Sulla origine delle specie per elezione naturale, ovvero conservazione delle razze perfezionate nella lotta per l'esistenza/Capo XII/Alternanza dei periodi glaciali al Nord e al Sud

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Capo XII

Alternanza dei periodi glaciali al Nord e al Sud

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Capo XII - Dispersione nel periodo glaciale Capo XIII


Ma fa mestieri che noi torniamo al nostro soggetto più immediato, cioè il periodo glaciale. Sono convinto che l’idea di Forbes può essere estesa largamente. In Europa noi abbiamo le prove più evidenti del periodo freddo, dalle coste occidentali della Gran Bretagna fino alla catena dell’Oural e verso il sud fino ai Pirenei. Dai mammiferi gelati e dalla natura della vegetazione dei monti, possiamo dedurre che la Siberia fu colpita nello stesso modo. Nel Libano, secondo il dott. Hooker, le nevi perpetue coprivano l’asse centrale e nutrivano dei ghiacciai che discendevano nelle vallate fino a 4000 piedi. Lo stesso osservatore ha trovato recentemente delle grandi morene, a piccole altezze nella catena dell’atlante dell’Africa settentrionale. Lungo l’Himalaya, sopra dei punti distanti 900 miglia, i ghiacciai hanno lasciato i segni dell’antica e lenta loro discesa; e nel Sikkim il dott. Hooker ha veduto crescere il grano turco sopra antiche morene gigantesche. Al sud dell’equatore abbiamo qualche prova diretta dell’antica azione glaciale nella Nuova Zelanda; e le medesime piante, trovate in monti molto lontani nell’isola, ci narrano la medesima storia. Se si avesse a confermare la verità di una descrizione che ne è stata fatta, anche nell’angolo sud-est dell’Australia si avrebbe una diretta constatazione dei fenomeni del periodo glaciale.

Rivolgiamoci all’America; nella metà settentrionale si sono osservati frammenti di roccia trasportati dai ghiacci sul lato orientale fino ad una latitudine sud di 36° - 37°, e sulle coste del Pacifico, dove il clima è al presente tanto diverso, se ne sono trovati fino al 46° di latitudine sud; si sono anche veduti dei massi erratici sulle Montagne Rocciose. Nelle Cordigliere dell’America meridionale equatoriale, i ghiacci una volta si estendevano molto al disotto del loro limite presente. Nel Chilì centrale io ho esaminato un vasto ammasso di tritumi, che giacciono trasversalmente sulla vallata di Portillo, e li attribuisco interamente all’azione glaciale; ma noi avremo più innanzi delle notizie preziose su questo argomento dal1 dott. Forbes, il quale mi annunzia di aver trovato sulle Cordigliere da 13° - 30° di latitudine sud, ad un’altezza di circa 12.000 piedi, delle roccie profondamente solcate, simili a quelle che egli era solito trovare in Norvegia, e parimenti delle grandi masse di tritumi che contenevano sassi striati. Su tutto questo spazio delle Cordigliere ora non esistono veri ghiacciai, anche ad altezze molto più considerevoli. Molto più al sud da ambe le parti del continente, fra la latitudine di 41° e la estremità più meridionale, abbiamo gl’indizi più evidenti dell’antica zona glaciale, nei massi smisurati che vennero trasportati lungi dalla loro situazione primitiva.

Questi fatti diversi, e cioè che l’effetto del ghiaccio si è esteso attorno all’emisfero boreale ed all’australe; che questo periodo fu in ambedue gli emisferi recente in senso geologico; che, a giudicare dagli effetti, esso è durato lungamente in ambedue; ed infine che ancora recentemente i ghiacciai sono discesi ad un basso livello lungo tutta la catena delle Cordigliere: - mi aveano condotto alla conclusione che durante l’epoca glaciale la temperatura si fosse abbassata contemporaneamente su tutta la superficie terrestre. Ma il Croll ha dimostrato in una serie di memorie interessantissime che una condizione glaciale del clima è il risultato di varie cause fisiche, che entrano in azione per l’aumento delle eccentricità dell’orbita terrestre. Tutte queste cause tendono allo stesso fine; ma la più potente sembra l’influenza indiretta delle eccentricità dell’orbita sulle correnti oceaniche. Secondo il Croll i periodi freddi ritornano regolarmente ogni dieci o quindicimila anni, ed essi si fanno estremamente severi ad intervalli più lunghi pel concorso di determinate circostanze, tra cui, come ha dimostrato C. Lyell, la più importante è la relativa posizione della terraferma e dell’acqua. Il Croll calcola che l’ultimo grande periodo glaciale risalga a circa 240.000 anni ed abbia durato con leggiere alterazioni di clima circa 160.000 anni. Quanto a periodi glaciali più antichi, parecchi geologi furono indotti a ritenere, da prove dirette, che ne siano esistiti durante le formazioni miocenica ed eocenica, per non parlare di formazioni più antiche. Ma il risultato per noi più importante, a cui giunse il Croll, si è questo, che mentre l’emisfero boreale attraversa un periodo freddo, la temperatura dell’emisfero australe è di fatto elevata con inverni più miti, principalmente in seguito al cambiamento nella direzione delle correnti marine. E viceversa ciò accade nell’emisfero boreale, quando l’australe passa per un periodo glaciale. Queste conclusioni gettano tanta luce sulla distribuzione geografica, che io inclino a ritenerle vere. Ma innanzi tutto io voglio esporre i fatti che richiedono una spiegazione.

