Trattato de' governi/Libro ottavo/XI

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Libro ottavo
Capitolo XI:
Come si salvano li regni e le tirannidi

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Aristotele - Trattato de' governi
(Politica)
(IV secolo a.C.)
Traduzione dal greco di Bernardo Segni (XVI secolo)
Libro ottavo
Capitolo XI:
Come si salvano li regni e le tirannidi
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[p. 322 modifica]Salvansi questi stati (per dire generalmente) dai loro contrarî, e in particulare i regni si salvano per ridursi a più modesto modo d’imperio: imperocchè di quanto meno cose e’ saranno padroni, conseguirà di necessità che quel principato duri più tempo, perchè essi principi in tal modo usato divengono manco violenti, e di costumi più simili agli altri; e però sono manco invidiati dalli sudditi. Per questo rispetto il regno dei Molossi durò gran tempo, e quello dei Lacedemonî, per esservi stato da prima la degnità regia divisa in due; e di più per averla Teopompo ridotta a più mediocrità, sì per molte cose, e sì per avere constituito in quella republica il magistrato degli Efori. Chè a dire il vero egli con aversi scemato autorità accrebbe di vita a quel governo, onde in certo modo e’ venne non a diminuirlo, ma ad accrescerlo di potenza; la qual cosa è fama lui aver risposto alla moglie domandantelo come e’ non si vergognasse di lasciare il regno alli suoi figliuoli minore che ei non l’aveva ricevuto dal padre. Ei non è, disse, così, donna mia, anzi io lo lascio loro di più lunga vita.

Ma le tirannidi si conservano in due modi oppostissimi l’uno all’altro. L’uno dei quali è stato lasciato per successione, e secondo questo amministra la signorìa la più parte di essi tiranni. E la più parte degli ordini, che son compresi sotto questo modo si dice aver trovati Periandro da Corinto: e il resto d’essi si sono tratti dal governo dei re di Persia. E sono le cose già dette perniciosissime osservate [p. 323 modifica]dai tiranni per conservare il più che si può i loro stati; cioè che nella tirannide si debbe mandare a terra gli uomini, che vi sono sopra gli altri, e li molto prudenti tor via delle città: non lasciar che vi si faccino li ritrovi da mangiare insieme; nè ch’e’ si ragunino le compagnie, nè che nella città sia erudizione alcuna, nè nessuna altra simil cosa. Ma ch’e’ s’avvertisca con ogni diligenza, che non s’abbino a generare queste due cose, cioè, prudenza e fede; non concedere ch’e’ vi sieno scuole, nè altre radunanze da studi, anzi temere tutti i modi, onde li cittadini vi vivono senza cognizione l’uno dell’altro; conciossiachè la cognizione generi infra di loro maggior fede: fare che li scorridori stieno sempre fuori, e vegghino ciò che tu fai, perchè in tal modo non verrà loro ad essere ascoso nulla de’ fatti tuoi: e per tal ordine s’avvezzeranno li cittadini a non aver animo, stando essi in continua servitù. E tutti questi simili ordini venuti di Persia, e da popoli barbari, i quali tutti vanno ad un segno, sono dalli tiranni osservati, i quali usano medesimamente ogni diligenza per sapere ciò che si dica, e ciò che si faccia dai sudditi, e vogliono, ch’e’ sieno per tutto le spie, siccome furono in Siracusa li chiamati Potagogites1. E Ierone usava di mandare uomini, che stessino sempre in orecchi dovunque fusse ragunanza alcuna di gente, o ragionamenti tra più. Onde nasce, che li cittadini temendone hanno manco ardire, e se pure e’ n’hanno, e’ sono scoperti più presto.

Usasi ancora in tal modo di reggimento, che li cittadini si dieno l’un l’altro delle calunnie, e mettonsi al punto2 gli amici l’un contra l’altro; e il popolo contra la nobiltà, e li ricchi infra loro stessi. È ancora ordine da tiranni [p. 324 modifica]fare poveri li suditi, di sorte ch’e’ non si possa dare ancora loro alcuno stipendio per la guardia della città, acciocchè dovendo affaticarsi ogni giorno per vivere, e’ non possino badare a fare congiure contra la tirannide. Sienmi di ciò esempio le piramidi d’Egitto, e le statue dei figliuoli di Cisselo, e l’edificazione d’Olimpo3 fatta dai figliuoli di Pisistrato, e le munizioni di Policrate fatte intorno a Samo; che tutte queste cose altro già non importano, che levare ai sudditi l’ozio e la roba.

