Vai al contenuto

Vedute matematiche su fenomeni e leggi naturali

Da Wikisource.
Gino Fano

Indice:Fano - Vedute matematiche su fenomeni e leggi naturali, Torino, 1923.pdf testi scientifici Vedute matematiche su fenomeni e leggi naturali Intestazione 12 gennaio 2025 25% Da definire


[p. Frontespizio modifica]

R. UNIVERSITÀ DI TORINO

Vedute matematiche su fenomeni e leggi naturali




Discorso letto per l'inaugurazione dell'anno

accademico 1922-23 il 6 novembre 1922 dal

Prof. GINO FANO

Ordinario di geometria proiettiva e descrittiva con disegno



TORINO

TIPOGRAFIA ENRICO SCHIOPPO

Ficolo Benevello in via G. Verdi

1923

[p. 1 modifica]

VEDUTE MATEMATICHE SU FENOMENI E LEGGI NATURALI


Discorso

letto per l'inaugurazione dell'anno accademico 1922-23

il 6 novembre 1922

dal Prof. GINO FANO

Ordinario di geometria proiettiva e descrittiva con disegno.



Eccellenze, Signore, Signori,

L'eterno dibattito sull'importanza da attribuirsi agli studi scientifici in confronto agli studi classici ebbe un giorno a campioni, in Francia, attorno al 1840, un insigne astronomo e fisico, Francesco Arago, e l'illustre autore delle Méditations poétiques, Alfonso Lamartine. Credeva Arago di aver inchiodato al muro l'avversario, gridandogli: «Non è colle vostre belle parole, che si fabbrica lo zucchero di barbabietola; nè con versi alessandrini che voi estrarrete la soda dal sal marino!». E soggiungeva: «E' la scienza che ha fatto cadere per sempre i pregiudizi!». Lamartine non negava che la scienza fosse utile; ma: «Se il genere umano — diceva — fosse condannato a perdere interamente uno di questi due ordini di verità, o tutte le verità matematiche, o tutte le verità morali, esso non dovrebbe esitare a sacrificare le verità matematiche; perchè, se si perdessero tutte le verità matematiche, l'industria, il mondo materiale, ne avrebbero indubbiamente un danno immenso; ma se l'uomo perdesse anche una sola delle verità morali acquisite cogli studi letterari, questo segnerebbe la morte sua e dell'umanità intera ». E [p. 2 modifica]concludeva inneggiando alle lingue «che voi chiamate morte, «e io chiamo immortali»1.

E’ possibile che, così parlando, questi due valentuomini, entrambi, in campi diversi, altamente insigni e benemeriti, fossero mossi anche da considerazioni non completamente obbiettive2. Certo essi erravano entrambi, ponendo la questione in termini così recisi e assoluti: chè anzi, primo obbiettivo di un’educazione liberale, veramente degna di questo nome, deve essere lo sviluppo armonico di tutte le facoltà mentali; del culto del bello non meno che del culto del vero; dell’esprit de finesse non meno che dell’esprit géométrique. Nè può disconoscersi, fra altro, alla lingua latina di essere, anche per l’educazione scientifica, elemento insuperabile di disciplina e di ordine, materiale e spirituale: prodigio di logica, ferrea come la volontà del popolo che conquistò il mondo. Ora la tesi di Arago, sostanzialmente, rimprovera agli studi classici di essere insegnamento di lusso, non atto ad aprire la mente ai bisogni e alle aspirazioni del nostro tempo; mentre, nel mondo in cui dobbiamo vivere ed agire, l’efficacia dell’azione nostra dipende essenzialmente dalla conoscenza dei fatti più importanti che vi si compiono e delle leggi che li governano, ed è compito precipuo dell’educazione assicurarci il possesso intelligente di quei fatti e di queste leggi. Ma questa tesi, e più ancora l’applicazione che Arago ne faceva, risponde a una [p. 3 modifica]concezione ristretta della scienza; della scienza limitata cioè alla tecnica utilitaria, alle applicazioni di leggi e principii già precedentemente assodati, per le quali è sufficiente l’insegnamento professionale. Invece voi sapete come la scienza implichi sopratutto ricerca teorica, disinteressata, che non può essere vincolata da preoccupazioni pratiche e da considerazioni utilitarie; investigazione della natura, scoperta delle sue leggi più generali, dei legami, spesso reconditi quanto intimi, tra diversi ordini di fenomeni; come in quest’Aula stessa valenti oratori hanno più volte ampiamente illustrato, anche in recentissima occasione, che il nostro Magnifico Rettore ha testè rievocata. E le serie profonde ricerche scientifiche esigono tutto un complesso di doti dello spirito, che solo con progressivo tirocinio mentale si consolidano, e sopratutto si raffinano; facoltà di analisi minuta dei fatti, da svariati punti di vista; facoltà di cogliere analogie, e assurgerne a sintesi geniali; sagace connubio di osservazione e ragionamento; il tutto integrato da larga, multiforme coltura, e perciò incompatibile con una eccessivamente precoce specializzazione tecnica. — Alla formazione e al perfezionamento di questo spirito scientifico può largamente contribuire l’antica filosofia greca, iniziatrice della vita intellettuale del mondo, che ci offre esempi di profonda analisi e critica, speculazioni che a volte, in forma primordiale, mirabilmente si accostano a vedute moderne; espressione di uno sforzo intenso, continuo, tenace, diretto a cogliere la realtà della natura, coordinando possibilmente le nozioni acquisite dai sensi3; sforzo meraviglioso, sopratutto in relazione alla enorme insufficienza dei mezzi di investigazione allora disponibili, e alla necessità di fare assegnamento quasi esclusivamente sull’intelletto il che appunto spiega il rapido fiorire delle scienze matematiche, siccome quelle a cui l’intelletto poteva dare più largo alimento. E forse lo stesso esuberante sviluppo della geometria greca — dal punto di vista filosofico, quasi rispondente al prevalere dello spirito idealistico del platonismo sul razionalismo naturalistico dell’aristotelismo — può avere infrenato il progresso delle altre scienze; e quando, nel 3° sec. a. C., [p. 4 modifica]Achimede, abilmente sposando l’osservazione al ragionamento, segnò orma profonda, immortale nella meccanica e nella fisica, egli rimase splendido faro luminoso, ma isolato, senza continuatori. — Anche in Roma fu mirabile la facoltà di osservazione e di analisi, volta principalmente allo studio dei fenomeni morali e sociali: onde escirono quei monumenti di sapienza civile e giuridica, che non sta a me il ricordarvi. E notevole fu in Roma altresì la facoltà di assimilazione: ciò che nei popoli vinti era frutto di civiltà e sapere fu generalmente apprezzato, e non andò perduto. Roma seppe anzi attrarre a sè gli uomini migliori delle altre genti, dando fino da quel tempo memorabile esempio di larga cooperazione. Così la Grecia, che già aveva ellenizzate vaste zone in oriente, conquistata da Roma, riviveva e si perpetuava in occidente nell’indistruttibile sua eredità spirituale:

«Graecia capta ferum victorem cepit, et artes
Intulit agresti Latio».

Dopo la millenare sosta del Medio Evo, il largo risveglio scientifico del secolo XVII è legato sopratutto a nomi di grandi filosofi della natura; Galileo4, Cartesio, Newton, Leibniz. E’ per opera loro che i problemi meccanici hanno potuto essere tradotti nel linguaggio del calcolo, e trattati esaurientemente; questo è uno dei fatti più importanti della storia dell’umanità, e senza di esso forse non esisterebbe la civiltà moderna. E nel secolo XIX, il prodigioso sviluppo delle applicazioni dell’elettricità procede tutto dai laboratori scientifici, o di nuovo dal calcolo: dalla pila di Volta, il primo fenomeno di elettrodinamica; da Faraday, che scoperse l’induzione elettromagnetica, e la funzione che esercita nei fenomeni elettrici il così detto dielettrico, cioè il mezzo che separa i due corpi agenti l’uno [p. 5 modifica]sull’altro; dall’anello di Pacinotti, prima generazione di corrente applicabile nell’industria; dal campo Ferraris, che rese possibile il trasporto a grandi distanze di imponenti quantità di energia; da Clerk Maxwell, il quale fino dal 1873, formulando la teoria matematica dei fenomeni elettromagnetici, riconosceva che il dielettrico godeva delle medesime proprietà dell’etere luminoso; che le perturbazioni elettromagnetiche si comportavano come se si propagassero nello spazio con velocità finita la velocità stessa della luce; e che vi erano in tutto ciò forti ragioni per credere che la luce fosse essa medesima una perturbazione elettromagnetica, promuovendo così le celebri esperienze di Enrico Hertz e di Augusto Righi sulle onde elettriche, che aprirono la strada alla radiotelegrafia. E’ uno dei giganti della matematica, Carlo Federico Gauss, che nella quiete silente degli Istituti scientifici di Gottinga, col suo collega Guglielmo Weber, sperimenta, fra l’osservatorio astronomico e il laboratorio di fisica, il primo telegrafo elettrico; è uno dei giganti della fisica, intesa nel suo più ampio significato, William Thomson, divenuto poi Lord Kelvin, che, guidato, nelle sue speculazioni scientifiche, da un ravvicinamento fra i due problemi della propagazione del calore e dell’elettricità, studia la propagazione delle correnti elettriche variabili nei condutto ri allungati di grande capacità, e insegna a gettare fra l’Irlanda e l’America il primo cavo transatlantico!