Nell’America meridionale, il dott. Hooker ha provato che 40 o 50 specie di piante fanerogame della Terra del Fuoco, le quali costituiscono una parte non piccola di quella scarsa flora, sono comuni all’Europa, non ostante la distanza enorme che separa questi due luoghi; e vi sono anche molte specie strettamente affini. Sulle più elevate montagne del Brasile il Gardener trovò alcuni generi europei che non esistono nelle vaste ed ardenti contrade interposte. Così l’illustre Humboldt trovò, molti anni sono, sulla Sila di Caracas delle specie di generi caratteristici delle Cordigliere.

Nell’Africa, e precisamente sulle montagne dell’Abissinia, si hanno alcune forme caratteristiche dell’Europa ed altre poche rappresentative della flora del Capo di Buona Speranza. Nello stesso Capo di Buona Speranza si trovano alcune specie europee che non si credono introdotte colà dall’uomo, e sulle montagne si trovano parecchie forme rappresentative dell’Europa che non furono scoperte nelle parti intertropicali dell’Africa. Il dott. Hooker ha anche dimostrato recentemente che parecchie piante viventi nelle parti superiori dell’alta isola Fernando Po e sugli attigui monti Cameroon nel golfo di Guinea sono strettamente affini con quelle dei monti dell’Abissinia e con quelli dell’Europa temperata. A quanto sembra, secondo una comunicazione fattami dal dott. Hooker, R. T. Lowe avrebbe scoperto alcune di queste forme temperate sui monti delle isole del Capo Verde. Tale distribuzione delle medesime forme temperate, pressochè sotto all’equatore, attraverso all’intero continente africano fino ai monti delle isole del Capo Verde, costituisce uno dei fatti più sorprendenti che si conoscano intorno alla distribuzione delle piante.

Sull’Himalaya e sulle catene di monti isolate della penisola dell’India, sulle alture di Ceylan, e sui coni vulcanici di Java, si rinvengono molte piante o identiche fra loro, o rappresentative le une delle altre e nello stesso tempo rappresentative di quelle d’Europa, le quali mancano nelle pianure calde frapposte. Una lista dei generi raccolti sui picchi più elevati di Java presenta l’immagine di una collezione fatta sopra una collina d’Europa! Anche più stringente è il fatto che le forme dell’Australia meridionale sono chiaramente rappresentate dalle piante che crescono sulle sommità delle montagne di Borneo. Alcune di queste forme australiane, secondo il dott. Hooker, si estendono lungo le alture della penisola di Malacca e sono rade e sparpagliate da una parte sopra l’India e dall’altra verso il nord sino al Giappone.