E il simile fa l’imposizione delle gravezze, siccome s’usava in Siracusa, dove da Dionisio furono forzati quei cittadini in cinque anni a pagare di gravezze ciò che egli avevano di facultà. Usa ancora il tiranno di suscitare una guerra, acciocchè li cittadini stieno occupati, e abbino bisogno d’eleggere un capitano. Ancora il regno si difende con gli amici. E del tiranno è propietà non prestare loro fede alcuna, come se tutti gli altri volessino cacciarlo via; e questi sopra ogni altro potessin farlo.

Li modi ancora, che si tengono nell’ultimo stato popolare, sono tutti tirannici; com’è, verbigrazia, che le mogli nelle case private sieno da più che i mariti, acciocchè elle rivelino i segreti contra di loro: e la liberazione data ai servi è per il medesimo conto. Imperocchè nè li servi, nè le donne congiurano contra dei tiranni: anzi è di necessità, che essendo ben trattati amendue ei sieno amici della tirannide, e del popolare stato, conciossiachè il popolo ancora egli voglia essere monarca. Laonde ancora l’adulatore dall’uno stato e dall’altro è avuto in pregio; e appresso al popolo sono i popolari capi, i quali non sono altro che adulatori d’esso popolo, e appresso li tiranni sono quei che servilmente conversano con loro. Il che è propio uffizio d’adulatori, conciossiachè [p. 325 modifica]per un tale rispetto la tirannide ami gli uomini malvagi; perchè e’ si dilettano cioè li tiranni d’essere adulati. E ciò non farebbe mai nessuno, che avesse mente da libero; ma gli uomini modesti amano, e non adulano, e gli malvagi sono buoni a cose malvagie; che come è in proverbio: chiodo si percuote con chiodo.

Ed è ancora da tiranno non si prendere piacere di nessun uomo che abbia nè del grande, nè del libero; per riputare degno d’essere tale solamente a sè stesso, perchè chiusa la libertà contra di lui in saperne più, gli leva l’eccellenza e la grandigia tirannica. E però hanno li tiranni in odio questi tali come rovinatori della tirannide. È ancora da tiranni l’usare per compagni alla tavola forestieri e non cittadini, come se questi e’ riputasse inimici e quegli per non avversarî. Queste, e altre simili cose son tutte tiranniche, e conservatrici di tale imperio, ma non mancano già d’alcuna parte di malizia.

Le quali tutte cose (per dirle in generale) sono comprese sotto tre termini. Chè tre cose invero ha la tirannide per fine, una che li sudditi sieno di poco animo; conciossiachè l’uomo d’animo vile contra nessuno mai congiuri: l’altra è, che li sudditi non abbin fede l’un con l’altro; conciossiachè la tirannide non venga a meno prima che alcuni si prestino fede l’un con l’altro. E perciò sono li tiranni inimici dei cittadini buoni, come d’avversarî del loro imperio, non tanto perchè tali reputino cosa mal fatta lo star sottoposti signorilmente, ma ancora perchè tali hanno fede l’un con l’altro. E ènne loro ancora avuta dal popolo, e perchè essi non accusano nè loro stessi, nè altri. La terza e ultima cosa è fare, che li sudditi non abbino forza di far cosa alcuna, perchè nessuno è, che tenti le cose, che gli sono impossibili. Onde e’ non tenterà ancora di dissolvere la tirannide, mancandogli le forze. Questi sono pertanto li tre [p. 326 modifica]termini, dove tendono tutti li disegni tirannici. Chè a queste tre supposizioni si possono invero ridurre tutti i loro ordini, cioè replicando che i cittadini non si credino l’un l’altro, che ei non abbino possanza e che e’ non abbino animo. E questo simile modo adunche è uno di quegli, onde le tirannidi si conservano.

