Sulla origine delle specie per elezione naturale, ovvero conservazione delle razze perfezionate nella lotta per l'esistenza/Capo VI/Sull'origine e sulle transizioni degli esseri organici dotati di particolari abitudini e strutture

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Capo VI

Sull'origine e sulle transizioni degli esseri organici dotati di particolari abitudini e strutture

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Capo VI

Sull'origine e sulle transizioni degli esseri organici dotati di particolari abitudini e strutture
Capo VI - Sull'assenza o rarità delle varietà transitorie Capo VI - Organi estremamente perfetti e complicati

Si è chiesto dagli oppositori della nostra dottrina in che modo, per esempio, un animale carnivoro terrestre possa essere stato trasformato in animale acquatico: come può infatti un animale aver continuato ad esistere nel suo stato transitorio? Sarebbe facile dimostrare che nel medesimo gruppo esistono animali carnivori che posseggono ogni gradazione intermedia fra le abitudini veramente acquatiche e quelle puramente terrestri; ora, siccome ognuno esiste in seguito alla lotta per la vita, è chiaro che deve essere anche bene adatto nelle sue abitudini alla propria dimora nella natura. Prendiamo la Mustela vison dell’America settentrionale, che ha i piedi palmati e rassomiglia alla lontra nel suo pelo, nelle sue gambe corte, e nella forma della coda; nell’estate quest’animale si tuffa nell’acqua e si nutre di pesce, ma durante il lungo inverno abbandona le acque gelate e coglie, come gli altri gatti del polo, i sorci ed altri animali terrestri. Se si fosse scelto un altro caso e si fosse domandato, come un mammifero insettivoro possa cambiarsi in pipistrello volante, la questione sarebbe stata assai più difficile, e non avrei saputo dare alcuna risposta. Tuttavia credo che queste obbiezioni non abbiano molto peso.

In questo luogo, come in altre occasioni, io soggiaccio un grave svantaggio, perchè, tra i moltissimi fatti da me raccolti, io non posso dare che uno o due esempi di abitudini e strutture transitorie di specie strettamente affini di uno stesso genere; e di abitudini diverse costanti od accidentali in una medesima specie. Mi sembra però che una lunga lista di questi fatti basterebbe a scemare la difficoltà di ogni caso speciale, analogo a quello del pipistrello.

Consideriamo intanto la famiglia degli scoiattoli; noi abbiamo in essa la più regolare gradazione dagli individui che hanno la coda leggermente appianata, e da quelli che, come osservò J. Richardson, hanno la parte posteriore del loro corpo alquanto più larga, e la pelle dei loro fianchi più sviluppata, fino a quelli scoiattoli che si dicono volanti. Questi scoiattoli volanti hanno le loro membra ed anche la base della coda riunite per mezzo di una larga espansione della pelle, la quale serve loro di paracadute e permette ai medesimi di sostenersi nell’aria, per saltare da un albero all’altro, ad una distanza prodigiosa. Noi non possiamo mettere in dubbio che ogni struttura speciale sia utile a ciascuna razza di scoiattoli nel loro paese nativo, per renderli più agili ad evitare gli uccelli rapaci o le belve, o anche per facilitare ad essi la provvista dell’alimento, o infine per diminuire il pericolo di accidentali cadute, come può con ragione supporsi. Ma non deve da questo fatto scaturire la conseguenza ch’ogni scoiattolo sia dotato della struttura migliore che sia possibile immaginare, sotto tutte le condizioni naturali. Poniamo che il clima e la vegetazione si mutino, poniamo che altri roditori antagonisti, o nuovi animali rapaci, si introducano, oppure che alcuni fra gli antichi animali si modifichino, e tutta l’analogia ci trarrà nell’opinione che fra gli scoiattoli almeno alcuni diminuiranno di numero o rimarranno estinti, quando non finiscano anch’essi per subire modificazioni e perfezionamenti di struttura in un modo corrispondente. Perciò io non posso vedere alcuna difficoltà, specialmente sotto condizioni di vita mutabili, nella continua preservazione di individui dotati di membrane ai fianchi sempre più sviluppate e complete, ogni modificazione essendo utile in tal caso, e trasmessa per eredità fino al punto in cui, per gli effetti accumulati di codesto eccesso di elezione naturale, si sia formato uno scoiattolo volante.

