Storia della letteratura italiana (Tiraboschi, 1822-1826)/Tomo VIII/Libro III/Capo I

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Capo I.

Storia.

I. Se il numero degli scrittori è pruova del fiorir che faccian gli studi presso una nazione, in niun secolo e in niun paese direbbesi che fosse mai tanto coltivata la storia, quanto in Italia nel secolo XVII; sì grande è il numero degli storici che da ogni parte ci si offre. Appena v'ha alcuna delle nostre città che non abbia lo scrittore della sua origine e delle sue vicende, e molte ancora ne han molti. Nè minore è la copia di scrittori di Storie generali o particolari di diversi argomenti. Ma, a dir vero, al lor numero non è eguale in tutti il Tiraboscui, Vol. XV. i [p. 544 modifica]544 Licno valore. Le Storie di questo secolo si risentono quasi tutte del reo gusto che infettò la maggior parte d’Italia, e il guasto e ampolloso loro stile non ce ne rende sofferibile la lettura. La critica e l’esattezza non è per lo più miglior dello stile, e le favole Anniane e le popolari tradizioni vi si veggono a piena mano sparse pressochè ad ogni pagina. Nondimeno di mezzo a molti cattivi storici, alcuni ci si offriranno degni di molta lode, e anche dalla letteratura de’ più infelici si trae talvolta non lieve vantaggio, perciocchè alcune notizie invano si cercherebbono altrove, e anche fra le sozzure nascondesi talor qualche gemma. Noi dunque andremo scorrendo su’ diversi capi di storia in cui gl’italiani in questo secolo s’esercitarono, e passando di volo su quelli a’ quali rendesi un onore forse non meritato col nominarli, ci tratterremo in ragionare di quelli al cui merito deesi maggior riguardo. E nel farlo noi seguiremo quell’ordine stesso che nella storia del secolo precedente si è tenuto ragionando prima di quegli scrittori che illustraron le scienze, le quali servon di guida o di fondamento alla storia, e poscia di quelli che direttamente presero a rischiararla, li- li La cronologia non ebbe in Italia nè un Seri II od «li n • ’% or • P cronologìa, retavio ne uno Scaligero, e noi confesseremo sinceramente che non abbiamo autore che possa contrapporsi a tai nomi. Nondimeno l’opera di Leone Allacci, italiano se non di nascita, almen di lungo soggiorno, De mensura temporum antiquorum, la Cronologia riformata del p Riccioli, di cui si è detto altrove, e l’opera De anno primitivo di Girolamo Vecchietti, del [p. 545 modifica]TEnzo 545 qual si è parlato tra’ viaggiatori , si possono annoverare tra quelle che a questa scienza han recato qualche vantaggio. Maggior lume arrecarono a questa scienza alcune opere del dottissimo Cardinal Noris, come i Fasti consolari tratti dalla Biblioteca di Vienna , le Dissertazioni del Ciclo pasquale de’ Latini , e su quel di Bavcuna, 1* Epistole consolari, e alcuni altri opuscoli pieni di sceltissima erudizione. Ma di lui abbiamo parlato altrove. E noi potremo ancora con nostro onore indicare la Storia Universale provata con monumenti, stampata nel 1697, le Dissertazioni sul Calendario e sul Ciclo di Cesare, e altre opere dell’eruditissimo monsignor Francesco Bianchini veronese, se questo illustre prelato, vissuto fino al 1729, non avesse più diritto ad entrare nella storia del secol presente, che in quella del trapassato. 111. Maggior numero e più scelta serie di scrit- „ hi. . 1 1 , 1 r» n-, il* Scrittori di tori enne tra noi la geografia. Già abbiamo ac- gMgnfia. cennutu l’opera su questo argomento del poc’anzi nominato P. Riccioli, che è assai più pregiata della Cronologia , per la molta erudizione con cui è scritta. La Guida allo studio geografico di Giambattista Niccolosi stampata in Roma nel 1662, e gli Elementi della Geografia scritti in latino dal P. Niccolò Partenio Giannetasio gesuita, e stampati in Napoli nel 1692, sono opere nel lor genere elementare pregevoli, e utili al tempo in cui furono scritte. Il Dizionario geografico latino del P. Filippo Ferrari dell’Ordine de’ Servi di Maria, la cui prima edizione fu fatta in Milano nel 1627, un anno dopo la morie dell1 autore, fu ricevuto con molto [p. 546 modifica]546 LIBRO appiauso; e benché, come doveva avvenire, vi si notassero mancanze ed errori, fu nondimeno creduto degno di essere accresciuto e perfezionato , anzi che intraprendere una nuova fatica, e quindi venne la nuova edizione, ripetuta poscia più volte, che ne diede in Parigi il Boudrand. Io veggo ancora citarsi il Portolano del Mare Mediterraneo di Sebastiano Gorgoglione genovese , stampato in Napoli nel 1682, e certe Riflessioni geografiche sopra le terre incognite del P. Vitale Terrarossa parmigiano e monaco Casinese, e già maestro del principe e poi duca di Modena Rinaldo I (V. Armellin. Bibl. Casinens.), pubblicate in Padova nel 1686, delle quali non posso dare più minuta contezza. Ma niuno tanto adoperossi nel rischiarare la geografia , quanto il P. Vincenzo Coronelli Minor conventuale , di patria veneziano, che dopo essere stato nominato cosmografo della Repubblica veneta nel 1685, e indi pubblico professore di geografia, fu anche eletto nel 1702 general del suo Ordine, e finì di vivere in Venezia nel dicembre del 1718. Non vi è mai forse stato scrittore sì fecondo nè sì veloce. Ei componeva un gran tomo in foglio con quella facilità con cui altri scriverebbe una pagina. Ma egli ancora era uomo; perciò avveniva che scrivendo in gran fretta, e abbracciando mille cose ad un tempo , non conduceva a perfezion le sue opere , le quali perciò sono ora comunemente dimenticate. Avea egli intrapresa fra le altre cose una Biblioteca universale, la quale, come scrive egli medesimo nel 1700 al Magliabecchi (Epist. Cl. Venet. ad Magliab. t. 1, p. 337), dovea [p. 547 modifica]TERZO 547 giungere a quaranta tomi in foglio, anzi ei dice d1 averla fin d’allora finita. Ma sette tomi soli ne uscirono, co’ quali non compiesi pure la terza lettera dell’alfabeto, e veramente questo saggio non ci rende troppo spiacevole la perdita del rimanente, perciocchè essa è un miscuglio di cose buone e cattive ammucchiato insieme alla rinfusa e senza molto discernimento, e che pruova che l’autore aveva una infinita lettura , ma che mancavagli quel buon criterio , senza cui la letteratura invece di ornare confonde lo spirito. Moltissime ancora sono le carte geografiche da lui disegnate, moltissimi i tomi ad illustrazione di esse da lui pubblicati , e fra gli altri son celebri pel lor numero e per la lor mole l’Atlante veneto e il Teatro della Guerra. Ma più che ogni altra cosa rendetter famoso il P. Coronelli i molti globi da lui medesimo lavorati, fra’ quali risvegliarono l’ammirazione i due più grandi che mai si fosser veduti, da lui fabbricati per ordine del Cardinal d’Etrées, e donati da questo al re Luigi XIV, i quali or sono nella biblioteca del re in Parigi. Per lavorarli fu chiamato egli stesso colà, e condusse a fine il lavoro nel 1683. La vaghezza di essi, gli ornamenti e le iscrizioni ch’egli v’aggiunse allusive all’imprese di quel monarca, renderonli oggetto di maraviglia alla corte e a tutta la Francia. M. de la Hire ne pubblicò la descrizione nell704j e da essa apprendiamo che il lor diametro è di undici piedi, undici pollici e sei linee, e dee perciò rimirarsi come un’iperbole gigantesca quella del P. Franchini, ove afferma Bibliosof. di Scritt. [p. 548 modifica]548 LIBRO Convent p. 56.|) che ognun di que’ globi era capace di ben sessanta persone. Srriitorì ^*uno però tra gli studi che servono di ’"r™ aU* ^onlamento e di prupva alla storia , fu tra noi coltivato con tanto ardore, quanto quello delle antichità, o si riguardino le raccolte e le dichiarazioni delle medaglie e di altri antichi monumenti , ovver si riguardino le dissertazioni dirette a rischiarare i costumi e le leggi della romana Repubblica, e di altre antiche nazioni. E per cominciare dalle medaglie, Francesco Angeloni da Terni segretario del Cardinal Ippolito Aldobrandini , protonotario apostolico, e morto in Roma nel 1652, oltre alcune altre opere di diversi argomenti, che si annoverano dal co. Mazzucchelli (Scritt. ital. t. 1, par. 1, p. 768, ec.), diè in luce nel 1641 l’Istoria Augusta da Giulio Cesare a Costantino il Magno illustrata con la verità delle antiche Medaglie. Il Tristano antiquario francese in una sua vasta ed erudita opera sullo stesso argomento scrisse più volte con molto disprezzo dell’Angeloni, biasimandone principalmente l’infelicità nelle spiegazioni de’ rovesci. Nè può negarsi che in molte cose nol cogliesse in errore. Parve nondimeno a Giampiero Bellori romano, nipote per madre dell’Angeloni, che troppo oltre il giusto fosse stato criticato suo zio, e perciò, oltre a una nuova edizione che ei diede delP opera stessa nel i(385 colle annotazioni postume dell’Angeloni e co’ suoi proprii supplementi , pubblicò molti anni prima. cioè nel 1649, un libro intitolato il Bonino, ovvero Avvertimenti storici al Tristano, ove difende il zio [p. 549 modifica]TERZO 54i) contro le accuse cleirAntiquario francese, opera cln alcuni attribuita all Augeloni medesimo, ma die dal co. Mazzucchelli si pmova esser del Bellori (l. cìt t. 2 , par. 2, p. 7o3). Questi in falli fu uno de’ più ciotti e de’ più faticosi antiquarii che avesse in questo secolo Roma, ove egli, dopo essere stato alcuni anni col zio in corte del Cardinal Aldobrandini, fu poi bibliotecario e antiquario della reina Cristina, e fu anche dal pontefice Clemente X fatto antiquario di Roma , e morì in età di ottanta anni nel 1696. Dell* ardente amore che per le antichità ei nutriva, è pruova la bella raccolta che di esse e di disegni e di vaghissimi rami egli avea fatta, la qual poscia con poco onor dell’Italia passò nel Museo dell1 Elettore di Brandeburgo. Ma più certa pruova ancora ne sono le molte ed erudite opere da lui pubblicate, delle quali si ha il catalogo presso il soprallodato co. Mazzucchelli. Altre di esse appartengono allo studio delle medaglie, come le Annotazioni sulle Medaglie di Efeso e di altri paesi, in cui veggonsi scolpite le api, la Dissertazione su due Medaglie degli Antonini, la Scelta de’ Medaglioni più rari del Cardinal Carpegna, e le Note sulle Medaglie de’ Cesari di Enea Vico. Altre versano su.diversi argomenti d1 antichità, e tali sono le Note sull’Arco di Tito e la Descrizione di tutti gli Archi degli Imperatori romani, che si son conservati a Roma, le Note sulle Gemme antiche figurate di Leonardo Agostini sanese (a), antiquario valoroso esso pure, {a, A Leonardo Agostini si dee la lode di essere stato [p. 550 modifica]55o LIBRO i Frammenti di alcune antichità romane illustrati , le Giunte alla Spiegazione della Colonna Traiana, fatta già dal Ciacconio, le Pitture antiche del sepolcro de’ Nasoni, le Immagini de’ Filosofi, de’ Poeti, e d’altri dotti dell’antichità tratte da’ monumenti, la Spiegazione di una statua della Dea Siria , le antiche Lucerne sepolcrali, gli antichi Sepolcri o Mausolei romani ed etruschi, ed altre somiglianti opere. Altre finalmente appartengono ad altri argomenti, e fra esse dovrem rammentare in questo capo medesimo le Vite de’ Pittori, Scultori ed Architetti moderni. Le quali opere presso che tutte furono più volte stampate, anche oltremonti, e rimirate come utilissime allo studio delle antichità , e onorate perciò d’elogi da molti eruditi , le testimonianze de’ quali si posson vedere presso il suddetto scrittore, v. V. Una seguita serie di Medaglie imperiali llnslralon da Pompeo fino all’imperador Eraclio avea pubmcdagiif. |jjjca[Q jn Augusta nel 1600 Adolfo Occone. Parve nondimeno al co. Francesco Mezzabarba pavese , fiscale imperiale in Milano , ch’essa abbisognasse di giunte e di spiegazioni. Egli intraprese quest’opera, e coll’aiuto di una assai copiosa serie di medaglie, e di una scelta uno de’ primi ad illustrare le antiche gemme figurate; e non è perciò maraviglia che l’opera di esso fosse più volte stampata, e fosse poi anche notabilmente accresciuta dal cavaliere Paolo Alessandro Malici, che in quattro tomi divisa ripubblicolla in Roma l’anno i~ot. Intorno a quest opera vegga tisi le Istituzioni Glittografichc del eh. sig. avvocato GiosclTautouio Aldini, stampate iu Cesena l’anno 1785. [p. 551 modifica]TERZO 551 biblioteca da lui formata, la condusse a fine, e la pubblicò in Milano nel 1683. E forse più altre pruove ci avrebbe egli date di questo suo studio, se la morte non l’avesse sorpreso in Milano nell’età di soli ciuquantadue anni nel i(>()-. Di lui e di qualche altra opera di esso parla l’Argelati (Bibl. Script, mediol, t. 2, pars 2, p. 21’i’ j, ec.). Pare che alcune giunte pensasse di farvi il P. Giannantonio Mezzabarba Somasco di lui figliuolo, che nel più bel fior dell1 età, e nelle più liete speranze che dava de’ più felici successi nella letteratura e nell1 antiquaria singolarmente, fu rapito dalla morte in Milano in età di trentacinque anni nel 1705 (V. ib. t. 2, pars 1, p. 912). L’Argelati parla di qualche opuscolo che se ne ha alle stampe, e il chiarissimo sig. Crevenna ha pubblicate alcune lettere a lui scritte dal Muratori, le quali pruovan la stima in cui egli lo avea (Catal. raison. t. 6, p. 223 , ec.). Una di esse però ci muove qualche sospetto che l’opera sopraccitata dal conte Francesco, in ciò che appartiene alla cronologia ed ad altre osservazioni, sia in gran parte fatica del Cardinal Noris , il quale in fatti anche nelle antichità era versatissimo, e ce ne fanno fede le sue Dissertazioni su due Medaglie di Diocleziano e di Licinio , i Cenotafii pisani da lui illustrati (a), l’Epoche de’ Siro-Macedoni , i • | (a) Negli Elogi degP illustri Pisani (t. 3, p. 357) si è mostrato insussistente il sospetto che il cardinale si fosse in quest’opera giovato di quella che poco prima avea scritta sullo stesso argomento Giovanni Pagni pisano , che è inedita. [p. 552 modifica]55 1 LIBRO Fasti consolari, la Confutazione di alcune opinioni del P. Arduino , ed altre opere somiglianti, alle quali poche altre di all ri scrittori si Possono paragonare (*). Checché sia di* ciò , opera del co. Mezzabarba fu sempre in somma stima fra i dotti, e perciò ottimo è stalo il consiglio del sopradetlo Argelati che una nuova edizione ne ha data nel 1730. Alla serie pure de’ Cesari appartiene la troppo voluminosa opera del Museo Farnesiano de’ PP. Pedrusi e Piovene gesuiti, della quale si è fatta altrove menzione. Una Raccolta di Medaglie imperiali da sè per privato genio formata pubblicò in Modena nel 1677 Pellegrino Ascani pittor modenese , la quale è assai pregiata dagli eruditi. Benché non fosse che disegnatore, o incisore, vuoisi però qui nominare con lode Pietro Sante Bartoli romano, perchè all’esattezza di esso nell’osservare e nel rappresentare le antichità dobbiamo la bella Descrizione del Museo della reina Cristina dell’ Jlavercamp, migliore di quella che fin dal 1692 avea pubblicata Francesco C) Egli ^ verissimo che il Cardinal Noris giovò co’ suoi lumi al co. Mezzabarba per formar la sua opera sulle antiche Medaglie, come spesso accade tra gli stessi uomini più eruditi, che a vicenda si comunicano le lor cognizioni. Ma lungi dal potersi per ciò apporre alcuna taccia al detto conte, deesegli anzi non picciola lode per la sincerità colla quale e nella prefazione al suo Occone, e assai più ((diffusamente nell’indice de’ fonti da’ quali avea tratte le sue illustrazioni , rende al Noris la dovuta giustizia: sincerità che suol essere più frequente e maggiore negli uomini veramente dotti, che negli scioli e negl’impostori, i quali volentieri, ma occultamente, si adornano delle altrui penne. [p. 553 modifica]4 terzo 553 Camelli, e a lui inoltre dobbiam le figure pressochè tutte aggiunte alle opere del Bellori da noi mentovate poc’anzi. Abbiam già accennate le Medaglie de’ romani Pontefici illustrate dal P. Buonanni, e non fa perciò d’uopo il dirne qui nuovamente. VI. Mentre questi valorosi antiquarii prende- m2u.i«ri vano a illustrare le antiche medaglie generalmente, e quelle in particolar modo de’ Cesari , altri volgevansi a esaminar quelle che alla storia della lor patria potean recar giovamento. E la prima a darne esempio fu la Sicilia, ove Filippo Paruta nobile palermitano, segretario del senato della sua patria e in essa morto nel 1629, diè alla luce nella stessa città l’anno 1612 la parte prima della Sicilia descritta con Medaglie , la quale poscia ancor più accresciuta per opera di Leonardo Agostini, poc’anzi da noi nominato, fu stampata di nuovo in Roma nel 1649, poscia in Lion nel 1697, e finalmente nel 1723 per opera dell’Havercamp. Poteansi nondimeno far molte giunte a quest’opera, e fin dal principio del nostro secolo il P. Giovanni Amato gesuita siciliano più di 300 medaglie siciliane inedite avea in pronto per pubblicarle (Racc, d’Opusc. sicil. t. 8, p. 191), la quale idea è poi stata di fresco felicemente eseguita dall’eruditissimo principe di Torremuzza, a cui tanto debbono le antichità di quell’isola (ivi, t 11, 12, i3, i4» 16). Di più altre opere del Paruta si ha il catalogo presso il Mongitore (Bibl. sicula, t. 2, p. 173, ec.). Quasi al tempo medesimo le medaglie della città di Siracusa furono pubblicate e dottamente illustrate da Vincenzo [p. 554 modifica]034 LIBRO Mirabella nobile siracusano, morto nel 1624, nella sua opera intitolata Dichiarazione della pianta delle antiche Siracuse, stampata in Napoli nel 1613 (ib. p. 290), per tacer di altre opere nelle quali altri scrittori siciliani incidentemente trattarono lo stesso argomento. Le provincie del regno di Napoli comprese già sotto il nome di Magna Grecia erano state la sede di popoli in guerra e in pace troppo famosi, perchè le loro medaglie non dovessero attentamente cercarsi e illustrarsi. E questo fu I1 argomento dell’opera di Prospero Parisio, stampata in Napoli nel 1683, intitolata Rariora Magnae Graeciae Numismata, ec., nella quale egli raccolse e spiegò tutte quelle che gli venne fatto di osservare. n VII. Le raccolte di antiche iscrizioni non fu«■.Muiuàlori rono in Italia meno frequenti, nè men copiose mtwÌuiu!* ’ ^i quelle delle antiche medaglie. Già abbiamo altrove parlato della bella Collezione di esse fatta dal dottissimo Giambattista Doni, ma pubblicata solo nel corso del nostro secolo *, e abbiain pure accennate le opere del Cardinal Noris, di Giampietro Bellori e di altri che qua possono appartenere. Alcuni presero a raccogliere e ad illustrar con comenti le iscrizioni della lor patria. Tra essi il conte Sertorio Orsato nobile padovano, nato nel 1617, e nel 1670 dichiarato professore delle Meteore nell1 università della sua patria, e ivi morto otto anni appresso, due opere ci diede su questo argomento , la prima intitolata Monumenta Patavina, la seconda scritta in italiano, e pubblicata più anni dopo la sua morte dal Padre D. Giaunantonio [p. 555 modifica]I TF.nzo 555 Orsalo monaco Casinese di lui nipote col titolo i Marmi eruditit innanzi alla quale il ch. signor Giannantonio Volpi ha premessa la Vita del dotto autore (*). Amendue sono opere le quali benchè non sieno senza errori, spargon però molto lume sull’antica storia. È ancor più pregevole l’opera dello stesso scrittore De Notis Romanorum, che dal Grevio è stata inserita nella sua gran Raccolta de’ Trattati sull1 Antichità romane (t. 11). Una Apologia delle Opere dell1 Orsato contro le accuse ad esse date dal marchese Maffei ha pubblicata nel 1752 il signor Giandomenico Polcastro pronipote dell’autore. Prima ancor dell1 Orsato avea pubblicata una Raccolta delle Iscrizioni della città e del territorio di Padova sacre e profane Jacopo Filippo Tommasini canonico di S. Giorgio in Alga, e poscia vescovo di Cittanuova nelI1 Istria, ove finì di vivere nel 1654, di cui e di più altri libri da esso dati alla luce si posson vedere il Papadopoli (Hist Gymn. patav. t. 2, p. 134), il P. Niceron (Mém, t, 29) e una breve Dissertazione inserita nelle Nuove Miscellanee di Lipsia (t. 1, p. 148). L’opera del Tommasini fu pubblicata nel 1649, e fu indi assai accresciuta dal P. Jacopo Salomoni domenicano, di patria candiotto, ma vissuto lungamente in Padova. La stessa fatica riguardo alle iscrizioni della sua patria intraprese Ottavio (*) Il co. Seriorio Orsa’o pubblicò etili stesso nel iftìq il primo tomo de’ Marmi eruditi, la «fimi opera fu poi continuata con un altro tomo dal P. dou Gumnautonio di lui nipote. [p. 556 modifica]Vili. Elogio di Rafael lo fa* Lrelli. 