Sulla origine delle specie per elezione naturale, ovvero conservazione delle razze perfezionate nella lotta per l'esistenza/Capo VIII/Obbiezioni contro la teoria dell'elezione naturale

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Capo VIII

Obbiezioni contro la teoria dell'elezione naturale
Rapporto agli istinti
Insetti neutri e sterili

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Capo VIII

Obbiezioni contro la teoria dell'elezione naturale
Rapporto agli istinti
Insetti neutri e sterili
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Si è obbiettato alle precedenti considerazioni, sull’origine dell’istinto, che "le variazioni di struttura e di istinto debbono essere state simultanee ed accuratamente adattate le une alle altre; per modo che una modificazione nell’una, senza un immediato cambiamento corrispondente nell’altra, sarebbe stata fatale". Tutta la forza di questa obbiezione sembra consista intieramente nel supposto che i cangiamenti di istinto e di struttura siano repentini. Prendiamo, per esempio, il caso della cingallegra maggiore (Parus major), alla quale facemmo allusione in un capo precedente; quest’uccello spesso prende i semi del tasso fra i suoi piedi sopra un ramo, e li batte col suo becco, finchè ne sia uscita la polpa. Ora quale particolare difficoltà vi sarebbe che l’elezione naturale conservasse ogni piccola variazione del becco, che lo rendesse meglio adatto a frangere i semi, finchè si giungesse ad un becco, tanto acconciamente costruito per codesto scopo come quello del rompinoce, nel medesimo tempo che l’abitudine ereditaria, o l’impulso per la mancanza di altro cibo, ovvero la conservazione delle accidentali variazioni del gusto, rendesse l’uccello esclusivamente granivoro? In tal caso noi supponiamo che il becco si sia lentamente modificato, per mezzo della elezione naturale, in seguito ad abitudini lentamente mutate ed in relazione ad esse. Ora ammettiamo che il piede della cingallegra varii e cresca in grandezza per la correlazione col becco, o per qualsiasi altra causa; rimarrà forse molto improbabile che questi piedi più grandi permettano all’uccello di arrampicarsi sempre più facilmente, finchè esso acquisti il rimarchevole istinto e la capacità di arrampicare, come il rompinoce? In tal caso si suppone che un graduale mutamento di struttura ingeneri dei cambiamenti nelle istintive abitudini della vita. Prendiamo un altro esempio; pochi istinti sono più notevoli di quello che muove la salangana delle Isole Britanniche Orientali a formare il suo nido interamente di saliva condensata. Alcuni uccelli fabbricano i loro nidi colla terra, che si crede umettata colla saliva, e una rondine dell’America settentrionale fa il suo nido (come ho veduto) con piccoli pezzetti di legno, agglutinati colla saliva, e con fiocchi di questa sostanza condensata. È quindi per avventura molto improbabile che l’elezione naturale di quelle salangane, che avevano una secrezione salivale sempre più abbondante, abbia infine prodotto una specie con istinti tali da trascurare gli altri materiali e da fare il proprio nido con saliva solidificata? Così dicasi in altri casi. Ma deve ammettersi che in molti esempi non possiamo congetturare se l’istinto o la struttura cominciò dapprima a variare.

Senza dubbio potrebbero opporsi alla teoria dell’elezione naturale molti istinti di assai difficile spiegazione. Quei casi, per esempio, in cui non siamo in grado di conoscere come un istinto sia stato possibilmente originato; quei fatti in cui non sappiamo che esistano intermedi passaggi; gli istinti che apparentemente sono di sì poca importanza, che non sono caduti sotto l’azione della elezione naturale; quegli istinti che sono quasi identicamente gli stessi, e che trovansi in animali tanto lontani dalla scala naturale, che non possiamo stabilire una tale somiglianza sulla eredità da un comune progenitore, ed anzi dobbiamo ritenere che essi provengano da atti indipendenti di elezione naturale. Io qui non tratterò questi vari fatti, ma mi limiterò ad una difficoltà speciale, che sulle prime mi parve insuperabile ed effettivamente fatale a tutta la mia teoria. Voglio alludere alle femmine neutre o sterili, nelle famiglie d’insetti; perchè questi neutri diversificano spesso nell’istinto e nella struttura, e dai maschi e dalle femmine feconde, ed essendo sterili non possono propagare la loro struttura particolare.

