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Un po' per celia e un po' per non morir.../Ove lo sguardo giro Crisimiro

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Ove lo sguardo giro Crisimiro

../Il mio teatro ../Dal baraccone alla Comédie Française IncludiIntestazione 28 giugno 2025 100% Da definire

Il mio teatro Dal baraccone alla Comédie Française
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OVE LO SGUARDO GIRO

CRISIMIRO

[p. 53 modifica]Immagine dal testo cartaceo


Io non ho mai pensato che la crisi fosse una invenzione nostrana. Appena giunto a Parigi mi son sentito dire dal signor Crisimiro: — Рессаto che lei sia venuto proprio nel momento in cui imperversa la crisi! — A Londra idem, e così in America del Sud e del Nord. Appena arrivai in Alessandria d’Egitto, sempre l’amico Crisimiro, il bene informato, il... sapone della metropoli mi disse con la solita faccia sconsolata delle grandi sconsolazioni: — Sei capitato proprio nel momento più rigoglioso della crisi! — Ah, mattacchione, lepidone, intuitivo!... E naturalmente la lugubre notizia mi lasciò indifferente, giacchè io penso che quando le cose as[p. 54 modifica]sumono proporzioni internazionali il rimedio più sicuro sia tutto in quel concentramento filosofico riassunto nell’orientalissima parola: — malesc — vuol dire press’a poco: sia fatta la volontà di Allah - pensa a la salute - chi se ne stropiccia - tanti saluti a casa - forza e coraggio - in bocca al lupo - tira a campare - se ne parla domani...

Questo per chi ama la semplicità nuda e cruda. Chi poi volesse cuocere, vestire, illetterare la cosa e perdere tempo, potrebbe dire come quel noto venerabile professore di cui mi sfugge nome, cognome e indirizzo: «Quando gli eventi si presentano con gli spiccati caratteri della ineluttabile fatalità, è da saggi dimostrarsene soddisfatti, poichè la soddisfazione è un sentimento che esalta!...». E allora... esaltiamo la crisi!

La crisi — parlo naturalmente di quella del teatro — non esiste e non è mai esistita! Dichiaro subito che non aspiro ad apparire faceto. Parlo sul serio, come quando faccio ridere. La crisi del teatro è una trovata barbosa con i peli di filo di ferro: se ne parlava, con le stesse frasi d’oggi, ai tempi di Plauto, di Shakespeare, di Molière, di Goldoni, Metastasio e Pietro Cossa.

E se ne è parlato da far venire il malloppo allo stomaco, fino a qualche mese fa: e da molta [p. 55 modifica]e variopinta gente, senza fissa dimora teatrale, se ne continua a discorrere oggi; scommetterei la testa, di quelli che parlano di crisi teatrale, che tra cinquanta o cento anni si ripeteranno ancora, con uguale prosopopea ed importanza, le stesse parole gravide e sceme.

In tutto questo c’è la sua brava ragione.

Il teatro è stato sempre comodissimo ponticello — proibito dire passerella — di rapido e facile accesso per mettersi in mostra, per valorizzare virtù che non si posseggono, per salire, per essere qualcheduno, per diventare anche un genio!

Non ci sono trincee, non ci sono muraglie attorno al teatro; i guardiani tendono alla fregnonaggine; non esiste nemmeno una guardia in capo al ponte a domandarvi, come in qualsiasi altro campo di attività, dei documenti di riconoscimento, titoli e attestati.

Qui strada libera. E che strada! che cosa non si può diventare nel teatro?

Innanzi tutto: giornalista... poi critico... e infine commediografo. Inoltre: scenografo, mago delle luci, scemotecnico, tecnico dei suoni, direttore artistico, regista, maestro di recitazione, amante della generica, marito della prima donna, storico del teatro, rievocatore della Commedia dell’Arte, agente... amministratore... im[p. 56 modifica]presario... e finalmente anche attore! Quest’ultimo però è quello che conta meno di tutti; nel teatro, se qualche volta sa recitare, non ha mai voce in capitolo; è così meschinello e mal compreso!... Pensa al nome più in grande sul manifesto, al camerino più bello... vagheggia il nome in ditta... quando non sogna addirittura una compagnia per proprio conto... magari di avanspettacolo.

Ma è sfortunato... gli manca il capitalista! E mentre allatta questa sua personalità che non esiste, gli altri sopra elencati lavorano a tutto spiano nel teatro e per il teatro; e ne parlano come se il teatro fosse il pane per la nazione! E così organizzano commemorazioni, congressi, promuovono istituzioni che dovrebbero affrontare e risolvere problemi nuovi, trovano miglioramenti e progressi.