* * *


La critica scientifica di quest’ultimo mezzo secolo ha alquanto modificata la concezione dei rapporti fra scienza e realtà, e sopratutto del modo in cui la scienza si sforza di adeguare la realtà. Mentre il processo scientifico si considerava un tempo come categoricamente, ferreamente imposto dall’esperienza, e tale da dare l’assoluta certezza, oggi ne appare elemento essenziale anche lo spirito costruttore dello scienziato.

Un fenomeno qualsiasi, come si presenta ai nostri sensi, è sempre estremamente complesso, e appare la risultante di molte cause, alcune essenziali e preponderanti, altre d’importanza minore. Nel movimento di rivoluzione dei pianeti intorno al sole appare preponderante l’attrazione esercitata, su ognuno di essi, dal sole medesimo, e di gran lunga minore quelle dei [p. 6 modifica]singoli pianeti fra loro. Le leggi di Keplero, la prima delle quali, la più nota, dice che ciascun pianeta descrive un’ellisse della quale il sole occupa un fuoco, suppongono la massa di ognuno di questi astri concentrata in un unico punto, e ogni pianeta soggetto alla sola attrazione solare, salvo poi ricercare quali «perturbazioni» al movimento così semplificato possono portare le altre attrazioni. Le leggi elementari dei gas, cioè le relazioni fra volume, pressione e temperatura di una data massa di gas, nella loro più semplice formulazione, si riferiscono allo stato di gas perfetto: stato ideale, che in pratica non è mai raggiunto, ma al quale la maggior parte delle sostanze gazose, se lontane dalla condensazione, possono molto avvicinarsi. Il biologo sperimenta su razze selezionate, in condizioni semplificate e un po’ diverse da quelle che si presentano in natura: ma da questo può trarre conclusioni utili a interpretare e comprendere ciò che in natura avviene. L’economista studia l’«homo economicus»); essere astratto, senza passioni nè sentimenti, capace di trasformare i beni economici gli uni negli altri, nell’intento di conseguire il massimo piacere. Si cerca dunque di semplificare il fenomeno, accontentandosi di rappresentarlo imperfettamente5; ma quest’approssimazione, opportunamente contenuta, basta per fare previsioni che, a loro volta in un certo grado di approssimazione, dipendente dal primo, risultano confermate dai fatti: sì da arrivare alle odierne condizioni di dominio sulla natura. Spetta allo scienziato, come ben disse Jules Tannery6 e qui appunto si esplicherà la sua opera costruttrice di débrouiller, sbrogliar fuori dalla immensa complessità delle cose le relazioni più salienti e che, sia pure imperfettamente, possono esprimersi in formole semplici7, facilmente afferrabili dal nostro spirito; [p. 7 modifica]preferendo quelle più suggestive, più feconde di risultati, più atte a previsioni. Questo adattamento reciproco del nostro spirito e dell’ambiente sensibile, dei concetti e delle cose, non avviene senza fatica nè senza lotta; qui il lavoro scientifico assurge anche ad opera d’arte; la stessa definizione ben scelta, il concetto, il postulato stabiliti in modo preciso, perspicuo, fecondo, che conducano a una visione larga, sintetica, armonica, sono creazione artistica.

Il bisogno naturale del nostro spirito di indagare le cause dei fatti si estrinseca nella tendenza a cercare riferimenti, connessioni, tra i varii fatti scientifici, per subordinarli a leggi più generali, risalendo sempre più in alto, verso principii più comprensivi e, possibilmente, in numero più limitato. In questa sintesi ci lasciamo anche guidare, quanto più possibile, da considerazioni di semplicità e di economia di pensiero. Non potrebbe la scienza estendersi sempre più, se alla maggiore ampiezza dell’orizzonte che dobbiamo abbracciare non si accompagnasse una maggiore economia di pensiero nel dominarlo. La scienza stessa, come scrisse E. Mach8, si può considerare come un problema di minimo, che consiste nel raggruppare ed esporre i fatti, quanto più perfettamente possibile, col minor dispendio intellettuale. La scienza è anch’essa una forma di attività, che dev’essere sottomessa alle leggi economiche che rego- [p. 8 modifica]lano tutte le forme del lavoro9. A questo concetto si ispiravano forse già, inconsciamente i primi tentativi di sistemazione scientifica suggeriti dal così detto finalismo della natura, cioè dall’idea che la natura, quasi personificata, assimilata al nostro spirito, avesse, al pari di noi quando ci lasciamo guidare, nelle nostre azioni, da sentimenti istintivi o da riflessioni, la tendenza a rendere minimi sforzi e resistenze e massimi gli effetti. E lo ritroviamo oggi nella sintesi più recente e grandiosa, la teoria della relatività di Einstein, il quale, già nella così detta relatività speciale, fonde in un solo concetto le nozioni di spazio e tempo, perciò geometria e cinematica, nonchè massa ed energia, le quali appaiono come due diverse manifestazioni, concomitanti, di un medesimo ente fisico (enormemente concentrata la prima, enormemente diluita la seconda), e il teorema della conservazione dell’una si identifica col teorema della conservazione dell’altra; e nella relatività generale riesce a comprendere anche il fenomeno della gravitazione universale, rimasto per lungo tempo misterioso e inesplicabile, cioè senza legami con altri fenomeni fisici di modo che da pochi e semplici principii fondamentali discendono, insieme colle leggi dei fenomeni luminosi ed elettromagnetici, anche le leggi di Keplero sul movimento dei pianeti.

E ancora ciò che oggi allo scienziato serve, cioè basta per determinate previsioni, può domani doversi ulteriormente precisare, e anche, in proporzioni più o meno estese, cambiare. Il perfezionamento dei mezzi di osservazione e di esperimento che ci avevano suggeriti concetti e postulati, può indurci ad apportarvi modificazioni: ciò che un tempo pareva semplice può dar luogo in seguito a una maggiore complessità, per qualche causa addizionale di cui prima non si era tenuto conto. E guai se così non fosse; se sensi e strumenti imperfetti non ci avessero dapprima nascoste tante irregolarità! Se Tycho Brahe, maestro di Keplero, avesse già avuto strumenti molto più precisi, non avremmo forse avuto nè Keplero, nè Newton nè l’astronomia moderna. La scienza non solo progredisce; ma, anche nelle parti già costruite, nelle stesse sue basi, evolve e si rinnova in perpetua giovinezza; anzichè ferma, immutabile, statica, come un tempo la si pensava, fondata su principii [p. 9 modifica]immobili, e perciò essa stessa immobile, appare oggi essenzialmente variabile, dinamica, erigentesi sopra principii che gli stessi sviluppi precedenti e la loro critica gradualmente inducono a modificare. Il progresso scientifico appare pertanto come procedimento di approssimazioni successive; ogni teoria, come un grado della verità, che viene poi su perato da una successiva conoscenza più ampia, più approfon dita, più approssimata10. E questa, il più delle volte, non rinnega la precedente, bensì la integra e meglio la illumina. La rotondità della terra non impedisce che la terra stessa, in una zona convenientemente limitata, possa e si debba considerare come piana; e, in questa zona, tutte le verticali come parallele. Anche Einstein afferma che «E’ la più bella sorte di una teoria fisica quella di aprire la via alla costruzione di un’altra. «nella quale essa sopravvive come caso limite» (meno preciso, ma più semplice)11. Così appunto la meccanica di Einstein non significa affatto la morte della meccanica Newtoniana, ma la integra, apportandovi correzioni, che sono bensì rilevanti per velocità che si avvicinano alla velocità di propagazione della luce nel vuoto, che è di circa 300 000 Km. al minuto secondo; ma nella meccanica celeste, dove le velocità sono di gran lunga inferiori, queste correzioni diventano sensibili solo per variazioni (secolari»), cioè in capo a lunghi periodi; come p. es. lo spostamento, oggi ripetutamente citato, del perielio del pianeta Mercurio. Pensate che si tratta di uno spostamento, in cento anni, di circa 43 minuti secondi d’arco; cioè di un angolo che è la 40° parte di quello secondo cui vediamo, in media, il diametro lunare, o anche l’angolo sotto cui vedremmo un uomo di media statura a 8 Km. di distanza. Avere raggiunto un tale grado di perfezione è davvero per la scienza un trionfo meraviglioso!


* * *


Dal punto di vista filosofico, nessun dubbio che la scienza sia una, e debba comprendere lo studio di tutti i fatti ai quali [p. 10 modifica]ci troviamo comunque partecipanti o spettatori. Ma l’accrescersi della mole delle conoscenze importa necessariamente una suddivisione del lavoro scientifico; e così si sono venuti formando alcuni gruppi di conoscenze più strettamente legate fra loro, che corrispondono, all’incirca, alla classificazione già adottata dalla filosofia positiva (scienze matematiche, fisiche, biologiche, psicologiche, sociali) secondo la complicazione crescente e la generalità decrescente delle cognizioni scientifiche12. Pur troppo i nostri ordinamenti universitari, anzichè aiutare a ricostituire la primitiva unità del pensiero, tendono a mantenere il particolarismo scientifico, colla separazione della Facoltà di Scienze da quella di Filosofia e Lettere, e di entrambe dalle Scienze Sociali, e colla spesso minuta suddivisione delle cattedre, alle quali i singoli insegnanti si trovano vincolati!

