Tre donne/III

Da Wikisource.
III — Primavera

../II ../IV IncludiIntestazione 12 febbraio 2022 75% Da definire

II IV

[p. 29 modifica]

CAPITOLO III.

Primavera.

I contadini lavoravano accanitamente dall'alba al tramonto. Si erano messi in testa di terminare i lavori per la seminagione del grano turco, prima delle feste. Anche il fieno, quel prezioso fieno d'aprile, doveva esser falciato e raccolto. La settimana santa avrebbe portati via i suoi tre giorni buoni alle donne, tra le funzioni, le divozioni e la pulizia delle case. E gli uomini pure ambivano di essere liberi per dedicare qualche ora al piccolo orto domestico e per altre faccende minori. Bisognava affrettarsi dunque, tanto più che quell'anno tutto era andato bene e il bel tempo durava da un pezzo. [p. 30 modifica]Le pioggie sarebbero arrivate nel momento più propizio, se il grano era seminato e il fieno messo sotto coperto. Ma certi nuvoli, certi buffi di vento le annunciavano vicine. Presto dunque, presto! E i falciatori affilavano le loro grandi falci lucenti come specchi, e le donne allargavano il fieno coi rastrelli di legno cantando allegramente, nell’eccitante profumo della menta, del timo, delle primavere, delle campanelline rosate, di tutta la infinita famiglia delle erbe odoranti.

Nei campi destinati al melgone, gli aratri andavano su e giù lungo i solchi, squarciando il seno alla terra nera, calda, bramosa di fecondazione.

I bifolchi e i cavallanti camminavano al passo presso alle loro bestie, esortandole di tratto in tratto con le voci famigliari a cui esse obbediscono.

Tutta Val Mis’cia era in moto. I fratelli Rampoldi dirigevano i lavori. Pietro che aveva sempre fatto il bifolco ed era il contadino del più grosso podere, guidava talvolta i bovi mentre Sandro conduceva i cavalli. [p. 31 modifica]

Ma Pietro era dappertutto. Appena un campo era finito di arare, egli si legava alla cintola la grande tasca ricolma e gettava a manate piene i bei chicchi d’oro nella terra squarciata.

Anche Sandro faceva un po’ di tutto: mentre un altro contadino guidava per altri campi l’aratro tirato dai bovi, egli attaccava i suoi cavalli all’erpice e li faceva passare sulla terra seminata. E dopo l’erpice attaccava sotto il poderoso cilindro che spiana la superfice e rende il campo tutto pari e liscio come un letto da sposa.

Che vertigine di lavoro, che attività, che animazione su tutta la pianura!

La speranza, che l’autunno avrebbe facilmente delusa, aleggiava intorno alle fronti curve dei lavoratori.

L’annata si era messa così bene!...

E sotto ai raggi dorati del sole di aprile, sott’al cielo bianco lattiginoso che ha un carattere così umano in confronto ai cieli metallici dei paesi meridionali, la misteriosa giocondità della Pasqua s’insinuava blandamente negli animi semplici dei poveri contadini. [p. 32 modifica]

I grandi lavori si trovarono compiti la sera del martedì santo, come i fratelli Rampoldi avevano preveduto.

La giornata del mercoledì fu occupata dagli uomini a dare un’ultima voltata al fieno per metterlo sotto coperto, la stessa sera. Le nuvole minacciose si addensavano all’orizzonte: la notte non sarebbe passata senza un acquazzone; forse un temporale. Le donne intanto percorrevano i campi testè seminati, affinchè neppure un grano di semente andasse perduto. Armate di un lungo bastone ferrato, esse facevano un buco in terra appena scorgevano un granello sfuggito all’azione dell’erpice e del cilindro, e prestamente lo cacciavano sotto.

Maria Scaramelli, la brava moglie di Sandro Rampoldi, valeva tant’oro per quest’operazione. Il suo occhio esperto distingueva subito il piccolo chicco giallo, e la sua mano sicura lo faceva sparire nello stesso momento. [p. 33 modifica]

Ma ella non era così attenta quel giorno. Già più di una volta aveva dovuto tornare indietro per ricuperare dei grani dimenticati: e di tratto in tratto parea che s’abbandonasse come spossata sul bastone confitto in terra.

I suoi occhi non vedevano le cose esteriori, assorti in una dolorosa contemplazione interna.

Cristina Scaramelli e Nunziata Meroni, la vecchia dal viso giallo e scarno, guardavano quella afflitta, dal campo vicino, traverso al filare ancora senza foglie.

— Non pare più lei! — mormorò la Cristina soffocando un sospiro.

— Dopo la disgrazia della povera Giulia, la non s’è più rimessa!

— La povera Giulia?... Eh, si! le voleva un gran bene; ma se non fosse il resto... non sarebbe in quello stato!

La vecchia strizzò gli occhi; poi, mentre puntava il bastone per cacciar sotto due grani, mormorò:

— Al resto... lei non ci crede.

