Sull'incivilimento primitivo/Parte VI

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VI.


Forse nessun popolo ha conservato una memoria tanto chiara e ferma dell’esterna provenienza del suo incivilimento quanto l’Assiro. Infatti leggesi nei frammenti delle storie di Beroso, tramandateci da Alessandro Polistore e conservati da Eusebio, che durante il periodo anteriore a Nino, uscirono dal mar rosso enormi e mostruosi bestioni i quali «erano pesci in tutto il corpo, se non che sotto la testa di pesce ne aveano un’altra, e sotto la coda piedi umani, e lor loquela era simile a quella degli nomini». Queste bestie dunque aveano tutte un nome particolare e l’una chiamavasi Oanne, l’altra Idozione, la terza Odacone, ed ognuna di queste ultime esponeva ed insegnava quel che avea detto Oanne, il quale «era solito a conversar cogli uomini, a cui insegnò le lettere e varie arti, come si piantassero le città, si edificassero i templi, si promulgassero le leggi e si governassero i paesi, imparò loro a raccogliere le semenze ed i frutti, e tutto infine che può far prosperare la società umana. Questo mostro era uso ad immergersi nel mare al tramontar del sole, e dopo aver dato loquela ed industria agli uomini scrisse intorno all’origine delle cose ed al governo pubblico» (Eusebio, Cronaca dei Caldei, cap. I). Togliendo ora il [p. 21 modifica]soprannaturale ed il mistero religioso che li contornava, cosa resta di tali mostri se non vascelli arrecanti una invasione di esterna civiltà che dal mar rosso venne ad imporsi al popolo caldeo? E qui pure or dunque dovremo convenire che la civiltà non fu autottona.

Strano sarebbe il voler credere di vetustissima civiltà le popolazioni libiche. Voler ciò pretendere per la memoria del re Atlante per poterne far ceppo della mitologia greca, sarebbe opera tanto assurda, quanto quella di voler render tesmofori nostri quelli Atlanti nudi, bestiali e stupidi che Erodoto trovava abitanti le radici di quel monte d’Africa. Sallustio dice che i primitivi abitatori di questa parte della terra furono i Getuli e i Libi, popoli rozzi ed incolti, i quali pascevansi di fiere e di erbe a guisa di animali, e non aveano leggi nè governo; che ebbero seme di civiltà da un’armata invasione esterna di Medi, Persiani ed Armeni, che sotto Ercole aveano conquiso le Spagne, i quali però sotto quel clima ed al contatto di quei barbari, perderono la civiltà loro, e dopo alcune generazioni divennero essi come quelli corrotti ed incolti. Furono dunque i Libi non inventori di civiltà ma soppressori di quella che altri arrecavano. Non si può misurare mai la loro civiltà anteriore ai tempi istorici dalle città di Cartagine, Ippona, Lepti ed Adrumeto, mentre queste sono di una fondazione relativamente moderna, essendo frutto di una esterna colonizzazione accaduta nei tempi storici.

Ora per immaginare sull’Atlante la culla della civiltà converrebbe ivi supporre una emigrazione antistorica e poscia un ritorno con Ercole; ma come credere che un popolo emigrante attraversi i grandi [p. 22 modifica]deserti africani, perda il proprio colore e ritorni calcando un’egual via al medesimo paese? È ciò possibile? Non sarà forse meglio il credere utopica una tale induzione?