556 libro Russi nelle sue Memorie bresciane, stampate in Brescia nel 1616. Bologna dovette la pubblicazione delle sue iscrizioni al conte Carlo Malvasia, che fu poi canonico della metropolitana, e finì di vivere in età di settantasetle anni nel i(x)3. L’opera da lui data alla luce nel 1690 col titolo Marmora Felsinea abbraccia tutte le iscrizioni finallora scoperte in quella città, e l’autore nell1 illustrarla fa pompa di molta erudizione. Giulio Cesare Capacio segretario della città di Napoli, e seri Ito r fecondissimo di molte opere di diversi argomenti, morto nel i()3i (n), ci diede le Antichità e la Storia di Napoli, della Campagna Felice e di Pozzuoli. In questa però e nella maggior parte delle altre opere da noi indicate vedesi il difetto del secolo, in cui per una parte la critica e la scienza delle antichità non era ancora stata condotta a quella perfezione che poscia colle fatiche di tanti valentuomini ella ha ottenuta*, e per f altra una colai ambizione di mostrarsi uorn dotto traeva spesso fuor di sentiero gli eruditi scrittori, e gli occupava in lunghe e per lo più inutili digressioni. Vili. Nome ancor più illustre in questo genere d1 erudizione è quello di Rafaello Fabretti, di cui abbiamo la Vita scrilta dal già lodato abate Giuseppe Marotti, e da monsignor Fabroni tra le sue inserita (dee. 3, p. i49> ec)(a) Del Capacio e delle molte opere da lui composte si posson vedere copiose notizie negli Storici napolitani del Soria (t. 1, p. 128, ec.) il qual crede eli’ ei mousse almeno due anni dopo. [p. 557 modifica]TERZO 557 Era egli nato in Libino nel 1G19, e dopo essere stalo istruito negli studi dell’amena letteratura in (lagli , e nella giurisprudenza in patria , ove anche in età di dieciotl’anni anni n’ebbe la laurea, passò a Roma. Ivi egli presto rivolse a sè gli occhi di tutti non solo pel felice ingegno e per la molteplice erudizione che in lui si vide, ma anche per la prudenza e per la destrezza nel maneggio de’ pubblici affari. Perciò mandato in Ispagna per trattare a quella corte di negozii assai rilevanti, adempiè sì bene l’ufficio impostogli, che da Alessandro VII fu nominato primo tesoriere, poscia assessore della Nunziatura di Spagna , e tornato dopo 13 anni a Roma , ebbe l’impiego di giudice delle appellazioni da lui sostenuto con tale integrità e con tal vigilanza , che non vi ebbe chi di lui si dolesse. Fu indi uditore della legazione di Urbino per tre anni, e poichè da essa fu rimesso a Roma. ebbe successivamente gl’impieghi e le dignità di esaminatore del clero , di segretario de’ memoriali, di canonico della basilica Vaticana, di prefetto de’ sacri cimiteri di Roma e dell’archivio di Castel S. Angelo. Fra le occupazioni che questi suoi impieghi gli davano, ei trovò tempo di coltivare per modo lo studio delle antichità, che non v’era forse in quel tempo chi gli si potesse paragonare; e lo studio da lui posto su’ greci e su’ latini scrittori , e le diligenti osservazioni su tutto ciò che orane meritevole, da lui fatte in Roma e ne’ diversi suoi viaggi, lo arricchirono di quelle cognizioni che erano a ciò opportune. Si accinse fra le altre cose a esaminare [p. 558 modifica]558 LIBRO e ci raccogliere tutte le iscrizioni e tutti gli altri antichi monumenti sparsi nel Lazio, e tutta perciò corse quella provincia solo e a cavallo, internandosi fino nelle spelonche, e salendo sulle più erte cime de’ monti, per non lasciarne inosservata alcuna benchè picciola parte. Ed avea egli per tal modo avvezzo il cavallo ad arrestarsi, ove incontravasi cosa degli a di osservazione, che divenuto esso pure antiquario , si fermava talvolta, benchè dal padrone non avvisato, e lo avvertiva così che era ivi cosa che doveasi esaminare. Ma il frutto di tante fatiche rimase inedito j e solo una Dissertazione ne fu poi pubblicata, in cui egli emenda alcuni errori ne’ quali è caduto il P. Kircher nella sua Descrizione del Lazio (Diss. deli si ce ad. di Cortona, t. 3 , p. 221). L’insigne opera del Fabretti De Aquis et Aquaeductibus veteris Romae, stampata la prima volta nel 1680, fu essa pur frutto delle ricerche da lui fatte nel Lazio; e perchè fu la prima eli1 ci desse in luce, ne fece tosto rimirar da tutti l’autore come un de’ più dotti antiquarii che allor vivessero. Il solo Jacopo Gronovio, veggendosi in qualche passo dal Fabretti impugnato, scrisse e pubblicò contro di esso una poco rispettosa risposta; ma anche il Fabretti sotto il nome di Jasiteo gli replicò con un libro intitolato A polo gema ad Grunovi uni, in cui sarebbe a bramare che alla molta erudizione con cui confuta il suo avversario, avesse congiunta una maggior moderazione nell’impugnarlo. La Colonna di Traiano diede essa pure al Fabretti l’argomento di una dottissima [p. 559 modifica]TERZO 55C) Dissertazione, in cui delle navi degli antichi, della milizia, de’ sacrifizii e di altre somiglianti materie ci dà rare e pellegrine notizie. L’ultima opera, colla quale il Fabretti «(‘guaio il suo nome, fu la gran Raccolta delle Iscrizioni da lui pubblicata, cioè di quelle ch’egli avea adunate in sua casa, e di quelle assai più ch’egli avea altronde copiate: raccolta che e per l’esattezza con cui sono espresse , e per l’eruditissime dichiarazioni con cui egli le accompagna, fu da tutti accolta come la migliore che si fosse veduta, e che è la prima , come osserva il marchese Maffei (De Arte crit lapid.), che non sia piena d’iscrizioni finte e supposte , benchè pure alcune pochissime vi siano corse. Egli finì di vivere in Roma a’ 19 di gennaio del 1700, in età di ottantun anni , e fu pianto da tutti i dotti, da’ quali egli era non meno stimato che amato. Il bel tesoro di antichi monumenti da lui raccolti, che fu poi trasportato ad Urbino dal Cardinal Gianfrancesco Stoppani nel 1756 insieme con altri monumenti d’antichità in quel ducato raccolti, fu posto ed ordinato nell’antico palazzo de’ duchi. IX. Ebbe innoltre fama di dotto antiquario ix. Ottavio Falconieri prelato romano, di cui si a“" hanno alle stampe diverse Dissertazioni appartenenti alle antichità nelle Raccolte del Grevio e del Gronovio (Rom. Antiq. t 4*, Graec. Antiq. t. 8), e a cui dobbiamo ancora la pubblicazione della Roma antica di Famiano Nardini fatta con qualche; sua giunta in Roma nel 1666. Avverte però Apostolo Zeno (Note al Fontan. t 2, p. 252) che un grave errore Tiraboschi, Voi. XV. 2 [p. 560 modifica]56o li uno egli prese nell’interpretare una medaglia degli Apameesi, in cui gli parve di raffigurare l’arca e l’universale diluvio col nome di Noè; mentre altro non vi era che le tre ultime lettere della greca voce Apameon , che da lui lette all’orientale indicavano appunto Noè. Monsignor Fabbroni ne ha pubblicate due lettere al principe Leopoldo de’ Medici (Lett. ined. t. 1, p. 248), nella prima delle quali, che è assai lunga ed eloquente, a istanza del Cardinal Pallavicino lo prega a fare che le Opere di Torquato Tasso sien citate nel Vocabolario della Crusca, nella seconda gli spone il riconciliar eli’ egli avea fatto 1’animo dell1 abate Miclielangiolo Ricci, che fu poi cardinale, con Alfonso Borelli. « Molte altre lettere del Falconieri si trovano sparse tra le lettere famigliari del conte Magalotti, di cui era amicissimo, e da una di quelle del Magalotti raccogliesi eh’ ci può aver diritto ad essere annoverato tra gli Accademici del Cimento. È intenzione del Serenissimo Principe, scrive egli a Michelangelo Ricci (Lett, famigl. t 2, p. 4), che il signor Ottavio Falconieri, come nostro Accademico, sia aneli egli a parte d ogni nostra speculazione, purchè si mantenga in fede, senza più ritornare, come suol dirsi, al vomito del Peripateticismo, dopo esserne così felicemente risanato per sua testimonianza, mercè dei frequenti discorsi avuti con esso lei ned ultima villeggiatura di Frascati ». Un altro illustre antiquario produsse il Friuli in Filippo del Torre nato in Cividale di antica e nobil famiglia nel 1657, di cui ha scritta lungamente La Vita [p. 561 modifica]TERZO 561 Girolamo Lioni (Giornale de Lclter. d Italia, L 28, par. 1, p. 1, ec.), e più brevemente in Ialino il coltissimo abate Facciolati (jFabroni / itae Italor. doctr. ejcccll. dee. 3, p. 3oy. cc.). Egli dopo essere stato in Padova scolaro del famoso Ottavio Ferrari, e dopo essersi ben istruito non solo nell’amena letteratura, ma ancora nella giurisprudenza , nella matematica e nell1 anatomia, passò a Roma nel 1687,e ammesso nel collegio detto de Propaganda tutto si diè agli studi sacri, e si rendette in essi sì noto, che il Cardinal Giuseppe Renato Imperiali andando legato a Ferrara, seco il condusse suo uditore. Tornato dopo sei anni a Roma , si applicò a scrivere la sua grand1 opera sulle antichità di Anzio, e la pubblicò nel 1700 col titolo Monumenta veteris Antii, ec., ed ebbe il piacer di vederla ricevuta con sommo applauso dagli eruditi, e onorata di quegli elogi che ben le eran dovuti. Clemente XI nel 1702 il nominò vescovo d’Adria, ed egli trasferitosi alla sua chiesa, la resse con sommo zelo, senza però intermettere gli usati suoi studi, fino all’an 1717 che fu l’ultimo della sua vita. Più altre dissertazioni e più altri opuscoli appartenenti alle antichità, alla storia naturale e ad altre materie diede egli alle stampe, e più altri rimasero inediti, de’ quali si può vedere il catalogo nelle sue sopraccitate Vite, ove anche ragionasi delle contese che per alcuni di essi ei sostenne. Io aggiungerò qui ancora Girolamo Aleandro il giovane, pronipote dell1 altro Girolamo di cui abbiamo parlato nella storia del secolo precedente, perciocchè tra le [p. 562 modifica]5 Libito opere di esso abbiamo la spiegazione di un’antica tavola di marmo, in cui vedesi scolpito il Sole con altri simboli, e la spiegazione de’ sigilli di una zona che cinge un’antica statua, opera di molta e rara erudizione, la qual pur si vede nella confutazion da lui fatta dell’opinione di Jacopo Goffredo sulle Regioni suburbicarie. Ma di lui e delle altre opere da lui pubblicate io non dirò più oltre, perchè a lungo ne han ragionato il conte Mazzucchelli (Scritt. ital. t.1, par. 1, p. ec-)? e ampiamente ancora il sig. Giangiuseppe Liruti (Notizie dei Letter. del Friuli, t 1, p. 198, ec.). Dell’opere di monsignor Giovanni Ciampi ni, che a questo luogo appartengono, si è già detto nel ragionare degli scrittori sacri, ove anche si è parlato di alcuni altri , da’ quali le ecclesiastiche antichità furono illustrate. E io perciò aggiungerò sol un cenno sui famosi Frammenti delle Antichità etrusche, pubblicati nel 1637 da Curzio In giurami, cbe affermò di avergli dissotterrati presso Volterra sua patria. Negli Elogi degf illustri Toscani, ove è stato inserito quello di questo scrittore morto nella fresca età di trentun anni nel 1655, si confessa (t. 3) ciò che da niuno mediocremente erudito si osa ormai di negare, che tai monumenti, su’ quali da alcuni menossi allora tanto rumore, sono falsi e supposti*, ma si adducono insieme diverse ragioni per dimostrare che all’Inghirami non deesi perciò la taccia d’impostore, ma che anzi dee credersi ch’ei veramente li ritrovasse, e che fosse ingannato dall’impostura altrui, chiunque questi si fosse. Il più forte [p. 563 modifica]TERZO 5G3 argomento sembra a prima vista quello che si fecer processi per riconoscer la verità degli scavamenti ch’ei diceva di aver fatti, e che si trovarono di fatto alcuni di cotai monumenti nascosti profondamente sotterra. Ma poichè si confessa ch’essi sono supposti, convien confessare che alcuno ivi a bella posta gli ascose, poichè certo essi non vi nacquero come funghi , nè germogliarono dalle radici. Or perchè non poteva avergli ivi occultati lo stesso Inghirami? Se alcun altro fu 1’autor dell1 inganno, perchè non si accinse egli allo scavo? Gli autori di cotai burle non hanno altro fine che di godere il piacere di veder molti delusi j c io non so se vi sia mai stato uno che dopo aver sostenuta la pena di fingere monumenti , e di occultarli sotterra , non siasi curato di veder l’effetto di cotale impostura. Nè io perciò voglio dare all1 Inghirami la taccia d1 impostore. Forse egli volle soltanto prendersi giuoco d1 altrui. Ma ei non l’ottenne se non presso quelli cui poca gloria era f ingannare. X. Tanti e sì pregevoli monumenti scoperti e dottamente illustrati giovaron non poco a rischiarar l’altro ramo delle antichità , cioè gli usi e i costumi delle antiche nazioni e de’ Romani singolarmente. E io nominerò dapprima la raccolta di dissertazioni di diversi autori su diversi punti di antichità singolarmente romane col titolo di Miscellanea italica erudita, pubblicata dal P. Gaudenzio Roberti carmelitano in Parma in quattro tomi nel 1960, in cui si contengono molti trattati su tale argomento , benchè non tutti di ugual valore. Le fabbriche i x. Coni inu»*ioo de1 medi» imi. [p. 564 modifica]unno e la forma dell’antica Roma, benchè avessero occupate le penne di molti valorosi scrittori del secolo precedente, furono nondimeno l1 oggetto delle ricerche di più altri autori a’ tempi di cui scriviamo; e abbiam su ciò molte opere di Giannangelo Ruffinelli, di Jacopo Lauro, di Giovanni Maggi, di Filippo Rossi, di Giambattista Casali, di Jacopo Marucci, di Fioravante Martinelli e di più altri scrittori. Ma in questo genere le più pregiate sono la Roma in ogni stato di Gasparo Alveri pubblicata nel 1604 (a) e nel iGG.j in due tomi in folio, la Roma antica di Famiano Nardi ni, che, come si è detto poc’anzi, fu data in luce dal Falconieri, eia Roma vetus et recens del P. Alessandro Donati gesuita sanese, più volte stampata, e inserita ancora dal Grevio nel suo Tesoro (t. 3). Le opere del Bellori, del Fabretti, del Falconieri e di altri che a questo argomento appartengono, sono state già da noi accennate poc’anzi. Lorenzo Pignoria padovano fu uno dei più faticosi illustratori di ogni genere d1 antichità; e tanto più ammirabile ne fu l’erudizione , quanto pareva essa men propria del genere di vita da lui intrapreso. Perciocchè dopo fatti i primi suoi studi alle scuole dei Gesuiti di Padova, e poscia a quelle dell’università, e dopo essersi ordinato sacerdote, andò a Roma col (r<) Bcncliò nel Catalogo della Capponiamo dicasi il primo tomo dell’Alveri stampato nel i654* par veramente ch’esso pure tosse stampato nel 1G64, col tpial anno veggonri scguate le copie clic se ne hanno in diverse hildioteelie. [p. 565 modifica]TERZO ’ 565 vescovo di Padova Marco Cornaro, e vi stette due anni, e tornato poi a Padova, fu confessore di monache, e parroco della chiesa di S. Lorenzo, e finì di vivere nel 1631 in età di scssanl1 anni (*). Nondimeno le monache e i suoi parrocchiani gli permisero non solo di radunarsi in casa un bel musco di antichità, uia ancor di scrivere molti trattati. Quello de’ Servi è un de’ migliori in tal genere, benchè secondo il costume del secolo sia molto diffuso. Le antichità egiziane ancora furono da lui rischiarate così nella sua opera su’ Geroglifici, come nella spiegazione della famosa Tavola Isiaca. Nè egli trascurò quelle della sua patria, delle quali trattò in tre lettere latine al senator Domenico Molino , nelle sue Origini di Padova e nel suo Antenore, opere nelle quali ei diede a conoscere la buona critica di cui era fornito , rigettando come supposti e favolosi parecchi scrittori, e confutando certe tradizioni popolari prive di fondamento. Ma la sua critica diè occasione, come spesso avviene, al Pignoria di sostener lunga contesa, singolarmente per cagion della patria di Giulio Paolo celebre giureconsulto, di cui egli ardì di porre in dubbio se fosse padovano, come crasi finallora creduto; e il principale dei suoi nemici fu il Portenari, di cui diremo più sotto. La serie degli opuscoli dall1 una parte e dall’altra (*) 11 Pignoria quando fini di vivere, non era p.ù parroco di S. Lorenzo in Padova, ina canonico c penilenzier «li Trevigi, onore ottenutogli dal cordine! Francesco linifici!m il vecchio, splendido proiettar de’ dotti. [p. 566 modifica]566 LiBRO pubblicati per tal contesa si può vedere presso Apostolo Zeno (Note al Fontan. t 2, p. 133). Il catalogo di più altre opere del Pignoria si ha presso il Tomasini (Athen. patav.), il Papadopoli (Histor. Gymn. patav. t. 2, p. 286) e presso il P. Nicerone (Mém. des Homm. ill t. 21), presso i quali scrittori più minute notizie si potran ritrovare di questo scrittore. Ad essi però deesi agiugnere che molte lettere del Pignoria sono state poi pubblicate nella Raccolta di Lettere inedite, stampato in Venezia nel 1744? le quali a chi volesse scrivere diffusamente la Vita di questo dotto scrittore potrebbon dar molto lume. Il trattato De Lege Regia di Giambattista Castelli padovano, e professore in quella università, stampato nel 1685, quelli sulla Toga e sul Lato Clavo de’ Romani , e sul Sistro egiziano di Girolamo Bossi pavese, professore nell’università di Pavia, di cui e delle cui opere copiose notizie ci somministra il conte Mazzucchelli (Scritt. ital. t. 2, par. 3, p. 1856); il trattato De Caligis veterum del P. Giulio Negroni gesuita genovese , e quel di Fortunio Liceto sugli anelli degli antichi , la Dissertazione del P. Bacchini su’ Sistri, l’opera di Vincenzo Contarmi Defrumentaria Romanorum largitione , et de militari Romanorum stipendio, alcune delle opere sì stampate che inedite di Giambattista Capponi bolognese, che si annoverano nell’elogio di esso inserito nelle Memorie de’ Gelati (p. 256, ec.), sono opere che allo studio della antichità recarono molta luce, benchè in esse comunemente manchi una certa precisione e un certo [p. 567 modifica]TF.RZO 567 ordine clic ne renda utile insieme e piacevole la lettura. Uomo ancora dottissimo nelle antichità sacre e profane, e insieme nella giurisprudenza, nella filosofia, nella matematica, nell’architettura militare e nelle lingue orientali, fu Domenico Aulisio napoletano, che per molti anni sostenne in Napoli la cattedra del Diritto civile, e ivi morì nel 1717, in età di seltant’otto, o, secondo altri, sessant1 otto anni. Oltre alcune opere legali e filosofiche, ne abbiamo i due libri delle Scuole sacre, stampati dopo la sua morte nel 1729, opera molto erudita, ma non ugualmente felice nel metodo e nello stile; e ne abbiamo ancora alcune Dissertazioni latine sulla costruzion del Ginnasio, sull’architettura de’ Mausolei, ec., delle quali ci dà il catalogo insieme colle notizie dell1 autore il conte Mazzucchelli (Scritt. it. t 1 par. 2, p. 1261 , ec.) (a). (a) Dell’Aulisio parlano più lungamente il P. d’Afflitto (Mem, degli Scritt, napol. t. 1, p. 474) e il Giustiniani (Scritt. legali napol. t. 1, p. 91). A lui può congiungersi Pietro Lasena, oriondo dalla Normandia, ma nato in Napoli nel 1590, e morto in Roma nel 1636. Egli veggendo che alcuni scrittori napoletani eransi, secondo la critica di que’ tempi, impegnati a sostenere che fin da’ tempi di Ulisse erano in Napoli pubbliche scuole , e che Ulisse medesimo, dopo avere distrutta Troia, era stato in esse scolaro, prese a impugnare sì sciocca opinione, e il fece col suo trattato Dell’antico Ginnasio napoletano, stampato in Roma nel Mi jt, c poi ristampato nel 1688, nel quale ei mostra che gli antichi ginnasii non erano istituiti che agli esercizii del corpo, e combatte singolarmente Francesco de Petris, che nella sua infelice Storia di Napoli, stampata nel nvea voluto sostenere quella popolar tradizione. Ma am be [p. 568 modifica]568 LIBRO xi. XI. Fra tutti però gli scrittori d1 antichità, se non il più dotto, certo fu il più felice Olla\io mi. Ferrari milanese, e nipote di quel Francesco Bernardino Ferrari di cui altrove si è fatta menzione. L’opera da lui pubblicata De Re vestiaria , a cui aggiunse poi ¥ Analecta sullo stesso argomento contro Alberto Rubenio, e le dissertazioni De Lucernis sepulchralibus Veterum, De Pantomimis et Mimis, De Balneis et Gladiatoribus, i due libri intitolati Electorum, furono più volte stampate anche oltremonti, e ammirate come piene di erudizione. Nacque però presso alcuni sospetto che Ottavio le avesse trovate tra gli scritti del suddetto suo zio, che nelle antichità era uomo dottissimo, e che come sue le avesse francamente spacciate. Ottavio era nato in Milano nel 1607, e aveva dati sì presto saggi di vivo e fertile ingegno, che in età di poco oltre i venti anni fu dal Cardinal Federigo Borromeo destinato professor d’eloquenza nel suo collegio Ambrosiano.. Nel 1634 fu chiamato all* università di Padova ad occupare la stessa cattedra, e vi si aggiunse poscia ancor quella della lingua greca. Gli storici di quella università confessano (Papad. t. 1, p. 3y4 j Facciol. pars 1, p. 60) che parve ch’essa per opera del Ferrari risorgesse all’antica sua fama; tanto era l’applauso, e sì numeroso il concorso I’ opera del Lascna pel disordine con cui è scritta, e pe’ molti errori di cui è ingombra, non è in molto pregio presso degli eruditi. L)i lui e di altre opere da lui pubblicate veggasi il Soria (Degli Stor. napol. f. 2, p. 33ij, ec.). [p. 569 modifica]TERZO 569 con cui egli leggeva. Lo stipendio eli’ ci giunse ad avere, ne è chiara pruova, perciocchè, con esempio per tal cattedra non mai veduto, egli ebbe fino a duemila annui fiorini. E inoltre, avendo agli recitato un panegirico in lode della reina Cristina , ne ebbe da lei in premio, come altrove si è detto, una collana d’oro del valor di mille ducati, e un altro panegirico pubblicato avendo in onore del re Luigi XIV, questi per cinque anni; secondo il Papadopoli (l. cit.), per sette, secondo l’Argelati (Bibl. Script mediol t.1, pars 2 , p. Gì 2), gli fece annualmente pagare 500 scudi. La città di Milano ancora, dopo la morte di Ripamonti, dichiarollo suo storiografo coll’annuo stipendio di 300 scudi; ed egli avea già composti otto libri di Storia; ma veggendo che non gli venivano somministrati i documenti perciò necessarii, e temendo innoltre di offender con essi o la Casa di Austria , di cui era suddito, o il re di Francia, da cui era stato beneficiato, cessò dal lavoro, e vietò che ciò che ne avea scritto, venisse mai pubblicato. Nè io credo che