Ora portiamo la nostra attenzione sul galeopiteco, o lemuro volante, che un tempo venne falsamente classificato fra i pipistrelli. Egli possiede una larga membrana ai fianchi, la quale si estende dagli angoli della mascella fino alla coda e racchiude le estremità e le dita allungate: tale membrana è fornita di un muscolo estensore. Benchè al presente non si rinvengano legami graduali di tale struttura, tra gli altri lemuri e il galeopiteco, nondimeno io non trovo strano il supporre che anticamente questi legami esistessero e che ognuno di essi apparisse colla stessa gradazione che si osserva nel caso degli scoiattoli comuni e degli scoiattoli volanti; poichè ogni fase di miglioramento di struttura in questa direzione fu sempre utile all’individuo. Io non trovo inoltre alcuna difficoltà insuperabile nel supporre che nel galeopiteco sia avvenuto gradatamente l’allungamento dello avambraccio e delle dita, fra le quali si estende la membrana, per mezzo della elezione naturale; e ciò non sarebbe che una trasformazione di questo lemuro in pipistrello, almeno per quanto riguarda gli organi del volo. Nei pipistrelli, che hanno la membrana delle ali dal vertice della spalla alla coda, incluse le gambe posteriori, noi vediamo forse le tracce di un apparato in origine destinato piuttosto ad aiutare l’animale nell’attraversare l’aria fra due punti non molto discosti, anzi che costituito per il volo.

Se circa una dozzina di uccelli fossero rimasti estinti o non conosciuti, chi avrebbe potuto avventurarsi a congetture che possono esservi stati uccelli, i quali impiegassero le loro ali semplicemente a guisa di spatole, per svolazzare alla superficie dell’acqua come l’anitra stupida (Micropterus di Eyton), oppure servendosene di natatoie nell’acqua e di estremità anteriori sulla terra, come il pinguino; a guisa di vele come lo struzzo per facilitare la corsa; ed anche per nessuna funzione come l’apterice? Eppure la struttura di ognuno di questi uccelli è buona per lui, nelle condizioni di vita, alle quali trovasi esposto, e nelle quali deve lottare per la sua esistenza; ma quella struttura non è necessariamente la migliore possibile, in tutte le condizioni possibili. Da queste osservazioni non deve dedursi che ciascuno dei gradi citati nella struttura delle ali (che forse potranno avere avuto origine dal non-uso) indichi la gradazione naturale, per la quale gli uccelli acquistarono la perfetta facoltà di volare; valgono però almeno a dimostrare quali mezzi diversi di transizione sono possibili.

Se si riflette che alcuni pochi animali dotati di respirazione acquatica, delle classi dei crostacei e dei molluschi, sono adatti a vivere sulla terra: e si pensa che gli uccelli volano, che vi sono dei mammiferi volanti e degli insetti volanti, appartenenti ai tipi più diversi; che inoltre esistettero nelle epoche passate dei rettili volanti, allora può comprendersi come i pesci volanti, che al presente coll’aiuto delle loro pinne pettorali s’innalzano obliquamente sopra il livello del mare e attraversano l’aria in un arco largo, possano essere trasformati in animali perfettamente alati. Quando ciò fosse avvenuto, chi si sarebbe mai immaginato che in un primitivo stato transitorio essi fossero abitatori dell’oceano e usassero i loro organi incipienti del volo per schivare di essere divorati da altri pesci?

Quando noi osserviamo un organo altamente perfezionato per una speciale abitudine, come le ali degli uccelli per volare, dobbiamo riflettere che quegli animali, nel primo stadio di formazione, assai di rado potevano conservarsi sino ad oggi, perchè essi saranno stati sostituiti da altri, per mezzo del processo di perfezionamento, operato dall’elezione naturale. Inoltre noi dobbiamo pensare che i gradi transitorii fra quelle strutture che sono adattate ad abitudini di vita affatto opposte, non si svilupparono nel periodo primitivo in gran numero e sotto molte forme subordinate. Così ritornando all’esempio ideato del pesce volante, non deve sembrare probabile che alcuni pesci, capaci di volare, possano essersi sviluppati sotto molte forme subordinate, per impadronirsi di varie sorta di preda in diversi modi, sulla terra o nell’acqua, finchè i loro organi per il volo avessero raggiunto un alto stadio di perfezione, e non avessero ottenuto un vantaggio deciso sopra gli altri animali nella lotta per la vita. Quindi la probabilità di scoprire specie dotate di gradi transitori di struttura, nella condizione di fossili, sarà sempre minore; poichè le medesime esistettero in numero molto più ristretto, che quando le specie ebbero un organismo pienamente sviluppato.