E sono loro che, per svolgere sì vasto programma e per portare — si capisce, col tempo — il teatro a nuove splendore — si dice sempre così — in mezzo a tutte queste innumerevoli trovate hanno messo fuori anche l’invenzione della crisi, onde aver sempre materia di occuparsi e parlar di teatro. Mamma mia, quanti sono... e quanti siamo pochi noi artisti a lavorare per mandare avanti tutte queste ostriche attaccate al teatro. [p. 57 modifica]


LE BELLE INVENZIONI TEATRALI.

E così talvolta per venire in ausilio alla crisi, si pensa a fondare un Teatro Sperimentale, un Teatro degli Italiani, un Teatro dei Giovani... pressochè cinquantenni, che un bel giorno per diventare decrepiti dicono: Mettiamoci a fare i giovani...

Una volta incontrai un vecchio attore, scritturato in una di queste compagnie adolescenti, e gli domandai: — Che fai nel nuovo lavoro? — Mi rispose: — Faccio un giovinetto che attraversa la scena al secondo atto... —

Al teatro dei giovani, ho conosciuto un attore sessantaduenne che si truccava facendosi una infinità di rughe: — Ma perchè? — Mi rispose: — Debbo rappresentare un tipo di uomo maturo... —

Già dimenticavo che faceva parte del teatro dei giovani!... Ci sono poi dei giovani ma, molti di questi, quando nascono, hanno già trent’anni!

L’arte, a me sembra, può avere tutte le età. Michelangelo, Molière, Rossini, Cervantes, Dante, Volta, Bibbiena e mettiamoci anche Galileo, hanno creato la maggior parte delle loro opere nell’età matura. Che peccato! Se fossero stati giovani chissà che belle cosuccie avrebbero fatto!... [p. 58 modifica]

Ritornando a questi tipi di teatro con la coda avrete notato che non si abbandona mai l’idea delle Compagnie Stabili... dei Convegni Artistici... dei Raduni... senza contare i Teatri sintetici... eclettici... futuristi, con tutto il calendario Immagine dal testo cartaceo degli aggettivi! PER ME IL TEATRO È SOLAMENTE TEATRO.

Le belle invenzioni teatrali: Teatro Sperimentale: voi avete visto che il pubblico non accetta questa specie di esperimenti, che son fatti sempre a sue spese. Chi vuol fare degli esperimenti li faccia a casa sua, e non con i quattrini degli altri.

Teatro Stabile: solamente la parola — stabile — mette paura a pronunziarla. Il pubblico, quando sa che un teatro è stabile, non sente nessuna premura di accorrervi. Dice: — Tanto è stabile... non si muo[p. 59 modifica]ve... avremo tempo d’andarci... — E di sicuro c’è questo: che il teatro rimane stabilmente vuoto.

Teatro dei Giovani: questo è un teatro che, prima di nascere, è già vecchio, perchè ha già una buona parte del pubblico contraria. E sono gli antagonisti giustificati... perchè non si può essere tutti giovani. Senza contare che ci sono dei giovani vecchissimi e dei vecchi giovanissimi.

Teatro degli Indipendenti: indipendenti da chi? Si dipende sempre da qualcheduno, e specialmente dal pubblico che paga: se manca il pubblico anti-portoghese, l’indipendenza defunge...

Teatro di Stato: potrebbe risolvere molti problemi: ma ho paura che faccia l’effetto del chinino, che fa un po’ sudare, un po’ dormire, e poi lascia un grande spossamento...

Facezie a parte, anche il chinino, se dato a proposito talvolta fa bene alla salute, e perciò credo che un teatro di Stato, bene organizzato e diretto, potrebbe almeno risolvere il problema di vedere premiati per elezione — non esclusa quella del pubblico — autori, attori e registi veramente meritevoli.

L’attore italiano è superiore a qualunque altro attore del mondo e perciò se bene scelto, disciplinatamente guidato e diretto — da un di[p. 60 modifica]rettore attore, naturalmente — il Teatro Italiano di Stato dovrebbe essere di modello a quelli di tutte le nazioni, così com’è da tanti anni per l’arte lirica, la gloriosa Scala di Milano.