— Altro che crederci!...

— Allora non si fida di me. Una sera, la [p. 34 modifica]sera del trasporto della Giulia, entrai a parlarle della sua cognata e di quello che lei doveva patire in casa. Non parlavo per curiosità, chè non son mai stata curiosa io, lo sapete. Nè per malizia. Che m’importa mai a me della Virginia e de’ suoi pasticci?... Parlavo così, per amicizia verso Maria e perchè la si potesse sfogare con qualcheduno; chè, chi non si sfoga scoppia.

Ebbene! La mi si rivoltò tutta d’un pezzo, come una furia!... Se l’aveste vista. Per poco la non mi diede della bugiarda.

Cristina stette un momento sopra pensiero, poi disse:

— Allora la non sapeva ancor nulla. Ma quella stessa sera ci fu una scena che deve averle aperti gli occhi. Poi si chetò, non so come, si rassegnò, e chiuse ogni cosa in sè. È una santa vi dico, fossi io al suo posto vedrebbero!...

— E avreste ragione. Chi si fa pecora il lupo lo mangia.

— Eh, sì. Ma chi è nato pecora, però, non può far da lupo. Lei è così. È una malattia come un’altra. Vuole un bene dell’anima al suo [p. 35 modifica]Sandro e non osa dirgli una parola. Tace per paura di disgustarlo; e sopporta le angherie di quell’altra.

La Nunziata alzò la spalle e ripensò senza esporsi: «Ci avrà il suo interesse!»

Dopo una pausa Cristina riprese:

— State attenta al mezzogiorno: quando la Virginia porta il mangiare agli uomini. Vedrete che faccia farà la mia povera sorella, e capirete da voi quanto soffre quell’anima.


Poco prima di mezzogiorno, la moglie di Sandro avendo continuato a lavorare con quell’aria di stanchezza e di smarrimento, come una sonnambula, si trovò giunta in proda al campo presso al ciglione che sovrastava al fossatello coronato da un filare di salci e pioppi. Invece di risalire il campo e continuare il lavoro, ella salì sull’arginello e si mise a camminare nella viottolina lungo il filare, finchè si trovò davanti a un appezzamento tenuto a prato. Qui si fermò, e facendosi solecchio con le mani, guardò attentamente in fondo alla grande marcita dove gli uomini rimovevano il fieno sten[p. 36 modifica]dendolo bene perchè pigliasse tutto quel bel sole di mezzogiorno.

Saliva fino a lei nell’aria calda il profumo delle erbe giovani recentemente falciate; e lei aspirava quelle voluttuose esalazioni, mentre il suo cuore si struggeva in uno spasimo d’amore e di gelosia.

Cercava con l’occhio ansioso il suo Sandro. Dov’era?... perchè non riesciva a discernerlo? Nessun lavoratore era come lui alto; nessuno aveva il personale svelto e maestoso per cui egli faceva così bella figura quando andava in città guidando la pariglia del legno padronale.

Mezzogiorno suonava alla chiesa di Gel!... Ah! egli era andato incontro alla Virginia che portava il mangiare agli uomini!...

Non si stancava mai di vederla, di starle appresso; non ne aveva mai abbastanza di quell’amore!...

Maria si sentì gelare improvvisamente. Li aveva scorti.

Camminavano adagio uno accanto all’altro sulla viottola larga che formava il margine di [p. 37 modifica]un altro campo al di là del fosso in fondo al prato. Sandro aveva presa la marmitta di mano alla cognata per risparmiarle fatica, e questa sorrideva beatamente.

Oh! anima dannata! anima dannata!...

Ora varcavano il ponticello, si fermavano sull’argine al rezzo.

Gli uomini deponevano i rastrelli e le forche ridendo in pelle. E quel minchione di Pietro non s’addava di nulla. O marito ciuco!

Vinta dall’ira Maria picchiò un colpo col bastone ferrato sulla terra indurita della viottola. Questo rumore la fece trasalire.

Ebbe paura di essersi fatta scorgere dalle compagne. Si voltò timidamente e vide infatti che sedevano sul margine fra due campi mangiando il boccone del mezzogiorno. Tutte guardavano a lei.

— Vieni qui — le gridò la Cristina — vieni a mangiare con noi!

Maria si raccolse un momento; si passò una mano su gli occhi; crollò la testa. Finalmente si mosse e adagio adagio si avvicinò al [p. 38 modifica]gruppo delle donne, sedette presso alla sorella e non fiatò.

Pensava confusamente, con una sorta di superstizioso terrore, a quello che aveva veduto, e che si ripeteva tutti i giorni: pensava alla sua misera sorte.