Sulle montagne meridionali dell’Australia il dott. F. Müller ha scoperto varie specie europee; nelle pianure si trovano delle specie che non furono introdotte dall’uomo in quella regione; e si potrebbe formare una lunga lista, da quanto mi comunicò il dott. Hooker, di generi europei trovati in Australia, ma non nelle intermedie regioni torride. Nella mirabile opera Introduction to the Flora of New Zealand del dott. Hooker sono citati analoghi fatti importanti, riguardo alle piante di questa grande isola. Per conseguenza noi osserviamo che per tutto il mondo le piante che si sviluppano sulle montagne più alte e sulle pianure temperate dello emisfero boreale e dell’australe sono talvolta identiche. Sarebbe da notarsi che queste piante non sono strettamente artiche, giacchè, come ha osservato recentemente H. C. Watson, «nel retrocedere dalle latitudini polari alle equatoriali, le flore alpine o dei monti realmente divengono sempre meno artiche». Oltre queste forme identiche e strettamente affini molte specie che abitano distretti tra loro molto discosti appartengono a generi che più non si rinvengono nelle interposte pianure tropiche. Questo breve ragionamento si applica alle sole piante; ma potrebbero esporsi alcuni fatti analoghi sulla distribuzione degli animali terrestri. Nelle produzioni marine si trovano dei casi consimili; così, per esempio, posso citare un’osservazione tratta dalla più alta autorità, il prof. Dana, cioè che «certamente è un fatto straordinario che nella Nuova Zelanda si abbiano crostacei assai più somiglianti a quelli della Gran Bretagna, sua antipode, che a quelli di ogni altra parte del mondo». Anche J. Richardson parla della ricomparsa di forme nordiche di pesci sulle coste della Nuova Zelanda, della Tasmania, ecc. E il dott. Hooker mi narrava che venticinque specie di alghe sono comuni alla Nuova Zelanda ed all’Europa, ma non sono state trovate nei mari tropicali intermedi. Stando ai fatti suesposti, e cioè alla presenza di forme temperate sulle alture traverso tutta l’Africa equatoriale, e lungo la penisola dell’India, il Ceylan e l’Arcipelago Malese, e in modo meno marcato traverso il vasto spazio dell’America meridionale tropicale, sembra cosa quasi certa, che in un periodo passato e precisamente durante la parte più fredda dell’epoca glaciale le pianure di questi grandi continenti sotto all’equatore siano state abitate da un numero considerevole di forme temperate. In quell’epoca il clima equatoriale al livello del mare era probabilmente uguale a quello che ora domina alle stesse latitudini ad un’altezza di cinque a seimila piedi, e forse anche più freddo. Durante quel tempo freddissimo le pianure sotto all’equatore saranno state vestite di una vegetazione mista, tropica cioè e temperata, simile a quella descritta dall’Hooker, che ora prospera sulle basse pendici dell’Himalaya ad un’altezza di quattro a cinquemila piedi, solo che in quella v’era forse maggiore prevalenza delle forme temperate. Anche il Mann ha trovato che nell’isola montuosa Fernando Po nel golfo di Guinea ad un’altezza di circa cinquemila piedi incominciano a comparire le forme temperate europee. Sui monti del Panama il dott. Seemann ha trovato ad un’altezza di soli duemila piedi la vegetazione uguale a quella del Messico, «forme della zona torrida armonicamente unite con quelle della temperata».

Ora vogliamo vedere se la conclusione del Croll, secondo cui nel tempo, nel quale l’emisfero boreale era dominato dal maggior freddo dell’epoca glaciale, lo emisfero australe era in fatto più caldo, rischiari alquanto la presente, apparentemente inesplicabile, distribuzione geografica di diversi organismi nelle parti temperate d’ambedue gli emisferi e sulle montagne dei tropici. L’epoca glaciale, misurata con un numero di anni, deve aver durato lungamente; e se pensiamo che alcune piante ed animali naturalizzati in pochi secoli si sono estesi sopra vaste superfici, quel tempo apparirà lungo abbastanza per qualsiasi grado di migrazione. Man mano che il freddo aumentava, le forme artiche invadevano le regioni temperate; e pei fatti su citati non può sussistere alcun dubbio che alcune delle forme dominanti temperate più vigorose e più diffuse abbiano invaso le bassure equatoriali. Allo stesso tempo gli abitanti di queste bassure calde saranno migrati verso le regioni tropiche e subtropiche del Sud, giacchè in quel periodo l’emisfero australe era più caldo. Non appena col declinare dell’epoca glaciale i due emisferi riacquistarono la primitiva temperatura, le forme nordiche temperate, le quali abitavano nelle bassure sotto all’equatore, saranno state cacciate nell’antica loro patria, o saranno state distrutte, e sostituite dalle forme equatoriali reduci dal Sud. Frattanto alcune delle forme nordiche temperate avranno quasi certamente, ascendendo, raggiunto il più vicino altipiano, e se questo era sufficientemente elevato, vi si saranno lungamente conservate, a guisa delle forme artiche sulle montagne dell’Europa. E saranno sopravvissute anche colà, dove il clima non era loro interamente favorevole; imperocchè il mutamento di temperatura sarà avvenuto assai lentamente, e senza dubbio le piante posseggono una certa capacità di acclimazione, come risulta dal fatto ch’esse trasmettono ai loro discendenti un diverso potere costituzionale di resistere al caldo ed al freddo.