L’aritmetica, che è la prima e la più semplice fra le scienze matematiche, è una «economia nel calcolare»13; le sue regole hanno lo scopo di risparmiare il contare diretto; non vogliamo ricominciare daccapo un’operazione più spesso che non sia necessario. E l’algebra, o aritmetica generale, tratta, in una sola volta, tutte le operazioni della stessa forma, del cui risultato può darsi espressione sintetica in una formola, indipendente dai valori numerici dei singoli dati. Pertanto, la possibilità di sfruttare per un’altra scienza i concetti e procedimenti matematici, in particolare quelli dell’aritmetica e dell’algebra, richiede che gli elementi di tale scienza vengano studiati in modo quantitativo, anzichè solo qualitativo. Bisogna talvolta plasmarne i concetti, in modo da potervi applicare una misura. Ad es., nella meccanica, il primitivo concetto di forza che si esprimeva nei termini «la forza è causa di moto», ha ceduto il posto ad una formola che esprime l’intensità, cioè la misura di questa forza, mediante la così detta accelerazione ch’essa può imprimere a un punto materiale, e la massa di tale punto.

Tutti conoscono i diagrammi, o grafici, con cui si rappre[p. 11 modifica]senta il variare di una grandezza al trascorrere di un’altra, p. es. del tempo: la linea della temperatura atmosferica, della pressione barometrica, dalla temperatura di un ammalato, del peso di un bambino, ecc. Facendo uso di carta millimetrica, la graduazione delle orizzontali e verticali permette anche di valutare a colpo d’occhio le distanze, cioè le misure delle grandezze rappresentate. In taluni casi si può ricorrere ad apparecchi registratori, che automaticamente, ad ogni istante, seguano la grandezza misurata, ottenendo così tutta una curva, immagine dell’andamento del fenomeno; andamento che in tal modo si rende intuitivamente manifesto, colle sue oscillazioni, massimi, minimi, meglio assai che con tabelle numeriche. L’orario delle ferrovie, per i fenomeni costituiti dai «treni viaggianti», è appunto una collezione di tabelle numeriche, sufficienti per l’uso che al pubblico occorre farne; ma i funzionari che devono rendersi conto della velocità delle diverse categorie di treni, e stabilire incroci e precedenze, fanno uso esclusivamente di orari grafici.

La relazione fra due quantità simultaneamente variabili, raffigurata geometricamente dal diagramma, è la parte essenziale di ogni valutazione numerica di un fenomeno: si suol dire allora che una delle due quantità è dipendente dall’altra è funzione di quest’altra. Se la linea ottenuta è, almeno con una certa approssimazione, di uno dei tipi più semplici retta, cerchio, parabola..., il matematico sa esprimere con una formola la relazione tra le due quantità, cioè la funzione; e questa è, in quei limiti di approssimazione, la legge del fenomeno. Nei casi meno elementari si cerca p. es. di scomporre il diagramma, cioè la funzione, nella somma di altre più semplici; è già qui il matematico ha un campo d’azione vasto e importante.

Quando, al progredire p. es. del tempo, la quantità rappresentata varia lentamente, il diagramma procederà press’a poco orizzontale; mentre, in caso di rapide variazioni, il diagramma anche rapidamente salirà o si abbasserà. La diversa inclinazione (meglio, la pendenza14) del diagramma, in ogni singolo punto, misura dunque la rapidità con cui la quantità rappresentata varia; in altri termini, la velocità di questa va [p. 12 modifica]riazione; e anzi questo, non altro, è il concetto, a tutti familiare, della velocità di un movimento. Nella navigazione aerea, è appunto dal grafico dell’altezza descritto da un barografo automatico che si rileva, a colpo d’occhio, se l’areonave sale o scende, più o meno rapidamente. Questo nuovo elemento numerico: «velocità del fenomeno» ha in molti casi significato concreto e importante: nell’allungamento (o dilatazione lineare) di una sbarra metallica per effetto del calore, è il coefficiente di dilatazione; nella corrente elettrica, quando si parta dalla considerazione della quantità totale di elettricità che in un dato tempo attraversa una sezione del conduttore, è l’intensità di corrente; e per questa via si stabiliscono anche, in chimica, il concetto di velocità di reazione, in economia politica il concetto di ofelimità (elementare), concetto numerico preciso che gli economisti matematici hanno sostituito a quello, dapprima vago, del «piacere» che procura una cosa. Il matematico riconosce che in questi problemi, inerenti alle varie scienze (io non ho citato che qualche esempio), vi è una parte numerica comune, un fatto di calcolo, che è per tutti questi casi lo stesso; e lo studia (come si studiano le 4 operazioni fondamentali dell’aritmetica), dà regole per calcolare, conoscendo la legge del fenomeno, la sua velocità (come si dànno regole per eseguire le operazioni aritmetiche).

Non solo; ma, in molti casi, si presenta il problema inverso: invece di passare dalla legge del fenomeno alla legge della velocità, si può domandare, in base alla conoscenza della velocità del fenomeno, di ricostruire la legge del fenomeno stesso; cioè di ricostruire il diagramma, conoscendone il punto di partenza e, per ogni punto successivo, la pendenza. Sono problemi di questo tipo il calcolo del lavoro compiuto da una forza variabile; della quantità di calore necessaria a portare un corpo a una temperatura assegnata e, in geometria le misure di superficie e volumi di forma qualunque. E sono questi i problemi fondamentali del calcolo infinitesimale!15. [p. 13 modifica]

Il concetto di funzione, suggerito, almeno in parte, da problemi delle scienze sperimentali16, si è, in mano al matematico, gradatamente esteso, precisato, raffinato, al punto che, della matematica moderna, esso costituisce una delle concezioni più generali e fondamentali. Le funzioni sono pel mondo matematico ciò che la legge è pel mondo fisico. Se io dicessi che la matematica è essenzialmente teoria delle funzioni», direi forse cosa non vera; però assai meno lontana dal vero di quanto potreste pensare. Certo il concetto di funzione pervade minutamente, come un fermento, tutta la matematica moderna. I fondamenti di questa teoria dovrebbero pertanto oramai, come elemento di coltura generale, informare e vivificare anche l’insegnamento medio: naturalmente non con aride definizioni, ma a mezzo di ripetuti progressivi esempi, addestrando gradatamente i giovani a pensare e concepire «funzionalmente»17. Questo appunto è vivamente raccomandato nei programmi di ante guerra (finora, per fortuna, mantenuti) delle scuole medie delle nuove Provincie; mentre, nei vecchi confini, queste vedute si sono solo affacciate, quasi timidamente, nel 1911, nei programmi del Liceo Moderno18; e sono adottate, in più, da pochi insegnanti di altre scuole, personalmente compresi dell’importanza di questo indirizzo funzionale per la formazione di una buona e seria mentalità moderna. [p. 14 modifica]

Tutta la storia della teoria delle funzioni, da due secoli in qua, prova luminosamente come le scienze fisiche abbiano potentemente contribuito a dirigere e orientare ricerche matematiche; a suggerire, estendere, approfondire i relativi concetti. La matematica è sempre stata vivificata e rinvigorita dal con tatto colla natura; e solo per questo permanente contatto si è sottratta al pericolo di diventare puro simbolismo, chiuso in sê. A volte sono appunto circostanze suggerite dallo studio della natura, che promuovono la formazione di qualche nuovo capitolo di calcolo: qualcosa di analogo al fatto, asserito dai biologi della scuola di Lamark, che «la funzione crea l’organo». Progressi essenziali nella teoria delle funzioni si collegano, ad es., ai due problemi classici delle corde sonore, e della propagazione del calore; quest’ultimo magistralmente trattato da Fourier nei primi anni del secolo XIX; e a Fourier risale appunto l’origine prima di importanti, delicatissimi concetti e procedimenti dell’analisi matematica 19. La deformazione di una sbarra elastica sotto l’azione di un carico dipende non solo da questo stesso carico, ma anche dai carichi ch’essa ha già sopportati in precedenza, e dei quali conserva, in certo modo, la «memoria». Qualcosa di simile avviene nel magnetismo, nei fenomeni di «isteresi»); e in biologia, nei fenomeni mnemici 20. Per far entrare nel calcolo questi elementi, occorre tener conto non solo dei valori attuali di certe quantità, ma anche di tutto il sistema dei loro valori precedenti; e a [p. 15 modifica]questi casi si adatta la considerazione di funzioni «dipendenti da tutto un passato diagramma», cioè delle così dette «funzioni di linea», dovute al Volterra. — Altre volte è il matematico che, libero nell’indirizzo di ricerca, ma guidato dal fine suo intuito, si spinge per vie apparentemente lontane da applicazioni, ma che egli «sente» essere importanti per la scienza; ei suoi risultati, il suo stesso linguaggio, si rivelano un giorno ntilissimi, essenziali, in qualche campo affatto nuovo e imprevisto21. Il calcolo dei numeri immaginari (che ebbe anch’esso tanta pena ad essere accettato nella scienza, mentre Oggi appare indispensabile!) fornisce espressioni sintetiche di grande importanza per varie questioni di fisica: grazie agli esponenziali immaginari si è approfondito lo studio dei fenomeni vibratori; e a tutti gli elettrotecnici è noto il metodo simbolico di Steinmetz, usato per risolvere con speditezza e semplicità problemi relativi alle grandezze alternanti sinusoidali2223. E la stessa teoria della relatività di Einstein non avrebbe potuto diffondersi rapidamente nel campo scientifico, e essere facilmente afferrata dai cultori delle discipline fisico-matematiche, se non avesse trovato nel campo matematico largamente spianata la via, e pronto il linguaggio atto ad esprimerne i concetti nella forma più semplice: il linguaggio degli spazi a più dimensioni, per l’equiparazione del tempo alle tre dimensioni dello spazio ordinario; la geometria non [p. 16 modifica]euclidea, in particolare le ricerche geometrico-differenziali di Gauss, Riemann, Beltrami ed altri, per taluni caratteri, diversi dallo spazio ordinario, che presentava il nuovo universo spazio-tempo, e che appunto quelle ricerche avevano resi familiari ai matematici; la teoria dei «gruppi di trasformazioni»)24, per porre in termini precisi il concetto della «relatività», nella sua nuova veste; infine, per la relatività generale, l’idoneo strumento di calcolo, nel «calcolo assoluto» di Ricci e Levi Civita.


