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Storia della geografia e delle scoperte geografiche (parte seconda)/Capitolo I/La Geografia patristica

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Capitolo I - Procopio di Cesarea e Stefano di Bisanzio Capitolo I - La Geografia esploratrice. Zemarco e Cosma Indopleuste

[p. 23 modifica]7. La Geografia patristica. — Mentre la sfericità della Terra e la esistenza degli antipodi erano concetti divulgatissimi fra gli antichi, anche tra i fautori del sistema geocentrico, senza che alcune poche obbiezioni di poeti e di filosofi valessero a scemare la universalità dell’idea1, lo stesso non è per i Padri della Chiesa, nei quali, secondo la interpretazione letterale della Sacra Scrittura e delle tradizioni bibliche, prevale il concetto del cielo emisferico e della terra pianeggiante. Pare tuttavia che la sfericità della Terra fosse ammessa da Clemente Alessandrino, da Origene, da Sant’Ambrogio e da San Basilio2.

Lattanzio, africano (m. nel 326), combatte strenuamente la teoria degli antipodi. «È egli possibile che si trovi ancora persona tanto sciocca da credere esservi uomini che camminano coi piedi in aria e colla testa all’ingiù? che gli alberi e le frutta crescano colle radici all’inverso? che la pioggia, la neve, la grandine ascendano in luogo di cadere? E mentre si considerano i giardini pensili tra le sette meraviglie del mondo, si possono ritenere e i campi e i mari e le città e le montagne come sospesi nell’aria?»3. Secondo il medesimo scrittore, quelli che pensano il contrario parlano per gioco, e a bella posta prendono a sostenere delle falsità, onde esercitare il loro ingegno e farne pompa malvagiamente4.

Sant’Agostino (354-430) dice, che non è ragionevole cosa quella di credere agli antipodi, ma si dimostra assai più rimesso di Lattanzio nel combattere questa teoria: «Coloro che ammettono la esistenza degli antipodi, egli dice, non affermano [p. 24 modifica]già di esserne informati per cognizione storica, ma lo congetturano quasi col raziocinio, poichè la terra è sospesa per entro la concavità del cielo, ed il mondo ha il medesimo luogo, e infimo e medio; per cui essi opinano, che la parte della Terra, la quale sta al disotto, non possa mancare di abitazioni umane. Nè avvertono costoro che, quantunque si creda, o si dimostri con qualche ragione, che la Terra ha una forma conglobata e rotonda, non ne consegue tuttavia che anche in quella parte le terre si innalzino dalla massa delle acque; che inoltre, quand’anche ciò fosse, non sarebbe però necessario che essa fosse abitata.… Troppo assurdo sarebbe il dire, che alcuni uomini sieno potuti giungere in quella parte della Terra, navigando l’immensità dell’Oceano»5.

Cosma, monaco alessandrino della prima metà del secolo VI, detto Indopleuste o Indicopleuste per i suoi viaggi all’India, è autore di un sistema geografico o cosmografico che, malgrado la sua assurdità, può tuttavia chiamarsi ingegnoso6. Secondo Cosma la Terra è piana e limitata tutto all’intorno dall’Oceano, e al di là di questo si estende un altro continente già sede degli uomini prima del diluvio universale, ma presentemente inaccessibile. Gigantesche muraglie, sulle quali posa la vôlta del firmamento, si innalzano lungo i contorni della Terra, i quali non sono già tutti al medesimo livello, ma si innalzano notabilmente nelle due direzioni di settentrione e di ponente, come è dimostrato sia dalle maggiori difficoltà incontrate dai naviganti diretti verso quelle parti, sia da che quasi tutti i fiumi vengono dal nord, sia infine dallo stesso Nilo, il quale, nel suo cammino da mezzodì a settentrione, scorre assai meno velocemente del Tigri e dell’Eufrate.

L’innalzamento immaginato da Cosma gli serve eziandio per ispiegare il movimento diurno del Sole. L’astro, entrando per la [p. 25 modifica]parte di oriente, percorre durante il giorno la vôlta del cielo e si nasconde quindi dietro le elevazioni di ponente. Esso non entra poi nell’emisfero inferiore rispetto all’orizzonte dell’osservatore, ma sibbene, girando a settentrione, si nasconde agli sguardi degli uomini, grazie alla elevazione del lembo settentrionale. E qui vuolsi avvertire che un sistema poco diverso da quello di Cosma era già stato immaginato da S. Severiano (secolo IV). Secondo il quale, il Sole non ascende nè discende rispetto all’orizzonte, ma gira visibile da oriente ad occidente, passando per il mezzogiorno, e ritorna alla parte orientale per quella del nord. Senonchè durante quest’ultimo tragitto esso rimane invisibile per la interposizione di una specie di muraglia che la massa delle acque forma accumulandosi nelle regioni del nord.

Rimaneva però a Cosma di spiegare col suo sistema il fenomeno delle stagioni, vale a dire le differenze tra le durate dei giorni e delle notti. Per ciò egli immaginava sull’alto della parte settentrionale una immensa montagna di forma conica. Secondo che il Sole girando al nord si allontana o si avvicina a questa montagna, pare a noi, che ne siamo molto lontani, che esso si muova più vicino al vertice o più vicino alla base del cono, e quindi si nasconda per un tempo più breve nel primo caso, per un tempo più lungo nel secondo, al che corrispondono evidentemente le giornate più lunghe (estate) e le più lunghe notti (inverno).