molto abbiano in ciò perduto le lettere; perciocchè gli onori e i premii conceduti al Ferrari ci mostran più il reo gusto del secolo, che il merito dello scrittore. Se le opere di esso che spettano alle antichità, sono erudite, quelle che appartengono all’amena letteratura, hanno in sommo grado tutti i difetti del tempo a cui egli vivea. Il lor catalogo si può vedere presso l’Argelati. Ad esse però se ne possono aggiugner più altre che, come mi ha avvertito l’eruditissimo sig. D. Jacopo Morelli, si conservan originali ru lla libreria [p. 570 modifica]570 LIBRO di S. Giustina in Padova; c sono De funere Christianorum libri IV opera non finita, le Lezioni da lui fatte dalla sua cattedra su Apuleio, su Tacito, su Giovenale, su Virgilio, alcune Dissertazioni su Tertulliano, e un’opera in sette libri intitolata Gymnastica sacra, seu duriores veterum Christianorum ad corpus edomandum artes (a). (a) Il Ferrari scrisse anche una Centuria di elogi d’uomini illustri per lettere, e se ne conserva l’originale ms. presso il suddetto ab. Morelli. L’opera è scritta in istile più semplice e più elegante; e io ne recherò qui un saggio da lui trasmessomi, anche perchè ci dà notizia di un erudito Tedesco vissuto lungamente fra noi, e di cui io non so che altri abbia fatta menzione. Quirinus Cnoglerus Austriacus. Ingrati amici nota piane sabeunda esset, si erudì tissirnum virum hisce honoris ac gloriae fastis non adscriberem , a quo ingenii cultum accepimus , cujusque monitis ab hac vulgari ingrataque discendi consuetudine ad plenam solidamque studioram rationem excitati sumus. Jactatus diu incertis sedibus per Poloniam ac Germaniam tandem in Italiam concessit, divinarum atque humanarum rerum peritissimus , a/que cum arte medica, quam ad miraculum callebat, Graecas litteras omneque antiquitatis studium conjunxerat. Erat illi mite ingenium, nisi illud naturale gentis suspicacissimæ vitium senecta et peregrinatio tum cruris debilitas asperasset!; ut semper suspicionibus indulgens, anxie trepidus , sibique mele metuens, nonnisi rixat et jurgia cum doctis et quandoque amicissimis sereret. Quæ illi causa potissima peregrinatiorum fuit} cum vel fastidiret ipse, vel ta< dio hospitibus esset, quorum patientissimi morosum ferre ingenium non possent; atque ita Scytha rum more vagus et exul mutare subinde loca cogeretur. Cum Mediolanum venisset, quo famem propulsaret , devovit Cenobio operam, variasque disciplinas inter Monachos professus est, sola cibariorum [p. 571 modifica]TERZO 571 XII. Or Tenendo più da vicino agli scrittori xil di Storia, pochi ne abbiamo che a tutti i tempi.iriif’.s’S e a tutte le nazioni stendessero le loro ricerche. lclni"lo~ •O» mercede, neque est passus diutius latere inglorium Cardinalis Federicus , liberalique stipendio attributo , in Mediolanensi Seminario constituit, ut Græcas Litteras profiteretur; sub quo nos etiam primis Græcæ, eruditionis stipendiis meruimus. Cum assuetis uni vel alteri Codici adolescentibus Latinos Græcosque Scriptores proponeret, viamque ad sapientiam studentibus aperiret , tenerisque animis instillaret mirificos eruditionis amores, vir f cum bilis subsi disset, festivissimus , ac memoriæ prodigiosæ, qua fere lati nos omnes Poetas rara felicitate redderet. Neque tam ingenio, quod non ita ut Italis vividum profitebatur, quam labore improbo, jungendoque noctes diebus profecerat. Inibi eum quoque domesticus morbus invasit, et quicquid a studis vacabat, altercando semper et mussando, et cum vilissimæ familiæ parte transigebat. Nec tulere querulum senem quibus ea cura erat, sed data venia dimisere; cui prorsus quicquid apud nos Litteraraturæ politioris est debemus. Cum illum revocare non multo post et condonare tantæ virtutis molestos magis quam noxios mores precibus nostris animum induxisset Princeps j nusquam reperiri potuit; donec nuncius venit, eum Parmæ cum medicam factitaret, populari morbo extinctum; idque majori detrimento, quod nullus scripta ejus perlegere possit: tam rudi et confuso charactere utebatur. Libri, quos non editos , sed absolutos legimus, de Sacris Eleusiniis, aede Talis et Tesseris; tum Loci Ethici et Politici, Græcam Latinamque eruditionem in unum mirabili ordine contraxerant. Jam qui Gaspari Aselii nomine circumfertur, licet lactearum venarum inventum ejusdem sit, liber ipse sub oculis nostris ad verbum a Quirino conscriptus est. In altra maniera si volse ad illustrare le antichità uno scrittore poco finor conosciuto, e degno nondimeno di andar del pari co5più rinomali, cioè Giacomo Grimaldi, bolognese di nascita, ma vissuto quasi sempre in Roma, [p. 572 modifica]5 j2 LIBRO li olire i Compendii storici del conte Alfonso Loschi, che non sono in gran pregio, appena v’ ha libro che qui possa essere mentovato j perciocché il Mappamondo storico del P. Antonio Foresti della Compagnia di Gesù carpigiano di patria non venne a luce che sul principio del nostro secolo. Molti bensì furono gli scrittori delle cose memorabili de1 tempi loro, e abbiam tra essi Giorgio Piloni, Giambatista liirago, Alessandro Ziliolo, Vincenzo Forti, il conte Maiolino Disaecioni più celebre per le sue avventure che per le sue, benché moltissime, opere (V. Mazzucch. Scritt itaL t 2, par. 4, p. 12G4), Pietro Gazzotti, Girolamo Unisoni da Legnago, le cui vicende pure poIrebbon qui occuparci, se il co. Mazzucchelli non ci avesse già dato intorno a questo scrittore un bellissimo articolo (ivi, par. 4, p• 2241, cc.). ove fu cherico beneficato di S. Pietro, e ove morì nel i6o.3. 11 sig. conte Fantuzzi è stato il primo a rischiararne la memoria, valendosi de’ documenti trasmessigli dal sig. abate Marini (Scritt. bologn. t. 4» p. 306, ec.). Con immensa fatica ei trascrisse e transuntò tutti i documenti del copiosissimo ed antico archivio de’ Canonici di S. Pietro di Roma , e lo rendette ancora più utile con opportuni ed esattissimi indici. Formò diligenti cataloghi di tutti gli arcipreti, canonici e beneficiati della stessa basilica. Copiò tutti i papiri da Paolo V acquistati per la biblioteca Vaticana , aggiungendovi gli argomenti, le note e le spiegazioni delle abbreviature; la qual opera fu poi dal Doni copiata, senza renderne al Grimaldi tutta quella giustizia che gli era dovuta, e pubblicata dal Gori senza pur nominare il Grimaldi. Di queste e di altre opere dello stesso scrittore, niuna però delle quali ha veduta la luce, veggasi il soprallodato co. Fantuzzi. [p. 573 modifica]C lo stesso io dirò di Ferrante Pallavicino, tra le cui opere, che presso alcuni hanno il merito <P essere ricercate per la loro oscenità e per la lor maledicenza, abbiamo ancora la Storia delle cose avvenute nel 1636. Il Bayle, il Chaufepiè, il Marchand ne’ lor Dizionarii hanno a gara parlato di questo scrittore, che fu decapitato nel fior degli anni in Avignone nel 1644 per gli scritti satirici da lui pubblicati contro il pontefice Urbano VIII in occasion della guerra di Parma, e in generale contro la Chiesa. Ma le opere di esso non sono tali, che possano rammentarsi con lode dell’italiana letteratura (a). Molle pure son le opere storiche su gli avvenimenti di questi tempi del co. Galeazzo Gualdo vicentino. Ma esse ancora non sono or molto curate 5 e chi pur voglia vederne un esatto catalogo, può consultarne la Vita scritta da Michelangiolo Zorzi (Calog. Jlacc. <F Opusc. t. 1) e dal P. Angiolgabriello da Santa Maria Scritt vicent. t. 6, p. ec.). In maggior credito sono le Storie di Pier Giovanni Capriata, di cui egli pubblicò le due prime parti dal 1613 fino al i()44, e la terza, che giunge al 1660, fu pubblicata da Giambattista figliuol dell’autore, e dedicata a Francesco Maria Imperiali Lercari patrizio genovese e a que1 tempi splendido protettore de’ letterati. Ma il più celebre fra tutti gli scrittori della Storia di questi tempi fu (a) Delle vicende di questo infelice scrittore lia parlato a lungo ed esattamente il eh. sic. proposto Poggiali nelle sue Memorie per la Storia letteraria ili Piacenza (t. 2, //. 170, ec.). [p. 574 modifica]f)"4 LIBRO Vittorio Siri, su cui perciò ci conviene trattenerci alquanto più a lungo. Egli era parmigiano di patria, e agli 8 dicembre del it)25, in età di circa diciolto anni, avea preso l’abito di S. Benedetto in quel monastero di S. Giovanni. Così narra il P. Armellini (Bibl. Casin. t 2), il quale per altro scarse notizie ci dà della vita da lui condotta nel chiostro j e accenna solo, senza indicarne il tempo precisamente, che avendo egli co’ primi tomi del suo Mercurio ottenuta fama d’illustre storico , il re Luigi XIV chiamollo a Parigi , ov’egli poscia passò i suoi giorni y anzi dalla testimonianza di Andrea Raineri , da lui addotta, raccogliesi, che avendo il Siri avuta in Francia dal re una badia secolare, depose l’abito religioso, e cambiollo in quello di ecclesiastico, cui tenne fino all1 anno iC85 , nel qual anno, contandone egli settantotto di età, a’ 6 di ottobre chiuse i suoi giorni. In fatti egli nelle ultime sue opere si intitola D. l ittorio Siri Consigliere, Elemosinario et Ili storiografo della Maestà Christianissima. Il Mercurio politico fu la prima opera che ne rendette celebre il nome. È diviso in quindici tomi , i quali abbraccian la storia dal 1635 al i655 (a). Ed egli poscia vi aggiunse le Memorie recondite in otto tomi, colle quali ripigliando la storia più addietro , la conduce dal 1601 al 1640. L’idea del Siri in (<7) Due altri tomi inediti del Mercurio del Siri conservausi nella Magliahecchiana, come mi ha avvertilo il eh. P. abate don Andrea Mazza , a cui debbo molte notizie di questo scrittore. [p. 575 modifica]TERZO Oyb quest’opera non è solamente di narrare i fatti avvenuti. ma d’indagarne le origini, e di raccontare perciò le negoziazioni de’ gabinetti e le lor conseguenze , e di pubblicare i documenti che comprovano i suoi racconti. Gran copia di essi in fatti si vede nella Storia del Siri, ch’egli ebbe da alcuni nunzii del papa e da altri ambasciadori di diverse corone, e dai ministri del re Luigi XIV, da cui per opera del Cardinal Mazzarino avea avuti i suddetti titoli con una onorevol pensione j e per esser meglio informato de’ fatti, avea egli un vasto carteggio co’ ministri di molte corti, come ben raccogliesi e dalla gran copia di lettere ad esso scritte, che si conserva nel monastero di S. Giovanni in Parma, e da molte scritte da lui medesimo a questa corte di Modena , da cui fu molto favorito a’ tempi del duca Francesco I, le quali si conservano in questo ducale archivio segreto. Quindi è che le dette Storie non sono a leggersi molto piacevoli, perchè sono anzi un tessuto di documenti, che un seguito raccontoj e l’autore su molti fatti passa assai leggermente, ove non ne ha distinte memorie, e su molti altri è estremamente diffuso. M. le Clerc, che ci ha dato un breve estratto di queste opere del Siri (Bibl. choisie, t. 4* p- 138, ec.), avverte ch’essendo egli italiano, e scrivendo tomi voluminosi che poco leggevansi in Francia, ha parlato di Luigi XIII e del duca d’Orleans di lui fratello e de’ loro ministri più liberamente che non abbian fatto gli scrittori francesi. Non è però egli ancora esente dall ordinario difetto Tiraboschi, Voi XV. 3 [p. 576 modifica]5 76 Liuno degli scrittori pensionali, cioè di ricompensare gli stipendii e i donativi cogli elogi de’ lor mecenati , e coll1 espore in aspetto favorevole e glorioso le loro azioni. Benchè queste Storie pel soverchio numero de’ volumi e per la loro prolissità siano or poco lette, ne è stata però intrapresa di fresco una traduzione francese col titolo: Mémories secrets des Archives des Souverturi s d Europe. Qualche altro opuscolo del Seri, scritto in occasion delle guerre del Monferrato , si ha alle stampe, ma sotto finti nomi , cioè Il Politico Soldato Monferrino, e lo Scudo e! l’Asta del Soldato Monferrino, il qual secondo libro fu da lui scritto contro il sopraccennato Giambattista Birago che avea pubblicato 11’Soldato Politico Indifferente, e contro lo stesso Birago ei diè in luce un altro libro che ha per titolo Il Bollo del Mercurio veridico del Birago. Il P. abate Armellini avverte che nel suddetto monastero di S. Giovanni in Parma conservansi diciotto tomi mss. del Siri , che contengono una raccolta di scritture, di racconti, di discorsi politici, che erano probabilmente i materiali da lui raccolti per le sue Storie , e che fra essi vi ha un1 altr opera contro il Birago intitolata: Mitridate di D. Vittorio Siri per l’Istoria di Portogallo, e Mercurio veridico del Dottor Birago. XMi. XIII. Anche la Storia generale d’Italia 11011 deli* s’ori» ha nè tal numero nè tal celebrità di scrittori, uiu.Je J1 c^e Possa farne gran vanto. E niuno ne abbiamo che si accingesse a scriverne una compita Storia delle più antiche memorie fino a’ suoi giorni, trattone Girolamo Briani modenese, [p. 577 modifica]TE RIO 5 77 che nel 1623 pubblicò in Venezia la sua Istoria d Italia dalla venuta di Annibale sino all’anno di Cristo 1527, in due tomi in 4°, ne’ quali vuolsi che avesse parte anche Giovanni di lui fratello (Mazzucch, Scritt. ital. t. 2, par. 4, p. 2082, ec.), opera la quale, per riguardo a’ tempi ne’ quali fu scritta, può annoverarsi tra quelle di cui non è inutile la lettura (a). Alcuni, seguendo le vestigie del gran Sigonio, presero a rischiararne la Storia de’ bassi tempi, l’origine de’ diversi dominii, e le vicende de’ popoli che se ne impadronirono. Io veggo citarsi un’opera di Lodovico Rodolfini di Sabbioneta De origine, dignità te, ac potestate Ducum Italiæ, stampata in Argentina nel 1624 (Mctliod. pour l’Hist t. 40, p. 403); ma non avendola veduta, non posso darne più esatta contezza. Il conte Emanuel Tesauro patrizio torinese e cavalier gran croce dell’Ordine de’ SS. Maurizio e Lazzaro, fra le moltissime opere di ogni argomento che circa la metà del secolo diè alla luce, pubblicò ancora in Torino nel 1664 Il Regno d Italia sotto i Barbari, opera in cui, come in tutte le altre, si scorge un autore dotato di vivo ingegno, e che avrebbe potuto avere nella repubblica delle lettere onorevol luogo, se non si fosse del tutto abbandonato a’ pregiudizi del suo secolo. Il P. Tommaso Mazza domenicano, sotto il nome di Didimo Rapaligero, pubblicò in Verona nel 1683 una (’*) 11 Jlriani scrisse ancora la Storia di Modena, che non è mai stata stampata. Di esso ho parlato più a lungo nella Biblioteca modenese (l. i, p. 345). [p. 578 modifica]5*78 LIBRO Storia ile’ Goti, ma a fine principalmente di farvi r apologia di Annio da Viterbo. Ma Francesco Sparavieri veronese ne scrisse un’erudita confutazione, di cui ragiona a lungo Apostolo Zeno (Diss. voss. t. 2, p. 191). Molto ancor siam tenuti a Felice Osio milanese e professore nell’università di Padova, il quale si accinse a dare in luce le Storie di Albertino Mussato, di Rolandino, de’ Cortusi e di altri storici de’ bassi tempi, e a illustrarle con note. La morte non gli permise di compire il suo lavoro, togliendol dal mondo nella peste del 1631 quando egli non era giunto colle sue note che alla metà del libro primo della Storia del Mussato. E per vero dire, fu buona sorte delle borse degli eruditi ch’ei non potesse compiere un tal lavoro; che, se ciò accadeva, la Storia sola del Mussato, che pur non è lunghissima, avrebbe occupati più tomi in folio; tanto è fecondo questo commentatore, e tante cose va egli unendo insieme sotto il pretesto di far note al Mussato, e tanto si perde in lunghissime e per lo più inutili digressioni. In questo lavoro ebbe a compagno Lorenzo Pignoria (V. sopra Un*a), e così furono quegli storici pubblicati in Padova nel i(536, e poscia inseriti dal Muratori nella sua Raccolta degli Storici italiani (t. 6). Avea già l’Osio nel 1629 pubblicata ancora la Storia di Lodi di.Ottone e di Acerbo Morena, da lui pure illustrata con note, ma più discrete, e questa pure, dopo altre edizioni, è stata di nuovo pubblicata dal Muratori. Utili parimente alla storia dei bassi tempi furon le fatiche e le opere di Cammillo Pellegrini, uomo [p. 579 modifica]degnissimo di esser posto nel numero de’ più benemeriti di questi studi, e il cui nome nondimeno non è sì celebre, come esser dovrebbe tra’ dotti. Perciocchè egli fu il primo che, non pago di ricercare gli archivi e le biblioteche, come altri aveano già fatto, per trarne lumi alle loro Storie opportuni, prendesse ancora a far pubblica una bella raccolta di antiche Cronache , e a dar con ciò la prima idea della grand’opera eseguita poi dall’immortal Muratori colla sua collezione degli Scrittori delle cose italiane. Era egli nato in Capova nel.1598, e dopo i primi studi dell età fanciullesca, mandato a Napoli alle scuole dei Gesuiti, vi apprese la filosofia, la matematica, la lingua greca, e arrolatosi poscia nel clero , aggiunse a questi studi que’ della civile e dell’ecclesiastica giurisprudenza e della teologia; e formatasi in casa una privata accademia, venivaslspesso co’ suoi accademici esercitando nel ragionare or di uno or di altro argomento. Fu poscia inviato a Roma, ove conversando co’ dotti che ivi erano, e visitando diligentemente gli archivii e le biblioteche, formò l’idea di raccoglier quante più potesse cronache e monumenti che concernessero la storia de’ bassi tempi, e quella singolarmente della sua patria e di tutto il regno di Napoli. Grandi furono le fatiche che perciò il Pellegrini sostenne ne’ molti viaggi eli’ ei fece, e grandi spese ancora convennegli fare per copiare cotai monumenti, e per formarsi innoltre, com’egli fece nella propria sua casa, una pregevol raccolta di antichità d’ogni genere, che poscia, lui morto, andarono miseramente [p. 580 modifica]580 LIBRO disperse. Frutto di tante fatiche del Pellegrini fu primieramente X Apparato alle antichità di Capua da lui dato alle stampe nel 1651, in cui minutamente ed eruditamente descrive le parti tutte della Campagna Felice, e ne ricerca la storia e le più antiche vicende. Con quest’opera mostrò egli il suo affetto per la sua patria. Ma maggior vantaggio ei rendette all’Italia coll’altra intitolata Historia Principum Longobardorum, nella quale ei pubblicò la Cronaca dell’Anonimo salernitano e parecchi altri monumenti storici che non avevano ancor veduta la luce, illustrò con erudite annotazioni, con dissertazioni, con giunte quattro altri antichi Cronologi pubblicati alcuni anni avanti dal P. d). Antonio Caraccioli Teatino, e sparse con ciò gran luce non solo sulla storia delle provincie del regno di Napoli, già da que’ principi signoreggiate, ma ancora su quella di tutta l’Italia. Quindi l’opera del Pellegrini, dopo essere stata pubblicata di nuovo e inserita nelle lor collezioni dal Burmanno e dal Muratori, è stata poscia un’altra volta prodotta al pubblico, e con più altre giunte e con diverse dissertazioni accresciuta e illustrata nel 1749 in Napoli per opera del signor Francesco Maria Pratilli, a cui parimente dobbiamo la Vita del Pellegrini, ch’ei vi ha premessa. In essa ei ci ragguaglia d’alcune altre opere di diversi argomenti da questo dotto scrittor pubblicate, e ci narra insieme in quai modi la gran copia de’ manoscritti da lui raccolti, e delle opere da lui o cominciate, o anche finite, con gran danno della storia venisse a perire. Perciocchè egli veggendosi [p. 581 modifica]TKRZO 58l assai mal condotto di sanità, ordinò a una sua serva che quando ei fosse vicino a morte, gittasse alle fiamme tutto quel gran fascio di carte*, ed ella udendo un giorno che i medici gli prediceano sol poche ore di vita, eseguì troppo fedelmente il ricevuto comando con gran dolore del Pellegrini, che essendosi allora alquanto ristabilito, si dolse di avere una serva più del dovere ubbidiente. Poco però ei sopravvisse al fatale incendio, ed essendosi trasferito a Napoli, per cercar da quel clima qualche vantaggio, ivi a’ 9) di novembre del 1663 finì di vivere (a). XIV. Per ciò che appartiene alla Storia par- x,v-( licolare d’Italia di questq secolo, abhiam la deli* si.au Storti delle Guerre d’Italia dal l6l3 al i$3o di Luca Assarino genovese, ma nato in Sivi- lo* glia, di cui e di piò altre opere poco felici da lui pubblicate ragiona il conte Mazzucchclli (a) Mciita ancor di esser letto ciò che del Pellegrini e delle opere da lui composte ha scritto più recentemente il sig. Francescantonio Soria (Stor ci uapol. t. 2 , p. 477* ec.). Il sig. Cammillo Pellegrini da lui discendente, a render più durevole la memoria di questo grand’uomo, ha fatta ristorare e abbellire la casa da lui abitata, e vi ha posto la seguente iscrizione che è opera del celebre sig. don Fracesco Daniele: Quas. Aedes. CAMlLLUS. PEREGRINUS. Alexandri. Filius. Illud. Sæculi. Sui. Lumen. Ut. Ab. Urbano. Strepita. Procul. Animo. Quandoque. Vocaret. Ab. 1 urlio ato. Excitaverat. Et. Pri sci. A/’vi. Mnnumentis. Vndi (juc. Conquisiti. Ornaverat. Temporum. Iniquitate. Situ. et. Squalo re. ObStas. C nm il lui. Peregrinili. Ga\paris. Filìns. hi , Elcgnnliorem. Formarti. Restituendas. Aere. Suo. Curavit. Anno. MDCCLXXXIX. [p. 582 modifica]582 LIURO (ScritL ital. t. i, par. u, p. 1170)} la Storia tT ILalia ili Girolamo Brusoni da noi nominato poc’anzi, che fu aspramente criticata, come opera di scrittor mercenario e bugiardo (V. Mazzucch. l. cit. t. 2, par. 4, p- 2243); le Memorie istoriche delle Guerre d’Italia di Gianfrancesco Fossati , che fu poi vescovo di Tortona, e morì nel i653 (Argcl. Il ibi. Script Mediol. t 1 , pars 2, p. 643)*, c due scrittori latini, Giuseppe Ricci, che scrisse le cose avvenute in Italia dal 1613 al i()53, oltre un’altra Storia delle Guerre Germaniche dal 1618 al 1648; e Paolo Maccio modenese, che si ristrinse alle vicende del 1635. Ma l’autore più celebre che a questo luogo appartiene, e di cui quasi ad ogni passo di questo capo potremmo fare menzione se ne venisse onore all’Italia, è Gregorio Leti, fra le cui infinite opere, quasi tutte in genere storico, abbiamo ancora l’Italia regnante , in cui ci dà l’idea dello stato di queste provincie ne’ tempi in cui egli scrivea. Pochi autori sono stati fecondi di opere al par di lui. Quaranta ne annovera l’Argelati (ib. t. 2 , pars 1, p. 800, ec.), e la maggior parte di esse divise in più tomi, che tutti insieme giungono quasi a cento. Oltre l’Italia, la Francia ancora, la Fiandra, la Gran Brettagna, l’Impero, la città di Ginevra, le reali case di Brandeburgo e di Sassonia, ebber da esso le loro Storie, e nondimeno non crederono di esser molto onorate da un tale scrittore, il quale volendo scriver moltissimo, dovea necessariamente scrivere con gran fretta; e volendo piacere a quelli a onor de’ quali scriveva , poco [p. 583 modifica]TERZO 583 curavasi (di dire il vero, ma -sol di dire ciò che potesse renderlo ad essi caro e gradito. Quindi in vano si cerca nelle Storie del Leti la sincerità e l’esattezza; e oltre ciò lo stile ne è sì prolisso e diffuso, che non vi ha più efficace rimedio a conciliare il sonno. La mordacità e la satira singolarmente contro la corte di Roma e contro la Religione cattolica è il solo pregio che ne rende care ad alcuni le opere, le quali senza questo bell1 ornamento rimarrebbero affatto dimenticate. Vuoisi eli1 ei medesimo si vantasse di scrivere ciò che gli parea più opportuno a ricreare i lettori, e che avesse l’impudenza di dire alla Delfina di Francia , la quale chiedevagli se vero fosse tutto ciò che egli avea scritto nella Vita di Sisto V , che una cosa ben immaginaria era migliore e {)iù piacevole che la verità. Egli era nato in Milano di famiglia per origine bolognese nel i(J3o; * e nel 1657, avendo fatta in Genova conoscenza con un Calvinista, si lasciò da esso sedurre, e passato a Losanna, e presavi in sua moglie la figlia di un medico calvinista , passò nel 1 (>Go a Ginevra , e vi soggiornò per vent* anni. Navigò poscia in Inghilterra , ove dal re Carlo II fu dapprima onorevolmente accolto e splendidamente premiato. Ma il Teatro Britannico da lui pubblicato, avendo irritato lo sdegno di quel monarca, elfte rapinando di uscir dall1 isol.i, e ritiratosi in Amsterdam, vi visse fino al 1701, nel quale anno a’ 9 di giugno un colpo d* apoplesia il tolse di vita. XV. Assai più spazioso è il campo che ci xv. si offre, se prendiamo a ricercare pnrlilamente |rSlr<ao [p. 584 modifica]584 LIBRO tic ni.