* * *


Benchè i sensi della vista e del tatto ci facciano generalmente apparire la materia come avente struttura continua, lo studio dei fenomeni fisico-chimici ci conduce sempre più ad ammettere che la materia sia invece discontinua, granulare costituita da innumerevoli particelle. Questa concezione risale bensì a Leucippo di Mileto e Demcrito d’Abdera (500 anni a C.), ma solo nel secolo XVIII Daniele Bernouilli, per primo, la introdusse nella scienza, cercando di spiegare la pressione esercitata da un gas sulle pareti del recipiente in cui è contenuto, mediante gli urti delle sue molecole contro tali pareti. Ne, in altro modo, sarebbe possibile dare una spiegazione semplice del fatto che, in chimica, i corpi si combinano in proporzioni costanti, o tutt’al più, in taluni casi, multiple fra loro; cioè delle così dette leggi delle «proporzioni definite» e delle «proporzioni multiple»25. In questi ultimi 15 anni, lo studio dei «movi[p. 17 modifica]menti Browniani»26, cioè dei movimenti eminentemente irregolari, disordinati, di corpuscoli immersi in un liquido apparentemente in riposo; corpuscoli minutissimi, ma tali da non sfuggire ai nostri mezzi di indagine; ha permesso di gettare un ponte tra la primitiva ipotesi e la realtà, giungendo alla convinzione che questi movimenti sono dovuti agli urti delle molecole del liquido, sicchè lo stato apparente di riposo del liquido stesso non è che un’illusione dovuta all’imperfezione dei nostri sensi, e corrisponde in realtà a un regime perma nente di agitazione minuta, violenta, disordinata, della quale noi percepiamo solo l’effetto globale; come l’agitarsi delle singole persone in una piazza affollata può, a un osservatore lontano, per esempio da un areoplano a grande altezza, dar l’impressione della immobilità. Del pari, la teoria cinetica dei gas ci rappresenta una massa gazosa come costituita da un numero grandissimo di molecole, che si muovono in tutti i sensi con grande velocità; e si sono oramai determinate, con molta approssimazione, queste velocità (dell’ordine di grandezza, in media, di alcune centinaia di metri al minuto secondo) e perfino le dimensioni delle molecole stesse, in base a procedimenti svariati, che poggiano bensì su parecchie ipotesi, ma sono confortati da notevolissima, meravigliosa concordanza di risultati ottenuti per vie molto diverse27; verificando, tra altro, la legge che il nostro Avogadro aveva enunciata oltre un secolo fa, che volumi eguali di gas diversi, nelle stesse condizioni di temperatura e pressione, contengono egual numero di molecole; e assegnando questo numero la così detta costante di Avogadro s’intende, entro certi limiti di approssimazione. La nozione della discontinuità si è altresì estesa al dominio dell’elettricità, dove la realtà dell’elettrone, atomo di elettricità negativa, è pure appoggiata a importanti esperienze; e al dominio dell’energia, colla teoria dei «Quanta» di Plank, secondo la quale l’energia emessa sotto forma di luce, [p. 18 modifica]calore, o raggi chimici non sarebbe irradiata che per frazioni determinate e indivisibili28.

In ogni fenomeno fisico-chimico entrano dunque in gioco particelle (molecole, atomi, elettroni...) in numero enorme sicchè sarebbe praticamente impossibile tener conto separatamente dei movimenti di ognuna di esse. In un solo centimetro cubo di gas, a temperatura di 0° e pressione normale, sono contenuti circa 30 miliardi di miliardi () di molecole; e se si volesse dedicare anche soltanto un minuto secondo allo studio del movimento di ognuna di esse, occorrerebbe un tempo pari alla durata complessiva della vita di circa 15 miliardi di nomini! D’altra parte, mentre l’ipotesi della struttura continua della materia, sulla quale riposano le applicazioni del calcolo infinitesimale, può considerarsi come una prima approssimazione, sufficiente per certe teorie fisiche, ad es., per la teoria del calore, elasticità, idrodinamica, come furono brillantemente costruite nel secolo XIX, per altre teorie sembra indispensabile ammettere la struttura granulare; e per questa «fisica del discontinuo» occorrono altri mezzi di investigazione, anche nel campo del calcolo; un apparato matematico che, senza scendere ai fatti individuali delle singole particelle, permetta di valutarne adeguatamente gli effetti globali, complessivi quella che si potrebbe chiamare una teoria matematica dei fatti collettivi, intesa ad abbracciare di questa massa di fatti gli ampi contorni, sorpassando sui dettagli, che confonderebbero lo sguardo29. [p. 19 modifica]

E’ questo appunto che avviene nei rapporti statistici, considerati dalla demografia. Di tutti i bambini che nasceranno in Italia, ad es., nel prossimo anno, non ci è dato conoscere quale sarà, uno per uno, la sorte; chi maschio o femmina, chi morirà nel primo anno di vita, chi nei primi dieci anni, chi raggiungerà i 60 o i 70 anni. Ma la demografia, pur non potendoci dare queste previsioni individuali, è in grado di fornirci, con grande approssimazione, previsioni globali sulla mascolinità, e sulla mortalità nei successivi anni; e sopra queste previsioni sono anzi fondati, con successo, i bilanci tecnici di tutte le varie forme di assicurazioni (tant’è vero, come argutamente osservò Poincaré, che le Società di assicurazione distribuiscono dividendi!). Le cause svariatissime che influiscono sulla sorte dei singoli individui, impossibili a valutarsi una per una, vengono in certo modo a compensarsi a vicenda nei loro effetti globali, che risultano di una regolarità quasi sorprendente. Un celebre teorema, dovuto a Giacomo Bernouilli (1713), dice appunto, in forma matematica, essere immensamente probabile», perciò praticamente quasi sicuro, che, per un numero di individui sufficientemente grande, quei rapporti demografici differiscano assai poco da certi numeri che costituiscono la «probabilità matematica» dei singoli eventi.

Anche nelle scienze fisiche, dove entri in gioco un insieme di elementi numeroso ed omogeneo, occorre procedere in modo analogo.

Se io riunisco in un bicchiere una polvere bianca ed una polvere nera, a granuli molti piccoli, e, agitando il bicchiere, le mescolo fra loro, dopo un certo tempo il miscuglio, almeno se guardato a distanza tale da non poter distinguere l’uno dal l’altro i singoli grani, darà al nostro occhio l’impressione di una polvere grigia, omogenea. Continuando ad agitare il bicchiere, l’aspetto del miscuglio non verrà più sensibilmente modificato. Ciascun granello avrà seguìta una traiettoria perfettamente determinata dalla sua posizione iniziale, dagli impulsi [p. 20 modifica]ricevuti, dagli attriti subití; ma la complessità di queste cause e il numero dei grani sono tali che, in pratica, non sarebbe stato possibile determinare preventivamente le singole traiettorie; e nemmeno, conoscendole, io saprei ripetere con precisione una seconda volta gli stessi movimenti della mano, per far percorrere di nuovo ad ogni grano il medesimo cammino. Tuttavia il «calcolo delle probabilità», prendendo in esame le diverse proporzioni in cui, dopo un certo tempo, le due polveri si possono trovare mescolate nelle diverse regioni del vaso, trova che le disposizioni corrispondenti a una omogeneità approssimata sono immensamente più numerose di quelle che danno luogo a miscugli eterogenei; e prevede perciò che, nella enorme maggioranza dei casi, le deviazioni locali dalla omoge neità, nella scala di grandezza in eni noi osserviamo il fenomeno, andranno man mano attennandosi.

Abbiamo così una visione sintetica del fenomeno, almeno per l’enorme maggioranza delle esperienze che si possono eseguire; e che ne mette in luce la qualità più perspicua, cioè la tendenza ad una omogeneità approssimata, od omogeneità statistica30.

