Sulla origine delle specie per elezione naturale, ovvero conservazione delle razze perfezionate nella lotta per l'esistenza/Capo III/Rapporti complessi degli animali e dei vegetali nella lotta per l'esistenza

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Capo III

Rapporti complessi degli animali e dei vegetali nella lotta per l'esistenza

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Capo III - Natura degli ostacoli all'accrescimento Capo III - Lotta per l'esistenza più severa fra gli individui e le varietà di una medesima specie

Molti fatti dimostrano quanto siano complesse ed impreviste le mutue relazioni e gli ostacoli fra gli esseri organizzati, che debbono lottare insieme in un medesimo paese. Voglio addurne un esempio che, quantunque semplice, mi ha offerto molto interesse. Nella contea di Stafford, in una possidenza in cui io godevo di molti mezzi d’investigazione, eravi una landa vasta e assai sterile che mai era stata dissodata dall’uomo; ma parecchie centinaia di acri di quel terreno erano stati cinti con una siepe venticinque anni prima, e vi erano stati piantati dei pini di Scozia. Il cambiamento della vegetazione indigena della porzione della landa piantata era assai notevole e più rilevante di quello che si osserva generalmente passando da un terreno ad un altro affatto diverso; e non solo il numero proporzionale delle ceppaie era completamente cambiato, ma dodici specie di piante, senza tener conto delle graminacee e delle caricee, prosperavano nella piantagione e non si trovavano nella landa. L’effetto prodotto sugli insetti deve essere stato anche maggiore, perchè sei specie di uccelli insettivori erano comuni nella piantagione e non abitavano la landa, che al contrario era frequentata da due o tre altre specie d’uccelli insettivori. Vediamo quindi quali effetti rilevanti abbia prodotto l’introduzione di un solo albero; null’altro essendosi fatto che cingere di siepi la terra piantata, affinchè il bestiame non potesse entrarvi. Ma io potei verificare con evidenza, presso Farnham nel Surrey, quanto importi il recinto in tal caso. Colà stendonsi vaste lande sparse di alcuni ceppi di vecchi pini di Scozia, che ornano la vetta delle colline. Negli ultimi dieci anni essendosi cinti di siepi vasti spazi, i pini vi sparsero da sè i propri semi; ed ora vi crescono in gran numero e tanto fitti, che non tutti possono vivere. Quando io mi fui accertato che quei giovani alberi non vi erano stati seminati, nè piantati, rimasi tanto più sorpreso del loro numero, in quanto che vidi centinaia d’acri di landa libera, ove non potei contare un solo pino, ad eccezione dei ceppi piantati anticamente. Frattanto osservando più da vicino fra i fusti della landa libera, trovai una moltitudine di pianticelle e di piccoli alberi ch’erano continuamente sfruttati dai bestiami. In uno spazio della grandezza di un metro quadrato, alla distanza di poche centinaia di passi dalle antiche macchie, io numerai trentadue di questi alberetti, ed uno di essi, nel quale contavansi ventisei anelli di sviluppo, aveva cercato per altrettanti anni di alzare la sua cima sopra le piante della landa, indi era perito. Non è dunque a stupire che la terra, appena cinta di siepi, venisse ricoperta di pineti folti e vigorosi. Tuttavia questa landa era tanto sterile ed estesa, che niuno avrebbe mai immaginato che il bestiame potesse cercarvi con tanta frequenza e con tanto successo il nutrimento.

Qui noi abbiamo veduto il bestiame decidere assolutamente dell’esistenza del pino di Scozia; ma in diverse contrade certi insetti determinano l’esistenza del bestiame. Il Paraguay offre forse uno degli esempi più curiosi di questo fatto. In quel paese nè il bue, nè il cavallo, nè il cane sono ridivenuti selvaggi, quantunque lo siano verso il Nord e verso il Sud. Ora Azara e Rengger hanno provato che ciò dipende da una certa mosca, comune in quella regione, la quale depone le sue uova nell’ombelico di questi animali appena nati. L’accrescimento di quelle mosche, per quanto numerose, dev’essere generalmente limitato con qualche mezzo e probabilmente da altri insetti parassiti.