Il soggetto meriterebbe di essere discusso a lungo, ma io non mi arresterò che sopra un solo caso, quello cioè delle formiche operaie. È difficile comprendere in qual modo le operaie siano divenute sterili, ma ciò non è più arduo di quanto sia ogni altra grande modificazione di struttura; mentre può dimostrarsi, che alcuni insetti ed altri animali articolati divengono accidentalmente sterili nello stato di natura; se questi insetti furono sociali, e questa modificazione abbia recato profitto alla società, col nascerne annualmente un certo numero capaci di lavorare, ma incapaci di procrearne altri, non saprei trovare alcuna seria opposizione a che altrettanto venisse operato dalla elezione naturale. Ma io debbo oltrepassare questa preliminare obbiezione. La grande difficoltà consiste nel trovarsi la struttura delle formiche operaie interamente diversa da quella dei maschi e da quella delle femmine feconde, come nella forma del torace, così nell’essere prive di ali e talvolta di occhi, e differendo anche nell’istinto. Per quanto concerne l’istinto, la prodigiosa differenza fra le operaie e le femmine perfette, potrebbe opportunamente confrontarsi a quanto si osserva nelle api domestiche. Se una formica operaia, od un altro insetto neutro, è stato per l’addietro un animale nello stato ordinario, non saprei esitare un istante a stabilire che tutti i suoi caratteri furono acquistati lentamente, per opera dell’elezione naturale; vale a dire, col nascere di un individuo dotato di alcune piccole modificazioni profittevoli di struttura, le quali furono ereditate dalla sua prole; indi col variare di questa ed essere scelta alla sua volta, e così di seguito. Ma nella formica operaia noi abbiamo un insetto che differisce grandemente da’ suoi parenti, e che nondimeno è assolutamente sterile; per modo che egli non può mai aver trasmesso successivamente le modificazioni acquistate di struttura o di istinto alla sua progenie. Si può quindi chiedere, con ragione, come sia possibile conciliare questo caso colla teoria della elezione naturale

Mi sia permesso di ricordare, in primo luogo, che noi abbiamo innumerevoli esempi, sia nelle nostre produzioni domestiche, sia in quelle allo stato di natura, di tutte le sorta di differenze di struttura che sono correlative a certe fasi della vita, e all’uno o all’altro sesso. Abbiamo delle differenze correlative ad un solo sesso, ma che si verificano soltanto per un breve periodo, quando il sistema riproduttivo è in azione; come nell’abito nuziale di molti uccelli e nella mascella inferiore ad uncino del salmone maschio. Notiamo altresì delle piccole differenze nelle corna delle varie razze di bestiame bovino, in relazione ad uno stato artificialmente imperfetto del sesso maschile; perchè i buoi di certe razze hanno corna più lunghe di quelle d’altre razze, in confronto alle corna dei tori o delle vacche di queste medesime razze. Quindi non trovo una reale difficoltà che un carattere si sia palesato, in relazione alla condizione di sterilità di certi membri di una società di insetti: la difficoltà rimane nello spiegare come queste modificazioni di struttura correlative possano essere state lentamente accumulate dalla elezione naturale.

Questa difficoltà, benchè sembri insuperabile, è diminuita o tolta, come io credo, quando si ricordi che l’elezione può essere applicata alla famiglia come all’individuo, e può così raggiungere l’intento desiderato. Gli allevatori del bestiame cercano di avere la carne ed il grasso bene mescolati insieme; l’animale viene macellato, ma l’allevatore coltiva con fiducia la stessa razza. Io sono tanto convinto della potenza dell’elezione da non dubitare che una razza di buoi, la quale produce continuamente buoi dotati di corna straordinariamente lunghe, deve essere stata formata lentamente, colla scelta accurata di quelle coppie di tori e di vacche le quali diedero buoi a corna più lunghe; e nondimeno nessun bue può mai aver propagato la sua razza. Un fatto reale e più illustrativo è il seguente. Secondo il Verlot alcune varietà del leucodio invernale annuo e pieno, in seguito a diligente scelta adatta e lungamente continuata, generano sempre coi semi molti fiori pieni ed infecondi, ed in simil modo anche qualche singola pianta semplice e feconda. Queste ultime, colle quali unicamente la varietà è riprodotta, possono paragonarsi coi maschi e colle femmine feconde di una colonia di formiche; le sterili e piene invece corrispondono alle formiche sterili e neutre. Come nelle varietà del leucodio, così negli insetti sociali, l’elezione naturale fu applicata alla famiglia e non all’individuo per raggiungere uno scopo utile. Noi possiamo quindi concludere che una piccola modificazione di struttura o di istinto, in relazione alla condizione sterile di certi membri della comunità, sia riuscita vantaggiosa alla comunità stessa; per conseguenza i maschi e le femmine feconde della colonia prosperarono, e trasmisero alla loro progenie, pure feconda, la tendenza di produrre individui sterili, dotati di quella modificazione. E questo processo fu ripetuto, finchè si ottenne quel prodigioso insieme di differenze fra le femmine feconde e le sterili della stessa specie, le quali noi osserviamo in molti insetti sociali.