Continuando a scuotere il bicchiere, potrei eventualmente riuscire a riprodurre il fenomeno a rovescio, cioè a separare di nuovo le due polveri, facendo cadere l’una in basso, e restando l’altra di sopra? Nessuno di voi si aspetterebbe di vederlo; e invero questa specialissima disposizione delle due polveri, cioè la loro completa separazione, è recisamente contraria a quella approssimata omogeneità che il calcolo insegna verificarsi nella immensa maggioranza dei casi possibili; e ap pare perciò estremamente improbabile. Un matematico francese, il Borel, ha dato di tale estrema improbabilità un esempio assai felice in quello ch’egli ha chiamato il miracolo delle [p. 21 modifica]scimmie dattilografe31. Se un milione di scimmie fossero abituate a battere a caso, ciascuna, uno fra i tasti di altrettante macchine da scrivere, e continuassero a fare così sui vari tasti, per dieci ore al giorno e per tutto un anno, sarebbe possibile che, raccolti i vari fogli in volumi, si avessero le trascrizioni esatte dei libri contenuti nelle principali biblioteche del mondo? Nessuno se lo aspetterebbe; ma siamo anche tutti convinti che assolutamente impossibile questo non è.

Uno dei maggiori servizi che il calcolo delle probabilità ha reso alla filosofia naturale è stato appunto quello di aver consentita, per taluni fenomeni, una nuova e più soddisfacente interpretazione, sostituendo il concetto della tendenza all’omogeneità statistica — fatto immensamente probabile, perchè comune alla enorme maggioranza dei casi possibili a quello più assoluto, della irreversibilità.

Il concetto di fenomeno reversibile, cioè di cui tutte le fasi possono riprodursi in ordine inverso, ci è dato, nel modo più chiaro, da una film cinematografica che si faccia scorrere nell’apparecchio in senso opposto a quello in cui fu costruita; come molti anni fa a Roma, dopo caduto un tratto di muraglioni del Tevere-caduta tanto attesa, che potè essere fissata col cinematografo!-si andava la sera a vedere pietre e mattoni sorgere spontaneamente dal fiume e ricomporsi a formare il muro. I fenomeni di movimento, nelle condizioni ideali in cui sono studiati dalla meccanica razionale (trascurando attriti, fenomeni termici...), sono appunto reversibili: se potessimo arrestare i corpi del sistema solare nei loro movimenti, e invertirne bruscamente le velocità, essi (nelle ipotesi suaccennate) riprenderebbero a percorrere le stesse orbite in senso inverso, e i fenomeni che dipendono da questi movimenti, p. es., le ecclissi passate, si riprodurrebbero a rovescio. Invece, se due gas diversi, a egual temperatura e pressione, si lasciano mescolare per diffusione, mettendo in comunicazione i recipienti in cui sono contenuti, si ha un fenomeno che appare irreversibile: senza uso di mezzi selettivi, e perciò di una qualche forma di energia, non si riesce a separare di nuovo i due gas. Di questo fenomeno è invece manifesta l’analogia con quello delle due polveri. Esempio più caratteristico ancora è [p. 22 modifica]il così detto secondo principio della termodinamica, o príncipio di Carnot (o di Carnot-Clausius)32, il quale enuncia in forma scientifica il fatto ben noto del passaggio spontaneo del calore, per diffusione, da un corpo più caldo a un corpo meno caldo che cioè il corpo più caldo cede parte del suo calore all’altro, finchè le temperature si livellano-; e afferma pure l’impossibilità del fenomeno inverso, cioè del passaggio di calore da un corpo meno caldo a un altro più caldo, senza spesa di energia o intervento di fenomeni compensatori. I fondatori della termodinamica consideravano questo principio come una legge assoluta, inviolabile, della natura. Ma l’applicazione dei metodi della statistica alla dinamica dei gas, geniale conce zione di Maxwell, e ulteriormente svilupata da Boltzmann e Gibbs, ha modificato questo punto di vista. Quando un gas è sottratto ad ogni influenza esterna, la velocità di ogni singola sua molecola cambierà bensì da un istante all’altro, per effetto dei reciproci urti fra esse; ma, in tutta la massa del gas, il numero delle molecole che hanno una determinata velocità si mantiene press’a poco costante; la distribuzione delle velocità è stabile in senso statistico; quello che noi percepiamo globalmente come equilibrio termico è soltanto un equilibrio statistico di velocità. Due masse di uno stesso gas a temperatura diversa si trovano, ciascuna di per sè, nell’anzidetto equilibrio statistico; ma, nella massa più calda, la media delle velocità è superiore. Se le facciamo comunicare, tende a stabilirsi un equilibirio statistico complessivo; e ciò si spiega anche qui osservando che questa distribuzione di equilibrio complessivo è, fra tutte le distribuzioni di velocità concepibili, quella che (come mostra il calcolo) ha la probabilità massima; e anzi distribuzioni diverse da questa hanno una probabilità rapidamente decrescente, al crescere di quella diversità. La realizzazione del fenomeno inverso implicherebbe la separazione, per così dire, delle molecole più rapide da quelle più lente; come, nel miscuglio delle polveri, dei granellini bianchi da quelli neri: non è, in via assoluta, impossibile che si produca spontaneamente, [p. 23 modifica]ma è estremamente improbabile, all’incirca nell’ordine di grandezza del miracolo delle scimmie dattilografe. Maxwell pensava poterla ottenere a mezzo di un demonietto intelligente, capace di lasciar passare, attraverso una porticina, in un senso le sole molecole più calde (più veloci), nell’altro senso quelle più fredde (più lente)33. E pensate quanto sarebbe prezioso un simile procedimento selettivo, capace di produrre uno squilibrio di temperatura, che a sua volta fornirebbe lavoro meccanico! Sarebbe l’energia per le nostre officine, ricavata dall’energia cinetica molecolare; energia di mole immensa, superiore ad ogni immaginazione, e che rimane inutilizzata per la nostra incapacità a coordinare i movimenti delle molecole, di per sè irregolarissimi, che avvengono disordinatamente, in tutti i sensi; a raccogliere, per es., e sommare tutte quelle velocità molecolari che hanno una medesima direzione34. Sarebbe la possibilità, per i transatlantici, di varcare i mari senza portare con sè combustibile, perchè nell’immensa riserva di energia molecolare dell’oceano troverebbero largamente la necessaria energia di propulsione. Pensate che il solo sforzo necessario ad arrestare tutte le molecole che si agitano nell’aria contenuta in questa sala basterebbe a sollevare all’altezza di questa sala stessa un peso di circa 4000 tonnellate!

Anche nelle scienze fisiche compare per tal modo il con cetto di legge statistica: il passaggio spontaneo di calore da [p. 24 modifica]un corpo più caldo a un corpo meno caldo si presenta come un fatto statistico di molecole, e come tale immensamente probabile e finora sempre constatato. In pratica, è circa la stessa cosa come se fosse sicuro: Moraliter certum ut absolute certum habetur; ma il concetto filosofico della legge è ben diverso al determinismo inflessibile che, sia pure entro certi limiti di approssimazione, eravamo soliti attribuire alle leggi naturali, subentra un determinismo più largo, un determinismo statistico, che afferma solo la grandissima probabilità di un determinato andamento del fenomeno35. E se trovassimo una volta questa legge in difetto; più esattamente, se il fatto affermato dalla legge come probabilissimo una volta non si verificasse, non avremmo bisogno, per darcene ragione, di cercare altri principii e modificare le nostre teorie, come non lo faremmo per la mancata verificazione di una previsione de mografica 36. D’altra parte, le violazioni di leggi statistiche sono generalmente transitorie; e la regolarità statistica, se turbata, tende prontamente a ristabilirsi37.

Non si può oggi affermare che le leggi fisico-chimiche siano tutte soltanto leggi statistiche; ma le concezioni moderne sulla struttura granulare della materia e dell’energia, e il numero enorme di elementi discontinui che entrano in gioco nel più [p. 25 modifica]piccolo fenomeno, inducono a credere che la scienza possa andare evolvendo in tal senso; che i più semplici caratteri fisici, densità, temperatura, pressione, non siano che risultanti medie di proprietà e condizioni melecolari; che un equilibrio fisico o chimico corrisponda in realtà a un regime permanente di trasformazioni, che vicendevolmente si compensano. Nella reazione chimica si tende oggi a vedere il risultato macroscopico di uno spostamento di particelle elettrizzate38. E l’apparente esattezza di molte leggi fisico-chimiche sarebbe dovuta soltanto al fatto che i relativi scarti dai valori più probabili, ossia le fluttuazioni, nei limiti di spazio e di tempo accessibili all’osservazione, sono assolutamente inapprezzabili.


***


Per avere fenomeni nei quali queste fluttuazioni possano risultare eventualmente apprezzalili, converrebbe rivolgersi, a preferenza, a quei casi nei quali le particelle che entrano in gioco sono, relativamente, meno numerose; nello stesso modo come i rapporti demografici presentano più facilmente scarti sensibili quando li riferiamo a gruppi di individui poco numerosi, o non sufficientemente omogenei39. Le leggi statistiche valide per i macrostati, cioè per porzioni sufficientemente grandi di materia, possono non essere più valide per i fenomeni che si svolgono nei microstati. Queste condizioni si possono più facilmente verificare negli organismi viventi40; [p. 26 modifica] da un lato i composti organici, e in particolare le sostanze proteiche, sono estremamente complesse, e costituite da molecole il cui peso può arrivare a parecchie migliaia di volte la molecola dell’idrogeno, che è la più leggera, diminuendo così in proporzione il numero di molecole contenute in una data massa; e d’altra parte la stessa cellula, elemento fondamen tale dei tessuti organici, benchè di un volume appena di qualche diecina di micron-cubi, è ancora enormemente complessa ed eterogenea; sicchè il volume che in essa si può considerare come composto di sostanza omogenea è certo di gran lunga inferiore al micron-cubo. E’ stata perciò avanzata da taluni fisici41 l’idea, che, nell’evoluzione fisico-chimica cellulare, e quindi nello sviluppo degli esseri viventi, considerati come il risultato di una proliferazione cellulare, le fluttuazioni possano avere più gioco che nella fisico-chimica ordinaria42: e che la detta evoluzione possa corrispondere a una fisico-chimica più generale; che cioè va più in là, poichè si presenterebbero in essa mezzi più differenziati, e fluttuazioni non più trascurabili, o forse addirittura azioni singole fra particelle, che alla fisico-chimica ordinaria sfuggono completamente. Il relativo determinismo verrebbe così ricacciato dal campo statistico nel dominio, ancora poco noto, delle fluttuazioni rare, [p. 27 modifica]o in quello, affatto sconosciuto, delle azioni individuali fra particelle43.