LE MOSCHE CAVALLINE

Quello che c’è di positivo è che tutte le su elencate nobili iniziative sono sempre rimaste senza esplosioni e non sono uscite mai dal cervello di chi fa seriamente del teatro e vive nel teatro a contatto del pubblico. In genere, queste belle invenzioni germogliano sempre nello scatolone cranico di chi cerca in tutti i modi di spillar quattrini; le eterne mosche cavalline che tormentano questo povero teatro. Naturalmente, qualcuno lo fa con tutte le buone intenzioni, per farsi prendere sul serio: ma sono sforzi vani, perchè il teatro non abbocca, perchè la maggior parte di costoro si sono intrufolati in un mondo che non è il loro, ma — stante che ci si trovano abbastanza bene, se non fosse altro per mettersi in vista — vi mantengono delle magnifiche posizioni, forti di armi di propria fabbricazione, ed una delle quali appunto è la tanta lamentata crisi del teatro... che non esiste! Esiste naturalmente per questi tipi di spettacoli che, quando riescono ad incassare cinquecento lire è un vero [p. 61 modifica]miracolo. Una volta, però, ci fu un miracolo col botto, in Trastevere nel defunto Teatro dei Giovani. Un signore, durante la rappresentazione, perdette il portafoglio. Il giorno dopo all’ora delle prove, facendo pulizia, un custode esemplare, raccolse il portafoglio e lo consegnò al capocomico. C’erano dentro 2.200 lire! Il capocomico regalò le duecento lire all’onesto custode, e poi disse: — Se nessuno viene a reclamare le duemila lire le mettiamo nell’incasso di questa sera. — Nessuno andò a reclamare, fortunatamente. La sera s’incassarono trentaquattro lire e così finalmente poterono mostrare un bordereau di lire 2.034... —


NEGO LA CRISI

E sono pronto a provarlo: esiste una crisi mondiale; ma questa non ha nulla da vedere con il teatro; anzi, quanto più imperversa la crisi generale, tanto più il pubblico sente il desiderio di distrarsi, di divertirsi. In un mio recente soggiorno a Vienna, dove non c’è crisi di miseria, ho constatato che i teatri erano sempre pieni. Una sera dovetti rinunziare ad uno spettacolo che si dava al Burgtheater, perchè era esaurito. [p. 62 modifica]

Viareggio, per esempio, in estate è rigurgitante di gente che ci sta per far passare la crisi... Agiscono tre teatri e tre o quattro cinematografi, e si balla dappertutto. Tempo fa in un ballo al Royal, con venti lire d’ingresso, si incassarono 34 mila lire!

Più di cinquantamila spettatori al giorno a Roma. Il teatro non è andato mai così bene come da qualche anno in qua. Il pubblico italiano compie miracoli di buona volontà e di sopportazione. Un tempo il pubblico, di Roma specialmente, era assai più esigente e andava soltanto ai buoni spettacoli; adesso va rassegnato un po’ dappertutto, perchè il pubblico romano è proprio tanto buono...

A Roma, vent’anni fa, c’erano cinque o sei teatri di prosa e di musica, il circo equestre una volta all’anno, due o tre caffè-concerti, e qualche cinematografo. Non più di otto o diecimila persone, e forse è esagerare, assistevano ogni giorno a questi spettacoli messi insieme. Oggi, a Roma, esistono quindici teatri, cinquanta e più sale per spettacoli cinematografici e cinema-teatro, senza contare altri locali, dove si danno trattenimenti di altro genere — accademie musicali, danze, ritrovi notturni e spettacoli sportivi: fate il conto. Nei cinema si dànno almeno tre spettacoli al giorno: si può dunque cal[p. 63 modifica]colare press’a poco (i miei calcoli sono tutti approssimativi) che a Roma vi siano oggi complessivamente almeno centosessanta spettacoli quotidiani con un totale sopra i cinquantamila spettatori! E questo vuol dire crisi dello spettacolo: vuol dire che il pubblico non va più a teatro! Diciamo pure che ci va un po’ meno di tre o quattro anni addietro; questo non lo contesto; e si spiega col disagio economico che affligge tutti i paesi del mondo; ma al teatro oggi si va enormemente più di quindici o venti anni or sono. Su questo punto sfido a fare tutti i calcoli algebrici del mondo, tenendo costantemente presente il cresciuto valore della moneta. Sfido a trovare, senza andar troppo lontani — nel primo decennio di questo sconquassatissimo secolo — degli incassi che possono rassomigliare a quelli che in questi ultimi anni di lamentata crisi hanno fatto in Italia e massimamente a Milano, Josephine Baker, i fratelli Schwarz, Sacha Guitry e diversi indovinati lavori di Giovacchino Forzano (fino a quarantamila lire in una sera e settantamila fra diurna e serale!). Escludo naturalmente gli spettacoli lirici e gli enormi incassi del teatro della Scala. Ma non solo: nell’ultimo ventennio si sono moltiplicati i locali di spettacoli con una enorme sproporzione. Lo ripeto: il pubblico italiano compie degli sforzi miracolosi, è come un [p. 64 modifica]regazzino che solleva un peso di tre quintali e ce riesce, mentre questi lugubroni piagnucolano la miseria in teatro. Io invece sostengo che nel teatro tutti guadagnano di più: l’autore e il comico, lo scenografo, il lavoratore della Immagine dal testo cartaceo scena. Raffronti a bizzeffe, per chi ne volesse. Paolo Giacometti quaranta anni fa, domandava con una lettera — cinquanta lire — ad un capocomico per pagare la pigione di casa.