Ma non abbiamo ancora toccato il culmine della difficoltà, cioè il fatto che i neutri di parecchie formiche non differiscono soltanto dalle femmine feconde e dai maschi, ma diversificano inoltre fra loro; talvolta ad un grado quasi incredibile e sono così divisi in due o tre caste. Le caste, inoltre, non sono generalmente in gradazione, ma sono perfettamente bene definite; e tanto distinte fra loro, quanto possono esserlo due specie di uno stesso genere, o due generi di una stessa famiglia. Così nella Eciton abbiamo le neutre operaie e le neutre soldate, con mascelle ed istinti straordinariamente diversi; nella famiglia Cryptocerus le operaie di una casta sono le sole che portino una singolare sorta di scudo sul loro capo, di cui non si conosce lo scopo; nelle Myrmecocystus messicane le operaie di una casta non abbandonano mai il nido; esse sono nutrite dalle operaie di un’altra casta ed hanno un addome enormemente sviluppato, dal quale si secerne una specie di miele, che tiene il posto della secrezione degli afidi, o di quel bestiame domestico, come potrebbe chiamarsi, che le nostre formiche europee inseguono e tengono in loro potere.

Si dirà certamente che io ho una presuntuosa fiducia nel principio della elezione naturale, perchè non ammetto che questi fatti tanto portentosi e bene accertati valgano a distruggere la mia teoria. Nel caso più semplice, in cui degli insetti neutri tutti di una casta, o della stessa razza; furono resi affatto diversi dai maschi e dalle femmine feconde, locchè reputo possibile per fatto della elezione naturale: in tal caso, noi possiamo con certezza conchiudere, dall’analogia delle variazioni ordinarie, che ogni piccola modificazione, successiva e vantaggiosa, non si sarà manifestata dapprima in tutti gli individui neutri dello stesso nido, ma in alcuni soltanto; e che per l’elezione prolungata di quei parenti fecondi, che generarono dei neutri dotati di modificazioni utili, tutti i neutri avranno in ultimo acquistato il carattere desiderato. Partendo da questa base noi dovremmo trovare occasionalmente degli insetti neutri di una stessa specie e di un medesimo nido, i quali presentino gradazioni di struttura; ora ciò avviene appunto di sovente, anche ad onta che pochi insetti neutri di Europa siano stati studiati accuratamente. F. Smith ha mostrato in qual modo sorprendente le neutre di parecchie formiche inglesi differiscono fra loro nella grandezza e talvolta nel colore; e che le forme estreme ponno talvolta essere perfettamente collegate insieme da individui del medesimo nido. Io stesso ho rinvenuto delle gradazioni perfette di questa fatta. Spesso accade che le operaie più grandi, oppure le più piccole, sono le più numerose; od anche si trova che le operaie grandi e le piccole sono in gran numero, mentre quelle di una grandezza intermedia sono molto scarse. La Formica flava ha delle operaie grandi e delle altre piccole: ed inoltre ne ha alcune poche di corporatura media; e in questa specie, come osservò F. Smith, le operaie più grandi hanno gli occhi semplici (ocelli), benchè piccoli, pure chiaramente discernibili; al contrario le operaie più piccole hanno i loro ocelli rudimentali. Io anatomizzai diligentemente parecchi individui di queste operaie, e posso assicurare che gli occhi sono assai più rudimentali nelle piccole operaie e più di quanto sarebbe dovuto puramente alla loro corporatura, proporzionalmente più piccola; ed io sono persuaso, benchè non possa accertarlo positivamente, che le operaie di grandezza intermedia hanno gli ocelli in una condizione esattamente intermedia. Per modo che noi osserviamo qui due gruppi di operaie sterili, nel medesimo nido, i quali differiscono non solo per la grandezza, ma anche pei loro organi visivi, e sono tuttavia connessi da pochi individui, che si trovano in una condizione intermedia. In via di digressione aggiungerò che, se le operaie più piccole furon le più utili alla società, e vennero quindi continuamente prescelti quei maschi e quelle femmine che produssero delle operaie vieppiù piccole; infino a che tutte le operaie acquistarono questa struttura, avrebbe dovuto risultarne una specie di formica, con individui neutri, quasi analoga e nelle medesime condizioni della specie Myrmica, in quanto che le operaie non hanno alcun rudimento degli occhi semplici, benchè i maschi e le femmine di questo genere abbiano gli ocelli bene sviluppati.