Anche San Severiano si era occupato di questa spiegazione delle stagioni, ma otteneva il suo intento in modo alquanto diverso da quello proposto dall’Indopleuste. Il Sole ora si avvicina ora si allontana dal mezzodì. Nel primo caso esso non raggiunge la sommità del cielo, ma lo attraversa obliquamente e in allora il giorno è breve. Tramonta quindi all’estremità meridionale del ponente, e dovendo, prima di far ritorno alla parte orientale del cielo, percorrere tutto il ponente, il settentrione e il levante, è chiaro che debba impiegare, in tutto questo corso, un tempo assai più lungo, donde le lunghe notti invernali. Se poi il Sole trovasi alla sua massima distanza dal mezzodì, le cose avvengono in modo opposto, e si ha l’estate. Infine, l’equinozio avviene [p. 26 modifica]quando le lunghezze dei due tragitti del Sole, dal levante al ponente, e da questo a quello sono uguali tra loro7.

Sant’Isidoro, vescovo di Siviglia (570-639), pare che accenni, nel Libro XII delle Origini, alla sfericità della Terra, dicendo che «questa è posta nella regione centrale del mondo e, a guisa di centro, ad uguale distanza da tutte le parti del cielo», ma afferma poco dopo (XIV, 2) che la forma del corpo terrestre è a un dipresso quella di una ruota. Simile contraddizione si nota circa agli antipodi. Imperocchè nel capitolo secondo (De gentium vocabulis) del Libro IX, Isidoro dice, che non si può ragionevolmente credere alla esistenza degli antipodi, essendo questa una semplice congettura dei poeti, e nel capitolo quinto (De Lybia) del Libro XIV, trattando di una quarta parte dell’orbe, che sarebbe situata nel mezzodì al di là dell’Oceano interno, considera come favolosi i suoi abitatori; ma nel capitolo terzo (De portentis) del Libro XI si trovano accennati gli antipodi della Libia.

L’Anonimo di Ravenna, geografo del VII secolo, mantiene il medesimo concetto della Terra piana tutta illuminata contemporaneamente dal Sole dall’un capo all’altro; ma il grande astro, muovendosi sulla vôlta del cielo, passa sopra i diversi paesi come un immenso e provvidenziale orologio, in modo che la prima ora spetta all’India, la seconda alla Persia, e così di seguito sino alla dodicesima ora, che tocca ai Britanni ed agli Iberni, al di là dei quali cessano le terre abitate8. Le ore della notte corrispondono al tempo che il Sole impiega per ritornare al luogo donde era partito, girando, secondo il testo biblico, per le parti boreali. Il Ravennate non sa se ciò avvenga dietro una massa montagnosa, come nel sistema dell’Indopleuste, oppure col tuffarsi del Sole nelle acque del settentrione, passando sotto o dietro la Terra. [p. 27 modifica]

Il venerabile Beda (673-735) molto attinse da Isidoro di Siviglia, ma non di rado, colla sua interpretazione astronomica della Storia della Creazione, professa le medesime teorie di Tolomeo, che lo conducono necessariamente ad ammettere la sfericità della Terra.

E l’esistenza degli antipodi è ricisamente affermata, nella prima metà dell’VIII secolo, da Virgilio, vescovo di Salisburgo, come è provato dalla lettera di Papa Zaccaria (741-752) a S. Bonifacio, arcivescovo di Magonza, nella quale il Pontefice proclama perversa ed iniqua la dottrina della rotondità della Terra, e meritevole il suo autore (Virgilio) di essere espulso dal seno della Chiesa e privato dell’abito ecclesiastico9.

Il dottissimo Rabano Mauro, abate di Fulda (secolo VIII), non si dimostra più avanzato de’ suoi contemporanei, giacchè, non sapendo conciliare l’idea dell’orizzonte col detto dell’Evangelio di San Matteo «congregabunt electos ejus a quatuor angulis terrae», conchiude conformemente a Cosma Indopleuste, che la Terra è quadrangolare. Nè diverse da quella di Rabano Mauro sono le teorie di Valfredo Strabone, di Anselmo, di Remigio di Auxerre, di Fredegisio di Tours, ecclesiastici di quei tempi.

Note

  1. Marinelli, La Geografia e i Padri della Chiesa, pag. 31.
  2. Günther, Die kosmographischen Anschaungen des Mittelalters, nel periodico Deutsche Rundschau für Geographie und Statistik, IV, pag. 253 e 313. Marinelli, Mem. cit., pag. 31.
  3. Lactantius, Divinarum Institutionum, lib. III, cap. 24.
  4. Idem, loc. cit.
  5. De Civitate Dei, lib. XVI, cap. 9.
  6. Abbiamo detto Cosma autore del sistema comunemente noto col suo nome. Realmente, come dice egli stesso nella sua Topografia Cristiana, i concetti mondiali esposti nel sistema gli erano stati rivelati da un dotto caldeo, per nome Patrizio.
  7. V., per questi due sistemi di Cosma e San Severiano, Cosmae Aegyptii Monachi, Christiana Topographia, edizione latina di Bernardo Montfaucon, Bibliotheca veterum Patrum, vol. 27, pag. 108. Cfr. Marinelli, Mem. cit., pag. 35-43
  8. Marinelli, Mem. cit., pag. 43 e 44.
  9. «De perversa autem, et iniqua doctrina eius, si clarificatum fuerit, ita eum confiteri, quod alius mundus, et alii homines sub terra sint, seu sol et luna, hunc, habito consilio, ab Ecclesia pelle, sacerdotis honore privatum». La grande raccolta del Calvisio (Calvisii antiquae lectiones ad sacrum ordinem digestae) contiene, in uno dei suoi capitoli (De monumentis Salisburgensibus adnotatio), una lettera del Papa Zaccaria a San Bonifacio, nella quale si legge: «Postrema denique erat dissidii causa perversa et iniqua doctrina, qua in Deum et animam peccabat Virgilius, cum doceret Antipodas. Asserebat ille esse homines, qui adversam mundi plagam et alteram hemisphaeram habitarent».