Ora passiamo a due o tre esempi di abitudini rese diverse e modificate presso individui di una medesima specie. In un dato caso potrà agevolmente l’elezione agire sull’animale, conformandolo, per mezzo di alcune modificazioni di struttura, alle sue nuove abitudini, oppure esclusivamente ad una di queste abitudini diverse. Ma è difficile stabilire, cosa per noi di poca entità, se generalmente le abitudini si cangino prima della struttura: o se piccole modificazioni di struttura inducano la mutazione delle abitudini; probabilmente può dirsi che ambedue variano spesso quasi simultaneamente. Quanto ai casi di cambiamento d’abitudini, basterà semplicemente ricordare i molti insetti d’Inghilterra, che attualmente si nutrono di piante esotiche, o esclusivamente di sostanze artificiali. Quanto alle abitudini diversificate, potrebbero darsi esempi senza fine. Io spesso ho osservato una specie di laniere dell’America meridionale (Saurophagus sulphuratus) svolazzare sopra un luogo e poi sopra un altro come un falchetto da torre e altre volte rimanere stazionario sul margine dell’acqua, per lanciarsi poi con impeto sul pesce a guisa di alcedine. Nel nostro stesso Paese può vedersi talvolta la cingallegra maggiore (Parus major) arrampicarsi ai rami quasi come un picchio; altre volte ammazzare i piccoli uccelli a colpi di becco, non altrimenti del laniere; ed io pure l’osservai molte volte rompere a colpi i semi del tasso sopra un ramo ed altre schiacciarli col becco, come fa il rompinoce. Nell’America del Nord fu veduto dall’Hearne l’orso nero nel mentre nuotava per diverse ore, con la bocca spalancata per cogliere gl’insetti nell’acqua, ad imitazione dei cetacei.

Come noi talvolta notiamo esservi qualche individuo d’una specie che tiene abitudini affatto diverse da quelle della specie stessa e delle altre specie del medesimo genere, possiamo arguirne, secondo la mia teoria, che questi individui accidentalmente potrebbero dare origine a nuove specie, avendo abitudini anormali e la loro struttura modificata leggermente od anche notevolmente da quelle del loro medesimo tipo. Questi fatti si incontrano nella natura. Quale esempio di adattamento infatti sarebbe più concludente di quello dei picchi che si arrampicano sugli alberi e colgono gli insetti nelle fessure della corteccia? Tuttavia trovansi nell’America settentrionale dei picchi che mangiano le frutta, ed altri forniti d’ali allungate che si impadroniscono degli insetti di volo. Nelle pianure della Plata, in cui non cresce alcun albero, havvi un picchio (Colaptes campestris) che ha due dita in avanti e due indietro, una lingua lunga ed appuntata e le penne della coda resistenti, benchè meno resistenti di quelle dei picchi tipici (ed io lo vidi ciò nondimeno usare la coda come di un punto d’appoggio per mantenersi contro un piano verticale) e dotato di un becco ritto e robusto. Il becco non è forte come quello dei picchi tipici: è però abbastanza duro per forare il legno. Quindi il Colaptes della Prata è a considerarsi come un picchio, in tutte le parti essenziali della sua organizzazione. Persino alcuni caratteri di minore importanza, come il colore, il suono aspro della voce e il volo ondulatorio, tutto mi persuade della sua affinità coi nostri comuni picchi. Ma questo picchio, come posso assicurare dietro le mie proprie osservazioni e quelle dell’esatto Azara, in certi distretti non si arrampica mai sugli alberi, e costruisce il nido nelle cavità delle rive. In certi altri distretti lo stesso picchio, come Hudson assicura, visita gli alberi, e pratica dei fori nei tronchi per porvi il suo nido. Voglio addurre ancora un esempio di variate abitudini di vita, tolto dallo stesso gruppo. Il De Saussure ha descritto un Colaptes messicano, del quale ci racconta che pratica dei fori nel duro legno per deporvi i suoi depositi di ghiande.

