Vai al contenuto

Un po' per celia e un po' per non morir.../La prima volta

Da Wikisource.
La prima volta

../Tunisi ../La seconda volta a Nizza IncludiIntestazione 14 giugno 2025 100% Da definire

Tunisi La seconda volta a Nizza
[p. 147 modifica]

LA PRIMA VOLTA...

[p. 149 modifica]Ero stato a Nizza molti anni prima, al teatro Eldorado dove la stagione si concluse con un mezzo disastro.

Avevo a quell’epoca un segretario, Arturo Billi, che è stato molti anni con me e ricordo sempre con piacere.

Arrivammo a mezzogiorno. Per precauzione si portava sempre con noi la cassetta per la musica.

In teatro, all’ora delle prove, Billi distribuì la musica ed io cominciai a provare. Tutto andò liscio, e così ce ne andammo prima a mangiare in una bettola e subito dopo io all’albergo e Billi alla stazione per ritirare il bagaglio. Ma il bagaglio non era arrivato; però c’era la speranza che giungesse con uno dei treni seguenti: ce n’era uno alle sei e mezzo e un altro alle nove. Alle sei e mezzo altra delusione: il bagaglio non era ancora arrivato. Cominciarono i nervi: mi mancavano i ferri del mestiere. Verso le otto e mezzo ero già in camerino, ma il camerino senza i ferri [p. 150 modifica]del mestiere sembra un cimitero. Tutte le speranze erano sul treno delle nove.

Cominciò il via vai degli artisti, dei cantanti, e delle attrazioni che si preparavano per il loro numero.

Parlai con il direttore e non gli nascosi la mia preoccupazione per il ritardo del bagaglio. Ma lui, pieno di ottimismo, mi rispose:

— Non fa niente, ci sono ancora due treni dall’Italia, e certamente con uno di questi arriverà. Un uomo del teatro sarà pronto alla stazione ed in cinque minuti tutto sarà qui. Tanto il suo numero passerà verso le dieci. —

Billi tornò alla stazione, ma io avevo poca fiducia: il tempo passava, i numeri si susseguivano velocemente, io vedevo vicina l’ora del mio turno ed il bagaglio non arrivava. Allora, per evitare ogni discussione, cercai di svignarmela dal teatro; ma quando fui vicino alla portineria mi raggiunse il direttore:

— Dove va lei? —

— Vado alla stazione a vedere anch’io se è arrivato il bagaglio. —

— Ah! no, mi dispiace tanto, ma lei non può muoversi: il teatro è pieno per la grande réclame che le abbiamo fatta. —

— Ma che colpa ne ho io se non è arrivato il mio bagaglio? — [p. 151 modifica]In quell’istante, trafelato, arrivò Billi dalla stazione, dove aveva anche telegrafato e telefonato: era riuscito a sapere che il bagaglio era rimasto a Ventimiglia e che sarebbe arrivato la mattina dopo.

— E allora non c’è altro da fare, andiamocene. —

Il direttore mi sbarrò il passo e mi disse:

— Non è possibile che lei abbandoni il teatro, lei non è stato scritturato come un numero qualunque, ma come una grande vedette, come una celebrità! Ebbene, se lei è una celebrità, deve risolvere il problema da celebrità. Il teatro questa sera è pieno perchè attende il debutto di Petrolini. Che cosa succederebbe se mancasse? Lei ha fama di geniale umorista; dove va a finire la sua genialità se non salva la situazione? —

Aveva ragione.

Mi guardai: ero in uno stato compassionevole; il viaggio aveva sciupato tutto; il colletto afflosciato, i calzoni senza riga e con i bozzi alle ginocchia; insomma avevo l’aria d’un povero disgraziato.

Ma le parole del direttore mi si erano ficcate nel cervello: «Se lei è una celebrità deve risolvere da celebrità».

Domandai:

— La musica è in orchestra? — [p. 152 modifica]

Non avevo finito di dirlo che si sentirono le prime note della mia marcia di introduzione. Il direttore d’orchestra, non informato, svolgeva il suo programma regolare.

Quelle quattro battute di musica mi elettrizzarono Immagine dal testo cartaceo e così, irriflessivamente, uscii. Qualche tentativo di applauso: buona parte del pubblico rimase un po’ disorientato poichè non avevo nulla di teatrale; distrattamente rimasi anche con un berretto da ciclista in testa, che mi tolsi non appena giunto alla ribalta. Ero ormai avanti al pubblico: mi proposi di sfondare, di riuscire, in qualunque modo. Cominciai:

— È incredibile, io sono il celebre comico italiano Petrolini, non si direbbe, sembro un lazzarone, ma non è colpa mia, la colpa è del [p. 153 modifica]régisseur che ha voluto che io mi presentassi a voi nonostante non fosse arrivato il bagaglio, e la mia decorazione... mon décor... non è possibile lavorare senza decoro cari signori... è la stessa cosa che mangiare senza posate... senza piatti... ve lo dico in francese: mon numéro sans decors c’est impossible... c’est la même chose que dîner sans assiettes... — E qui la prima clamorosa risata. Allora io facevo la parodia di un guappo napoletano: chiesi il cappello a un signore della poltrone, il bastone a un altro, mi feci dare una sigaretta dal violino, mi aggiustai i capelli a un ciuffo smargiasso sulla fronte, il cappello alla malandrina, feci cenno al maestro di attaccare «la canzone guappa» che terminò con un uragano di applausi.

Questa improvvisazione sbalordì il pubblico. Incoraggiato da tanto successo lascio immaginare che cosa fui capace di dire e di fare, gli strafalcioni che dissi in francese, un po’ perchè non lo parlavo bene, un po’ perchè, scoperto il giuoco, esageravo, ci davo dentro.

In conclusione un successo memorabile. La mattina seguente i giornali: L’Eclair, Le Petit Niçois, dicevano mirabilia.

Qualcuno pensò, anzi scrisse, che se ero stato capace di sollevare un simile entusiasmo senza lo scenario — mon décor —, senza il trucco, i [p. 154 modifica]costumi, figuriamoci che cosa sarebbe stato quando fossi stato attrezzato di tutto. Infatti il giorno dopo arrivò il famoso bagaglio; montammo lo scenario, un fondale di velluto cremisi ed io uscii in frack irreprensibile: che disillusione! Non mi guardarono neppure in faccia. Nè io mi sentivo quello della sera avanti. Insomma, un vero insuccesso.

— Maledetto il bagaglio e quando arrivò! —