Sulla origine delle specie per elezione naturale, ovvero conservazione delle razze perfezionate nella lotta per l'esistenza/Capo VIII/Cambiamenti ereditati di abitudini o di istinti negli animali domestici

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Capo VIII

Cambiamenti ereditati di abitudini o di istinti negli animali domestici

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La possibilità od anche la probabilità di ereditare variazioni di istinto nello stato di natura, viene confermata ed avvalorata dall’esaminare brevemente alcuni casi allo stato di domesticità. Noi ci renderemo per tal modo capaci di ravvisare le parti rispettive che l’abitudine e l’elezione delle così dette variazioni accidentali hanno avuto nel modificare le qualità mentali de’ nostri animali domestici. È noto che negli animali domestici le qualità mentali variano assai. Fra i gatti, ad es., l’uno è per sua natura inclinato a pigliare ratti, l’altro a pigliare sorci; e si sa che queste inclinazioni vengono ereditate. Secondo St. John un gatto portava sempre a casa degli uccelli selvatici, un altro lepri o conigli, un altro ancora cacciava sopra terreno paludoso e prendeva ogni notte francolini o beccaccie. Vi sono molti curiosi esempi autentici della ereditabilità di tutte le gradazioni delle disposizioni diverse e dei gusti, non che delle più curiose astuzie, associate con certi stati della mente, o a certi periodi di tempo. Permetteteci di considerare il caso familiare delle varie razze di cani. Non può mettersi in dubbio che i giovani cani da ferma (io stesso ne ho veduto un esempio singolare) cercano talvolta la selvaggina, ed anche superano gli altri cani, fino dal primo giorno in cui sono condotti nelle campagne; la proprietà di salvare è in qualche grado ereditata dai cani di salvamento; e la tendenza di correre intorno al gregge, invece di seguirlo, è propria dei cani da pastori. Non potrei vedere alcuna differenza essenziale fra queste azioni e i veri istinti, mentre si compiono dai giovani senza alcuna esperienza e quasi nell’identica maniera da ogni individuo, e si fanno con vivo interesse da ogni razza e senza che ne sappiano lo scopo; - poichè i giovani cani da ferma non sanno di arrestare la selvaggina per aiutare il loro padrone, più di quello che la farfalla bianca conosca per qual motivo deponga le sue uova sulla foglia del cavolo. Se noi osservassimo una specie di lupo, ancora giovane e senza alcuna educazione, nell’istante in cui fiuta la sua preda, rimanere immobile come una statua, e quindi incamminarsi lentamente verso la medesima con un andamento particolare; e quando ne vedessimo un’altra specie, invece di lanciarsi contro un branco di daini, correr loro intorno a cacciarli poi verso un punto distante, noi certamente dovremmo chiamare istintive queste operazioni. Quegli istinti, che possono chiamarsi domestici, sono certamente assai meno fissi degli istinti naturali; ma essi sono sottoposti ad una elezione molto rigorosa e sono stati trasmessi per un periodo incomparabilmente più corto, e sotto circostanze di vita meno costanti.

Quando si incrociano diverse razze di cani, si osserva quanto forte sia la tendenza di ereditare gli istinti domestici, le abitudini e le disposizioni diverse, e in qual maniera curiosa rimangono mescolate. Infatti è noto che l’incrociamento del levriere col bull-dog ha influito per molte generazioni sul coraggio e sulla tenacità del primo, e che un incrociamento del levriere col cane pastore produsse una famiglia di cani pastori, con una tendenza particolare ad inseguire le lepri. Gli istinti domestici, così esperimentati per mezzo dell’incrociamento, rassomigliano agli istinti naturali, i quali in modo analogo sono strettamente confusi insieme, e per lungo tempo offrono traccie degli istinti dei progenitori; per esempio, Le Roy descrive un cane, il cui avo era un lupo, il quale dava segni della sua parentela selvaggia in un modo solo, cioè col non correre mai in linea retta verso il suo padrone, quando questi lo chiamava.