«ri ilclln gli scrittori delta Storia di ciascheduna delle fi.’m" 1 u" città italiane. Ma debbo io affaticare chi legge aggirandolo dall’una all’altra, e additandogli gli storici di ognuna? Noi ne abbiam già molti cataloghi, e i più copiosi tra essi sono quello dell’ Haim (t. 1, p. 48&, ec.), quanto a quelli che scrissero in lingua italiana, della recente edizion di Milano, e quello più generale di M. Drouet nella nuova edizione del Metodo per la Storia di M. Lenglet (t. 11, p. 439, ec.), e i più recenti del Coleti e del balì Farsetti. Poco utile e molta noia recherei io dunque con un distinto novero di tutti questi storici; e molto più che molti di essi e per le favole di cui hanno ripiene le loro opere, e per l’infelice stile con cui sono scritte, appena hanno alcun merito per essere ricordati ne’ fasti della letteratura. Basterà quindi il nominare alcuni de’ più illustri, e il dare solo una generale idea del gran numero degli scrittori di tale argomento, che ebbe in questo secol l’Italia. Lo Stato ecclesiastico ne fu forse il più copioso fra le altre provincie. Non parlo degli scrittori della Storia di Roma , perchè essendo essa connessa colla Storia de’ Papi, noi ne abbiamo altrove detto quel poco che era a dirsene. Ma delle altre città, comprese ancor le castella , appena alcuna ve n’ebbe che non avesse il suo storico. Tivoli, Terracinay Sezze, Terni, Rieti, Todi, Nocera nell’Umbria , Ascoli, Foligno, Camerino, Recanati, Cingoli, Fermo, Ancona, Urbino, Cesena, Osimo, Ravenna, Forlimpopoli, Forlì, Faenza e anche Monte Alboddo, Verucchio, Spello, e Carbognano, e Cesi, ed [p. 585 modifica]TERZO 585 altri luoghi ancora parvero gareggiare tra loro nelP avere le proprie loro Storie , e alcune anche ne ebher più d’una. Fra esse però sono singolarmente pregiate il Racconto istorico della fondazione di Rimino, c delC origine e vite de Malatcsti di Cesare Clementini; P Istoria Tiburtina di Francesco Marzio, la Storia di Spole li di Bernardino Campelli, quella di Perugia di Pompeo Pellini, quella di Faenza di Giulio Cesare Tonducci illustrata da Pier Maria Cavina, di cui pure abbiamo un1 all r’opera assai erudita intitolata Faventia rediviva. Molti storici ebbe Bologna , e per lasciare in disparte le molte operette di Gianniccolò Pasquali Alidosi , che sono anzi cataloghi e indici, che vere Storie , io nominerò solo la Storia di Gaspero Bombaci nobile bolognese, che contiene parecchie notizie che invano si cercano presso altri scrittori. Di questo storico e di più altre opere da lui composte, molte delle quali sono parimente dirette a rischiarare la storia della sua patria , ragiona esattamente il conte Mazzucchelli (Scritt. ital. t. 2, par. 3, p. i5o4) («)• la) Tra gli storici bolognesi deve anche nominarsi con lode monsignor. Giambattista Agocchi bolognese, il quale , dopo diverse onorevoli commissioni avute da’ romani pontefici , nel 1624 mandato nuncio apostolico a V enezia, e fatto arcivescovo di Amasia , in quella carica finì di vivere I anno 1633 ulta Molla nel Friuli, ov’egli erasi ritirato per sottrarsi alla peste. Egli; è degno d’elogio singolarmente , perchè in un tempo in cui quasi tutti gli storici andavano follemente perduti dietro gli scrittori di Annio da Viterbo, egli ardì di mostrarne l’impostura nella sua lettera sull antica fondazione e dominio della Città di Bologna, stampata [p. 586 modifica]XVI. Ori rr;-l di 58G LIBRO Ferrara, divenuta essa pure città dello Stato ecclesiastico, niuna ebbe più nè un Giraldi, nè 1111 Pigna. Pregevole è nondimeno , per le notizie che ci somministra, il Compendio isterico delle Chiese di Ferrara di.Marcantonio Guarini j nè sono inutili le Memorie degli Eroi di Casa d Este del conte Francesco Derni , del quale autore e di molle altre opere da lui pubblicate ragiona il suddetto conte Mazzucclielli (l. rii par. 2 , p. 1194 , ec.); e la Cronologia e f Istoria de Savi di Ferrara di Alfonso Maresti, autore però mollo sospetto, ove si tratta di notizie genealogiche. XVI. Anche i regni di # Napoli e di Sicilia ebber non iscarsa copia di storici. Ma pochi ve ne ha che possan proporsi a modello degno d1 imitazione. Già abbiamo accennale le opere di questo argomento pubblicate da Giulio Cesare Capaccio. Le due Storie di Napoli di Giannantonio Summonte e di Francesco Capecelatro furou accolte con plauso, e la prima ebbe P onore di molle edizioni. L’eleganza dello stile latino rendette pregevole quella che ne pubblicò il Padre Giannetasio da noi nominato al in quella città, e poi tradotta in latino, e inserita nella Col le zi 011 del Burmanno (Thesaur. Antiq. t. 7). Ei fu ancora coltivatore dell’astronomia e della fisica, come ci mostrano alcune sue opere inedite sulle Comete e sulle Meteore, e come ancora meglio raccogliesi da alcune Lettere da lui scritte al Galilei , pubblicate dal dottor Giovanni Targioni Tozzetti / Aggrandita. t.2 par. 1, p. 87"). Del Bombace e dell’A goccili si posson vedere più distinte notizie negli Scrittori bolognesi del co. i’aiilu/.zi. [p. 587 modifica]TERZO 587 principio ili questo capo. Il P. don Antonio Caraccioli Teatino da noi nominato poc* anzi, oltre, la pubblicazione delle antiche Cronache già accennate, raccolse ancora con molta erudizione i Monumenti sacri della chiesa di Napoli , e ne formò un’ampia opera in latino , che però non fu pubblicata che nel i6.\i> dopo la morte dell’autore (a). Riguardo alle allre città del regno, le Antichità di Capocci di Cammillo Pellegrino da noi già mentovato con qualche (a) A questo argomento appartiene ancora la Napoli sacra di Cesare Eugenio, dal cognome della madre detto anche Caracciolo, stampata in Napoli nel 1623 , e in cui tratta dell’origine delle chiese, degli spedali , ec. di quella città. Carlo de Lellis vi aggiunse la parte seconda, stampata ivi nel 1654 di lui parla il più volte lodato Soria Degli Stor. napol. par. 1, p 225). Presso lui si potranno vedere più diffuse notizie intorno a tutti gli storici che illustrarono le vicende del medesimo regno. E belle singolarmente son quelle ch’egli ci ha date intorno al Summonte (t.2, p■ 570). Il p°* ver uomo, appena pubblicati i «lue primi tomi della sua Storia nel 1601, si vide arrestato e chiuso in prigione , o perchè i magistrati vi avesser trovato di che 1 aulirlo, o perchè le private passioni si coprissero coll’autorità de’ magistrati. Tutte le copie del primo tomo furon date alle fiamme, benchè pur dicasi che alcune ne fosser sottratte; ed ei dovette, stando in prigione, rifarlo a talento de’ revisori; e fu costretto a diffondere il secondo con frapporre qua e là diverse cartucce. Allora ei riebbe la libertà; ma morì poco appresso a’ 29 di marzo del 1602. Ei lasciò due altri tomi della sua Storia, che furono poscia stampati non senza molte contraddizioni nel ib4° e » * »4he fu poscia fatta una nuova edizione nel 16? 7. benché quest oppra superi per molti riguardi le altre che 1 uveano preceduta , egli ancora però vi ha inserite favole e novelle in buon numero. [p. 588 modifica]588 li imo altra dissertatione dello stesso dotto scrittore , le Memorie di /iise glia e la Cronologia de’ Vescovi di Siponto di Pompeo Sarnelli vescovo della prima città, e ancor più noto per le sue Lettere ecclesiastiche, son le migliori che si possano rammentare, benchè moltissime sieno le Storie delle altre particolari città di quel regno. Più felice, a mio credere, nella sceltezza e nel valor de’ suoi storici fu in questo secolo la Sicilia. Rocco Pirro natio di Neto, che, dopo essere stato onorato con diversi cospicui impieghi ecclesiastici, morì in Palermo nel 16)51 in età di seltantaqualtro anni , gran luce sparse sulla Storia ecclesiastica di quell’isola colla sua Sicilia sacra, in cui pubblicò tanti pregevoli monumenti raccolti dalle chiese tutte del regno, e da lui eruditamente illustrati (V. Mongit. Bibl. sicula, t. 2 , p. 201). E circa il tempo medesimo il P. Ottavio Gaetano siracusano gesuita, che alla nobiltà congiunse lo splendore delle più rare virtù, andava raccogliendo dagli archivii e da’ codici antichi le più sicure memorie per gli Atti de’ Santi di quest’isola. Egli però non ebbe tempo di pubblicarli, ed essi non vennero a luce che nel 1657 in due tomi in foglio, cioè trentasette anni dappoichè egli era morto; e.assai più tardi ancora, cioè nel 1707, ne fu dato al pubblico un’erudita introduzione, da lui intitolata Isagoge , alla Storia ecclesiastica dell’isola stessa. Di questo autore e di altre opere da lui composte più distinte notizie somministrerà a chi le brami il suddetto Mongitore (ib. p. 110, ec.). Riguardo alla Storia profana dell’isola, abbiamo [p. 589 modifica]TERZO 58() quella di Giuseppe Buonfigli Costanzo, divisa in tre parti, che da’ tempi più antichi scende fino alla morte di Filippo II. e che fu.stampata nel 1613 in Messina, patria dell1 autore , che di essa ancora ci diede la descrizione in otto libri (ib. t. 1, p. 375; Mazzucch. Scritt. itili t. 2, par. 4, p•). Sono anche in pregio tra gli eruditi gli Annali di Palermo di Agostino Inveges sacerdote siciliano, morto nel 1677, e autore di più altre opere quasi tutte dirette a illustrar la Storia della Sicilia , molte delle quali però sono inedite (Mongit. l. cit. p. 87). Il Discorso deli origine ed antichità di Palermo , e de’ primi abitatori della Sicilia e deli Italia di don Mariano Valguarnera nobilissimo palermitano, stampato in Palermo nel 1614 , è uno de’ più eruditi libri che su questo argomento in quel secolo si pubblicassero. E fu veramente il Valguarnera uomo e nelle scienze e nelle lingue dottissimo, e avuto perciò in altissima stima così dalla corte di Spagna , ove fu per alcuni anni, come dal pontefice Urbano VIII, e da’ più eruditi uomini di quell’età (ib. t. 2 , p. 44 j ec*)• Anche le Memorie istoriche di Catania di don Pietro Carrera, L’antica Siracusa illustrata di don Giacomo Buonanni duca di Montalbano , le Notizie istoriche di Messina di Placido Reina, e altre particolari Storie delle città di quell’isola, per gli antichi monumenti che in esse s1 illustrano, possono aver luogo tra le opere utili alla storia. E forse non vi ebbe regno e provincia in cui tanto s1 impegnassero i dotti in ricercare e in illustrare le loro antichità e le loro Storie quanto in quell’isola. [p. 590 modifica]

XVII. Driu To uaiu. 5yo LIBRO \VII. La Toscana, sede in questo secolo e centro della grave non meno che della piacevole letteratura, pare che della storia sola non fosse molto sollecitaj e forse ciò avvenne, perchè tanto si erano in ciò adoperati gli scrittori del secolo precedente, che poco avean lasciato a’ lor posteri in che occuparsi. Abbiam nondimeno le Serie degli antichi Duchi e Marchesi di Toscana di Cosimo della Rena, uomo nelle antichità e nelle etrusche singolarmente assai dotto, di cui si posson veder notizie ne’ Fasti dell’Accademia fiorentina (p. 624); della quale fu console nel 1673*, e la Firenze illustrata di Ferdinando Leopoldo del Migliore, di cui però vuolsi da alcuni che il vero autore fosse Pietro Antonio dell’Ancisa, che molto si adoperò nel raccogliere dagli archivii scritture e documenti per la Storia delle Famiglie fiorentine (V. Mazzucch. Scritt ital. t. 1, par. 2 , p. 682). Nel che pure affaticossi molto Bernardo Benvenuti natio di Empoli, maestro de’ principi figli del gran duca Cosimo II, priore di S. Felicita nella sua patria, e morto l1 ultimo giorno del 1699 in età di sessantasei anni. Avendo egli fatte grandi ricerche negli archivii di Firenze, compilò l’opera intitolata il Priori sta, divisa in più tomi, in cui delle più illustri famiglie di quella città dà minute ed. esatte notizie. Ma essa non ha mai veduta la luce (ivi, t.. 2 , par. 2, p. 885 , ec.). Il Discorso cronologico deli origine di Livorno del P. Niccolò Magri agostiniano, le Pompe sanesi del P. Isidoro Ugurgieri domenicano, le Memorie di Pisa di Paolo Tronci, le Storie di [p. 591 modifica]TF.RZO 5yi Pistoia di Michelangelo Salvi, son le migliori ira le opere che appartengono alla storia delle altre citta della Toscana; benché ninna di esse sia tale, che non abbisogni di correzione e ili giunte in buon numero. XVIII. Più l’elice nel numero e nel valor de’ suoi storici fu la Repubblica di Venezia; e il <h costume di commettere un tal lavoro per pubblica autorità a chi si credesse a ciò più opportuno, giovò non poco a mantenere e ad avviar questo studio fra’ Veneziani. Dopo il Paruta, di cui abbiam detto nella storia del secolo precedente, fu trascelto all’incarico di scriver la Storia veneta Andrea Morosini, uomo, dice il ch. Foscarini (Letterat venez.p. 2.^7), di lunga esperienza nel governo , e consumato negli studi della più colta erudizione. Egli volle scriverla in lingua latina, e prese perciò a continuare quella del Bembo, e colla fatica di oltre a veni’ anni la condusse dal 1521 fino al i(>i5. Non potè però darle l’ultima mano; ed essendo venuto a morte nel 1618, fu dato l’incarico a Lorenzo Pignoria di porla in istato di uscire alla pubblica luce; ma egli ancora si duole di non aver potuto prestarle quelf opera di cui avrebbe abbisognato. Qual ella uscì nondimeno nel 1623, fu ricevuta con grande applauso, e la sincerità, l’eloquenza e l’eleganza con cui è scritta, la fecero annoverare tra le migliori che questo secol vedesse. Tre altri furon poi destinati al medesimo impiego, Niccolò Contarini, eletto indi doge nel 1630, e morto l’anno seguente , Paolo Morosini fratello dell’Andrea, e Jacopo Marcello. Ma la Storia Tìuaboschi, Voi. aV. 4 [p. 592 modifica]5tja libro «lei primo si giace tuttora inedita , il secondo invece di proseguire l’altrui lavoro, volle scrivere una Storia generale della Città dalla fondazione di essa fino al 1487? in cui si desidera una maggior esattezza nell’indicare i fonti e le pruove delle sue asserzioni, ed il terzo gittò al fuoco ciò che avea scritto (ivi, p. 259, 277, ec.). Succedette ad essi Giambattista Nani chiarissimo senator veneziano, impiegato dalla Repubblica nelle più onorevoli ambasciate, e morto in età di sessantatrè anni nel 1678. La Storia della Repubblica da lui scritta in lingua italiana, e divisa in due parti, che abbraccia lo spazio corso tra’ ’l 1613 e ’l 1671 si ha in concetto di opera per la veracità de’ racconti e per la sodezza delle politiche riflessioni pregevolissima, e a cui manchi solo uno stile alquanto più semplice e più elegante. E del plauso con cui fu accolta, son pruova le traduzioni fattene nelle lingue francese ed inglese. Innanzi alla nuova edizione fattane in Venezia nella Raccolta degli Storici veneziani, si è premessa la Vita di questo celebre storico , scritta dal P. don Pier Caterino Zeno somasco. L’ultimo che in questo secolo si accingesse per pubblica autorità alla stessa fatica, fu Michel Foscarini, la cui Storia, stampata nel 1696, non quella del Nani, e che c tro Garzoni, stampata sul principio di questo secolo , di cui non è di questo luogo il parlare. Io lascio in disparte altre men celebri Storie della stessa Repubblica, di Giambattista Contarini, di Francesco Verdizzotti, di ebbe plauso uguale a [p. 593 modifica]TERZO fnp Giacomo Carusio, di Giambattista Veri scrittor latino elegante, di Alessandro Maria Vianoli, e quelle delle guerre da’ Veneziani avute co’ Turchi di Andrea Valiero, di Girolamo Brusoni , e di Alessandro Locatelli, e i libri scritti all’occasione del famoso Squittinio della libertà veneta, e diverse opere sul dominio del Mare Adriatico, perchè non vi ha cosa che meriti grandi elogi. YIX Alcune fra le città suddite alla Repub- -*1*’. ... ,... *. Dullo olia bhea veneta ebbero storici, se non molto eie- suio ganti, almen diligenti abbastanza, riguardo al*,n*1"secolo in cui viveano. Le opere già da noi mentovate sulle Antichità di Padova dell’Orsato , del Tommasini, del Salomoni, del Pignoria, illustrarono molto la storia di quella città; il che pure studiossi di fare, come meglio potè, Angelo Portenari religioso agostiniano ne’ suoi nove libri Della felicità di Padova, stampati nel 1623. La Storia di Vicenza di Jacopo Marzari, e la Storia ecclesiastica della stessa città di F. Francesco Barbarano de’ Mironi cappuccino, posson giovare a dar qualche lume finchè non se ne abbia una migliore (a). Quella di Verona scritta dal conte Lodovico Aloscardo è lodata dal marchese Maffei (Ver. illustr. par. a, p. 471) » ei si rendette (a) Migliori di queste è l’opera di Silvestro Castellini, che circa il 1620 scrisse gli Annali della sua pa* tria, e li corredò di diplomi e di altri autentici monumenti. Quest’opera non ha veduta la luce che pochi anni addietro. Del Marzari e del Barbarano veggansi gli Scrittori vicentini del P. Angiolgabriello da Sauta Maria (t. 5, p. 215; t. 6, p. t35). [p. 594 modifica]5^4 libro ancora utile alla patria per l’insigne museo da lui raccolto, e da noi altrove citato. Già abbiam parlato delle Memorie bresciane di Ottavio Rossi, di cui anche abbiamo gli Elogi sto• rici de lire sciani illustri, e si può ad essi aggiugnere il Ristretto della Storia Bresciana di Leonardo Cozzando. L’Istoria quadripartita di Bergamo di f Celestino cappuccino, e l’Efemeride sacro-profana del P. Donato Calvi agostiniano mostrano il desiderio clic ebbero questi scrittori di illustrare la loro patria, e al primo deesi anche lode maggiore pel pubblicar ch’ei fece parecchie carte de’ bassi tempi. Due buoni storici ebbe Trivigi in Bartolommeo Burchellati e in Giovanni Bonifacio. Per le notizie della vita di questi due storici io rimanderò i lettori a’ diligenti articoli che ce ne ha dati il co. Mazzucchelli (Scritt. ital. t. 2, par. 4, p. 2426, ec.,* par. 3, p. 1652, ec.), il quale ancora annovera minutamente tutte le molte opere da essi composte, poichè questi due scrittori parevano gareggiare tra loro a chi fosse più fecondo ne’ parti del loro ingegno. Il Burchellati scrisse in latino, e avendo radunata gran copia di monumenti e di notizie concernenti la storia della patria, li pubblicò nel 1616 col titolo Commentariorum Memorabilium multiplicis Historiae tarvisinae locuples Promptuarium, titolo che corrisponde appunto all’opera che si può considerare come*un magazzino pieno di merci, non tutte però di ugual valore, e a sceglier le quali fa