Citerò anche un altro caso. Io ero tanto convinto di rinvenire delle gradazioni, in certe parti importanti della struttura, fra le diverse caste di neutri appartenenti ad una medesima specie, che di buon grado mi valsi dell’offerta fattami dallo Smith di molti campioni tratti da un nido di Anomma, formica cacciatrice dell’Africa Occidentale. Il lettore apprezzerà forse meglio la somma delle differenze in queste operaie, anzichè dietro gli effettivi riscontri, per mezzo di una similitudine accurata. Possiamo infatti rappresentare questa totale differenza col figurarci una schiera di lavoratori, che fabbrichino una casa, molti dei quali abbiano un’altezza di quattro piedi e cinque pollici, ed altri abbiano la statura di sedici piedi; dobbiamo poi supporre che gli operai più grandi abbiano una testa quattro volte maggiore di quella degli altri, invece di averla il triplo di grossezza, e delle mascelle quasi cinque volte più ampie. Inoltre le mascelle delle formiche operaie di diversa grandezza differirebbero immensamente nella conformazione come nella forma e nel numero dei denti. Ma il fatto più importante per noi è, che, quantunque le operaie possano aggrupparsi in caste di corporatura differente, nondimeno esse sono insensibilmente in gradazione fra loro, come avviene nella diversissima struttura delle mascelle. Posso sostenere apertamente la verità di questo fatto, perchè provato dai disegni che mi fece il sig. Lubbock, colla camera lucida, di mascelle da me tagliate sulle operaie di diversa grandezza.

Appoggiato a questi fatti, io ritengo che la elezione naturale, operando sui parenti fecondi, possa dare origine ad una specie che debba produrre regolarmente degli individui neutri, i quali o siano tutti di grande statura, con una data forma di mascelle, oppure siano di piccola statura, con mascelle conformate affatto diversamente; od anche in fine, una parte di una certa grandezza e struttura, e simultaneamente un’altra parte di una struttura e di una grandezza diversa, e questa è la maggiore difficoltà per noi. Essendosi per tal modo formata sulle prime una serie graduale, come nel caso della formica cacciatrice, e riuscendo le forme estreme più utili alla colonia, queste ultime saranno state propagate in quantità crescente, per mezzo della elezione naturale dei progenitori dai quali derivarono: finchè tutte quelle che avevano una struttura intermedia cessarono, non essendo riprodotte.

Un’analoga spiegazione diede il Wallace del fatto ugualmente complicato, che cioè certe farfalle malesi appariscono regolarmente allo stesso tempo in due e perfino tre diverse forme femminili; così pure il Fritz Müller a proposito di diversi crostacei brasiliani, che presentano due forme maschili diversissime l’una dall’altra. Ma non è d’uopo sviluppare qui l’argomento.

Tale fu, a mio credere, l’origine del meraviglioso fatto della esistenza di due caste, nettamente definite, di operaie sterili nel medesimo nido, pienamente diverse fra loro e dai loro parenti. Avviseremo alla grande utilità della loro produzione rispetto alla sociale comunità degli insetti a cui appartengono, per quel medesimo principio della divisione del lavoro, che è tanto vantaggioso all’uomo civilizzato. Siccome le formiche lavorano per gli istinti ereditati, e con gli organi ed apparecchi pure ereditati, e non già per le cognizioni acquistate e con utensili da esse apprestati, in esse non può effettuarsi una perfetta divisione di lavoro, se non per mezzo delle operaie divenute sterili; queste furono feconde in origine, indi subirono degli incrociamenti, e i loro istinti, non che la loro struttura, furono modificati e confusi. Io credo che la natura abbia effettuata quest’ammirabile divisione di lavoro nelle colonie di formiche, mediante il processo di elezione naturale. Ma sono anche costretto a confessare che, non ostante tutta la mia fiducia in questo principio, io non avrei mai supposto che la elezione naturale avesse un potere così elevato, se il fatto degli insetti neutri non mi avesse alla perfine convinto di questa verità. Volli discutere questo caso un po’ lungamente, benchè non lo abbia fatto a sufficienza, per provare quale sia il valore della elezione naturale, e parimenti perchè codesta è la più grave delle difficoltà speciali che si sono opposte alla mia teoria. Questi fatti sono molto interessanti, perchè dimostrano che negli animali, come nelle piante, ogni complesso di modificazioni nella struttura può essere prodotto dall’accumulazione di molte variazioni piccole e apparentemente accidentali, vantaggiose in qualche guisa, senza che l’esercizio o l’abitudine vi abbiano alcuna parte. Perchè nè l’esercizio, nè l’abitudine, nè la volontà possono avere alcuna influenza nei membri completamente sterili di una famiglia d’insetti, per modificare la struttura o gl’istinti degli individui fecondi, i quali soli lasciano una discendenza. Sono sorpreso che niuno abbia messo innanzi questo caso dimostrativo degli insetti neutri contro la nota dottrina delle abitudini ereditarie sostenuta da Lamarck.