Talvolta si è parlato degli istinti domestici come di azioni che furono ereditate solo per l’abitudine lungamente protratta ed imposta, ma ciò non sussiste. Niuno avrà mai immaginato che sia possibile di ammaestrare un colombo a fare il capitombolo, azione che io posso attestare è compiuta dai giovani colombi di quella razza, senza che abbiano mai veduto fare il capitombolo. Potrebbesi ritenere che qualche colombo provasse una leggiera tendenza a questa strana abitudine, e che l’elezione protratta lungamente degli individui migliori, nelle generazioni successive, li rendesse capaci di fare il capitombolo come si osserva attualmente. Presso Glasgow sonovi delle colombaie di questi piccioni i quali, come fu riferito da M. Brent, non possono volare fino all’altezza di diciotto pollici senza volgere il capo sotto le gambe: Probabilmente nessuno avrebbe mai pensato ad ammaestrare un cane alla ferma, se prima qualche cane non avesse mostrato una tendenza naturale a questo scopo; e noi sappiamo che questa tendenza si è manifestata accidentalmente, come io ho osservato una volta in un puro bassetto. L’atto di puntare nel cane è probabilmente, come molti hanno pensato, soltanto la pausa esagerata di un animale che si appresta a saltare sulla sua preda. Quando la primitiva tendenza di arrestarsi fu spiegata convenientemente, l’elezione metodica e gli effetti ereditati della educazione forzata, in ogni generazione successiva, avrebbero compiuto l’opera; indi l’elezione inavvertita avrebbe continuato in questo senso, poichè ogni uomo ama procurarsi quei cani che si arrestano e cercano meglio.

D’altra parte la sola abitudine può in qualche caso bastare; nessun animale è più difficile da addomesticare dei piccoli conigli selvatici; al contrario non si troverà un animale più domestico dei giovani conigli addomesticati. Ma io non posso supporre che i conigli domestici siano mai stati scelti per la loro docilità; e debbo presumere che tutto il cambiamento ereditato dall’estrema selvatichezza alla docilità e sottomissione estrema, sia dovuto semplicemente all’abitudine e alla stretta reclusione continuata per lungo tempo.

I naturali istinti si perdono allo stato di domesticità. Abbiamo un esempio rimarchevole di ciò in quelle razze di polli che raramente od anche mai divengono covatori, cioè non desiderano mai di adagiarsi sulle loro uova. L’assuefazione ci toglie di osservare quanto vaste ed universali siano le modificazioni avvenute nelle facoltà mentali dei nostri animali domestici, per effetto della loro captività. Nè può dubitarsi che l’affezione per l’uomo non sia resa istintiva nel cane. Tutti i lupi, le volpi, gli sciacalli e le specie del genere gatto, quando divennero domestici, si mostrarono più ardenti nell’inseguire i polli, le pecore e i maiali; e questa tendenza fu trovata incurabile anche nei cani che furono trasportati piccoli da quei paesi ne’ quali i selvaggi non conservano questi animali in domesticità, come dalla Terra del Fuoco e dall’Australia. Da un’altra parte quanto è raro che ci occorra avvezzare i nostri cani civilizzati, anche quando sono giovanissimi, a non perseguitare i polli, le pecore e i maiali! Certamente essi occasionalmente si permettono di inseguirli, e per questo noi li battiamo, e quando ciò non bastasse li distruggiamo; quindi l’abitudine, con qualche grado di elezione, ha influito probabilmente a civilizzare i nostri cani per mezzo dell’eredità. Del resto i pulcini hanno interamente perduto, per l’abitudine, il timor dei cani e dei gatti, che al certo era in essi istintivo in origine; nella stessa guisa che questo timore è istintivo nei giovani fagiani, anche se sono allevati dalla chioccia. Non già che i pulcini abbiano dimesso ogni paura, ma la sola paura dei cani e dei gatti; perchè se la chioccia dà il grido d’allarme, essi corrono a nascondersi sotto le sue ali (specialmente i giovani tacchini); o vanno a celarsi nelle erbe o nei cespugli vicini e ciò proviene evidentemente dall’istintivo proposito di permettere alla loro madre di volarsene via, come si osserva negli uccelli selvatici che si trattengono sul terreno. Ma questo istinto, conservato dai nostri pulcini, è divenuto inutile allo stato di domesticità, perchè la chioccia ha quasi interamente perduta la facoltà di volare pel non-uso.

Quindi noi possiamo dedurne che allo stato di domesticità alcuni istinti furono acquistati e gli istinti naturali furono perduti, in parte per l’abitudine e in parte per la elezione dell’uomo, che scelse ed accumulò, durante le successive generazioni, quelle abitudini ed azioni mentali particolari che per la nostra ignoranza ci parvero accidentali. In certi casi la sola assuefazione forzata bastò per produrre delle modificazioni mentali ereditarie; in altri casi la coartazione non diede alcun risultato, e tutte le modificazioni derivarono dalla elezione continuata metodicamente e inavvertitamente: ma nella pluralità dei casi l’abitudine e l’elezione probabilmente agirono contemporaneamente.