d’uopo di fino discernimento. Il Bonifacio, che era natio di Rovigo, e che visse fino al 1635, scrisse in italiano una seguita [p. 595 modifica]TF.RZO 5() 5 cd esalta Storia di Trevigi, e fin dal i5qi la diè in luce. Quindi rifacendosi sul suo lavoro, l’ampliò, la corresse e la continuò fino al valendosi anche dell’opera pubblicata frattanto dal Burchellati. Ma questa Storia così migliorata fu da lui lasciata inedita, e non venne a luce che nel 17et^ ^ degna di aver luogo tra le migliori Storie delle città italiane. L’antica Storia del Friuli, scritta in latino da Arrigo Palladio, è più degna di lode per l’eleganza dello stile che per l’esattezza delle ricerche, ed essa fu poi coni innata in italiano da Giovanni Palladio di lui nipote. Non ugualmente pregiate son quelle di Feltre di Girolamo Bertondelli, di Belluno di Giorgio Piloni (*), e V Udine illustrata di Giangiuseppe Capodagli. Io aggiugnerò qui per ultimo, benché questa città sia di dominio Austriaco, la Storia di Trieste del P. Ireneo dalla Croce carmelitano scalzo, stampata in Venezia nel 1698, che per le antichità in essa pubblicate fu onorata di molti encomii, c leggesi tuttora con frutto. XX. Molte ancora sono le opere colle quali fu in questo secolo illustrata la città di Milano. Ia,w’“r1"’ 1 giù del 1*11licelli* O La città di Feltre ebbe un altro storico nel Padre Benedetto Bovio domenicano natio di nobil famiglia nella stessa città, che nel 1682 pubblicò in Trevigi un’opera intitolata: La Città di Feltre compendiosamente descritta quanto alla sua antichità, ec. Di lui e delle molte altre opere da lui pubblicate, e di tre altri uomini illustri della famiglia medesima, si può vedere un’erudita Dissertazione del sig. conte Giovanni Trieste canonico della cattedral! di Trevigi (Nuova Racc. d’Opusc. t. 17, p, i5, cc.). [p. 596 modifica]DCp LIBRO Io però non farò che accennare quelle di D. Placido Puccinelli monaco Casinese, di Girolamo Borsieri, di Carlo Torre, per tacer d’altri anche men buoni scrittori. Le Storie latine di Giuseppe Ripamonti canonico della Scala furono applaudite finchè lo stil gonfio e ampolloso ebbe plauso. Ma al risorgere del buon gusto se ne sminuì di molto il pregio, e a’ lumi della critica innoltre vi si scoprirono molti errori. Bella ed erudita è la dissertazione De Metropoli Mediolanensi del P. Eustachio da S. Ubaldo agostiniano scalzo, perle diligenti ricerche che vi s’incontrano sull’ecclesiastiche antichità. Giannantonio Castiglione sacerdote milanese, morto in occasion della peste del 1630, fu attento ricercatore degli antichi monumenti ecclesiastici della sua patria, e altre più altre opere sì stampate che inedite, le quali si annoverano dall’Argelati Bibl. Script, mediol. t. 1, pars 2, p. 370, ec.), molte egli ne pubblicò nella sua opera stampata in Milano nel 1625, e intitolata Mediolanenses Antiquitates, libro che rappresenta l’immagine e dà la descrizione di molti di cotai monumenti da lui veduti in diverse chiese di Milano, e in quella singolarmente di S. Vincenzo, all’occasion dei quali egli dottamente ragiona su molti punti d’ecclesiastica erudizione. A niuno però tanto debbon le storie e le antichità milanesi, quanto a Giampietro Puricelli, uomo veramente dottissimo, e dotato di una critica a que’ tempi maravigliosa. Nato in Gallarate nella diocesi di Milano a’ 23 di novembre del 1589), prima alle scuole de’ Gesuiti nella detta città, poscia in quel [p. 597 modifica]TERZO ’ 597 seminario, coltivò non solo gli studi propri dell’età giovanile, ma anche i più gravi, applicandosi fra le altre cose allo studio delle lingue greca ed ebraica, e dando segni di vivo ingegno e di una instancabile avidità di apprendere cose nuove. Un uomo tale non poteva fuggire agli sguardi del gran cardinale Federigo Borromeo. Ei gli fu infatti carissimo, e venne da lui adoperato ne’ più onorevoli impieghi (che affidar si possano ad un ecclesiastico, e dopo altre dignità, fu sollevato a quella di arciprete nella basilica di S. Lorenzo nel 1(129. L’anno seguente, mentre in Milano infieriva la peste, consecrossi con sommo zelo al servigio degl" infermi , e fu il solo tra’ canonici di quella chiesa che ne campasse. E io mi ricordo di aver letto tra’ codici della biblioteca Ambrosiana il lagrimevol Diario da lui scritto di giorno in giorno delle stragi che la peste menava nel suo Capitolo. In mezzo alle fatiche del sacro suo mistero ei trovò tempo di occuparsi in dotte ricerche, quanto potesse fare l’uomo più libero ed ozioso. Ei diessi principalmente a ricercare gli antichi diplomi e le carte che si stavano dimenticate ne’ polverosi archivii, e fu un de’ primi a far saggio uso dei lumi che la diplomatica ci somministra. L’archivio singolarmente dell’imperial basilica di S. Ambrogio fu da lui esaminato diligentemente, e raccoltene moltissime carte, se ne valse a scrivere la sua opera intitolata Ambrosianae# Basilicae Monumenta, una delle più dotte e delle più critiche che in questo secolo si vedessero, in cui la storia ecclesiastica generale, e quella in particolare della [p. 598 modifica]5c)8 tlBTlO Chiesa di Milano vengon mirabilmente illustrate. Le Dissertazioni su’ SS. martiri Gervaso e Protaso, Nazzario e Celso, Arialdo ed Erembaldo, e quella su’ sepolcri de’ SS. Ambrogio, Satiro e Marcellina loro sorella, e la Vita dell’arcivescovo Lorenzo primo di questo nome, son piene anch’esse di scelta erudizione, benchè non sieno esenti da qualche errore. Ma le opere stampate del Puricelli sono la menoma parte di quelle che da lui furon composte. Si vegga il lungo e minuto catalogo datocene dall’Argelati (ib. t 2, pars 1, p. 1135), e si faranno le maraviglie coni’ ci potesse scrivere su tanti e sì diversi argomenti, principalmente di storie ecclesiastiche. Io ho avuta la sorte più anni addietro, per singolar gentilezza del ch. signor dottore Baldassarre Oltrocchi prefetto della biblioteca Ambrosiana, di vederne e di leggerne un gran numero, e confesso ch’io non finiva allora di ammirare e l’instancabile pazienza del Puricelli nel raccogliere sì gran copia di monumenti, e l’erudizione vastissima nel farne uso. Ei si era applicato principalmente a radunare gli antichi monumenti degli Umiliati, dei quali anzi si dice comunemente, e affermalo ancor l’Argelati, ch’egli scrivesse la Storia. Ma, a dir vero, ei non la scrisse. Egli adunò bensì una rara copia di pergamene, e ne fece copia’ 7 c non solo dagli archivii milanesi, ma li trasse ancora da molte altre città d’Italia per mezzo di eruditi amici, e raccolse quante potè trovare notizie su questo argomento, le quali veggonsi sparse in diversi codici dell’Ambrosiana. Scrisse ancor qualche cosa sugli uomini [p. 599 modifica]TER 7,0 5()C) di quell’Ordino celebri per santità, c suil1 estinzioni del medesimo. Ma o non ebbe agio a compir l’opera meditata, o gli parve di non avere ancora raccolta bastevol copia di monumenti. Delle fatiche di questo grand’uomo io mi son poscia giovato nel comporre la mia opera sullo stesso argomento; e benchè le moltissime carte da lui non vedute, e da me fortunatamente scoperte, mi abbian recato gran lume, io però forse non l’avrei potuta condurre a fine, se il Puricelli non mi avesse aperta e segnata la via. Egli finì di vivere nel 1659) in età di settantanni; c il nome ne rimarrà immortale e glorioso presso i saggi estimatori della vera erudizione. XXI. Qualche storico ci additano ancora le;xlx!1’ nì altre città che or compongono lo Stato di Mi- «ai* lano. Alcune opere di Giuseppe Bresciani, le m iltino «i ili quali però son cataloghi anzi che storie, e clic u’ "’"v"‘ si annoverano dal conte Mazzucchelli (Scritt. it. t 2, par. 4 , p. 2075, ec.), dan qualche lume per la storia di Cremona, la qual città meriterebbe per altro di avere una migliore storia. Pavia che alcune Storie avea avute nel secolo precedente, ninna ne ebbe in questo. Ad essa però è utile l’opera del P. Romoaldo da Santa Maria agostiniano scalzo intitolata Flavia Papia sacra, per le notizie, benchè non tutte sicure nè sempre esatte , che vi si trovano sparse entro. Miglior sorte ebbe Como, perciocchè, oltre il Compendio delle Cronache di quella città di Francesco Ballerini, che non è cosa di molto pregio, abbiamo gli Annali sacri di essa, scritti dal P. D. Primo Luigi Tatti cherico [p. 600 modifica]6oO LIBRO regolare Somasco, die le prime due decadi ne stampò nel iG"5 e nel 1683, e ne fu poi pubblicata la terza deca con alcune giunte in due tomi dal Padre D. Giuseppe Maria Stampa dell1 Ordine stesso nel 1734 e nel seguente; ed è opera che, benchè forse più del dovere diffuso , pe’ documenti però, che vi si contengono, è assai utile alla storia. Anche la città di Lodi, oltre la Storia scrittane da Giambattista Villanova, ha i Discorsi istorici di Difendente Lodi, in cui si trovano su varii punti della storia de’ bassi secoli assai erudite ricerche. Io non parlo delle Storie di alcune particolari castella, o borghi, come di Treviglio, di Meda, di Campione, di Castellone, perchè esse non possono sollecitar molto la curiosità degli eruditi. Alle Storie dello Stato di Milano voglionsi aggiugnere quelle di Mantova, che tre storici di qualche nome ebbe in questo secol medesimo. Il primo è il P. Ippolito Donesmondi Minor osservante, che ce ne diede la Storia ecclesiastica; il secondo è Antonio Possevino il giovane, nipote del celebre Gesuita, che in latino scrisse la Storia de’ Gonzaghi signori di quella città, e innoltre quella della Guerra del Monferrato dal 1612 al 1618; il terzo è Scipione Agnelli Maffei vescovo di Casale, che una voluminosa Storia di quella città pubblicò nel 167.5. Ma niuna di queste Storie è tale che corrisponda al merito di quella città, e soddisfaccia alle brame de’ dotti. XXII. Più scarse furono di storici le altre provincie d’Italia. Modena ebbe dal suo Lodovico Vedriani due tomi di Storia, e parecchi [p. 601 modifica]TERZO f»01 altri volumi di Vite de’ suoi Vescovi, de’ suoi Cardinali, de’ suoi Santi, de’ suoi Artisti, de’ suoi Dottori -, ed essa gli debb’esser grata del buon desiderio ch’egli ebbe d’illustrar la sua patria, e delle molte fatiche che perciò sostenne. Ma dee ancora bramare che venga un giorno chi con ordine migliore e con maggiore esattezza ne scriva la storia. Il Compendio storico di Reggio di Fulvio Azzari è troppo picciola cosa per esser qui rammentata, e la Storia diffusa eli1 egli ne scrisse, si giace inedita, e ne ha copia l’Estense (a). Qualche opera di Ranuccio Pico intorno alla storia di Parma non ha pregio molto maggiore. Assai più dotto scrittore ebbe Piacenza , che nella Storia ecclesiastica di essa , scritta dal canonico Pier Maria Campi, e stampata in tre tomi nel 1659 e negli anni seguenti, ci mostra un’opera piena di autentici e finallora inediti monumenti, e in cui solo sarebbe talvolta a bramare che l’autore di più rigorosa critica avesse usato nel discernere i veri da’ falsi, e nel dedurne le conseguenze. Genova, paga di aver avuto nel secolo precedente un Foglietta e un Bonfadio, parve che si sdegnasse di avere altri storici (b). Non così (n) 11 Compendio della Storia di Reggio non fc opcrn dello stesso Fulvio Azzari, di cui è l’ampia Storia in*., come qui sembra indicarsi, ma di Ottavio di lui fratello (Bibl. niodtn. t. 1, p. 113). (b) Un’altro storico ebbe (Genova, il quale però, più che per opere storiche, debb’esser rammentato per un nuovo genere di componimento che ideò egli il primo, e che poscia è stato da tanti altri eseguito e perfezionato. Parlo di Giampaolo Marana nobile genovese, il [p. 602 modifica]Goa unno il Piemonte, che molti ne ebbe; c lasciando in disparte la grand’opera del Guiclienon, clic non appartiene all’Italia, due indefessi ricercatori delle notizie storiche del Piemonte diede in questo secolo la nobilissima famiglia 1 IellaChiesa di Saluzzo, Lodovico senatore e consigliere del duca Carlo Emanuele I, e Francesco Agostino di lui nipote vescovo di Saluzzo (a). Del primo abbiamo la Storia del Piemonte, quella dell’origine della reai Casa di Savoia , e quella della sua patria Saluzzo, scritte in italiano; c in latino le Vite de’ Marchesi di quale essendosi lasciato avvolgere nella trama ordita , ma inutilmente , l’anno 1672 da Rafaello della Torre per far cadere Savona nelle mani del duca di Savoia, e costretto perciò a fuggire, ritirossi a Monaco, e indi a Lione, ove nel 1682 pubblicò la Storia di quella congiura. Passato indi a Parigi, compose ivi nel 1684 l’altra opera, per cui è meritevole di maggior nome, intitolata l’Espion Turc, in sei volumi, in cui finge che una spia mandata perciò dal Sultano in Francia, faccia la relazione di ciò che vi è accaduto dopo il 1637, libro che per la novità dell’idea, e per l’arte del racconto, fu assai applaudito, almeno ne’ primi tre volumi, e fu perciò imitato poscia da molti. Egli pubblicò ancora nel 1690 un Compendio de’ più memorabili avvenimenti del regno di Luigi XIV. Dicesi ch’egli tornato poscia in Italia, e rinchiusosi in una solitudine vi morisse l’anno iGq3 (Dici. de Ho inni. ili. ed. de Caen, 1779, t. 4, p. 346).‘ (<i) Di Lodovico e di Francesco Agostino Della Chiesa e delle opere loro , e di più altri di questa nobil famiglia, si troveranno più distinte notizie nell’Elogio ad essi tessuto dal sig. collaterale Gaetano Giacinto Loya (Piemontesi ill. t. 4> p• 19» cc-)j ove anche molti altri lumi s1 incontrano alla storia letteraria del Piemonte opportuni. [p. 603 modifica]TERZO Go3 Saluzzo, e alcune osservazioni storiche, oltre altre opere che non sono di questo luogo. Del secondo abbiamo la Serie de’ Cardinali, de’ Vescovi, degli Abati del Piemonte, la Corona reale di Savoia, il Catalogo degli Scrittori Piemontesi e Savoiardi, oltre moltissime altre opere in gran parte inedite, delle quali si può vedere il catalogo presso il Rossotti (Syllab. Script Pedem. p. 199). Anche il co. Emanuel Tesauro, da noi nominato poc’anzi, ci diè le Storie del Piemonte e della città di Torino. Ma tutte queste opere sanno troppo il gusto del secolo de’ loro autori, e oltre i difetti dello stile, manca loro quell’esattezza e quel giusto discernimento , senza il quale le opere storiche, in vece di recar lume alle vicende de’ secoli trapassati , le confondono e oscurano maggiormente. Il che pure vuol dirsi di alcune Storie delle città del Piemonte e degli altri Stati soggetti ora alla real casa di Savoia, come degli Annali d’Alessandria di Girolamo Ghilini, della Storia di Tortona di Niccolò Mon temerlo, di (fucila d’Asti del co. Guid’Antonio Malabaila, dell’opera del P. abate Malabaila cisterciense, intitolata Clypeus Civitatis Astensis, delle opere intorno alla Storia di Vercelli di Carlo Amedeo Bellini, del P. Aurelio Corbellini agostiniano, e del canonico Marco Aurelio Cusano, e delle Storie di alcune altre città di quelle provincie, di cui non giova il far distinta menzione (*). (*) Uno de’ migliori storici che in questo secolo avessero i dominii della real corte di Savoia, fu Pietro Gioffredo. nato in Nizza a’ 16 d’agosto del 1629. Nel 1663 ebbe [p. 604 modifica]6o4 Mimo xxiii. XXIII. Come ne’ secoli precedenti, cosi in «•■illori cii*l“ questo ancora , oltre gli scrittori delle cose d’lìe^ld A’ talia t m°lli ne cljhe, cIlc si occuparono nella storia degli altri regni. Anzi dobbiain confessare che i più illustri storici che produsse in questo secol l’Italia, più che delle vicende della lor patria, furon solleciti di tramandare a’ posteri la memoria delle straniere, forse perchè parve loro che più luminoso argomento di il titolo d’istorico di Savoia, e a’ titoli si aggiunser presto le sovrane beneficenze; perciocchè , oltre l3 essere stato nominato nel 1665 rettore della parrocchia di S. Eusebio in Torino, e oltre alcuni altri beneficii ecclesiastici poscia ottenuti, nel 1673 fu nominato limosiniere, precettore e consigliere del principe del Piemonte, che fu il re Vittorio Amedeo, coll’annuo trattenimento di lire 2250, oltre lire 500 di stipendio e la tavola per lui e per un servidorePanno seguente fu ancor nominato bibliotecario collo stipendio di lire 300. Nel 1677 fu ascritto alla cittadinanza di Torino, e nel 1679 fu fatto cavaliere dell’Ordine de’ SS. Maurizio e Lazzaro. Egli finì di vivere in Nizza agli 11 di dicembre del 1692. Il Rossotti (Syllab. Script. Pedemont. p. 489) ne accenna le opere sì stampate che inedite. Fra le prime la più pregevole è quella che ha per titolo Siene a Civita» sacris monumentis illustrata, stampata in Torino nel 1658, e inserita poi dal Burmanno nella sua raccolta (Thes. Hist. Ital. t. 9, pars 6). Fra le inedite son degne di particolar menzione la Corografia, e Storia delle Alpi marittime, il cui originale conservasi in Torino negli archivii di corte, e la Storia dell’Ordine de’ SS. Maurizio e Lazzaro, il cui originale è parimente in Torino. Tutte queste opere per la esatta critica, per la chiarezza dell1 ordine, per la sobrietà dello stile e per P ampiezza dell’erudizione, son tanto più degne di stima, quanto più rari erano allora tai pregi negli scrittori di storia. I)i queste notizie io sono debitore al ch. sig. baron Giuseppe Vcruazza. [p. 605 modifica]TERZO Go5 storia esse somministrassero. Ciò però non dee intendersi riguardo all’Impero Germanico, i cui avvenimenti ebber tra noi alcuni storici, ma non di molto valore. Se la magnificenza della edizione fosse pruova dell’eccellenza di un’opera , appena vi sarebbe storico che potesse paragonarsi a Giovanni Palazzi veneziano, di cui abbiamo otto gran tomi latini, co’ titoli Aquila inter Lilia, Aquila Saxonica, ec., e un altro italiano intitolato Aquila Romana, stampati in Venezia dal 1671 al 1679, ne’ quali abbraccia la Storia di tutti gl* Impcradorì da Carlo Magno fino ai suoi tempi, stampati con lusso non ordinario. Ma benchè egli fosse dall’imperador Leopoldo onorato di regali, di onori e di carica di suo istoriografo (Cl. Venet. Epist. ad Maliab. t 2, p. 179), essi però si giacciono ora dimenticati, e non v’ha a chi spiaccia di esserne privo. Migliore è la Storia della Guerra dal re Gustavo Adolfo fatta nell’Allemagna, scritta in latino da Pier Battista Borgo genovese (V. Mazzucch. Scritt ital. t 2, par. 3, p. 1761), sul qual argomento abbiamo ancora un’altra Storia parimente in latino di Giuseppe Ricci, e in italiano di Maiolino Bisaccioni e del conte Galeazzo Gualdo, autori già da noi rammentati , e de’ quali abbiam veduto qual conto si debba fare. Anche le Vite dell’imperador Leopoldo, scritte da Giambattista Comazzi e da Carlo Giuseppe Reina, non sono tali che il mentovarle torni a grande onor dell’Italia (a). (a) A questo luogo appartiene parimente una pregevole operetta di mousiguor Carlo Caraffa vescovo di [p. 606 modifica]Go6 LIBRO xxiv’. XXIV. Alcuni degli autori più volte in que>b Jì’i-w *>to capo già mentovati presero anche ad ar£ì:DjtìÌ5“ 6on,enl° *or °rcre *a Storia di Francia, come il Gualdo, il Leti ed altri. Ad essi si può aggiugnere il co. Alessandro Roncoveri piacentino, che ci ha data una Storia del regno di Luigi XIII, e Beniamino Priuli, che in latino descrisse le turbolenze di quel regno dopo la morte del detto monarca, del quale storico si posson vedere esatte notizie presso il ch. Foscarini (Letterat. venez. p. 401) e presso il P. Niceron (Mém. t 39$, p- 298). Sopra tutto però le guerre civili che nel secolo precedente aveano sconvolto quel regno, diedero argomento di storia a molti scrittori italiani. Ci basti accennare quelle del P. Stefano Cosmi somasco e generale della sua religione, di Omero Tortora pesarese, e di Alessandro Campi glia , le quali non mancano de’ loro pregi, ma che cedon molto a quella di Arrigo Caterino Davila, uno de’ più illustri storici che questo secolo abbia prodotti. Il diligentissimo Apostolo Zeno innanzi alla magnifica edizione di questa Storia, fatta in Venezia nel 1733, ha premessa la Vita di questo rinomato scrittore, ripurgandola dalle favole di cui molti, e il Papadopoli singolarmente (Hist Gymn. patav. t 2, p. 126), Aversa, e già uuncio ilei papa all’imperador Fcrdinando 11, intitolata: Commentarla de Germania Sacra restaurata sub Sumniis Punti/ìctbus Gregorio XV et Urbano VUt regnante Ferdinando //, stampala in Colonia nel i63i) iu b.°, in cui w espone lutto ciò che di più memorabile era iu ijuellc proviucie avvenuto dal 1630 sino al 1G29. [p. 607 modifica]TERZO Ol)^ r aveano ingombra. Il P. Niceron ce ne ha poi dato un compendio (Móni, dcs Ho nini. ili. t. p. 226), e un più breve epilogo ne darem qui noi pure. La Pieve del Sacco nel territorio di Padova fu la patria del Davila, che ivi nacque a’ 30 di ottobre del i5~(.