Sarebbe stato sempre così?... Sempre... finchè lei sarebbe morta di crepacuore?... La Virginia s’era fatta più superba che mai dacchè la disgraziata Maria aveva scoperta la tresca; e la rimproverava per ogni cosa e giungeva fino a minacciarla. Pietro la guardava di traverso; e Sandro non le parlava neppure. Quando gli altri le erano addosso con gl’improperii, come se non avesse fatto il suo dovere, mentre non si riposava mai, Sandro taceva o andava fuori di casa. E la Virginia sempre seduta al camino, o sulla porta della cucina, non faceva che comandare: e vestiva quasi come una signora, col grembiale sempre nuovo e il fazzoletto di fulard; mentre la povera sgobbona tremava quando aveva consumato un paio di zoccoli e doveva chiederne un paio nuovo!... [p. 39 modifica]

Sarebbe stato sempre così, sempre... Ci doveva essere di mezzo qualche stregoneria... qualche vecchiaccia le aveva dato il cattivo occhio...

Forse la Meroni... forse...

Con questi pensieri, cercando nel buio della memoria un fatto, una data che le sfuggiva, Maria rimaneva intontita, ripetendo mentalmente le stesse parole. Le donne intanto parlottavano della vicina Pasqua, delle funzioni, della confessione, della pulizia delle case...

— Ne sentirà delle belle don Giorgio! — esclamò una giovane contadina dal viso rotondo ammiccando furbescamente. È il prim’anno che si trova a questi ferri.

Ma la vecchia Meroni ribattè subito con la sua solita malignità:

— Peuh! non pare uno da scandalizzarsi! Che ne dite voi Cristina? [p. 40 modifica]

La Cristina fece una grande risata canzonatoria:

— O che credete che le venga a dire a me queste cose?

— Quando comincerà a confessare? — domandò la Menica, povera donna, consumata dalle febbri, che non aveva punto memoria per le cose di chiesa.

— Stasera dopo gli uffizi, come tutti gli anni — riprese Cristina con la sua aria di donna franca. — Domattina dalle cinque alle nove aspetterà gli uomini in sagrestia. Poi dirà messa e comunicherà. Vengono due preti da Casorate, don Bortolo e un altro; epperò il mio vecchio brontolava perchè gli è toccato preparare le camere.

— Avrà molto da fare vostro padre questi giorni.

— Sì, ma lui non si scalmana.

— E non confesserà più don Giorgio dopo questa sera e domattina? — domandò una ragazzetta dalla faccia rigonfia.

— Confesserà venerdì e sabato tutti quelli che vogliono comunicarsi il giorno di Pasqua. [p. 41 modifica]

Maria ascoltava questi discorsi, prima distrattamente, poi con più attenzione; e un lavorìo nuovo occupava il suo cervello.

Sandro viveva in peccato mortale... Come avrebbe fatto con la Pasqua? Si sarebbe confessato, pentito?... Oh! volesse Iddio!... E se taceva invece?... Se commetteva un sacrilegio... se si dannava per l’eternità?!...

Rabbrividiva a questo pensiero; e un freddo sudore le inumidiva i capelli.

La speranza tornava a rianimarla con un suggerimento.

Forse don Giorgio poteva fare qualche cosa per lei, e salvare un’anima... due... chè lei pure si dannava a quella vita!... Ma se Sandro taceva il suo peccato, cosa poteva fare don Giorgio? Nulla... nulla...

Sbigottita come davanti a un abisso pronto a inghiottirla, ella chinava il capo, schiacciata... Ma la tenace speranza non s’arrendeva. Forse don Giorgio sapeva di quella tresca... ne parlavano talmente tutti!... E, sapendo, avrebbe interrogato il suo penitente, l’avrebbe messo al muro. E Sandro, così interrogato, non avrebbe [p. 42 modifica]osato negare... E se don Giorgio voleva gli avrebbe toccato il cuore... Sandro era buono, religioso... E sarebbe tornato a lei, e sarebbero andati a lavorare lontano lontano, in un altro paese... magari in America!... Lei era pronta a tutto...

Sì, ma se don Giorgio non sapeva, o se non se ne ricordava in quel momento, e Sandro commetteva il sacrilegio?!...

Tornò a impallidire, a tremare.

Bisognava prevenire don Giorgio. Questo era il solo mezzo. Lei non avrebbe osato; ma la Cristina poteva farlo: la Cristina sapeva parlare e don Giorgio l’avrebbe ascoltata.

Improvvisamente balzò in piedi:

— È ora di rimetterci a lavorare! Bisogna far presto... se vogliamo finire a tempo per andare in chiesa!

Tutte si alzarono e la vecchia Meroni osservò seriamente che era sempre meglio prendere la Pasqua il giovedì santo, chè gli ultimi giorni non si poteva avere la testa al Signore perchè c’era la casa da ripulire e mille cose da pensare. [p. 43 modifica]

Maria riprese il bastone che aveva lasciato cadere, e andò al lavoro con nuovo slancio, come nei bei giorni della sua massima attività.

Stupefatte di quella improvvisa trasformazione, le compagne se l’additavano in silenzio.