E non parliamo poi delle modeste condizioni di Pietro Cossa, Paolo Ferrari, Giacinto Gallina e senza tener conto dell’autentica miseria di parecchi altri illustri commediografi, che in tutta la loro vita non guadagnarono forse la metà dei diritti di autore che può oggi dare, sia pure meritatissimamente, una sola commedia di Pirandello, Forzano, De Benedetti e di tanti altri! [p. 65 modifica]


MISERIA DI IERI E RICCHEZZA D’OGGI

E che dire degli attori? Io, grazie al cielo, se smettessi oggi di recitare avrei di che vivere, sia pure modestamente, quanto mi resta da campare, nè in diverse condizioni si trovano i miei illustri colleghi: Fregoli, Zacconi, Ruggeri, Dina Galli, Gandusio, Musco, Viviani, Falconi, i Cimara, De Sica, Marta Abba, Elsa Merlini ed Eduardo De Filippo che possiede un automobile sbalorditiva con dentro il cinematografo, il fonografo, la radio, l’accendi sigaro e tante altre belle cose ricche e degne della sua grande signorilità. C’è poi chi possiede una casa, chi una villetta. Qualcuno ha l’una e l’altra, oppure dei Buoni del Tesoro Italiano, e dei terreni e delle raccolte d’arte. E non conosco nessuna giovane modesta generica che non possegga delle splendide pelliccie, che non scenda ad uno dei maggiori alberghi della città, e che non pretenda di viaggiare in prima classe! Un generico abbastanza cane, giorni or sono, mi diceva: — Mi sono ordinato dal sarto Duetti per quindicimila lire di vestiti... —

Nell’ultimo triennio ho spesso sentito dire: — La tale compagnia è andata male... — E come poteva andare altrimenti, quando il primo attore o la prima attrice — e talvolta tutte e due in[p. 66 modifica]sieme — prendevano ciascuno mille lire di paga al giorno? La compagnia è andata a rotta di collo, e naturalmente la colpa è stata della crisi.

Risaliamo invece con la memoria a qualche lustro addietro. Un comico allora credeva di possedere una ricchezza favolosa quando poteva Immagine dal testo cartaceo vantarsi di avere in un libretto alla Cassa di Risparmio dieci o ventimila lire... e non ce ne erano molti. Giacinta Pezzana, morta poverissima in un paesello di Sicilia, per poter lasciare, venticinque anni fa, Montevideo con la sua com[p. 67 modifica]pagnia e far ritorno in Italia, dovette ricorrere ad una colletta cittadina. Luigi Bellotti Bon e Francesco Garzes, dopo aver fatto tanto per dare all’Italia un Teatro Italiano, si tirarono una revolverata per non essere riusciti a far fronte ai loro impegni capocomicali. Ed io so di qualche illustre ed autentica celebrità della fine dell’ottocento e dei primi del novecento, che doveva accontentarsi, dopo lo spettacolo, di una cena di due uova, cotte nella propria cameretta d’affitto in un tegamino alla fiamma di un giornale; e di qualche altra che si lavava la biancheria nel proprio camerino...

Oggi, le cose sono cambiate: rallegriamocene, e smettiamo di dare ascolto a tutte le bugie dei così detti sostenitori della crisi e di coloro che vanno ripetendo fanfaluche, come quella che il cinema abbia ammazzato gli attori di prosa.

Ma se la maggior parte non hanno mai guadagnato tanto, come da quando esiste il cinema, che permette a molti di prendere il latte a due zinne. Caso mai, se proprio si vuole parlare di crisi, fermiamoci a quella di cervello: questa è l’unica crisi che non nego nemmeno io: l’hanno creata questi ripudiati del teatro, le vere mosche cavalline della crisi. [p. 68 modifica]


CONGRESSI

In guardia contro questa gente: li trovate da per tutto, vigili, attenti, premurosi a parlare ed a occuparsi dei malanni del teatro, che essi non capiscono... ma non importa. Ho letto tempo fa in un importante giornale, che era stato tenuto a Roma un congresso internazionale del teatro ed ho saputo che vi hanno partecipato persone autorevolissime: un celebre flebotomo... un esimio medico-chirurgo... un esperto geometra... un valoroso geologo e il maresciallo dei carabinieri, che credo abbia fatta una magnifica dissertazione sulla Commedia dell’Arte... e poi i rappresentanti di parecchie compagnie italiane e straniere tra i quali... il direttore della Compagnia Internazionale dei vagoni letto. M’hanno detto che in quei paraggi gironzava in modo sospetto anche un comico: ma il brigadiere dei carabinieri accortosene, lo abbordò e gli fece opportunemente capire di allontanarsi e di non immischiarsi in faccende che non lo riguardavano...