Immaginiamo d’altra parte un miscuglio di sostanze fra quelle che più comunemente s’incontrano nella materia vivente (acqua, acido carbonico, azoto, ...), sottoposto all’azione solare per tempo lunghissimo (milioni di secoli). Non è assurdo supporre44 che le associazioni, dissociazioni, combinazioni varie di particelle, che, sotto l’azione luminosa, termica, e chimica del sole, sono possibili, finiscano, a poco a poco, per effettivamente prodursi tutte, almeno una volta; e che, in qualche posizione, si sia prodotta una volta una combinazione corrispondente alla costituzione della materia vivente. L’apparizione prima della vita si presenterebbe così come una fluttuazione di tipo estremamente raro; quello che, in linguaggio comune, si chiama un caso straordinario; appunto come, più che 600 anni or sono, il nostro Poeta scriveva del primo assertore dell’atomismo:


«Democrito, che il mondo a caso pone»


Nessuno, certo, oserebbe affermare che così sia stato effettivamente; ma se questo fosse avvenuto, e se eventualmente si verificasse anche adesso qualche volta, data sopratutto la estrema rarità della fluttuazione, non sarebbe in contradizione coi fatti sperimentali finora noti, cioè che un passaggio da materia non vivente a materia vivente noi non l’abbiamo mai veduto, e tanto meno siamo riusciti a provocarlo. D’altronde la paleontologia insegna appunto che i primi organismi viventi non sono certo nati dai sassi della crosta terrestre, ma in [p. 28 modifica]quella inestinguibile riserva di molecole libere, che è l’immensità dell’Oceano.

E mentre la vita sarebbe per tal modo legata a una estrema differenziazione e dissimmetria della materia, e la vita stessa apparirebbe quasi come il risultato di una lotta, di una vittoria contro le leggi cieche del caso, alla morte dell’organismo il gioco delle leggi statistiche, cioè la tendenza all’omogeneità, l’evoluzione spontanea verso uno stato di più in più probabile, riprenderebbe i suoi diritti con quella fatalità che ben conosciamo45. La morte ritornando così ad un concetto già espresso da Helmholtz-sarebbe il tronfo del caos, cioè delle energie disordinate, sopra quelle organizzate.

Ma non illudiamoci: fosse anche così il fenomeno della vita, e, più ancora, della continuazione della vita46, e della trasmissione della vita ai nostri discendenti, non sarebbe per questo meno meraviglioso, nè meno circonfuso di affascinante mistero!


Eccellenze, Signori,


Secondo il principio di Carnot, inteso come legge assoluta, i dislivelli termici tendono a sparire, senza che ne sorgano dei nuovi; e per conseguenza, di pari passo, va diminuendo la quantità di energia trasformabile in lavoro meccanico, cioè «utilizzabile»): quest’energia va, come si suol dire, degradando; si mantiene in quantità, ma perde in qualità e così continuerebbe fino al giorno, sia pur lontanissimo, in cui l’eguaglianza generale di temperatura per noi, principalmente, la scomparsa del dislivello termico fra il sole e la terra produrrebbe una stasi generale, e la fine della vita47. [p. 29 modifica]Esso è dunque, per l’universo un principio di morte: di morte termica.

La scoperta e lo studio, negli ultimi 25 anni, dei fenomeni radioattivi — in sostanza, decomposizione di elementi a peso atomico elevato in altri di peso atomico minore — ci ha fatto conoscere nuove potentissime sorgenti di energia: ma anche con queste (e si tratta di fenomeni che del pari, finora, non siamo riusciti a invertire) la morte finale potrebbe essere soltanto ritardata, non impedita.

Contro questo infausto pronostico si ribella l’animo nostro. Ancora recentemente, uno dei più insigni chimici fisici, W. Nernst, rievocava l’impressione profonda che quell’enunciato aveva in lui destata nella sua giovinezza48, e la sua costante ricerca d’una via d’uscita. A prescindere dal fatto che non si può accogliere senza riserva l’estensione all’universo intero di concetti e principi, a cui possiamo legittimamente attribuire validità solo per i sistemi ben più ristretti accessibili alla nostra osservazione, e che ciò che noi chiamiamo «immobilità» potrebbe non apparire più tale in altra scala di osservazione49, la concezione statistica delle leggi fisico-chimiche lascia ora adito alla possibilità che fenomeni inversi — restituzione dello squilibrio di temperatura, e ricostituzione di elementi a peso atomico elevato, e perciò con tutta probabilità fortemente radioattivi — possano, sia pure rarissimamente, [p. 30 modifica]verificarsi: nè ciò, in questi termini, sarebbe in contradizione col non averlo noi finora mai constatato. Basterebbe fors’anche ciò avvenisse molto di rado, perchè dai nuovi atomi, e da un graduale condensamento di materia, potessero eventualmente sorgere nuove altissime temperature, e di qui nuovi soli, mentre gli antichi si vanno spegnendo!50.

Problemi ed enigmi colossali, dei quali non ci è dato prevedere quando la scienza ci porterà una soluzione. Ma le profezie del tipo ignorabimus si sono dimostrate molto spesso erronee, e sempre infeconde: mentre il progresso a ritmo intensamente accelerato di quest’ultimo secolo di vita scientifica ci dà affidamento di vederne trionfalmente proseguita la marcia ascensionale, coordinando e dominando in sempre più vasta scala le forze della natura, imponendo l’ordine dove il loro gioco spontaneo tenderebbe a mantenere il disordine, come appunto è simbolicamente raffigurato dalla facoltà di selezione molecolare, che Maxwell attribuiva al suo intelligente demonietto!

A voi, giovani, nostri allievi e collaboratori dilettissimi, che qui convenite ad apprestare i mezzi per continuare, nei campi più svariati dell’attività, quest’opera meravigliosa, onore dello spirito umano, dispensatrice sempre più larga di benessere e civiltà, vada il saluto augurale di questa Alma mater, alla quale volenterosi accorrete, e che, come oggi affettuosamente vi apre le braccia, vi accompagnerà nella vostra futura carriera con memori e caldi voti, con l’augurio di ogni migliore fortuna per voi, per le vostre famiglie, e per l’Italia nostra. E, per l’avvenire del nostro Paese, consentite ch’io tragga i migliori auspici da questo ritorno periodico quadriennale dell’orazione inaugurale alla nostra Facoltà scientifica: nel 1914, periodo di vigilia ansiosa e di preparazione cosciente; nel 1918, all’indomani di Vittorio Veneto; e di nuovo oggi, [p. 31 modifica]mentre energie giovani e fattive si propongono di imprimere, e confidiamo sapranno imprimere al Paese un ritmo di vita più forte ed elevato, insieme a maggior disciplina, maggior dignità, maggior intensità di lavoro. Al lavoro dunque tutti, in concorde armonia; per l’onore e la grandezza d’Italia, per la migliore esplicazione della sua missione nel mondo, che è missione di pace, di coltura, di civiltà!