ì da Antonio Davila già contestabile del regno di Cipro, che, perduti in quell’isola tutti i suoi beni, quando i Turchi la presero nel 1570 , fu costretto a partirne. Gli furon posti i nomi di Arrigo Caterino in grazia di Arrigo III re di Francia e della reina Caterina de’ Medici, da’ quali era stato il padre beneficato nel soggiorno che per alcuni anni avea fatto in quel regno. Quindi volendo egli porre il figlio sotto la lor protezione, prima di’ ei giuguesse al settimo anno , il condusse in Francia , ove in Villars nella Normandia fu allevato presso il maresciallo Giovanni d’Hemery, marito di una sorella di suo padre. Passò poi a Parigi, e fu per qualche tempo alla corte , forse come paggio del re, o della reina madre. Indi giunto all’età di diciotto anni, entrò nelle truppe, e per lo spazio di circa quattro anni vi diè molte pruove del suo valore , e fu più volte in pericolo della vita. Nel 1599) tornò a Padova, richiamatovi dal padre, che dopo la morte della reina, accaduta nel 1589, avea lasciata la Francia \ ma appena giuntovi, perdette sventuratamente il padre, che gittossi da un’alta finestra , poche ore dopo morì. Entrò allora al servigio della repubblica , e fu da essa impiegato in onorevoli cariche militari. Trovandosi egli in Parma nel i(io6, prese a frequentare l’Accademia degl’Innominati, ove Tommaso Stigliani, uomo Tiuaboscui, Voi. XV. 5 [p. 608 modifica]rio 8 LIBRO gonfio quanf altri mai fosse del suo sapere, che pur non era grandissimo, pretendeva di avere il primato. Una disputa letteraria che tra essi si accese, per poco non fu fatale allo Stigliani, perciocchè il Davila, da lui offeso con parole, sfidollo, e colla spada il passò da parte a parte, riportandone egli solo una ferita in una gamba. La ferita nondimeno non fu mortale , e lo Stigliani ne guarì. Il Zeno annovera i diversi impieghi militari e i diversi governi che affidati furono al Davila in Candia, nel Friuli, nella Dalmazia e altrove, e rammenta l’onorevole guiderdone dei suoi servigi, eli* ebbe dalla Repubblica , non solo colle pensioni che gli furono assegnate, ma con un decreto ancora con cui si ordinò che , quando egli intervenisse al senato, stesse presso il doge, come avean fatto i suoi antenati, quando erano contestabili del regno di Cipro. Così egli visse fino al 1631, quando un impensato accidente il tolse miseramente di vita. Andava egli da Venezia a Crema, per avere il comodo di quella guarigione , e la Repubblica avea ordinato che gli fossero in ogni luogo somministrati i carriaggi al suo viaggio opportuni. Ma giunto a un luogo sul Veronese detto S. Michele, un uom brutale ricusando di dargli ciò che il Davila richiedeva, contro di lui avventossi, e con un colpo di pistola gittollo morto a terra in presenza dalla moglie e de’ figli dell’infelice storico , uno de’ quali poco appresso uccise F uccisore del padre, e in quel tumulto altri ancora furon feriti, e il cappellano del Davila rimase morto. Solo f aiuto innanzi avea egli pubblicata la sua Storia [p. 609 modifica]TERZO Go<) delle Guerre civili di Francia, la qual poscia fu tante e tante volte di nuovo stampata e tradotta in quasi tutte le lingue straniere, fra le quali edizioni le più magnifiche sono quelle della stamperia reale di Parigi nel i (344 c‘ l’accennata veneta deliy33. In fatti, per confessione degli stessi Francesi, essa è una delle migliori Storie che quelle guerre abbiano avuto. Il lungo soggiorno da lui fatto in Francia; le amicizie da lui ivi formate, la cognizione de’ luoghi da lui stesso veduti , e de’ fatti a’ quali si era trovato presente, f avean posto in istato di scrivere comunemente con sicuri ed ottimi fondamenti. Lo stil facile e chiaro , l’ordine e la connessione degli avvenimenti, le riflessioni sull’origine e sulle conseguenze delle rivoluzioni , l’esattezza delle descrizioni e la verità de’ racconti rendono la letteratura di questa Storia non solo utile, ma dilettevole ancora. S’egli ha voluto talvolta penetrar troppo avanti nel cuor de’ principi e d’altri gran personaggi, e indovinarne gli affetti e i pensieri , se ha inserite nella sua Storia orazioni da lui stesso immaginate e composte, se ha errato talvolta nella geografia , o se ha travisati i nomi francesi (nel che però egli ha peccato meno , che non facciano comunemente i Francesi ne’ nomi italiani), se in alcune circostanze de’ fatti ha preso errore , ciò pruova che la Storia del Davila non è in ogni parte perfetta; ma ella non lascia perciò di esser-tale, che poche tra le italiane e tra le francesi ancor di que’ tempi le possano stare al confronto. Cinque lettere latine, ma in uno stile poco felice ,, scritte dal Davila a Luigi [p. 610 modifica]XXV. D«IU guerre di riunii ri: nolixie «lei Cardinal Beni ìvoglio e del P. Strada. GlO TERZO Lollino vescovo di Belluno si leggon tra quelle (di questo vescovo, e una italiana è inserita ne’ Discorsi morali di Flavio Querenghi! p. 347). XXV. Nulla meno delle guerre civili di Francia furon famose in Europa quelle di Fiandra, che diedero occasione ed origine alla nuova Repubblica delle Provincie Unite, e in cui tanti celebri condottieri d’armata dall’una c dulf altra parte segnalarono il loro valore e il lor senno. Esse ancora perciò ebbero molti scrittori in Italia} e alcuni ne abbiamo accennati fin dal secolo precedente. In questo io non farò menzione di quelle di Pompeo Giustiniani, di Gabriello Niccoletti, di Pier Francesco Pieri e di alcuni altri meno illustri scrittori. Due sono quelli che quasi a gara 1 uno dell’altro avendo preso a trattare questo argomento, l’han maneggiato per modo, che le loro Storie, dopo replicate edizioni, sono ancora avidamente cercate , e ancor si leggon con frutto: il cardmal Guido Bentivoglio e il P. Famiano Strada della Compagnia di Gesù. Facciam prima conoscere questi due scrittori , e direm poscia delle Storie da essi composte. Il primo ha parlato abbastanza di se medesimo nelle sue Memorie o Diario, e nelle sue Lettere, perchè ci sia necessario di molta fatica per raccoglierne le notizie. Egli era figlio del marchese Cornelio Bentivoglio e d’Elisabetta Bendedei, ed era nato in Ferrara nel 1579. Fatti in patria i primi studi, passò nell’anno 1 5q3 a Padova per coltivare le scienze} e fece conoscere quanto felice ingegno avesse per ciò sortito. Dopo la morte del duca Alfonso II, seguita nell’anno 1^97, [p. 611 modifica]TERZO 6lI egli ripatrio, e molto colla sua destrezza adoperossi, sì per riconciliare col Cardinal Aldobrandini il marchese Ippolito suo fratello. che si era mostrato favorevole al duca Cesare, sì per conchiuder la pace tra questo sovrano e il pontefice Clemente VIII. Venuto questi a Ferrara, diè al Bentivoglio molti contrassegni di stima, e il nominò suo cameriere segreto, permettendogli però di tornarsene pel compimento de’ suoi studi a Padova , ove poi ebbe la laurea. Passato a Roma, vi strinse amicizia co’ dotti che ivi erano, e de’ quali egli parla nelle sue Memorie, e fu poi adoperato nella nunziatura delle Fiandre dal 1607 fino al 1616, e indi in quella di Francia fino al 1621 , nel qual anno sollevato all1 onor della porpora, fu ancora dal re Luigi XIII nominato protettor della Francia in Roma. Egli ottenne poi di deporre questo onorevole incarico, e nel 1 1 h* fatto vescovo di Terracina. La stima in cui egli era presso ogni ordine di persone, faceva credere a molti ch’ei fosse per succedere al pontefice Urbano VIII, a cui era stato carissimo, morto nel 1(144. Ma appena ei fu entrato in conclave, fu sorpreso da mortal malattia, che il condusse al fin de’ suoi giorni a’ 17 di settembre dell’anno stesso. Le Relazioni da lui distese in tempo delle sue nunziature di Fiandra e di Francia , le Lettere da esso scritte nell’occasione medesima, e le Memorie ossia Diario della sua Vita, sono, oltre la Storia delle Guerre di Fiandra, di cui poscia diremo, i monumenti non tanto del suo sapere, quanto della sua prudenza e del suo saggio discernimento, [p. 612 modifica]Gl 2 LIBRO ohe il Cardinal Bcnlivoglio ci ha lasciati. E se altre pruove non ne avessimo , le molte edizioni e le traduzioni in più altre lingue, che ne sono state fatte, ci mostrano abbastanza quanto le prime due opere singolarmente fossero e sien tuttora applaudite. Egli di fatto si scuopre in esse uomo di maturo ingegno , osservator diligente, avveduto politico, e fornito di tutti que’ pregi che proprii son di un ministro} e f cuior ch’egli ebbe di essere accettissimo a que’ sovrani da’ quali fu impiegato, o presso i quali egli visse, ci fa vedere che , quale il mostran le sue opere, tale era veramente. Più tranquilla , come ad uom religioso si conveniva, fu la vita dell’altro storico delle Guerre di Fiandra, cioè del P. Famiano Strada romano, nato nel 1572 e entrato nella Compagnia di Gesù nel 1591. Il Collegio romano ne fu I ordinario soggiorno, e l’impiego di professor d’eloquenza fu quello in cui esercitossi comunemente, finchè a’ 6 di settembre del 1649 in età di cinquant’otto anni finì di vivere, lasciando di se stesso onorevol memoria presso i suoi non meno che presso gli stranieri non solo pel suo sapere, ma anche per le religiose virtù che in 1 li risplendevano mirabilmente (V. Sotuell. Bibl. Script. S. J. p. 200). Benchè la Storia, di cui ora diremo, sia quella che lo ha renduto più celebre, io credo nondimeno che uguale, o forse anche maggior lode egli meriti per le sue Prolusioni accademiche su diversi argomenti dell’amena letteratura. nelle quali e le riflessioni ch’egli propone, e lo stile con cui egli scrive, mi [p. 613 modifica]TERZO 6l3 sombra proprio di un uomo di ottimo gusto. E quella fra le altre in cui egli ci offre diversi componimenti poetici da sè composti a imitazion dello stile de’ più celebri poeti latini eroici, cioè di Lucano, di Lucrezio, di (Claudiano, di Ovidio, di Stazio, di Virgilio, a me par tale, che niuno abbia mai sì felicemente eseguito una sì varia e sì difiìcile imitazione di sì diverse maniere di stile. Ma vegniam ormai alle due Storie. XXVI. Esse cominciarono ad uscir in pubblico quasi al tempo medesimo , perciocchè la prima decade del P. Strada, con cui conduce la storia dalla morte di Carlo V fino all1 anno i5-3, fu stampata in Roma nel 1632, ma la seconda, con cui arriva sino al 1590, non venne a luce che nel 1647 , nè più oltre ei si avanzò j e il lavoro di esso fu poscia continuato , ma con successo non ugualmente felice, dal P. Guglielmo Don dini bolognese e dal P. Angiolo Galluzzi maceratese, ambedue Gesuiti, il primo de’ quali descrisse le imprese di. Alessandro Farnese fatte in Francia, il secondo la continuazione della guerra di Fiandra dalla morte del Farnese fino al i(ioi). La parte I di quella del Cardinal Bentivoglio, che dal 1559) si avanza fino al 1578, fu pubblicata nello stesso anno 1632. Quattro anni appresso uscì la seconda che giunse al 1593, e poscia nel 1639) la terza, con cui s’innoltra sino alla tregua del 1609. Frattanto tra ’l pubblicarsi della prima e della seconda decade del P. Strada , il Cardinal Bentivoglio nel i(>42 prese a scrivere le sue Memorie, e facendo in esse menzione XXV. Loro Sii rif p loro t arai (ere. [p. 614 modifica]Gl 4 LIBRO degli uomini dotti da sè conosciuti in Roma, ricorda il Padre Strada (l. 1, c. 9)) e la Storia della Guerra di Fiandra da esso composta, ed entra a farne un lungo e minuto esame; nè può negarsi che il cardinale non si mostri in questo passo non del tutto libero dalle umane passioni} e il pregiudizio che ei dà della Storia del suo emulo, benchè per lo più sia giusto, piacerebbe più nondimeno se fosse opera altrui: Dopo uri affettazione lunghissima , dice egli, c/i è giunta ormai a treni anni, non si è veduto uscire se non la prima Deca di quest’opera sino al presente, e confesso , che se bene l’Autore è mio amico, e da me viene grandemente stimato, non posso far di meno eli io non concorra sopra di ciò nel comune giudizio delle più erudite e più gravi persone, dalle quali vien giudicato, che un tal componimento serva alle scuole molto più di quello che insegni, e che in tutto il resto eziandio l’Autore di gran lunga non osservi, come dovrebbe, i precetti storici. E veramente sopra questa materia toccante i precetti move maraviglia anche al vedersi, che prima t Autore nelle sue Prolusioni ricevute con tanto applauso gli abbia così bene insegnati, e che poi nella sua Istoria gli abbia così imperfettamente eseguiti. Passa indi il cardinale a fare una minuta analisi de’ difetti del P. Strada. Quanto all1 arte storica , riprende le frequenti e lunghe digressioni con cui interrompe la serie de’ fatti, e gli elogi e le quasi distinte vite de’ grandi personaggi eh1 ei v1 inserisce; biasima ancora le minutezze a cui talvolta discende, la soverchia [p. 615 modifica]TERZO Gl 5 brevità con cui si spedisce da alcuni più memorabili avvenimenti, la parzialità ch’egli mostra per la casa Farnese, per ordine della quale di fatto egli scrisse la sua Storia, il troppo frequente uso delle comparazioni e delle sentenze, e le scarse e superficiali notizie eli’ ei dà delle negoziazioni de’ gabinetti , le quali nelle vicende della guerra sogliono aver sì gran parte. Venendo poi allo stile, ei confessa, che in questa parte può meritar lodi così vantaggiose lo Strada, che gli servano come per un contraccambio delle soprannotate opposizioni, che alla sua Istoria siJanno. E siegue annoverandone i pregi} ma aggiunge insieme, e con ragione , che più terso è lo stile delle sue Prolusioni che quello della sua Storia. Fa poscia un confronto fra lo stil dello Strada e quello del P. Giampietro Ma Rei, e, com’era giusto, antipone il secondo al primo , benchè anche dello stile del P. Strada faccia di nuovo grandi elogi, e così conchiude per ultimo il suo esame: Nè io sono così vano, che avendo composta la mia (Storia di Fiandra) nel tempo stesso che lo Strada va seguendo la sua, mi possa cadere in pensiero , che non soggiaccia forse a maggiori difetti. Ma si deve considerare fra lui e me questa differenza , eli egli ha scritto per professione, ed io per trattenimento; egli alla Casa Farnese, ed io a me medesimo; egli con ogni comodità e di tempo e di luogo e di quiete; laddove io quasi sempre ho scritto di furto, essendomi bisognato rubare me stesso continuamente alla violenza , che a tutte l’ore mi hanno fatta nel divertirmi [p. 616 modifica]GlG LIBRO dilli intrapreso lavoro, e le cure private. e gli affari pubblici, e lo strepito inquietissimo della Corte, e Ì impedimento della mia languida sanità, che è stato il maggiore e più modesto di tutti gli altri. S’io debbo dire liberamente ciò che a me sembra di questo giudizio del Cardinal Bentivoglio, io stimo ch’egli abbia troppo biasimato insieme e troppo lodato. I difetti ch’egli appone allo Strada quanto all’arte storica, mi sembrano esagerati, benchè pur sia vero che questo scrittore non sia talvolta esente da quelli che il cardinale in lui biasima. Ma esagerate ancor mi sembran le lodi con cui ne esalta lo stile, il quale a me par non poco lontano da quella facile eleganza che forma il pregio principal di uno storico, e da quella purezza che si ammira in un Bonfadio, in un Maffei e in altri scrittori del secolo precedente. Nè io dirò che perciò il P. Strada si meritasse di essere villanamente ripreso dallo Scioppio , il quale prese a criticarne, per così dire, ogni sillaba, con un libro intitolato Infamia Fami ani, titolo che basta esso solo a mostrare il buon gusto di sì severo censore. Anzi a me sembra che, malgrado i difetti che incontransi in questa Storia, essa meriti un distinto luogo tra le più celebri che sono uscite in Italia. Quella del Cardinal Bentivoglio non è stata essa pure senza accusatori e senza critica; e il famoso Gravina fra gli altri lo dice scrittor leggiadro , ma povero di sentimenti, e parco nel palesare gli ascosi consigli da lui forse più per prudenza taciuti, che per imperizia tralasciati (Calogeni, Rare, d Opusc. t. 20 , p. 158). Io [p. 617 modifica]TERZO 6l7 confesso che al legger questo giudizio mi e ,i;ilo dubbio che il Gravina non avesse letta la Storia del Bentivoglio , e che troppo si fidasse dell’altrui relazione. A me par certo eli1 ei sia ben lungi dall’esser povero di sentimenti; e che anzi il difetto di questo celebre storico sia quello di affettare ingegno scrivendo, e f usare troppo frequentemente le antitesi e i contrapposti, senza però cadere in quella gonfiezza di stile sì comune agli scrittori di que’ tempi. Riguardo poi agli ascosi consigli, a me par che ne dica quanto a un saggio storico si conviene, e che nulla egli ommetta di ciò che a conoscere le segrete origini de’ più memorabili avvenimenti può essere opportuno. Rimarrebbe ora a decidere quale di queste Storie sia più da pregiarsi j decisione malagevole, ove si tratta di cosa che dipende dal gusto, e di opere che hanno amendue molti pregi, benchè non sieno senza difetti, Io credo però, che sarà sempre letta più volentieri quella del Cardinal Bentivoglio che quella del P. Strada , perchè il primo scorre più velocemente sulla serie dei fatti, nè troppo si arresta in certe descrizioni più oratorie che storiche. E benchè egli pure talvolta, come già ho osservato, voglia parer ingegnoso, è però assai meno prodigo di sentenze, le quali nel P. Strada son troppo frequenti, e molte volte si veggon venir da lungi, e avvertir quasi chi legge diesi disponga a riceverle. Finalmente la cognizione de’ luoghi che avea il Cardinal Bentivoglio , vissuto più anni nelle Fiandre, dà alle sue Storie una certa evidenza e chiarezza che le rende più interessanti c piacevoli a leggersi. [p. 618 modifica]Gl 8 LIBRO xxvii. XXVII. Dopo aver ragionato del Davila , del innll.sTJrL’ Cardinal Bentivoglio, del P. Strada , io non oso stranerà. (|j ragionare di alcuni altri storici di minor nome , che qualche opera non molto pregevole ci diedero sulla storia di altre provincie, come della Storia delle sollevazioni e delle guerre civili della Polonia di Alessandro Cilli e di Alberto Vimina , della Storia del Regno de’ Goti in Ispagna del P. Bartolommeo de Rogatis Gesuita , della Monarchia di Spagna di Giampietro Crescenzi, della Storia d* Inghilterra di Gianfrancesco Bondi, e d’altre opere somiglianti , delle quali senza suo gran danno avrebbe potuto rimaner priva l’Italia. Migliore quanto allo stile, benchè pure abbia alquanto del gonfio, è il Compendio della Storia di Spagna del P. Paolo Bombino cosentino, prima Gesuita , poi chierico regolare Somasco, scrittore di molte altre opere , quasi tutte in latino , delle quali e della Vita del loro autore si hanno diffuse notizie presso il conte Mazzucchelli (Scritt ital. t. 2, par. 3, p. 1511) e gli altri scrittori da lui citati. Passerò in vece più volentieri alla storia delle arti; e dico sol delle arti, perchè le scienze non ebbero ancor tra noi storico alcuni di qualche nome, se se ne tragga la musica, la quale, oltre le opere di Giambattista Doni che colle sue dottissime dissertazioni ne rischiarò molto l’origine e lo stato antico, ebbe ancora la Storia della Musica di Giovanni Andrea Angelini Buontempi perugino, stampata in Perugia nel 1695, la qual però non è tale che possa bastare a chi vuole essere su questo argomento ben istruito. Di questo [p. 619 modifica]TERZO 6 I <) autore, e di altre opere da lui pubblicate, ragiona il conte Mazzucchelli (ivi, t 2, p. 2417)• Ma le belle arti, e la pittura principalmente , ebber molti tra gl’Italiani, che seguendo le vestigia segnate già dal Vasari e da altri scrittori da noi rammentati nella storia del secolo precedente, tramandarono a’ posteri la memoria de’ più celebri professori. XXVIII. Il primo a darci una continuazion x*viu. . _ r , ,..Si nitori del Vasari fu Giovani Baglioni romano, che JpIIj st..n« a’ tempi di Sisto V, di Clemente Vili e di k bVm!a.u. Paolo V esercitò la pittura in Roma, e da quest’ultimo papa ebbe in dono una collana d’oro e la divisa dell’Ordin di Cristo (ivi, t. 2, par. 1, p. 47). Di lui abbiamo le Vite de’ Pittori, Scultori ed Architetti dal 1572 fino al 1642, stampata in Roma nello stesso anno 1642 Ma quest’opera non ebbe la sorte di quella del V asari, e non è ugualmente pregiata dagli intendenti dell’arte. Migliore è quella che sulle Vite de’ Pittori moderni fino al 1665 pubblicò in Roma nel 1672 Giampiero Bellori, autore già (da noi rammentato al principio di questo capo. Noi però non ne abbiamo che la prima parte; e la seconda, ch’ei lasciò manoscritta, non ha mai veduta la luce (ivi,par. 3, p. 704). A quattro soli pittori antichi, cioè a Zeusi, a Parrasio, ad Apelle e a Protogene, ristrinse le sue ricerche Carlo Dati, di cui sarà d’altro luogo il parlare più a lungo. Opera di più vasto argomento intraprese circa il tempo medesimo Filippo Baldinucci fiorentino, che benchè non fosse professore delle belle arti, ne fu nondimeno intendentissimo, e pe rciò dal Cardinal Leopoldo de’ Medici fu [p. 620 modifica]620 LIBRO invialo in Lombardia ad osservare la maniera e lo siile de’ più illustri pittori di queste provincie, e da lui e da Cosìuio 111 di lui nipote fu adoperato in commissioni e in affari ad esse spettanti. La reina Cristina a lui diede f incarico di scriver la Vita del celebre cavalier Bernino, ed egli perciò nel 1681 andossene a Roma per rendergliene grazie; e pubblicò poi l’anno seguente la detta Vita. Egli dunque, parendogli, e non senza ragione, che il Vasari avesse nella sua opera commessi non pochi falli, e ommesse più cose che non erano da tacersi, volle rifarne il lavoro, e darci una nuova Storia de’ più valorosi Professori del disegno da’ tempi di Cimabue fino a’ suoi. Sei tomi egli ne scrisse, dividendo la storia in secoli, e ogni secolo in più decennali. I primi due e il quarto furono da lui medesimo pubblicati. Il terzo e gli ultimi due dopo la morte di esso, avvenuta nel 1696 in età di settantadue anni, rimasti in mano dell’avvocato Francesco di lui figliuolo, furon poi da questo in diversi anni dati alla luce, e in questi ultimi anni due altre edizioni se ne son fatte, una in Firenze, l’altra, che non è ancor compita, in Torino con copiose note e giunte del signor ingegnere Piacenza. E veramente quest’opera, oltre l’essere scritta in uno stil colto e corretto, contiene molte notizie sfuggite al Vasari, il quale innoltre spesso è emendato dal Baldinucci. Questi ancora però non è esente da errori, e noi ne abbiamo rilevati talvolta alcuni; e innoltre ci sembra a molti troppo diffuso, talchè le cose da lui narrate si potesser ristringere in assai minor numero di [p. 621 modifica]TERZO 621 volumi. Oltre quest’opera pubblicò il Baldinucci il Vocabolario del Disegno, per cui egli meritò di essere ascritto all’Accademia della Crusca, e che è opera in fatti utilissima per l’insegnarci che fa ad esprimere co’ proprii vocaboli le cose tutte dell’arte. Il Cominciamento e progresso deir Arte A intagliare in rame è libro esso pure ripieno di pregevoli cognizioni su questo argomento, che da lui prima che da niun altro fu rischiarato. Di altre minori opere da lui date alla luce, e dell’ingiusta e fiera guerra che per alcune di esse gli mosse il Cinelli, si posson veder le notizie che colla consueta sua esattezza ci dà il conte Mazzucchelli (l. cit. t 2, par. 1 ,p. 142, ec.). XXIX. Altri al tempo medesimo si diedero s*x,v a illustrar le memorie de’ celebri artisti di al-lùnul.