Storia della letteratura italiana (Tiraboschi, 1822-1826)/Tomo II/Libro II/Capo VI

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Capo VI - Medicina

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Capo VI.

Medicina.

I. Se le circostanze de’ tempi furono spesso in quest1 epoca favorevoli alla filosofia, nulla, meno il furono alla medicina. E nondimeno,1 come ciò non ostante la filosofia si giacque tra’ Romani abbandonata e negletta presso la maggior parte, così ancora la medicina non ebbe in Roma que’ felici progressi che aspettar si potevano. I medici che per l’addietro vi avean fiorito, erano in gran parte stati impostori che niun altro studio aveano coltivato e esercitato tanto, quanto quel d’ingannare. La venuta di Galeno a Roma, e il lungo soggiorno che egli vi tenne, pareva che risvegliare dovesse il comun fervore nello studio di arte sì importante, e che molti ei dovesse avere imitatori e seguaci. Ma non veggiamo che tra’ Romani vi fosse alcuno che in essa si acquistasse gran nome. Di questo celebre medico non mi tratterrò io a descrivere lungamente la vita. Si può vedere quella che ne ha scritta il P. Labbe, che dal Fabricio è stata ancora inserita nella sua Biblioteca greca (t. 3, p. 509), la Storia [p. 494 modifica]lOÌ LIBRO della Med ieina di Daniello le Cleru clic ne li« trattato ampiamente (par. 3, l. 3), e il discorso preliminare del James al suo Dizionario di Medicina. Io non farò che accenarne le cose più importanti, le pruove delle quali si potranno vedere presso i mentovati scrittori che le hanno per lo più tratte da’ libri medesimi di Galeno, e singolarmente da quelli in cui egli ci ha lasciata memoria delle opere da sè composte. II. Claudio Galeno figliuol di Nicone, uomo versato assai nella geometria, nell’architettura e in altre parti delle matematiche scienze, nacque a Pergamo in Asia l’anno 131# Dopo avere coltivati diligentemente i più nobili studj, e quello singolarmente della filosofia, e dopo aver viaggiato in diverse provincie, tutto si rivolse alla medicina, e coll assidua lettura degli antichi medici e colle attente sue riflessioni si acquistò in essa quel nome che presso tutte le nazioni lo ha renduto immortale. Venne a Roma la prima volta in età di circa 33 anni, ma non vi fece dimora che per lo spazio di presso a quattro anni; e presa l’occasione di una fierissima pestilenza che grande strage faceva in Roma, tornossene alla patria. La stima però ch’egli erasi acquistata, fece sì che Marco Aurelio e Lucio Vero presto nel richiamassero, e il volesser con loro. Marco Aurelio singolarmente avea sì gran fiducia in Galeno, che partendo da Roma per la guerra di Germania, e lasciandovi Comodo suo figlio ancora fanciullo, comandò che se questi cadesse infermo, si dovesse in ogni cosa seguire il parere di questo celebre medico. D’allora in poi sembra che lutto [p. 495 modifica]SF.CONDO 49’5 jl rimanente della sua vita ei passasse in Roma; ma non si sa precisamente fin a qual tempo vivesse. Alcuni moderni scrittori, e fra essi il Carterio (Vita Galen, c. 14)? raccontano ch’egli nell’estrema sua vecchiezza udendo dei gran prodigj che da’ Cristiani facevansi nella Giudea, fermo di conoscere e di abbracciare la lor religione, si pose sur un legno, e navigò verso la Palestina; ma non reggendo a’ disagi della navigazione, morì nel viaggio. Appena si può intendere come uom ragionevole possa dar fede a tai racconti, quasi che i Cristiani fossero solo nella Giudea e non anche in Roma, e qui ancora non si vedessero allora alle lor preghiere segnalati prodigj. III. Benchè grande fosse la stima di cui Galeno godeva in Roma, ei si duol nondimeno di essere stato oggetto all’invidia e al livore di molti (De Libris propr.). Accusavanlo singolarmente come disprezzator degli antichi, perciocchè Galeno vantavasi di non essere schiavo di alcuno, ma di seguire quella opinione che gli paresse migliore, e scopriva gli errori che molti di essi avean commessi. E certo non si può negare che se Galeno usava parlando di quello stile medesimo con cui sono scritti i suoi libri, ei non dovesse naturalmente risvegliare contro di se medesimo la gelosia e l’odio di molti. Degli altri medici ei parla comunemente con quel disprezzo che è proprio di un uomo che scuopre l’altrui ignoranza; ma che non si perdona mai da coloro che divengon l’oggetto delle pubbliche risa. Di sè parla troppo sovente, e meno modestamente che non [p. 496 modifica]IV. Ei non lascia discepoli nè seguaci. 4i)G LIBRO convenga a chi parla di se medesimo. Egli è eloquente e colto nel suo favellare, ma prolisso oltre al bisogno. Tutti questi difetti però sono troppo ben compensati dalle massime, da’ precetti, dalle osservazioni utilissime di cui i suoi libri son pieni. Non giova ch’io rammenti gli elogi che di essi han fatto i medici più famosi. ]i)pocrate e Galeno son tali che non posson lod arsi meglio che col solo nominarli. IV. L’invidia di cui i medici ardevano contro di Galeno, fu la ragione probabilmente per cui egli non ebbe, per quanto io sappia, discepolo alcuno che cogli insegnamenti di lui giungesse ad acquistarsi gran nome in quest’arte medesima. Certo io non trovo a questi tempi alcun altro in Roma celebre in medicina. Forse a quest’epoca appartiene Celio Aureliano , di cui ancor ci rimangono alcune opere nella Raccolta de’ medici antichi pubblicata da Enrico Stefano. Nulla però si può affermare con certezza, poichè altri il voglion più antico, altri più moderno (V. Fabr. Bibl. lat. t. 2, p. 585). Nè egli appartiene al nostro argomento, poichè ei fu africano, nativo di Sicca nella Numidia. Niun altro scrittor latino di medicina abbiamo a questa età, e niuna cosa troviamo onde si possa illustrarne la storia. Solo leggiamo di Alessandro Severo ch’egli a un solo dei medici della Corte accordò un determinato stipendio; gli altri, che erano sei, volle che fosser paghi di averne il vitto (Lampr. in Alex. c. 42); il che sembra indicarci che non fosse allora in molto pregio quest’arte, e che non vi avesse gran copia di medici valorosi e degni di essere dalla Corte onorati e premiati.