Le procellarie sono fra gli uccelli i maggiori volatori e frequentatori del mare, ma nello stretto tranquillo della Terra del Fuoco la Puffinuria Berardi potrebbe essere scambiata da ognuno per un pinguino o per un colimbo, in causa delle sue abitudini generali, della sua meravigliosa facoltà di immergersi nell’acqua, del modo di nuotare, e di volare, quando involontariamente prende il volo; ciò nonostante essa è essenzialmente una procellaria, ma con molte parti della sua organizzazione profondamente modificate in rapporto alle sue nuove abitudini di vita: mentre il picchio della Plata ha una struttura solo leggermente modificata. Nel merlo acquatico al contrario il più acuto osservatore non potrebbe mai desumere le sue abitudini acquatiche per quanto ne esaminasse il corpo morto; però questo membro anomalo della famiglia dei tordi terrestri si tuffa nell’acqua, scava i ciottoli coi piedi e impiega le sue ali sotto l’acqua. Tutti i membri dell’ordine degli imenotteri sono animali terrestri, ad eccezione del genere Proctotrupes, il quale, come ha trovato recentemente il Lubbock, è acquatico nelle sue abitudini. Questi animali vanno spesso nell’acqua, si sommergono, non col mezzo delle zampe, ma delle ali, e rimangono perfino quattro ore sott’acqua. E tuttavia nulla si rinviene nella loro struttura, che fosse in relazione con abitudini così anormali.

Coloro che pensano che ogni essere sia stato creato nello stato in cui oggi lo troviamo, debbono talvolta rimanere sorpresi dall’incontrare un animale avente delle abitudini che non sono conformi alla struttura. Che cosa vi ha di più chiaro, che i piedi palmati delle oche e delle anitre siano stati formati per il nuoto: tuttavia sonovi nei paesi montuosi delle anitre a piedi palmati che raramente o quasi mai scendono nell’acqua; niuno ha mai osservato, eccetto Audubon, la fregata, che ha i suoi quattro diti palmati, posarsi sulla superficie del mare. D’altra parte, i colombi e le folaghe sono eminentemente acquatici, benchè le loro dita siano soltanto orlate con una membrana. Certamente nulla può sembrare più evidente delle dita lunghe delle gralle, formate per camminare sopra le paludi e sulle piante acquatiche! eppure l’Ortygometra ha abitudini consimili a quelle della folaga; e il rallo è terrestre quasi come la quaglia o la pernice. In questi casi, e in molti altri che potrebbero citarsi, le abitudini furono modificate, senza che la struttura subisse cambiamenti corrispondenti. Il piede palmato dell’anitra di montagna può dirsi che sia divenuto rudimentale nella funzione, ma non già nella struttura. La membrana profondamente solcata fra le dita della fregata, prova che la struttura di questo uccello cominciò a cambiarsi.

Quelli che tengono l’opinione degli atti innumerevoli e separati di creazione diranno che in simili casi piacque al Creatore di far sì che un essere di un tipo prendesse il posto di quello d’un altro tipo; mi sembra che con ciò si ristabilisca il fatto con un linguaggio mistico. Quelli che credono nella lotta per l’esistenza e nel principio dell’elezione naturale, sanno che ogni essere organico si sforza costantemente di crescere in numero; e che se ogni essere varia, anche in menomo grado, nelle abitudini o nella struttura, e acquista per tal modo un vantaggio sopra qualche altro abitante della regione, egli ne prenderà il posto, per quanto diverso da quello che prima occupava. Quindi a costoro non parrà strano che esistano anitre e fregate a piedi palmati, le quali vivano in un paese secco e non scendano nell’acqua che assai di rado; che vi siano dei Crex dotati di lunghe dita, i quali abitano nei prati, anzichè nelle paludi; che si trovino dei picchi in luoghi in cui non esistono alberi; che si abbiano tordi che si tuffano nell’acqua e che esistano delle procellarie colle abitudini dei pinguini.