ì^u cune particolari città , e a darci la descriziou *rl“u* delle opere che di essi ci son rimaste, Io non farò qui il catalogo di quegli scrittori de’ quali abbiamo il ragguaglio delle pitture, delle sculture e delle architetture di qualche città d’Italia, nè quelli che di qualche pittore scrissero separatamente la Vita. Ma accennerò quelli soltanto che scrisser le Vite e le Storie de’ professori di alcune di esse. Al qual lavoro furon essi singolarmente indotti dall’osservare che il Vasari, quasi unicamente sollecito della gloria de’ suoi Toscani, poco aVea s ’ritto degli stranieri. Venezia fu la prima a darne l’esempio coll’opera di Carlo Ridolfi vicentino intitolata Le Maraviglie dell’Arte, ovvero le Vite degr illustri Pitturi Veneti e dello Stato, stampata in due tomi nel 1648. Il Vedriani tra le opere che di volgo a onor di Modena sua patria, ci die [p. 622 modifica]622 LIBRO ancora la Raccolta ile Pittori, Scultori ed Architetti Modenesi, stampata nel 1662. Nell anno 1674 si videro uscire in luce le Vite de’ Pittori napoletani e de’ genovesi, scritte le prime da Giambattista Bongiovanni, le seconde da Raffaello Soprani. Tutti questi libri però, se contengon notizie alla storia dell’arte assai utili, sono scritti con sì infelice stile, con sì poco ordine, e spesso ancora con sì poca esattezza, che perciò si è creduto opportuno o il far nuove e più corrette edizioni della maggior parte di tali opere, o lo scrivere altre opere più esatte e più erudite sullo stesso argomento. Lo stesse dee dirsi della Felsina Pittrice del conte Carlo Cesare Malvasia, divisa in due tomi, e stampata in Bologna nel 1678. Fu questi il più dichiarato impugnator del Vasari, contro del quale spesso si volge pel poco conto che a lui sembra ch’egli abbia fatto de’ pittori bolognesi. Ma il Vasari trovò difensori nella sua patria, e il Baldinucci principalmente sì nelle sue Notizie de’ Professori, come nel Dialogo intitolato la Veglia si studiò di difenderlo, rilevando insieme gli errori del Malvasia, che certo non ne è esente. Nè sol da Firenze, ma ancor da Roma levossi un avversario contro questo scrittore, quando però egli era già morto. Fu questi d) Vincenzo Vittoria patrizio veneziano, che in Roma nel 1703 pubblicò alcune lettere col titolo: Osservazioni sopra il libro della Felsina Pittrice per difesa di Rafaello da Urbino, de’ Caracci, e della loro Scuola, a cui fece risposta nel 1705 Giampietro Cavazzoni Zannotti colle Lettere famigliari scritte ad un [p. 623 modifica]r ■ * terzo Ga3 amico in difesa del co. Carlo Malvasia autore della Felsina Pittrice. Fra le altre accuse clic

1l*co. Malvasia si opposero, una fu quella di

avere con intollerabil disprezzo dato al divino Rafaello l’ingiurioso soprannome di Boccalaio Urbinate. Il Zanotti difeselo coll1 osservare che il Malvasia, pentito del suo grave trascorso, a quante copie potè aver nelle mani fece toglier quel foglio, e un altro ne sostituì,.sicchè pochi esemplari rimasero guasti da quella pittoresca bestemmia. Venne poi fatto al Zanotti di aver tra le mani la copia della sua opera, che il Malvasia avea presso di sè riserbata, e tutta avea postillata di sua mano, e in essa nel tomo primo, pag. 471 ove è quel passo, trovò inserita questa cartuccia: Io non so mai, come mi sia uscito dalla penna arditezza ed insolenza tale di chiamar Boccalaio Rafaello, da me tanto riverito e stimato. Io giurerei, che nell’originale non è così, o sarà cassato o corretto. Come poss’io averlo detto Boccalaio, se so di certo essere una falsità, ch’ei disegnasse mai vasi in Urbino, e s’io so di certo , che Gio. suo padre fu ben pittore mediocre, ma non mai boccalaio? Questo passo vien riferito dal suddetto Zannotti in una sua lettera a monsignor Bottal i (Lettere pittor. t. 3, p. 370), ove poscia aggiugne: Io tengo presso di me il primo manoscritto della Felsina , e questo Boccalaio Urbinate, non d è. Come andasse la faccenda, io non so dire, nè so credere intorno a questo, se non se, eli egli vi diede, quanto prima potè, debito e pronto rimedio, ed ha lasciato segno di esserne stato molto fra sè dolente. La Tirajioscui, Voi XV. G [p. 624 modifica]G’14 LIBRO copia che della Felsina Pittrice ha la biblioteca Estense, è una delle poche in cui l’autor non fu a tempo a togliere lo scandaloso foglio. L’ultima opera di questo argomento, che vuolsi qui rammentare, sono le Vite de’ Pittori, Scultori ed Architetti, che hanno lavorato in Roma, morti dal i(>4* fitto al 1673, scritte da Giambattista Passeri morto in Roma nel 1679 in età di circa settant’anni, le quali e per lo stile meno incolto e per la copia e l’esattezza delle notizie sono la miglior opera di tal natura che allor si scrivesse, e che nondimeno non sono state pubblicate che nel 1772. Scrittori i XXX. Alla Storia de’ Professori delle Belle Stona Ielle- Arti succede la Storia de’ Letterati, a cui pure molti si volsero tra gli Italiani, ma pochi il fecero in modo che le lor opere possan servire a modello di tali Storie. Il Teatro d’Uomini letterati di Girolamo Ghilini, di cui due tomi si hanno alle stampe , gli originali degli altri due inediti si conservano in Venezia presso il eh. signor D. Jacopo Morelli, e un’altra opera ms. intitolata Tempio di Letterati e Letterate per santità illustri si conserva in Alessandria presso il signor D. Giuseppe Bolla da me nominato altre volte j gli Elogi d Uomini letterati di Lorenzo Crasso, di cui abbiamo ancora la Storia de’ Poeti greci, e gli Elogi de’ Capitani illustri j e gli Elogi degli Uomini e delle Donne celebri per sapere di Giulio Cesare Capaccio, sono opere le quali deludono comunemente l’erudita curiosità; perciocchè, ove si spera di trovare presso loro sicure ed esatte notizie de’ dotti a’ loro tempi vissuti, altro non vi si legge [p. 625 modifica]TERZO Ga5 clic voti e pomposi elogi che invece d’istruire stancano e annoiano i leggitori. Lo stesso difetto vedesi in quegli scrittori checi diedero le Biblioteche degli Autori della lor patria, de’ quali parimente abbiamo non picciol numero. Ma essi paghi d’indicare i nomi di tali autori, di dar qualche superficiale notizia delle lor vite, e di accennare con poca esattezza le loro opere, credon di aver soddisfatto abbastanza al dovere di storico. Perciò invano presso loro si cercano il carattere e l’indole degli scrittori, il metodo da essi tenuto ne’ loro studi, le contese letterarie da essi sostenute, le diverse edizioni delle opere loro, ed altre somiglianti notizie, che renderebbono più interessante e più utile la lettura di tali libri. Le opere di Jacopo Alberici e di Pietro Angelo Zeno intorno agli Scrittori veneziani, quelle di Agostino Superbi e di Antonio Libanori pe’ ferraresi, quelle del Vedriani, del Rossi, del Pico, del Calvi, del Porta, del Piccinelli, di Prospero Mandosio per gli Scrittori modenesi, bresciani, parmigiani, bergamaschi, alessandrini, milanesi, romani; le Biblioteche degli Scrittori genovesi di Michele Giustiniani, di Rafaello Soprani, del P. Oldoini Gesuita, di cui pure si ha quella degli Scrittori perugini, e quella degli Scrittori papi e cardinali, e le Biblioteche degli Scrittori piemontesi di monsignor Dalla Chiesa e del Rossotti, la Storia de’ Poeti siciliani di Giovanni Ventimiglia, le (Glorie degl’Incogniti di Venezia, e le Memorie de’ Gelati di Bologna, son tutte opere di tal natura, che abbisognerebbono di esser rifalLe, o almen corrette di mollo, e condotte [p. 626 modifica]G26 LIBRO a maggior perfezione. E lo stesso potrebbe dirsi della Biblioteca napolitana del Toppi , stampata nel 1678, se cinque anni appresso Lionardo Nicodemo (a) colle copiose ed erudite giunte ad essa fatte non l’avesse resa molto migliore (b). La Storia de’ Poeti di Alessandro Zilioli, di cui si hanno copie in diverse biblioteche, non è mai uscita alla luce; nè sarebbe bene che uscisse se non purgata da molte favole ch’ei v’ha inserite. Del Zilioli e della sua Storia si posson vedere buone notizie nel Catalogo de’ mss. della Libreria Farsetti (p. 3(>5). Anche gli Ordini religiosi non ci possono additare in questo secolo Biblioteche molto esatte de’ loro scrittori; perciocchè nè quella de’ Domenicani del P. Ambrogio Altamura, e molto (1a) Vuoisi «la alcuni, che le giunte al Toppi siano non «li Lionardo, ma di Giovanni Nicodeino di lui Irateilo , e a lui premorto. Intorno u ciò e al pregio di queste ’Munte seggasi la più volte citala opera del boria (Storici napol. t. a, p. 4^1). (b) Prima del Toppi e del Nicodeino avea scritta in latino un’opera somigliante Bartolommeo (.hioccarelli napoletano morto circa la metà dello scorso secolo, e intitolata: De tiluxtribus Scriptonbus , qui in Cieita.tr et regno Scapolis ab Orbe condito ad annuni usque 16 ’pi flnruerunt. L’opera era giaciuta sinora inedita, e solo nel 17B0 ne fu pubblicato il primo tomo dal eli. signor abate 1). Gian Vincenzo Meola che vi premise un’elegante ed esatta Vita dell autore. Il secondo tomo non si è finor pubblicalo. Questa biblioteca non c spregevole attesa 1’età in cui fu scritta, ma è molto lungi da quella eiattczza che ora in tali opere si richiede. Dell’autore di «juesta e di altre opere da lui composte parlano lincile copiosamente i più \olte lodati Sorta (Storici riapoi. t. 1, p. i(»a , ec.) e Giustiniani (Sci iti, legali, t. 1, p. 245 , ec.). [p. 627 modifica]men quella della lor provincia di Lombardia del P. Andrea Rovetta, nè quella de’ Canonici Lateranensi del P. don Celso Rosini, nè la Bibliosofia de’ Minori Conventuali del P. Giovanni Franchini modenese, nè alcune altre che abbiamo accennato nel ragionare degli scrittori di storia ecclesiastica, sono tali che corrispondano al merito di quelle Religioni, a onor delle quali furon dirette. La miglior opera di questo genere che si vedesse sulla fine del secolo, fu quella che venne a luce nell’ultimo anno di esso, cioè le Notizie degli Uomini illustri dell’Accademia fiorentina, pubblicata da Jacopo Rilli che ne era console in quell’anno, il qual nella prefazione dice che quell’opera era lavoro di Lorenzo Gherardini canonico della metropolitana di Firenze, dell’ab. Ferdinando Baliotti, di Neri Scarlatti e di Roberto Marucelli; ma vuolsi che gran parte vi avesse il celebre Magliabecchi, e ce lo rende probabile la minutezza con cui quelle notizie sono distese, ove trattasi singolarmente di piccoli opuscoli, di diverse edizioni e delle testimonianze di altri scrittori, nel che consisteva la forza dell’erudizione del Magliabecchi. Di qualche pregio sono ancora le Osservazioni della Letteratura de’ Turchi di Giambattista Donato, stato già bailo in Costantinopoli, stampate in Venezia nel 1688 e il Leibnizio, scrivendo al Magliabecchi da Venezia nel 1690, dice che era quello l’unico libro nuovo degno d’esser letto, che egli avesse trovato in Venezia (Cl. German. Epist. ad Magliab. t. 1, p. 10)1. [p. 628 modifica]


Notizie di Gianvittorio Rossi. XXXI. Fra tanti scrittori di Storia letteraria ch’io ho accennati; e che potrei ancora nominare se a più minute particolarità volessi discendere, di due soli dirò alquanto più stesamente, perchè il numero e la natura delle loro opere mi sembran richiedere più distinta menzione. Il primo è Gian Vittorio Rossi, che latinamente volle dirsi Janus Nicius Erythracus. Gian Cristiano Fischer ne ha scritta diligentemente la Vita, e l’ha premessa alla nuova edizione che delle Lettere di esse ci ha data in Colonia nel 1739, e noi non avremo perciò aa’affaticarci molto in rintracciarne le notizie. Ei nacque in Roma nel 1577, e mandato alle scuole de’ Gesuiti del Collegio romano, vi ebbe a maestri tre dottissimi uomini, i PP. Francesco Benzi e Orazio Torsellino, da noi nominati nella storia del secolo precedente, e il P. Girolamo Brunelli professore delle lingue greca ee’ebraica, e di cui abbiamo alcune traduzioni dal greco (V. Mazzucch. Scritt. ital. t. 2, par. 4, p. 2171), a’ quali egli si mostrò poscia sempre gratissimo. Ne’ primi anni però ei non fu troppo sollecito di avanzar negli studi. Ma mortogli poscia il padre, e trovandosi assai ristretto di beni di fortuna, si volse a coltivarli con più ardore, e agli studi dell’amena letteratura congiunse quelli della filosofia e della giurisprudenza. [p. 629 modifica]TERZO GaQ I primi però piacevano sopra tutti gli altri al Rossi, e poichè vide venirgli meno qualche speranza che nello studio delle leggi avea riposta, tutto ad essi si dedicò. Entrò nell’Accademia degli Umoristi, di cui si è detto a suo luogo, e ne fu uno de’ più fervidi promotori. In essa ei diede tali pruove d’ingegno, che Marcello Vesti i, uno degli scrittori delle lettere pontificie a’ tempi di Paolo V, già avea disegnato di farlo scegliere a suo collega e successore, e venivalo perciò istruendo. Ma morto frattanto il Vestri, anche in questa speranza fu il Rossi deluso. Nel 1608 il Cardinal Mellini avealo scelto a suo segretario nella legazion d’Allemagna, ma appena uscito di Roma , fu il Rossi sorpreso da febbre che il costrinse a tornarvi. Trovò finalmente stabile impiego presso il cardinale Andrea Peretti, di cui per lo spazio di venti anni fu segretario. Ma poichè questi fu morto nel 1538, ritirossi in una solitaria villa sul colle di Sant’Onofrio , ove lungi dallo strepito degli affari visse tranquillamente a se stesso e a’ suoi studi, finchè in età di settanta anni, a’ 13 di novembre del 1647, venne a morte, pianto da’ dotti che ne amavano gli aurei costumi non meno che il molto sapere, e da’ grandi ancora, a molti dei quali fu accettissimo, e singolarmente al cardinale Fabio Chigi, che fu poi papa Alessandro VII. Le opere da lui composte sono non poche e di diversi argomenti. Una graziosa satira in prosa latina contro i costumi de’ suoi tempi, intitolata Eudemia, fu la prima eh ei pubblicasse , o che anzi senza saputa di esso venisse a luce. Ne abbiamo ancora due [p. 630 modifica]G3o ialino torneiti di Lettere a Tirreno (sotto il qual nome egli intende il suddetto cardinale Chigi), due altri a diversi, parecchi dialoghi per lo più su materie morali, alcune orazioni ed alcuni opuscoli ascetici, libri tutti scritti in latino. Se ne hanno ancora alle stampe alcune Rime spirituali , oltre più opere inedite che si annoverano dall’autor della Vita. Ma noi dobbiamo esaminare singolarmente la Pinacotheca, opera divisa in tre parti, nella quale egli fa gli elogi di molti uomini dotti vissuti a’ suoi tempi. L’uso che di quest’opera abbiam fatto sovente nel decorso di questa Storia, può bastare a provarne l’utilità, ed è certo che di molte notizie siamo ad assai tenuti, le quali invano si cercherebbono altrove. Ella è nondimeno assai lungi dal potersi dire perfetta; Perciocchè scarseggia assai nelle date, e si trattiene.spesso in troppo generali espressioni che dopo molte parole non dicon nulla. Le opere degli scrittori vi sono semplicemente accennate, e non si distinguon sovente le inedite da quelle che han veduta la luce. Pare innoltre che troppo abbia egli conceduto all’amicizia, esaltando con somme lodi alcuni suoi amici, a cui forse doveansi più moderate. Con altri al contrario ei si dimostra troppo severo; e si può dire del Rossi ciò che abbiam detto del Giovio, che alcuni non son già elogi, ma satire. Nel che però ei non è ugualmente degno di riprensione; perciocchè egli propriamente non si prefisse di scrivere elogi, come il Giovo, ma di fare ritratti, così indicando la voce Pinacotheca. Lo stile del Rossi da alcuni è sollevato fino alle stelle; e [p. 631 modifica]TF.NZO (331 il Fischer reca il detto di certi scrittori che affermano essere lui stato il più felice imitatore di Cicerone, che vivesse a que’ tempi. La quale lode però sembrerà esagerata non poco, a chi essendo capace di rilevare i pregi e i difetti dello stile , si ponga a leggere e ad esaminare le opere di questo scrittore. XXXII. L’altro scrittore di Storia letteraria, che vuolsi qui nominare, è il dottor Giovanni Cinelli Calvoli fiorentino, nato a’ 2(1 di febbraio del 1G2.5, di cui abbiamo la Vita scritta dal dottore Dionigi Sancassiani sassolese, che gli fu amicissimo. Ei fece i suoi studi all’università di Pisa, ove anche nel i65q4u laureato in medicina. Fra i dotti uomini co’ quali egli potè ivi conversare , uno fu il celebre scrittor di satire Salvator Rosa, da cui per suo danno apprese quel costume di mordere gli altrui difetti, che gli fu più volte fatale. Fu prima medico in Porto Longone, indi in Borgo S. Sepolcro , e di là passò a Firenze, ove si strinse in grande amicizia col celebre Magliabecchi , per mezzo del quale ebbe facile accesso alla biblioteca Palatina. Ivi formò egli il disegno della sua Biblioteca volante, cioè di un catalogo di piccioli opuscoli, che facilmente sfuggono all’occhio anche de’ più diligenti ricercatori. Ei prese a distenderla a parte a parte, secondo l’ordine con cui essi gli venivano alle mani, e dividendola in molte scansie, cominciò a pubblicarne in Firenze la prima e la seconda nel 1677. Quattro anni appresso fu pubblicata la terza, e poscia l’anno seguente 1682 la quarta in Napoli. Ma quest’ultima fu origine al Cinclli di XXXII. Del.Iolior Gio*.111111 Ciucili. [p. 632 modifica]63 u LIBRO gravi sciagure. Avea già egli date più pruove della sua soverchia inclinazione alla satira in una prefazione premessa al Malmantile da lui pubblicato nel 1672 , che poi dovette sopprimere , e sostituirne un1 altra , e nelle giunte da lui fatte alle Bellezze di Firenze di Francesco Bocchi l’anno 1677. Ma nella detta quarta scansia avendo egli distesamente narrata la controversia da noi pure a suo lungo indicata, ch’era insorta tra’ ’l dottor Ramazzini! e ’l dottor Giannandrea Moneglia, e essendosi mostrato tutto favorevole al primo e poco rispettoso verso il secondo, questi, che presso il duca Cosimo III di cui era medico, poteva assai, ne menò tal rumore, che il Cinelli lo stesso anno 1682, come autore di un libello infamatorio, fu chiuso in carcere, e costretto a.promettere di ritirare le copie tutte della quarta scansia, che fu anche bruciata per man del carnefice , e di stampare un’altra relazione di quella contesa colla ritrattazione di ciò che avesse scritto d’ingiurioso contro al Moneglia. Poichè tutto ciò ebbe promesso il Ciucili, fu tratto di carcere , ma a patto che non potesse uscir di Firenze. Egli però, che ardeva di voglia di dir sue ragioni, e che non voleva mantener le promesse , amò meglio di prendersi un volontario esilio; e ritiratosi nel 1683 a Venezia, ivi colla data di Cracovia pubblicò le sue Giustificazioni, in cui ognuno può immaginarsi come fosse trattato il Moneglia. Ma poscia , poichè fu morto il Moneglia, le ritoccò, e ne tolse le ingiurie e le troppo mordaci punture , e così corrette si leggono innanzi al tomo secondo della nuova [p. 633 modifica]TF.H7.0 633 edizione della Biblioteca volante. Da Venezia passò il Cinelli nello stesso anno a Bologna , ove dagli Accademici Gelati ebbe onorevoli distinzioni. Indi per opera del suo amico dottor Ramazzini venne a Modena a occupare una cattedra in grazia di esso in questa università istituita, cioè quella della toscana favella 5 c nel 1684 diè qui alle stampe una introduzione a questo studio, dedicata al duca Francesco II. Ma la tenuità dello stipendio, e fors1 anche i maneggi de’ suoi avversarii il costrinsero a lasciare la cattedra, e a darsi all’esercizio della medicina. Fu dunque medico condotto prima in Gualtieri, poscia a Fanano sull1 Alpi di Modena, indi a Montese, e lasciate poi le montagne modenesi, passò nella Marca. Uscì frattanto alla luce la Vita del Cinelli e del Magliabecchi, libello infame, di cui abbiamo parlato nel ragionare del Magliabecchi; e il Cinelli, che non meno di lui risentissene, non lasciò in vari passi delle sue nuove scansie, clic ei continuava a pubblicare, di rispondere alle ingiurie e alle accuse che in essa veniagli date. Anzi egli all’occasion che credette, ma forse a torto, di essere stato preso di mira in certe sue Satire dal Menzini, risolvette di scriver la sua propria Vita , e la scrisse di fatto, ma con tale mordacità contro i suoi avversarii, che avendola mandata a un suo figlio monaco Vallombrosano, questi si credette obbligato a gittarla, come fece, alle fiamme. Il Cinelli frattanto andavasi aggirando in diverse castella e città della Marca, esercitando la medicina, e continuando a pubblicare altre scansìe della sua Biblioteca. Ei fu in S. Ginesio, in [p. 634 modifica]634 libro S. Anatolia, in Osimo, in Ancona, ove fu medico del Cardinal Antonio Bichi, donde, morto quel cardinale, passò medico dalla Santa Casa a Loreto, ove in età di ottantun anni 7 dopo aver date più pruove di pentimento de’ suoi trasporti nelle letterarie contese, a’ 16 di agosto del 1706 finì di vivere. Il dottor Sancassiani alla Vita del Cinelli, da noi finor compendiata, aggiugne il catalogo delle opere di esso da lui medesimo scritto, molte delle quali sono anzi opere altrui pubblicate, che fatiche dello stesso Cinelli, molte altre son rimaste inedite. Fra queste è la Biblioteca degli Scrittori fiorentini, per la quale egli avea raccolta gran copia di materiali, che poi passarono alle mani del canonico Antonmaria Biscioni, il quale vi fece non poche giunte, e la ridusse a dodici tomi in foglio. Essi or si conservano nella libreria magliabecchiana, e aspettano qualche mano benefica e saggia che, troncando ciò ch’esser vi possa d’inutile, e riducendoli a quella esattezza che il buon gusto richiede, li dia in luce. Della sua Biblioteca volante ei pubblicò sedici scansie , e lasciò i materiali per quattro altre, che furon poi pubblicate dal dottor Sancassiani; e poscia nel 1734 una nuova più opportuna edizione se ne fece in Venezia, ove tutte le opere nelle venti scansie indicate furon disposte in ordine alfabetico. Ella è questa opera alla storia letteraria non poco utile pe’ molti libri di cui ci ha serbata la notizia , e pe’ lumi che su diversi punti ci somministra. Ed ella sarebbe ancora migliore, se l’autore ne’ suoi elogi e nelle sue critiche non avesse seguita più la sua passione, che un giusto discernimento. [p. 635 modifica]TERZO (>35 XXXIII. I n altro nuovo genere di opere con- xwni. cernenti la storia letteraria ebbe cominciamento nel secolo di cui scriviamo, cioè i Giornali G“’r".