  1. R. Thamin, La réforme de l’enseignement secondaire, III, Revue des deux mondes, 1° luglio 1921.
  2. Più volte, e in Francia per molti decenni dalla rivoluzione in poi, nell’alterna fortuna degli studi scientifici vediamo un riflesso delle idee politiche dominanti. In Francia, appunto la rivoluzione fece fare all’insegnamento scientifico il primo passo serio, e fu passo da gigante; la rivoluzione fu tale anche nel campo pedagogico (cfr. ad es. il «Programme» di G. Monge al suo trattato di Geometria Descrittiva, 1795); nell’insegnamento medio le letterature vennero rinviate agli ultimi anni, per far posto alle scienze. E tutto l’insegnamento delle scienze ebbe carattere principalmente utilitario. Il Consolato segna già una lieve reazione: la legge del 1802 non si compromette: «On enseignera essentiellement dans les lycées les lettres et les mathématiques». La reazione si accentua colla Restaurazione: la parte fatta, venti anni prima, alle scienze e alle letterature, è capovolta! La Monarchia di luglio concede di nuovo qualche vantaggio alle scienze; e nel 1846 creava alla Sorbonne le Cattedre di Geometria Superiore per M. Chasles e di Meccanica celeste per J. J. Leverrier.
  3. E talvolta affermando che i sensi ci ingannano, e che solo al di fuori e al di sopra dei sensi sta la verità (p. es. gli Eleati, che pee primi proclamano i diritti della ragione).
  4. A Galileo bisogna appunto arrivare, per vedere validamente ripreso l’indirizzo di Archimede. Grande precursore di Galileo, di oltre un secolo, e particolarmente nell’infusione dello spirito matematico nelle scienze della natura, fu Leonardo da Vinci. Ma, almeno secondo A. Favaro (Scientia, Vol. 20 (1916), p. 417; Vol. 26 (1919), p. 437), il suo valore come scienziato non fu conosciuto che verso la fine del secolo XVIII, e prima d’allora l’opera sua non potè esercitare apprezzabili conseguenze sull’ulteriore progresso della scienza.
  5. Si può anzi dire che non siamo mai sicuri di conoscere tutte le circostanze che influiscono sopra un dato fenomeno!
  6. Science et philosophie; Paris, 1912, p. 19.
  7. Il senso della semplicità, per quanto variamente inteso nelle diverse epoche storiche, ha sempre guidato lo scienziato nell’interrogare la natura e nell’interpretarne i responsi. Laplace adduceva addirittura la semplicità di una legge fisica come indizio della sua verità. E’ interessante, nei riguardi della funzione che alla semplicità spetta nella scienza, il confronto, in un recente articolo di P. Boutroux (Le Père Mersenne et Galilée, II; Scientia, Vol. 31, 1922, p. 357-60), fra Galileo e il P. Mersenne, suo divulgatore in Francia, da una parte, e Cartesio dall’altra. I due primi si entusiasmano per il realizzato accordo fra l’esperiena e l’espressione matematica dei fatti meccanici (caduta dei gravi, ecc.), quasi armonie misteriose della natura»; e, pur ritenendo inaccessibili all’uomo le cause prime, confidano di incontrare, negli effetti, l’applicazione di formole e figure geometriche Loute semplici. Invece Cartesio aspira a ridurre tutti i fenomeni fisici a conlagistee seguenze logiche di un piccolo numero di principi semplici: vuole piuttosto penetrare a fondo le cause, cioè questi principi, pur ammettendo che i fenonieni in sè sono troppo complessi per potersi dettagliatamente prevedere col calcolo. E, in questo senso, non erede alla legge della caduta dei gravi, perchè troppo semplice». La prima attitudine (Galileo-Mersenne) è stata (e sarà forse anche in avvenire) più feconda per la costruzione scientifica: quella di Cartesio sembra forse avvicinarsi di più alla veduta moderna, che i fenomeni naturali sono suscettibili di rappresentazione teorica solo entro certi limiti di approssimazione.
  8. I principii della Meccanica esposti criticamente e storicamente nel loro sviluppo (trad. Gambioli); Roma-Milano, 1909; pag. 505.
  9. F. Enriques: Per la storia della logica, Bologna, 1922; p. 249.
  10. Concetto storico della scienza, messo in luce ripetutamente da F. Enriques.
  11. Ueber die specielle und allgemeine Relativitätstheorie (Braunschweig, 1917); § 22. Trad. ital. di G. L. Calisse, Bologna, Zanichelli, 1921.
  12. Criterio che non è però esente da critiche, come acutamente rilevò Enriques: La filosofia positiva e la classificazione delle scienze; Scientia, Vol. 7, 1910, pag. 369.
  13. Mach, 1. cit., p. 502.
  14. Misurata dalla «tangente trigonometrica» dell’angolo che la tangente alla linea-diagramma forma colla orizzontale.
  15. Nel testo, mi sono limitato al caso, più semplice, di due sole quantità variabili, sì che il valore di una determina il valore corrispondente dell’altra. Ma è ovvio che, in uno stesso fenomeno, si avrà quasi sempre un maggior numero di quantità simultaneamente variabili, delle quali alcune determineranno le altre: si hanno allora fun- zioni di più variabili, con qualche maggiore complicazione, ma senza concetti essenzialmente nuovi; e i matematici anche per questi casi riescono a costruire dei diagrammi, nello spazio, oppure facendo uso dei così detti spazi a più dimensioni», che forniscono un linguaggio comodo. E il concetto di mutua interdipendenza quantitativa fra gli elementi di uno o più fenomeni è il concetto più preciso, numerico, che l’analisi matematica conduce a sostituire a quello, piuttosto vago, della causa di un fatto. Lo rilevò fino dal 1872 A. Mach (V. pure Enriques: Per la storia della logica; Bologna, 1922; pag. 239-40). Cfr. anche G. Scorza: Intorno al principio di causalità e alle applicazioni della matematica ai fenomeni sociali; Period. di Matem., Vol. 2 (1922), p. 14.
  16. E così dicasi anche dei concetti di continuità, derivata, integrale, equazione differenziale, vettore, ecc.
  17. A concepire, p. es., come funzione la relazione fra un numero e il suo logaritmo (di data base), anzichè fermarsi sul concetto del logaritmo di un singolo numero dato.
  18. A iniziativa, principalmente, del Prof. G. Castelnuovo, allora. Presidente della Società «Mathesis».
  19. Riemann, uno dei fondatori e maestri della teoria delle funzioni di una variabile complessa, muove egli pure, nella sua costruzione, da concezioni, sostanzialmente, fisiche. E quando egli vuol definire e rappresentarsi una funzione muovendo dal suo comportamento nell’infinitamente piccolo (cioè da un’equazione differenziale), fa opera parallela a quella dei fisici che, da Faraday in poi, bandiscono le azioni a distanza e cercano la spiegazione dei vari fenomeni nelle forze interne dell’etere (Klein, Riemann und seine Bedeutung für die Entwickelung der modernen Mathematik; Verhandl. d. Ges. deutscher Naturf. u. Aerzte, 1894).
  20. Fenomeni che possono ripetersi senza che si rinnovino comple tamente le condizioni nelle quali si sono prodotte la prima volta; cfr. p. es. R. Semon: Die Mneme als erhaltendes Prinzip im Wechsel des organischen Geschehens, Leipzig, 1904; p. VI, e anche la definizione di «Mneme», acquisita individualmente o per eredità, p. 10-21. V. pure il recente lavoro di E. Rignano: L’aspect biologique du problème moral (conclusione del volume. La Mémorie biologique); Scientia, volume 31, 1922; p. 437.
  21. O anche nell’insegnamento col risparmiare ore di lavoro e fatica a migliaia di giovinetti. Coloro che, col lavoro personale, e coll’anima e l’entusiasmo che vi hanno profuso, meglio hanno imparato a dominare una scienza, saranno in essa i migliori educatori ed ispiratori! (Borel: La science dans une société socialiste; Scientia, vol. 31, 1922; p. 228).
  22. Altra importante applicazione della teoria delle funzioni di variabile complessa si è avuta nello studio dei moti liquidi piani (V. l’esposizione riassuntiva di U. Cisotti: Idromeccania piana, Milano, 1921-22).
  23. E quella che è stata chiamata la «patologia delle funzioni» (a torto però, perchè si tratta non già di casi anormali, ma del caso, dal punto di vista funzionale, più generale: linee senza tangenti, e simili) conduce a figure geometriche che possono forse ritrovarsi nelle traiettorie irregolarissime di particelle assai minute sospese in un liquido (i movimenti Browniani, di cui dirò fra breve); traiettorie che cambiano direzione pazzescamente, in tutti i sensi, in un tratto pur brevissimo (cfr., ad es., Perrin: Leš atomes; Paris, 1913; p. 157-58).
  24. In particolare dei gruppi continui»; teoria dovuta a Sophus Lie, e della quale F. Klein nel suo «Programma di Erlangen». di cui ricorre in questi giorni il cinquantenario (è dell’ottobre 1872; v. il cenno a pag. 412 delle Ges. Werke di F. Klein, vol. I, 1921), ha mostrata l’importanza fondamentale per la sistemazione della geometria e di tutta la matematica. Per quanto concerne la relatività, si cfr. in particolare l’articolo: Ueber die geometrischen Grundlagen der Lorentz-Gruppe, Jahresber, der Deutschen Math.-Ver., Vol. 19 (1910): Ges. Werke, Vol. I, p. 523. Ivi è osservato che la geometria, o «teoria degli invarianti», corrispondente a ogni singolo gruppo si potrebbe molto opportunamente chiamare «teoria della relatività» di questo gruppo.
  25. E così della legge di Faraday sull elettrolisi; e della legge di Haüy, o degli indici numeri interi e piccoli», pei cristalli.
  26. Scoperti dal botanico inglese Brown fino dal 1827 (quando appena si cominciavano ad usare gli obbiettivi acromatici); e forse già noti a Spallanzani. Ma, per lungo tempo, non furono studiati; e tanto meno si riesci a darne una spiegazione plausibile.
  27. Cfr. F. Perrin: Les atomes; Paris, 1913.