L’altro modo ha quasi la conservazione sua con contrarî termini ai detti. E puossi trarre questo modo dalla corruzione dei regni. Imperocchè così come li regni in un modo si rovinano per voler fare quello imperio più tirannico, all’incontro la salute della tirannide si può cavare dal ridurla più in verso l’imperio regio, con riservarsi solamente la forza di poter regnare non pure sopra chi volesse, ma ancora sopra chi non volesse. Imperocchè chi lasciasse ire questa parte, lascerebbe ire ancora l’essere tiranno. Ma questo presupposto debbe stare fermo, e dell’altre cose debbe far parte, e parte farla apparire, simulando in tutto che l’imperio sia da buon re.

Primieramente col parere d’avere cura del publico e di non spendere l’entrate della città in quelle cose che il popolo abbia per male, per trarsi quelle massimamente dai cittadini, che s’affaticano, e che stentano la vita; e veder poi che essi tiranni le donino alle concubine, alli forestieri, e agli artefici prodigalissimamente, con render conto ancora dell’entrate, e delle spese. Il che hanno usato di fare certi tiranni, perchè, in tal modo governandosi, e’ verrà a parere un buon padre di famiglia, e non un tiranno. Nè debbe temere il tiranno, che e’ gli abbino a mancare danari, essendo padrone della città.

Anzi alli tiranni, che escono fuori di casa è più utile il fare così che lasciare i tesori congregati, perchè in tale modo li tesorieri suoi meno aranno ragione d’assaltargli. E certo che alli tiranni che stan fuori di casa, li custodi [p. 327 modifica]de’ loro tesori sono loro degli altri cittadini più formidabili; perchè gli altri vanno fuori con loro e questi pigliano l’entrate in casa. Debbe oltra di questo il tiranno fare apparire, che e’ congreghi i tesori per cagione di potere amministrare le faccende publiche, e per servirsene ai bisogni, se mai accadesse, di guerra. Insomma debbe ei fare apparire sè stesso come guardia, e tesorieri del comune, e non come di danari propî.

E mostrarsi non difficile in aspetto, ma grande e di tale sorte cioè, che chi gli ha a parlare non impaurisca, ma piuttosto l’abbia in riverenza. E il conseguir tale cosa non è già agevole a chi vive da essere dispregiato. Onde se il tiranno non tien cura dell’altre virtù, tenga cura almanco della civile; e metta di sè una cotal opinione fuori. Faccia ancora, che non pure egli sia tenuto, che non isvergogni alcuno de’ suoi sudditi, o giovane, o fanciulla; anzi che nè ancora faccia questo alcuno di quei, ch’egli ha dattorno, e faccia che il medesimo stilo osservino le propie sue donne inverso dell’altre; conciossiachè mediante l’ingiurie fatte dalle moglie de’ tiranni molte tirannidi sieno venute a meno.

Circa li piaceri del corpo tenghino un modo opposito a molti tiranni del dì d’oggi, i quali non pure da che e’ si fa giorno, quanto egli è lungo, lo spendono in questi piaceri, e durano in essi molti giorni continuamente; anzi vogliono ch’egli apparisca ad ogni uomo che e’ fanno questo per essere avuti in maraviglia da loro come felici e beati, ma sieno in simili piaceri modesti li tiranni. E se pure e’ non vogliono essere, faccino almeno che gli apparisca agli altri, ch’e’ sieno, e ch’egli abbino tai piaceri in dispetto. Chè invero l’uomo, ch’è sobrio, non è spregiato e non è atto facilmente a essere oppresso, ma sì l’ebbro, nè chi vegghia, ma chi è sepolto nel sonno.

E quasi tutto il contrario delle cose dette innanzi nel primo modo si debbe osservare in questo, cioè, che e’ debbe preparare e adornare la sua città, come se ei fusse d’essa procuratore, e non come se e’ [p. 328 modifica]ne fosse tiranno. Oltra di questo debbe fare una diligenza eccessiva di apparire amatore della religione, perchè li sudditi temono manco da simili principi di sopportare cose ingiuste, se egli stimano che il principe sia religioso e che ei tenga conto di Dio, e manco contra d’un tale si congiura, come contra di chi abbia Dio in ajuto. E una tal cosa debbe essere fatta apparire senza stultizia. Debbe ancora onorare costui tutti quei, che in qualche studio e arte sono eccellenti, e di tal maniera debbe far questo che tali non abbino mai a stimarsi di poter essere onorati altrettanto dai cittadini che sieno liberi. E debbe simili onori fare apparire, che venghino da lui, e che le punizioni venghino da altri magistrati, o giudicî.