*1’’** « •.. 1, ’. ,, leruiii. letterali!, ne quali si dà 1 avviso e 1 estratto de’ nuovi libri che vanno uscendo alla luce , opere che quando sieno affidate a persone in ogni genere di erudizione versate, libere dallo spirito di partito, nè facili a soggettarsi alle lusinghe del favore e dell’oro , sono di tal vantaggio alla letteraria repubblica, che poche altre possono loro paragonarsi. L1 Italia non può, a dir vero , arrogarsi il vanto di averne dato alle altre nazioni l’esempio; perciocchè nè la Libreria del Doni, nè certe Gazzette politiche pubblicate fin dal secolo xvi non possono aversi in conto di Giornali. La Francia fu la prima ad averlo; e il Journal des Savans, cominciato nel 1665 da Dionigi de Sallo, continuato poscia dall’abate Gallois e da altri, è veramente il primo Giornale che uscisse alla luce, e a cui questo nome conviene con più rigore che alle Transazioni filosofiche cominciatesi a pubblicare in Londra lo stesso anno 1665. Non fu però lenta l’Italia a imitare sì bell’esempio. L1 abate Francesco* Nazzari bergamasco colla direzione e col consiglio dell’abate Michelangelo Ricci, poi cardinale, cominciò nel 1668 a dare alle stampe in Roma un Giornale, e continuollo felicemente fino al marzo del 1675 , nel qual tempo avendo egli voluto cambiare lo stampatore Tinassi nel libraio Benedetto Carrara, il primo per non perdere l’usato guadagno raccomandossi a monsignor Ciampini, col cui aiuto potè continuare il Giornale fino al [p. 636 modifica]636 nano marzo del 1681, mentre frattanto il Nazzari proseguiva a stampare separatamente il suo , che però non giunse che a tutto il 1679. Un altro, ma infelice e scipito, Giornale cominciossi in Venezia nel 1671, e durò fino al 1689. In Ferrara ancora uno se ne intraprese che non durò che due anni, cioè 1’ 88 e 1’89, c un altro, che ivi ricominciò nel 1691 , ebbe esso pure fine assai presto. Assai migliore fu (quello che nel 1686 prese a pubblicare in Parma il celebre P. abate Bacchini a istanza e coll’aiuto del P. Gaudenzio Roberti Carmelitano, che il provvedeva de’ libri perciò necessarii. Egli il continuò con cinque tomi fino a tutto il 1690. Nel 1691 fu interrotto, e ripigliato poscia ne’ due anni seguenti in.Modena. Nel 1692 il P. Bacchini si associò alcuni altri per render migliore e più universale il suo lavoro , cioè il Guglielmini per la matematica, il Ramazzini per la fisica, la medicina, l’anatomia e la botanica, il padre. Giovanni Franchini Conventuale per la teologia , Jacopo Cantelli (non Cancelli, come ivi si legge) per la geografia e pe’ viaggi; e per qualche parte il provinciale de’ Minori osservanti. Nel 94 e nel 95 fu di nuovo interrotto il Giornale, e fu ripigliato di nuovo nel 96, in cui ne uscì un altro tomo, e un altro l’anno seguente, in cui fu del tutto sospeso. Finalmente nel 1696 ebbe principio in Venezia la Galleria di Minerva, ne’ cui primi tomi ebbe qualche parte Apostolo Zeno, e che venne poscia continuandosi per alcuni anni del nostro secolo, finchè all’apparire nel 1710 del Giornale de’ Letterati essa e qualunque altro Giornale [p. 637 modifica]TERZO 6*3 J cadder di pregio , e furono dimenticati. La storia di questi Giornali da me in breve accennata si può vedere più a lungo esposta nella prefazione del suddetto Giornale de’ Letterati. Nè io negherò già che queste prime opere periodiche non siano assai lungi da quella perfezione a cui poscia sono state condotte. Ma ella è questa la sorte di tutte le nuove intraprese, singolarmente nel genere letterario, che non possano al principio andare esenti da difetti e da errori. E lo stesso Journal des Savans non fu esso ancora ne’ suoi cominciamenti troppo diverso da quello che poscia veggiamo? Basta leggere le riflessioni e le critiche che su alcuni de’ primi tomi di quel Giornale fa il ch. Magalotti (Lettere fa mi gl. L i, p.;74, 127, 167), per riconoscere quanto esso fosse ne’ suoi principii mancante. XXXIV. Gli scrittori genealogici formali fui- xvviv. lima classe degli scrittori di storia, de’ quali dobbiam qui ragionare. Io accennerò prima il trattato di Celso Cittadini DelC antichità delr anni gentilizie , del qual autore dovrem ad altro luogo trattar più a lungo, e I’ opera del P. Silvestro Pietrasanta Gesuita, che ha per titolo Tesserae gentilitiae, della quale abbiam fatta altrove menzione. Quindi tra quelli che scrissero propriamente Genealogie, e lasciando in disparte per amore di brevità coloro che scrisser la Storia di qualche particolare famiglia (a), indicherò solo alcuni di quelli che o {a) I- ra gli s<*iUoin di particolari genealogie v> accennerà quella sollauto della notule e antica famiglia Tuonili [p. 638 modifica]638 LIBRO a più grande o a più vasto argomento rivolsero le loro fatiche. Nè io proporrò , come opera scritta con buona critica, 1 Austria Anicia di don Cipriano de’ Conti Boselli monaco Oli votano (Mazzucch. Scritt. it. t. 2,par. 3,p. 18:18), nè alcune opere che generalmente trattano delle famiglie nobili italiane, e che non sono comunemente nè molto esatte, nè molto erudite, quali son quelle di Flaminio Rossi-, di Lattanzio Bianchi, di Francesco Zazzera, di Giampietro de’ Crescenzi. Migliori sono le Storie genealogiche delle famiglie di alcune particolari città. Quelle della città e del regno di Napoli furono assai bene illustrate da Carlo de Lellis, la cui opera in tre tomi fu stampata nella stessa città dal 1604 1671. E benchè in essa si veggan talvolta adottate alcune di quelle antichissime genealogie che ora eccitan le risa de’ critici, 1 uso nondimeno eli* ei fa «lt Reggio, formata dal celebre abate Barchini, perchè nè il co. Mazzocchelli, nè monsignor Fabroni, nè alcun altro di quelli che di lui hanno scrìtto, ne ha fatta menzione: essa ha per titolo: Pruove del Giuspatroimlo della Chiesa Parrocchiale o Priorato di S. Giacomo Maggiore della Città di Reggio spettante alla Casa Taccoli , c della discendenza de1 Compadroni della medesima Chiesa, disposte e digerite dal fu Reverendissimo Padre D. Benedetto Bacchitii, ec. hi Modena, pel Soliani, 1725 -, fol. Non è però che tutto questo voluminoso tomo sia opera del P. Bacchili! , perciocché più cose vi aggiunse il co. Niccolò Taccoli, da cui P opera fu poscia continuata. Ma egli ne raccolse in gran parte i documenti, e ne formò gli alberi, coinè si raccogli^ da alcune sue lettere prendesse all’opera stessa. [p. 639 modifica]TERZO O.I9 de’ privati e de’ pubblici documenti, molti de’ quali ancora egli ha dati in luce, rende quest1 opera pregevolissima. Più compendiosa e meno ricca di cotai documenti è quella di Biagio Aldimari, o Altomare, che ha per titolo: Memorie istoriche di diverse famiglie nobili così napoletane, come forestiere , stampata in Napoli nel 16() 1 5 ma egli in vece parlando di ciascheduna famiglia indica più altri scrittori che di essa ragionano. Più celebre e più piena di erudizion diplomatica è la Storia genealogica della famiglia Carrafa, da lui pubblicata ih IP anno stesso in tre tomi, e stampata con molta magnificenza , opera che fu perciò altamente applaudita, come ci mostran gli elogi ad essa fatti da molti che si accennano dal conte Mazzucchelli (Scritt. ital. t. 1, par. 1, p. 542), il quale parla a lungo di questo scrittore, che fu insieme celebre giureconsulto, autor di molte opere legali. e impiegato in più cariche luminose (.1). Intorno alle famiglie del medesimo regno abbiamo più altre opere di Ferrante della Marca duca delle Guardie, di Filiberto Campanile, di Francesco Elio Marchesi, di Carlo Borello, di Giuseppe Recco e di altri, di cui (a) Intorno all’Aldimari vegga»! anche Fonerà più volle citala ilei P. d1 Afflitto, che ce ne dà più minute e più esatte notizie (Seritt. napal. t. 1, p. 3?, ee.), e osserva che alla magnificenza dall’edizione nella Storia «lilla laiiiielia tari afa non corrisponde l’esattezza e la ertili a delle ricerche. l)i lui parla ancora e ne dà un giù Imo ugualmente svuutaggioso il sig. don Lorenzo Giustiniani. Ti U All ose ut. Voi. XV. 1 [p. 640 modifica]Cì\o LIBRO non giova il far distinta menzione. Le opere di Pompeo Scipione Dolfi sulle famiglie nobili di Bologna , del Libanori e del Ma resti su quelle di Ferrara, di Eugenio Gamurrini su quelle della Toscana e dell1 Umbria, benché contengono molle pregevoli notizie, non sono però tali, alla cui autorità convenga ciecamente fidarsi. Intorno alle famiglie di Genova , io non trovo notizia che dell ’Anni delle Casate nobili di essa di Agostino Franzone. Moltissime opere genealogiche, e singolarmente intorno alle famiglie di Padova e di Venezia, pubblicò il conte Jacopo Zabarella nobile padov ano, delle quali diffusamente ragiona Gregorio Leti (Italia regn. par. 3, p. 265). Ma troppo sono esse sprovvedute di buona critica, perchè possano ora piacere agli eruditi. Delle famiglie fiorentine abbiam già accennato qualche scrittore parlando della Storia di quella città. Niuno ne ebbe Milano, che venisse alla luce. Ma un’opera assai vasta sulle famiglie di quella città, e corredata di gran copia di autentici documenti scrisse Rafaello Fagnani, morto nel 1627, la qual conservasi manoscritta in otto gran tomi in folio nell’archivio del collegio de’ nobili giureconsulti della stessa città (V. Argel. lì ibi. Script, mediol, t. 1, pars 2 , p. 589, ec.). E certo a quegli scrittori che nel tesser le genealogie delle famiglie fecer molto uso de’ monumenti conservati negli archivii, e gli trassero alla pubblica luce, noi dobbiamo esser molto tenuti, perchè in tal modo non solo alla storia di quelle famiglie , ma anche alla storia delle città e delle provincie recarono molto [p. 641 modifica]r TERZO (341 vaiitagg’0? poiché questo studio non Ita più sodo e più autorevole fondamento di quel delle carte, e da esse principalmente si dee riconoscere lo scoprimento di tante interessanti notizie che i moderni scrittori ci han date, e la confutazione eli1 essi hanno fatta di tanti errori per l’addietro incautamente adottati. XXXV. Io darò l’ultimo luogo fra gli scrii- xxxv. lori di Storia al celebre Traiano Boccaliui, per- Tmiauci Lueche comunque egli niun’opera veramente ci desse, a cui convenga il nome di Storia, tutte però quelle da lui pubblicate spargon non poco lume su’ tempi a’ quali egli visse. Di esse e del loro autore ha parlato sì esattamente il conte Mazzucchelli (Scritt. ital. t 2,par. 3,p. 1375, ec.), che invano io mi sforzerei di dir cose nuove. Solo intorno alla patria del Boccalini parmi di poter dir qualche cosa da altri non osservata. Il suddetto autore dice clT ei fu di patria romano, ma nativo di Loreto, e che suo padre era di professione architetto. Ma io aggiungo che il Boccalini, benchè nato in Loreto, fu di origine carpigiano, della qual città era natio Giovanni.di lui padre, che fu architetto della Santa Casa di Loreto. Noi ne abbiamo la testimonianza primieramente di Silvio Serragli, il qual parlando della cupola di quella chiesa, la dice non poco illusi rata da Giovanni Boccalini da Carpi Architetto di essa Casa sedente Pio // ” (La Santa Casa abbellita, Ancona, 1 (Ì70, par. 2, c. 4). Innoltre l’ornatissimo sig. avvocato Eustachio Cabassi da me altre volte lodato, e a cui io debbo questa scoperta, mi ha avvertito che in Carpi nell’archivio della nobilissima [p. 642 modifica]G4^ LIBRO famiglia de’ Pii in una carta del 1501 trovasi nominato Giovanni Boccalini habi tante nel Borgo (di S. Antonio. E lo stesso Traiano, benchè chiami Loreto sua patria (Bilancia polit. l. 4, p- 3(x>), dice nondimeno che suo padre era stato al servigio di Rodolfo Pio (ivi, l. 2, p. 193). Par dunque indubitabile ch’ei fosse di origine carpigiano, ma nato in Loreto, ove ei venne a luce nel i556 (a). Visse molto in Roma, ove il suo ingegno pronto e vivace rendettelo caro a molti de’ più illustri personaggi di quella città, c ove fu maestro di geografia al Cardinal Bentivoglio che ne lasciò ne’ suoi scritti grata memoria (Mem. l. 1, c. 9). Per opera di essi fu impiegato in diversi governi nello Stato ecclesiastico, e in quello tra gli altri di Benevento. Ma ei fece conoscere che egli era più abile a dar buoni precetti di sana politica, che a porgli in esecuzione, e Roma ebbe non poche doglianze della condotta dal Boccalini in que’ governi tenuta. Forse la poca speranza di avanzarsi più oltre, ma più probabilmente la brama di stampar le sue opere in paese libero, il trasse nel 1612 da Roma a Venezia, ove l’anno medesimo pubblicò la prima centuria de’ suoi lì agguagli di Parnaso, a cui l’anno seguente fece succedere la seconda. Ma non potè lungo tempo goder degli applausi con cui quell’opera fu ricevuta, perciocchè a’ 16 di novembre del 1613 finì di vivere. La comune opinione, • (./) fossori vedersi anche più manifeste piuove della patria del Boccalini nella Biblioteca modenese (l. i, fj. 283). [p. 643 modifica]tei\zo Gp fondata principalmente sul lici to deir Eritreo (Pijuicoth. pars 1, p. 272) pars 3,n. 59), è ch’egli avendo colle sue opere incorso lo sdegno di alcuni potenti, assalito una notte in casa nel suo proprio letto da alcuni armati. fosse così fieramente battuto e pesto con sacchetti pieni d’arena, che poco appresso se ne morisse. Ma le ragioni per dubitar di tal fatto, prodotte prima da Apostolo Zeno (Note al Fontan. t. 2, p. 139), e poi dal conte Mazzucchelli, mi sembrano di tal peso, ch’esso debba considerarsi almeno come molto incerto. Vuolsi però avvertire che agli scrittori, da’ quali si narra tal cosa, accennati dal conte Mazzucchelli, deesi aggiungere ancora il suddetto Cardinal Bentivoglio , il qual però ne parla soltanto come di opinione ricevuta comunemente. E potè forse avvenire che il Boccalini avesse veramente quell’efficace avviso di scrivere più cautamente, ma che non dovesse ad esso la morte. La più celebre opera del Boccalini sono i sopraccennati Ragguagli di Parnaso, ne’ quali egli fingendo che innanzi ad Apolline si rechino relazioni, doglianze ed accuse, acciocchè egli ne giudichi, prende occasione or di lodare, or di biasimar più persone , e le azioni e le opere loro. Essi non avrebbero forse avuto quel grande applauso che ebbero, se i tratti mordaci e satirici che l’autore vi ha sparsi, non ne rendessero a molti piacevole la lettura. Certo i giudizii che il Boccalini dà in questi racconti, non sono sempre i più esatti e i più conformi al vero. Delle molte edizioni, delle traduzioni, delle giunte fatte ad essi ragiona a lungo il suddetto conte [p. 644 modifica]f>44 iiBiio Mazzucchclli, c io temerei di annoiare i lettori ripetendo di nuovo le minute osservazioni eli’ ei fa sopra esse (*). Egli parimente ci dà piene ed esatte notizie della Pietra del Paragone politico, che ò come una continuazione de’ Ragguagli, ma diretta principalmente contro la Spagna; delle Lettere politiche cd isteriche y le quali servono di continuazione alla Bilancia politica , ma che in gran parte non sono opera del Boccalini; de’ Comentarii sopra Cornelio Tacito i quali, anzi che un comento su quello storico, sono osservazioni politiche sopra diversi fatti della storia de’ suoi tempi; e di alcune altre cose al Boccalini attribuite, delle quali non giova il ragionare distintamente. X**YL. XXXVI. Rimane finalmente a parlare di alcuni .Vritlon...... ili a»ip Arir che dieder precetti a scrivere lodevolmente la Storia, argomento in cui il secolo precedente ci ha dati molti scrittori. e quello di cui trattiamo , non ci offre che Agostino Mascardi. (*) tl co. Mazzucchelli accenna la voce da alcuni, ma senza fondamento , adottata , che il Cardinal Boqifacio Gaetani , più che il Boccalini, fosse Fautore de1 Ragguagli di Parnaso, e aggiunse che questa voce nacque per avventura dal risapersi che quel cardinale approvava i Ragguagli medesimi. E certo però ancora eh’egli non s«)lo approvava i Ragguagli, ma ne favoriva l’autore con buone somme di denaro. 11 eh. monsiguor Onorato Gaetani mi ha trasmessa copia di tre lettere da Pier Capponi scritte al Cardinal medesimo da Ravenna; la prima a’ * io di aprile; la seconda a’ 3o di ottobre; la terza a’ 21 di dicembre del i6i3, nelle quali si parla di alcune somme di denaro, che in nome del cardinale avea fatte pagai e al Boccalini, e nell* ultima si dice eh* era piaciuto alla Mae*tti Divina di chiamarlo a questi giorni passati in Venezia. [p. 645 modifica]tf.hzo 64 •*> E^li era nato in Sarzana nella riviera orientale di Genova nel 1591, ed entrato in età giovanile tra’ Gesuiti, ne uscì poscia, e da Urbano VIII, a cui pel suo ingegno ei si rendette assai caro, fu fatto suo cameriere d’onore, e dichiarato professor d1 eloquenza nella Sapienza di Roma l’anno 1628 collo stipendio di 500 scudi (Carrafa de Gymn. rom. t 2, p. 321). L’Eritreo quanto ne loda l’ingegno, altrettanto ne biasima la poca saggia condotta (Pinacoth. pars 1, p. 112, ec.), per cui visse sempre oppresso dai debiti, e forse il suo tenore di vivere gli accorciò i giorni, perciocchè divenuto etico, e ritiratosi a Sarzana, ivi in età di quarantanove anni venne a morte nel 1640. L’Arte istorica da lui pubblicata in Roma nel 1636, e accresciuta poscia in una nuova edizione nel 1646 da Paolo Pirani, fu l’opera che maggior fama gli conciliasse, e con ragione, poichè esso è libro ottimo , e un de’ migliori che in questo genere abbiamo. E basti recarne il giudizio del Cardinal Bentivoglio , che ben potea conoscerne il pregio: Con mirabile erudizione, dice egli (Meni. I. 1, c. 9), ed insieme con singolare eloquenza fra i più moderni compose un pieno volume sopra C Arte Istorica ultimamente in particolare Agostino Mascardi, uno de’ primi Letterati d’Italia, e mio strettissimo amico. E certo gli deve restare grandemente obbligata l’Istoria:, poichè egli nell’accennato componimento non poteva più al vivo effigiarne la vera e perfetta Istoria. Egli avea già pubblicata fin dal 1629 la Storia della famosa congiura del Fieschi. Ma questo saggio, dice Apostolo Zeno (Note al [p. 646 modifica]Fonimi, t. 2, p. i io), che (jncslo maestro dell’Arte ha divulgato, ha fatto dire, eli egli fosse più abile ai’insegnarla, che a praticarla. Lo stesso Zeno ha rilevati alcuni errori che nel parlar del.Mascardi han commesso il p . Niceron e il P. Riccardo Simon. Le altre opere del Mascardi non sono ugualmente celebri, e se ne può vedere ’l catalogo presso il detto P. Niceron (Mém. des Homm. ill. t. 27).

  1. Agli scrittori di Storia letteraria deesi aggiugnere Jacopo Gaddi fiorentino, di cui abbiamo l’opera De Scriptoribus non Fcclesiasticis, Graecis, Latinis, Italicis, in due tomi in folio, stampali il primo in Firenze nel 1648 il secondo nell’anno seguente in Lione, che è una delle migliori che in questo secolo si pubblicassero.