Un po' per celia e un po' per non morir.../Ora viene il più difficile
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Petrolini.
ORA VIENE IL PIÙ DIFFICILE
Credetemi, io fo tutto il possibile per allontanarmi da quell’insopportabile «io», che è difficilissimo evitare quando si parla di sè stessi, ma d’altra parte evitandolo, è come levare il protagonista dalla scena, senza poi tener conto che è appunto quell’«io» che fa considerare e comperare il libro; anche per criticarlo, per dire: ma che cosa si crede di essere questo presuntuoso?
La vita di un artista è una continua alternativa di grandi sconforti e di grandi soddisfazioni: una delle più grandi, di quelle che non si possono tacere è quella di essere stato considerato dal nostro Duce.
Quando a Milano al Filodrammatici qualcuno mi diceva che in platea c’era il direttore del Popolo d’Italia, correvo ad occhiare al sipario e lo vedevo come adesso, che non è più il direttore del Popolo d’Italia, ma del Popolo di Europa...
Ho sott’occhio un articolo del poeta milanese Paolo Buzzi, pubblicato qualche anno fa sul Popolo d’Italia, intitolato: «Ricordi Mussoliniani».
«... Curioso vederlo seguir Petrolini in una delle sue famose lanterne magiche di tipi e macchiette.
«L’aria diabolisticamente rivoluzionaria dell’attore romano lo prendeva fino alle estreme irradiazioni nervose. Gli interessava quell’organismo elettrico, quel cervello acutissimo, colto, avido di scoperte e d’emozioni e d’antitesi, che si scagliava dalla vita alla scena con l’ugual passo di acrobata e di dominatore: e quel repertorio foggiato da lui, con delle scene a soggetto piene d’imprevisto e di enormità, fra la caricatura e la scalpellatura, fra la miniatura e la corrosione all’acido prussico: vero animatore latino tutto argento vivo nell’anima e nei nervi.
«Egli dava all’attore, cantante, mimo, ballerino, illusionista, dicitore, la stessa istintiva attenzione che i giovani scrittori d’avanguardia davano a quel vibrione di un nuovo elemento drammatico.
«E, con lui, al teatro sintetico, dinamico, alogico, ribelle a tutte le convenzioni della ribalta, delle quinte dei fondali: le proiezioni psicologiche e verbali da palco e palchetti e scaraventato per tutti i poli elettrici del sensibilismo circolare.
«Anch’Egli considera le truccature dell’artista come graduazione della figura umana verso l’infinito. E, in quelle linee e in quei colori iperbolici, Gli piaceva la tendenza dell’artista a liberarsi dai vincoli stereotipati dalla maschera e dello stampo di specie, per ascendere verso fisionomie mostruosamente caratteristiche e liricamente riassuntive dell’umanità.
«Questo interessamento, fatto d’istinto, per le forme avanguardistiche in tutte le manifestazioni dell’arte, è una delle note essenziali di Mussolini: e basta a cattivargli l’amore dell’intellettualità d’Italia».
A Roma il Duce ha assistito a molte mie rappresentazioni al Quirino e all’Argentina.
Una sera doveva venire anche al Manzoni: avevo dato già disposizioni per il palco: in teatro c’era un movimento insolito: sapevo, ma volevo risentirlo e domandai a Guido e Nando Billaud che cosa era quell’affaccendarsi: Guido mi rispose: — Viene il Duce. —
Me ne andai in camerino e mentre pensavo al programma, per farlo più degno dello spettatore, arrivò un Milite che mi consegnò una lettera.
La lessi, rimasi mezzo tonto, non so se per il dispiacere di non vedere il Duce al teatro o per la grande gioia di avere ricevuto questa lettera:
Mi consolai così: — Spero che un’altra volta verrà e intanto ho guadagnato questo prezioso autografo... —
Infatti dopo poco tempo in occasione della mia serata d’onore al Quirino, ebbi l’immensa gioia di recitare ancora avanti al Duce.
All’Argentina, nel 1931, diedi uno spettacolo di beneficenza, organizzato dalla Federazione dell’Urbe, con un esito veramente trionfale, perchè a dare questo carattere all’avvenimento c’era la presenza del Duce che seguì con visibile diletto la rappresentazione.
C’erano anche il Presidente del Senato Federzoni, il Ministro Balbino Giuliano, l’Onorevole Giunta, S. E. Bottai.
E qualche sera dopo Il Giornale d’Italia pubblicava:
«Il Duce ieri sera ritornò all’Argentina per assistere allo spettacolo che Petrolini dava in suo onore. Non occorrono dunque altre note di cronaca per illustrare la straordinaria importanza che ha assunto il grande Ettore e per il suo fedelissimo innumerevole pubblico l’avvenimento».
Al mio ritorno da Berlino e dalla Svizzera fui ricevuto dal Duce per la terza volta e mai alla Sua presenza mi è riuscito di fabbricare la naturalezza e la disinvoltura: anzi davanti a Lui mi sono trovato ogni volta più imbarazzato...
Nell’ultima udienza volevo dire tante cose, ma mi venne una specie di paralisina alla lingua.
Il Duce benevolmente mi preveniva, così almeno potevo rispondere, però ebbi poco da dire: Egli era già al corrente di tutto!
Seppe perfino dirmi il numero delle recite che avevo fatto al Cairo, ad Alessandria, sapeva di quelle alla Comédie Française...
Mi domandò infine:
— E adesso che cosa contate di fare? —
— Ma, dovrei andare a Vienna... —
— Va bene, andrete a Vienna e fareste bene anche ad andare a Budapest, dove sarete molto apprezzato. Ma non adesso: non bisogna dimenticare il proprio paese. Dunque prima qualche recita a Roma, dove ci sarò anch’io, poi a Milano, dove siete molto benvoluto, poi Torino, Genova ed infine potrete continuare il vostro giro all’estero. —
La gioia, l’emozione di sentirsi dare delle direttive dal Duce mi tolsero completamente la parola.
D’altronde come si fa a parlare davanti al Duce? Io non ho paura di parlare davanti a diecimila persone, ma credetemi è impossibile parlare davanti a chi parla a tutto il mondo...
Ora non vedo l’ora di andare a Budapest!...
Vienna - Al Prater - Il Teatro “Die Komödie„