Ne segue che ove certi uccelli insettivori diminuissero nel Paraguay, gli insetti parassiti nemici delle mosche aumenterebbero; per cui facendosi minore il numero di queste ultime, esse non impedirebbero ai buoi e ai cavalli di vivere allo stato selvaggio. Ora dietro le osservazioni che potei fare nell’America meridionale, l’esistenza del bestiame allo stato di natura modificherebbe profondamente la vegetazione. Questa modificazione colpirebbe in alto grado gl’insetti, i quali reagirebbero sugli uccelli insettivori, come abbiamo visto verificarsi nella contea di Stafford; e così procedendo l’effetto si accrescerebbe sempre più in cerchi vieppiù complicati. Noi avevamo cominciato questa serie cogli uccelli insettivori, e l’abbiamo compiuta ritornando ai medesimi. Ma non è a credere che nella natura tutti i rapporti scambievoli siano tanto semplici. Continue battaglie hanno luogo con successi diversi, e tuttavia l’equilibrio delle forze è mantenuto con tanta perfezione, nel corso dei tempi, che l’aspetto della natura rimane inalterato, per lunghi periodi, benchè sovente basti la menoma circostanza per dare la vittoria a un essere organizzato sopra un altro. Però la nostra ignoranza e la nostra presunzione sono tali che noi ci facciamo le meraviglie per la estinzione di una specie; e non ravvisandone la causa, invochiamo i cataclismi a desolare il mondo, o inventiamo delle leggi sulla durata delle forme viventi!

Sono tentato di dare ancora un esempio, per provare che le piante e gli animali più lontani nella scala naturale sono collegati da una rete di rapporti complessi. Più innanzi io avrò occasione di notare che la Lobelia fulgens esotica non è mai visitata dagli insetti in questa parte dell’Inghilterra; e che in seguito alla sua particolare conformazione non può mai produrre alcun seme. La visita delle farfalle è assolutamente necessaria a molte delle nostre orchidee per spandere il loro polline e fecondarle. Abbiamo esperienze che ci convincono che i pecchioni sono quasi indispensabili alla fecondazione della viola del pensiero (Viola tricolor), perchè le altre api non vi si arrestano. Ho anche scoperto che parecchie specie di trifoglio richieggono la visita delle api per divenire feconde: per esempio, 20 capi di trifoglio olandese (Trifolium repens) diedero 2290 semi, mentre 20 altri individui di questa specie, inaccessibili alle api, non ne diedero uno solo. Così 100 piante di trifoglio rosso (Trifolium pratense) produssero 2700 semi, ma altrettante pianticelle difese dalle api non diedero semente di sorta. I soli pecchioni visitano il trifoglio rosso; le altre api non ne possono suggere il nèttare. Si è sostenuta l’idea che le falene potessero cooperare alla fecondazione dei trifogli; ma io dubito che ciò sia possibile pel trifoglio rosso, giacchè il loro peso non basta a deprimere i petali della corolla. D’onde può inferirsi che se l’intero genere dei pecchioni divenisse molto raro o si estinguesse in Inghilterra, probabilmente la viola del pensiero ed il trifoglio rosso diminuirebbero assai o scomparirebbero interamente.

Il numero dei pecchioni in qualsiasi regione dipende in gran parte dal numero dei topi campagnoli che distruggono i loro favi e i loro nidi; e M. H. Newmann, che osservò lungamente le abitudini dei pecchioni, crede che "più di due terzi di questi sono così distrutti in Inghilterra". Ora il numero dei topi dipende principalmente, come tutti sanno, dal numero dei gatti; e il sig. Newmann dice che presso i villaggi e le borgate egli ha trovato i nidi dei pecchioni in maggior copia che altrove, il che egli attribuisce al gran numero dei gatti che distruggono i topi campagnoli. È dunque credibilissimo che la presenza di un numero di animali felini in un distretto, determini, mediante l’intervento dei sorci e delle api, la quantità di certi fiori nel distretto stesso.