Secondo il corso regolare delle cose, l’emisfero australe sarà alla sua volta soggetto ad un intenso periodo glaciale, mentre il boreale si renderà più caldo; allora, inversamente, saranno le forme temperate australi che immigreranno nelle bassure equatoriali. Le forme nordiche, le quali erano rimaste sulle montagne, discenderanno e si mescoleranno colle forme meridionali. Queste ultime, ritornato il caldo, si saranno recate nell’antica loro patria, lasciando sulle montagne alcune poche specie, e conducendo seco verso il Sud alcune forme nordiche temperate che erano discese dalle loro stazioni montuose. Noi troveremo quindi identiche alcune poche specie nelle zone temperate nordiche ed australi e sulle montagne delle regioni tropiche interposte. Ma le specie lasciate per lungo tempo su questi monti o sugli opposti emisferi avranno dovuto lottare con molte forme nuove, e saranno state esposte a condizioni fisiche alquanto diverse; avranno quindi subìto delle modificazioni in alto grado, ed appariranno in generale come varietà o come specie rappresentative, ciò che appunto succede. Nè dobbiamo dimenticare che già prima in ambedue gli emisferi vi furono dei periodi glaciali, da che potremo comprendere, come, in accordo colle idee suesposte, avvenga che tante specie affatto distinte abitino le stesse aree ampiamente separate ed appartengano a certi generi che ora non si rinvengono più nelle zone torride intermedie.

Abbiamo un fatto rimarchevole, sul quale insistettero assai il dottore Hooker riguardo all’America e Alfonso De Candolle rispetto all’Australia, cioè che sembra molto maggiore il numero delle piante identiche e dalle forme affini che migrarono dal Nord al Sud, di quelle che seguirono una direzione opposta. Perciò noi vediamo solamente poche forme vegetali del Sud sui monti di Borneo e dell’Abissinia. Io penso che questa migrazione preponderante dal Nord al Sud sia dovuta alla maggiore estensione delle terre del Nord ed all’essere state più copiose nella loro patria le forme nordiche e quindi all’avere le medesime progredito, per mezzo della elezione naturale e della concorrenza fino ad un grado più elevato di perfezione od una facoltà di predominio più forte di quelle forme meridionali. Per conseguenza, quando le medesime nel periodo glaciale furono frammiste colle altre, le forme settentrionali saranno state più capaci di vincere le forme meridionali meno vigorose. Precisamente come oggi noi osserviamo che molte produzioni europee coprono il terreno della Plata e in grado minore quello dell’Africa, avendo fino ad una certa estensione battuto le produzioni indigene; al contrario, pochissime forme del mezzogiorno si sono naturalizzate in qualche parte di Europa, benchè delle pelli, della lana ed altri oggetti facili a trasportare semi siano stati largamente importati nell’Europa dalla Plata negli ultimi due o tre secoli e dall’Australia negli ultimi trenta o quarant’anni. Qualche cosa di consimile deve essere avvenuto sulle montagne intertropicali. Senza dubbio prima del periodo glaciale quelle montagne erano popolate di forme alpine indigene; ma queste dovettero quasi dappertutto cedere il posto alle forme più dominanti, sorte nelle superfici più vaste e nelle contrade più produttive del settentrione. In molte isole le produzioni native sono quasi uguagliate od anche sorpassate dalle produzioni naturalizzate; e se le native non sono state totalmente distrutte, però furono grandemente ridotte di numero, e questo è il primo stadio verso l’estinzione. Un monte è un’isola sul continente; e le montagne intertropicali debbono essere state completamente isolate prima del periodo glaciale; ed io credo che le produzioni di queste isole sul continente cedettero ad altre, generate nelle regioni più estese del Nord, esattamente nella stessa guisa con cui le produzioni delle isole furono recentemente surrogate in ogni luogo dalle forme continentali naturalizzate per opera dell’uomo. I medesimi principii servono anche a spiegare la distribuzione degli animali terrestri e dei prodotti marini nelle zone temperate nordica e meridionale e sulle montagne intertropicali. Se durante il culmine del periodo glaciale le correnti marine erano molto diverse dalle attuali, alcuni abitatori dei mari temperati possono bene aver raggiunto l’equatore; di essi alcuni pochi, giovandosi delle correnti più fredde, avranno forse potuto migrare verso il Sud, mentre gli altri avranno cercato i fondi più freddi e vi saranno sopravvissuti finchè l’emisfero australe alla sua volta sarà stato soggetto ad un clima glaciale ed avrà permesso il loro progresso; nello stesso modo circa, come, al dire del Forbes, esistono anche oggi nelle maggiori profondità dei mari temperati boreali degli spazi isolati abitati da forme artiche.