  28. Fonti dell’energia raggiante sarebbero gli atomi con elettroni oscillanti; e il «quantum» unitario non sarebbe nemmeno lo stesso per ogni oscillatore, ma proporzionale alla frequenza dell’oscillazione (il coefficiente di proporzionalità essendo una costante universale).
  29. A questo concetto risponde sostanzialmente il Calcolo delle probabilità»; benchè questo nome, che trae origine dal «calcolo di probabilità complesse per mezzo di altre più semplici», appaia forse oggi non più adeguato a tutto quanto si vorrebbe comprendervi. Verso il calcolo delle probabilità, molti scienziati, anche insigni scienziati, hanno dimostrato e dimostrano diffidenza. Bertrand accusava D’Alembert di sragionare quando discorreva di probabilità; e altrettanto diceva Cesaro del Bertrand. Alla così detta «legge degli errori» generalmente si credeva: ma perchè essa era considerata dai matematici come un fatto sperimentale, dagli sperimentatori come un teorema di calcolo. In realtà, abbondavano nella teoria concetti non ben pre- cisati, che si prestavano perciò facilmente ad equivoci. Recentemente questi equivoci sono stati eliminati; e vi ha contribuito efficacemente un nostro valente collega, il prof. G. Castelnuovo dell’Università di Roma, con un suo trattato (Calcolo delle probabilità, Soc. Ed. Dante Alighieri, 1919) di grande importanza, sia dal punto di vista matematico, sia da quello filosofico.
  30. Anche qui, come nei fenomeni demografici, si manifesta l’effetto di un gran numero di cause, generalmente fra loro indipendenti, variabili secondo leggi ignote, o non ben conosciute, e sopratutto troppo numerose e complesse per essere singolarmente valutate; mentre d’altra parte noi non possiamo percepirne che effetti globali. Noi diciamo talvolta che, in questi fenomeni, i fatti singoli, individuali, sono dovuti al caso: ma questa parola, nella scienza, non può ricevere altro significato che quello che testè ho cercato di chiarire (Cfr. Castelnuovo, 1. cit., Prefazione).
  31. Borel: Le hasard; Paris, 1914; § 62.
  32. Il primo principio della termodinamica è quello della equivalenza del calore e del lavoro meccanico; o, sotto forma più generale, della «conservazione dell’energia». Cronologicamente, il secondo prineipio (S. Carnot, 1824) è anteriore al primo (R. Meyer, 1842), ma esso ebbe solo più tardi forma definitiva (Clausius e W. Thomson, 1850-51).
  33. Theory of the Heat; ediz. 1908, p. 338-39.
  34. E’ quello che 40 anni fa già affermava Helmholtz (Die Ther modinamik chemischer Vorgänge, Berl. Ber., 2 febbr. 1882; Wissensch. Abhand., vol. 2, p. 958; cfr. in part. p. 972), dicendo che coi nostri mezzi, relativamente grossolani, possiamo trasformare in altre forme di lavoro solo il movimento «ordinato». P. es, quando un corpo cade per effetto del suo peso, nell’atto dell’arresto la sua energia cinetica si trasforma in energia termica, cioè in un movimento delle sue molecole non più coordinato (ripartito press’a poco egualmente in tutte le direzioni) che si manifesta per mezzo di un aumento di temperatura. Viceversa, riscaldando il corpo, noi comunichiamo di nuovo alle sue molecole un movimento non coordinato. Per far muovere il corpo in una determinata direzione, ad es. per farlo risalire, occorrerebbe una ripartizione delle velocità eguale ed opposta a una di quelle suscettibili di manifestarsi al momento dell’arresto della caduta; ripartizione estremamente dissimmetrica, e, come tale, enormemente improbabile, almeno nella scala ordinaria di osservazione: non più così invece per le particelle piccolissime considerate nel movimento Browniano, e che dall’agitazione termica possono appunto venire lanciate in alto.
  35. Dal punto di vista della teoria delle funzioni, fissato il valore di una variabile, il valore corrispondente di un’altra, legata alla prima, non rimane più vincolato, nel senso ordinario di questa parola: rimane vincolata soltanto la probabilità che questa seconda variabile assuma uno od altro valore determinato. Ma per qualcuno fra questi valori, detta probabilità può essere grandissima, ed eguagliare quasi la certezza (essere cioè enormemente prossima all’unità).
  36. Tutt’al più potremmo indagare se a provocare lo scarto dal valore normale possa avere concorso qualche causa particolare, momentanea. Ad es., in certi paesi, specialmente in Inghilterra e Germania (in Italia, meno), si è riscontrato, durante la guerra, un aumento nella percentuale dei nati-vivi maschi, rispetto alle femmine (fenomeno già notato altre volte in passato). Cfr. in proposito: F. Savorgnan, Nota critica: Les effets de la guerre sur la proportion des sexes dans les naissances, Scientia, vol. 31, 1922, p. 57.
  37. Importa anche ricordare che le leggi statistiche riguardano sempre l’andamento «globale» del fenomeno, e «nella scala di grandezza in cui possiamo percepirlo e indagarlo». E’ la scala di osservazione che «crea» il fenomeno, in quanto, variando quella scala, possono variare gli elementi di esso che noi percepiamo. Dette leggi non escludono nemmeno azioni individuali in senso contrario all’andamento globale. Così, se l’acqua di una pentola, messa al fuoco, bolle, non solo non sappiamo quali molecole evaporeranno prima e quali dopo, ma non possiamo nemmeno escludere che qualche particolare molecola momentaneamente si raffreddi, o molecole già evaporate si condensino di nuovo.
  38. Da ciò un completo incorporamento della chimica nella fisica. Cfr. M. Boll: Les étapes de l’absorption de la chimie par la physique, Scientia, vol. 32, 1922, p. 10.
  39. E’ questo che avviene, molto facilmente, nelle statistiche zoologiche, dove l’ampiezza delle fluttuazioni può, a un primo esame, offuscare addirittura l’andamento generale, e perciò la legge del fenomeno.
  40. Anche nella fisico-chimica dei corpi inorganici vi sono tuttavia dei «punti singolari», nei quali le fluttuazioni possono assumere im- portanza ben maggiore del consueto. P. es. il fenomeno della «opalescenza critica», che si presenta nei gas prossimi al così detto «punto eritico», viene attribuito al fatto che, essendo allora il coefficiente di compressibilità del gas molto forte, qualsiasi accidentale variazione di pressione in un punto del gas medesimo influisce notevolmente sulla sua densità locale, senza che subito si stabilisca un nuovo equilibrio; e perciò la densità presenta allora, da un punto all’altro, sensibili fluttuazioni.
  41. Cfr. in particolare: Ch. Eug. Guye, L’évolution physico-chimique, Paris 1922 (ristampa di 3 memorie degli anni 1917-20); più specialmente la 3ª parte, p. 81 e seg., fra altro p. 94-95, e p. 101-02. A quest’opera rinvio anche per tutto quanto è detto più sopra sulla fisica molecolare.
  42. P. es., il principio di Carnot, che è certo una legge fondamentale, sia pure statistica, della termodinamica, è da taluni discusso se sia stato riconosciuto valido sempre, incondizionatamente, anche per gli organismi viventi.
  43. F. G. Donnan (La science physico-chimique décrit-elle d’une façon adéquate les phénomènes biologiques?, Scientia, vol. 24, 1918, p. 282) vede nel carattere statistico delle leggi fisico-chimiche una difficoltà a che esse possano descrivere adeguatamente i fenomeni biologici; poichè l’aspetto essenzialmente biologico della scienza degli esseri viventi consiste in ciò, ch’essa si occupa fondamentalmente non di medie statistiche, ma di serie di eventi relative a unità individuali particolari. L’oggetto ultimo di essa è lo studio della cellula vivente come unità o «molecola» biologica.
  44. Guye, I cit, p. 104-05.
  45. Guye, I. cit., p. 71.
  46. Che non può essere una successione di casi straordinari! Sarebbero troppi miracoli di scimmie dattilografe! All’ordine di idee sopra accennato potrebbe tuttavia forse riattaccarsi quanto esposto recentemente da H. Guilleminot: Vitalisme ou physico-chimisme: la loi d’option de la vie (Scientia, vol. 32, 1922; p. 301).
  47. Gli esseri viventi concorrono però a rallentare la degradazione dell’energia: es., i fenomeni di fotosintesi nei vegetali. E’ ciò che fa pure l’uomo, quando sfrutta le forze naturali; il vento, per un mulino; una caduta d’acqua, per far girare una turbina e produrre lavoro meccanico, a spese di un’energia che sarebbe trasformata in energia termica, non più utilizzabile, cioè «dissipata». E l’entità della lotta contro la dissipazione delle forme utili di energia può costituire una misura della civiltà di una data epoca (Brunhes: La dégradation de l’énergie; Paris, Flammarion, p. 194-197).
  48. W. Nernst: Das Weltgebäude im Lichte der neueren Forschung, Berlin, 1921, p. 1
  49. E’ interessante, al riguardo, la concezione per l’universo cezione che risale anch’essa a Helmholtz di un procedimento «asintotico», secondo il quale le differenze di temperatura si renderebbero bensì sempre più piccole, ma, in pari tempo, esseri sempre più perfezionati potrebbero percepirle ed utilizzarle (Borel: Le hasard, Paris, 1914; p. 307-08), V. anche: A. Pochettino, Il principio dell’entropia; Sassari, 1914; p. 37-38. (Forse che taluni nostri progenitori non avrebbero considerato l’attuale mondo, molto più freddo del loro, con altrettanto orrore come noi pensiamo a un mondo senza sole?... E a nostri lontani pronipoti, gli squilibri di temperatura fra i quali noi viviamo non potrebbero sembrare altrettanto enormi e distruttivi, come a noi gli antichi periodi geologici?). V. pure Brunhes, 1. cit., p. 340-44, riportato da L. Boltzmann: Leçons sur la théorie des gas, trad. A. Galotti; Paris, 1902-05; vol. 2, p. 251-53.
  50. W. Nernst, I. cit., p. 4-5 e p. 21-38.