La moltiplicazione di ogni specie è dunque sempre inceppata da diverse cause, che agiscono in vari periodi della vita e nelle differenti stagioni dell’anno; alcune sono più efficaci, ma tutte concorrono a determinare il numero medio degli individui od anche l’esistenza della specie. In alcuni casi si può dimostrare che in diverse regioni agiscono cause diverse sopra le medesime specie. Quando si considerano le piante e gli arbusti che coprono un terreno incolto, siamo indotti ad attribuire il loro numero proporzionale e le loro specie a ciò che chiamiamo il caso. Ma quanto falsa è questa opinione! Quando si atterra una foresta americana sappiamo che sorge una vegetazione diversissima; pure si è notato che le antiche rovine indiane del mezzogiorno degli Stati Uniti, che un tempo erano state spogliate dei loro alberi, spiegano al presente la medesima meravigliosa diversità e proporzione di razze, quale è quella delle vergini boscaglie vicine. Quale tenzone deve essersi continuata per lunghi secoli fra le differenti specie di alberi, quando ciascuna spande annualmente i propri semi a migliaia! Quale guerra degli insetti contro altri insetti; degli insetti, lumache ed altri animali contro gli uccelli e gli animali rapaci! Tutti sforzandosi di moltiplicare e tutti nutrendosi gli uni degli altri o cibandosi a spese degli alberi, dei loro semi, dei loro pollini o d’altre piante che prima coprivano la terra e impedivano conseguentemente lo sviluppo degli alberi! Che si getti in aria un pugno di penne e ognuna ricadrà al suolo secondo leggi definite; ma quanto è semplice il problema della loro caduta in confronto di quello delle azioni e reazioni delle piante ed animali innumerevoli che nel corso dei secoli determinarono i numeri proporzionali e le specie degli alberi che ora crescono sulle rovine indiane!

La dipendenza di un essere organico da un altro, come quella del parassita rispetto alla sua preda, si manifesta generalmente fra esseri molto lontani fra loro nella scala naturale. Tale è spesso il caso di quelli che si possono riguardare con ragione in lotta fra loro per l’esistenza, come nel caso delle locuste e dei mammiferi erbivori. Ma quasi sempre la lotta è anche molto più viva fra gl’individui della medesima specie, dovendo essi frequentare i medesimi distretti, esigere il medesimo nutrimento e trovarsi esposti ad uguali pericoli. Nelle varietà di una stessa specie la lotta deve essere in generale quasi ugualmente seria e noi spesso vediamo la vittoria decisa presto; se ad esempio parecchie varietà di grano sono seminate insieme e se la semente mescolata viene seminata di nuovo, quelle varietà che meglio convengono al suolo e al clima e che naturalmente sono le più feconde hanno il sopravvento, danno semi in maggior quantità e soppiantano in breve tutte le altre. Per mantenere un miscuglio di varietà estremamente affini, come i piselli odorosi di colori diversi, è necessario raccoglierli ogni anno separatamente e mescolarne la semente in proporzione conveniente; altrimenti le varietà più deboli diminuiscono rapidamente e costantemente, fino a scomparire del tutto. Così avviene delle varietà di pecore; si è osservato che certe varietà di montagna cagionano l’estinzione di altre varietà, così che non possono tenersi frammiste nei medesimi pascoli. Il medesimo effetto si è veduto nelle diverse varietà di sanguisughe medicinali, che stanno negli stessi serbatoi. Potrebbe dubitarsi che tutte le varietà delle nostre piante coltivate e dei nostri animali domestici abbiano con tanta esattezza lo stesso vigore, le stesse abitudini e una identica costituzione, e che le proporzioni primitive di un miscuglio possano mantenersi per una mezza dozzina di generazioni, se nulla contrasta la lotta che avrà luogo fra di esse, come fra le razze selvagge, e se i semi od i figli non sono assortiti annualmente.