Comune salute è ancora d’ogni monarchia non fare mai un cittadino solo troppo grande, e se pure ella ne vuol fare, farne più d’uno, perchè in tal modo e’ si guardano l’un l’altro. E s’ella vuole pur dare grandezza a un solo, non scegga chi sia altiero di costumi, perchè li costumi d’un simile sono atti ad assaltarla in ogni occasione. E quando un tale ella voglia pure abbassare di potenza, faccia questo a poco a poco, e non gli togga la potenza tutta a un tratto.

Guardisi sopratutto il tiranno da due sorta d’ingiurie, da quella, dico, che batte la persona, e da quella che svergogna l’età giovanile. E da quella prima massimamente si guardi con gli amatori dell’onore, e perchè gli avari sopportano malvolentieri la perdita della roba, ma gli ambiziosi, e li buoni han per male la perdita dello onore. Onde o ei non si debbe usare il servizio di simili, o vero e’ si debbono [p. 329 modifica]far castigare dalle leggi della città, e non si debbono castigare per via di dispregio. E quanto alle conversazioni giovenili debbe fare che egli apparisca tali essere piuttosto per via d’innamoramento, che di licenza. E in somma debbe le vergogne, che per simile cagione egli avesse fatto, ricompensarle con doppî onori.

E questo avvertischino bene i tiranni, che infra tutti quegli, che gli assaltano nella persona per ammazzargli, quei tali sono terribilissimi: e da quegli è da guardarsi diligentissimamente, dai quali è eletto di non vivere più, pur che e’ gli ammazzino. E però si debbono osservare tutti quei che stimano d’essere stati offesi dai tiranni, o nella propietà loro, o di quegli che loro attenghino. Imperocchè chiunche assalta, quando egli è spinto dall’ira, non tiene conto alcuno della propia salute; essendo, come dice Eraclito, difficile cosa a combattere con l’ira: perchè la vendetta si compera con la vita stessa.

Ma essendo la città di due parti composta, cioè di cittadini poveri, e di cittadini ricchi, è da stimarsi che l’una parte e l’altra debba essere conservata sotto l’imperio, e che l’una parte l’altra non offenda in cosa alcuna. Contuttociò quale delle due parti è di più nerbo, quella si debbe appropiare, e fare sua chi è principe. E quando la cosa sta in cotal modo nelle città non fa di mestieri al tiranno per sua sicurtà nè di liberare i servi; nè di tor l’arme di mano alli cittadini. Imperocchè l’una delle due parti aggiunta alla sua possanza basta a difenderlo, di tale sorte, che ei prevarrà all’altra parte, che l’assaltasse.

Ma lungo sarebbe a voler minutamente raccontare ciascuna di queste cose, e l’intento nostro è manifestissimo, cioè, ch’ei bisogna apparire ai sudditi non un tiranno, ma un padre di famiglia e un legittimo principe, nè bisogna apparire governatore per proprio fine, ma procuratore

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del comune, e atto a voler vivere mediocremente, e non sopra il costume degli altri. Oltra di questo debbe egli accarezzare la nobiltà, e del popolo essere difensore. E da tai modi usati conseguirà necessariamente che la signorìa d’un tale principe non tanto sarà più bella, e più degna d’emulazione per comandare a gente generosa e non servile, nè che sempre l’odi, e sempre lo tema; ma perchè ella sarà ancora di più vita. Debbe ancora il tiranno fingersi ne’ costumi siffatto, cioè ch’ei sia virtuoso, o almeno mezzo virtuoso, o ch’ei non sia cattivo, ma in quel mezzo.


Note

  1. Ces femmes, appelées à Syracuse les délatrices.
  2. Mettre aux prises les amis entre eux.
  3. Les monuments sacrés des Cypsétides, le temple de Jupiter Olympien.