lasso
mi riten, privo e casso
di libertà, quel bel viso gentile;
né posso ancor lo ingegno oscuro e vile
10dal visco, ove a tutt’ore;mor lo intrica,
per industria o fatica
liberar sì che alquanto si rileve.
Onde la mente, che di viver brama,
veggendo il tempo breve,
15non ardisce sperar più eterna fama.
Qual pregio, lasso, il cieco mondo errante
vide mai tal, che questo agguagliar possa?
Lassar la carne e l’ossa
sepolte in terra, e ’l nome alzarsi a volo?
20O vigilie, o fatiche oneste e sante,
rimarrò io pur chiuso in poca fossa?
Né fia mai tolta o scossa
di tal paura l’alma o di tal duolo?
Se le vostr’acque, o Muse, adoro e còlo,
25se i vostri boschi con piacer frequento,
se, di voi sol contento,
dispregio quel che più la turba estima,
non mi lasciate, prego, in preda a morte;
che dal cantar mio prima
30mi prometteste già più lieta sòrte.
Basti fin qui le pene e i duri affanni
in tante carte e le mie gravi some
aver mostrato, e come
Amore i suoi seguaci alfin governa.
35Or mi vorrei levar con altri vanni,
per potermi di lauro ornar le chiome
e con più saldo nome
lassar di me qua giù memoria eterna.
Ma il dolor, che ne l’anima si interna,
40la confonde per forza e volge altrove,
tal che con mille prove
far non poss’io che di se stessa pensi
né che ritorni al suo vero camino.
Misera, che, fra i sensi
45summersa già, non vede il suo destino!
Non vede il ciel, che con benigni aspetti,
per farla glorïosa et immortale,
gli avea dato con l’ale
materia da potersi alzar di terra,
50mostrando a nostra età chiari e perfetti
animi, a cui giamai non calse o cale
se non di pregio eguale
a lor virtù sempr’una in pace e in guerra.
Lasso, chi mi tien qui, che non mi sferra?
55Ché avendo di parlar sì largo campo,
del desir tutto avampo,
sol per mostrare a chi mi incende e strugge
che, senza dir degli occhi o del bel velo
o di lei che mi fugge,
60si pò con altra gloria andare in cielo.
Così quel che cantò del gran Pelide,
del forte Aiace e poi del saggio Ulisse,
e quel altro che scrisse
l’arme e gli affanni del figliol d’Anchise,
65più chiari son di quei che ’l mondo vide
pianger dì e notte le amorose risse,
ché tal legge prescrisse
natura a chi ad amor virtù sommise.
Beati spirti, a cui per fato arrise
70sì lieto il ciel, che dal terreno manto
con lor soave canto
si alzàr sopra quest’aere oscuro e fosco!
Ché se viver qua giù tanto ne aggrada
errando in questo bosco,
75che fia salir per la superna strada?
Benigno Apollo, che a quel sacro fonte,
che inonda il felicissimo Elicona,
la ’ve a tutt’or risona
la lira tua, ti stai soavemente,
80potrò dir io con lime argute e pronte
il bel principio altero, e la corona
vittrice, onde Aragona
sparse l’imperio suo per ogni gente?
O dirò sol di quello a chi il ponente
85parendo angusto, il braccio infin qui stese:
et a mille altre imprese
Italia aggiunse? Ove con vivi esempi
lasciò poi sì famoso e degno erede,
che adorna i nostri tempi
90con le rare virtù che in sé possede.
Alma gentil che tutte l’altre vinci,
se tanto ai versi miei prometter lice,
il tuo nome felice
Lete non sentrà mai ne le mie carte;
95né tacerò, se pur fia ch’io cominci,
i bei rami che uscir di tal radice;
l’una e l’altra fenice
che per te spandon l’ale in ogni parte:
questa che, Italia ornando col suo Marte,
100guarda col becco il proprio e l’altrui nido;
quella che con un grido
su la riva del Reno, e poi su l'acque
di Nettuno, disperse ogni altro ucello;
ché così al cielo piacque,
105per far più il secol nostro adorno e bello.
Indi, se aven che al viver frale e manco
non lenti il corso il mio debile ingegno,
ma con vittoria al segno
pur giunga, sì com’io bramando spero,
110pria che dal fascio faticato e stanco
si parta e lasse il suo corporeo regno,
benché frale et indegno,
si sforzerà con stil grave e severo
sacrar, cantando, un altro spirto altero,
115che oggi orna il mondo sol con sua beltade,
ma la futura etade
con gesti illustrerà, per quanto or veggio;
ai quali il ciel riserbe i giorni mei,
che ’l veda in alto seggio
120carco tornar di spoglie e di trofei!
Canzon. tu vedi ben che ’l gran desio
di sì breve parlar non reman sazio,
ove maggiore spazio
alma vorrebbe più tranquilla e lieta.
125Ma se pur fia che Amor non mi distempre,
vedrai col suo poeta
Napol bella levarsi e viver sempre.