Ma questo si riferisce al passato; le cose ora sono cambiate; l’Ispettorato nulla trascura per intonare il nostro Teatro alla grandezza dell’Italia d’oggi. Ed era giusto che al Teatro Italiano fosse riserbato un posto notevole, dopo tanti anni di noncuranza e di abbandono. [p. 69 modifica]

Quindici anni or sono, quando non sapevo mai chi era e come si chiamava il Presidente dei Ministri, mi ricordo che una volta volevo tentare un’impresa o meglio avere la concessione temporanea di un terreno (in eterna attesa di costruzione, recintato alla meglio e che faceva veramente brutta figura nel centro di Roma) per farne un teatro estivo: fui consigliato, da uno di quei maneggioni che sono addentro nelle cose, di scrivere al segretario di Sua Eccellenza il Ministro dei Lavori Pubblici, che era tanto brava persona. Scrissi e mi ero compiaciuto per aver buttato giù alla brava delle cose chiare, logiche, che in conclusione avrebbero abbellito quella zona e dato un discreto vantaggio all’erario. I mesi passarono, io feci sollecitare la pratica da altri pezzi voluminosi, ma risposta nisba. Probabilmente Sua Eccellenza se la tenne cinque mesi sopra uno scrittoio, sotto un bel fermacarte, perchè non volasse, poi, certamente senza averla letta, me la rimandò con delle bellissime parole d’incoraggiamento e d’augurio perchè la cosa si concludesse; trattandosi di un teatro estivo che volevo inaugurare in luglio le parole d’incoraggiamento mi giunsero fresche fresche in gennaio, come se quello che io avevo scritto lo avessi scritto esclusivamente per ricevere dei complimenti. [p. 70 modifica]


ΑΜΑΝΤΙ MAL CORRISPOSTI

Recentemente, dal Cairo, scrissi una lettera a S. E. Galeazzo Ciano circa le direttive da prendere in merito al mio giro teatrale e in meno di una settimana per posta aerea ricevetti la risposta con l’informazione dei teatri di altri paesi stranieri, con i quali avevo iniziato le trattative per delle rappresentazioni.

Dico questo nei confronti di qualche anno prima del Fascismo, che se si domandava ad una personalità politica se gli piaceva e gli interessava il teatro, c’era da sentirsi rispondere, con un tono tra il meravigliato e l’autorevole:

— Caro lei, ho ben altro da pensare che al teatro io... Sarebbe effimero... —

Oggi, grazie al Regime e all’entusiasmo di S. E. il Conte Galeazzo Ciano, che fin da giovanissimo fu critico sereno, sincero e fortunato autore, e malgrado responsabilità derivanti dal suo alto ufficio, non ha dimenticato il teatro, nulla è trascurato per apportare a questo organismo un maggiore benessere ed una più grande elevatura d’arte.

S. E. Dino Alfieri non è meno fervente ammiratore del teatro; ne fa fede l’azione svolta alla Società degli Autori, alla quale ha dato uno sviluppo sempre più perfetto e secondo queste [p. 71 modifica]nobili direttive il dottor Nicola De Pirro, amico fraterno degli artisti, e del teatro, con scrupolosa coscienza accudisce, incoraggia e sussidia talvolta e, credo, molto più di talvolta...

Ci sono poi i malcontenti, i meno meritevoli, che nulla avrebbero da vedere con il teatro, ma lo amano svisceratamente e ci si vogliono ficcare dentro ad ogni costo: questi sono i cosidetti amanti mal corrisposti, perchè nel teatro, fra autori, direttori, registi, critici ed attori ce n’è il quaranta per cento che potrebbe fare molto meglio qualunque altro mestiere.

Un comico intelligente, sincero, invece mi diceva: — Sai: finalmente sono arrivato a farmi l’automobile, non posso davvero lamentarmi, capirai, tra il sincronismo, qualche filmetto, la radio e il Carro di Tespi spizzico sempre qualche cosa... —

Viva la faccia della verità!...

Quando poi si pensi che molte celebrità e molti capocomici d’oggi sono rimasti sempre i generici di pochi anni or sono...