Sono ben lontano dal supporre che siano eliminate tutte le difficoltà per le considerazioni qui esposte, riguardo alla distribuzione e alle affinità delle specie affini che vivono nelle zone temperate settentrionali e meridionali, e sulle montagne delle regioni intertropicali. Restano ancora molte obbiezioni da risolvere. Nè pretendo descrivere le linee esatte e i mezzi delle migrazioni o le ragioni per cui certe specie emigrano ed altre no; o per qual motivo certe specie si sono modificate ed hanno dato origine a nuovi gruppi di forme ed altre rimasero inalterate. Noi non possiamo sperare di spiegare questi fatti, finchè non sapremo dire come si naturalizzi una specie e non un’altra, per fatto dell’uomo, in una regione nuova; e come l’una si estenda il doppio o il triplo, od anche sia più comune e numerosa due o tre volte dell’altra, nelle loro dimore naturali.

Restano tuttora da risolversi molte difficoltà; come, ad esempio, la presenza, dimostrata dal dott. Hooker, di specie identiche in luoghi tanto lontani tra loro, come la Terra di Kerguelen, la Nuova Zelanda e la Terra del Fuoco; ma credo che verso la fine del periodo glaciale, i ghiacci abbiano contribuito in gran parte alla loro dispersione, come fu notato da Lyell. Ma l’esistenza di parecchie specie affatto distinte, appartenenti a generi esclusivamente confinati nel mezzogiorno, in questi ed altrettanti punti distanti dell’emisfero meridionale, è una difficoltà assai più notevole, secondo la mia teoria della discendenza modificata. Perchè alcune di codeste specie sono tanto distinte, che non possiamo supporre che il tempo trascorso dal principio del periodo glaciale fosse sufficiente per le loro migrazioni e per le consecutive modificazioni fino al grado necessario. Mi sembra che i fatti indichino che le specie particolari e molto distinte partirono da qualche centro comune, spandendosi intorno a guisa di raggi da quel centro. Sono poi disposto ad ammettere nell’emisfero boreale e nell’australe un antico periodo più caldo, anteriore all’epoca glaciale, in cui le terre antartiche, oggi coperte di ghiaccio, alimentarono una flora affatto speciale ed isolata. Io suppongo che, prima che questa flora fosse distrutta dall’epoca glaciale, alcune di queste forme fossero disperse fino a raggiungere diversi punti dell’emisfero australe, con mezzi occasionali di trasporto e coll’aiuto di isole già esistenti ed ora sommerse, che servirono da luoghi di riposo. Con questi mezzi credo che le coste meridionali dell’America, dell’Australia e della Nuova Zelanda prendessero un carattere leggermente analogo, mediante le medesime forme particolari di vita vegetativa.

C. Lyell, in un passo importante, ha trattato, con un linguaggio quasi identico al mio, degli effetti delle grandi alternative del clima sopra la distribuzione geografica. E noi abbiamo visto, come le conclusioni del Croll, che cioè i successivi periodi glaciali di un emisfero coincidevano con periodi più caldi nell’opposto emisfero, unitamente alle modificazioni effettuate dalla elezione naturale, possano aiutarci a spiegare una moltitudine di fatti nella distribuzione attuale delle stesse forme di vita e delle forme affini. I flutti della vita durante un periodo sono partiti dal Nord, durante un altro periodo dal Sud, ed in ambedue i casi hanno raggiunto l’equatore; ma essi scorsero con maggior impeto dal Nord, in modo da inondare liberamente il Sud. Come il flusso depone in linee orizzontali le materie che trasporta, benchè elevate a maggior altezza in quelle coste in cui la marea è più forte, così anche le onde viventi lasciarono i loro depositi animati sopra le cime dei nostri monti, seguendo una linea che insensibilmente si innalza dalle pianure artiche ad una grande altezza sotto l’equatore. I vari esseri, così abbandonati a diverse altezze, possono paragonarsi alle razze selvagge dell’uomo, che furono cacciate sui monti di quasi tutti i paesi in cui si trovano e colà sopravvivono servendoci di memoria, piena d’interesse per noi, degli antichi abitatori delle pianure circonvicine.


Note

  1. Nell’originale "del".