Versi editi ed inediti di Giuseppe Giusti/Al medico Carlo Ghinozzi contro l'abuso dell'Etere solforico

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Al medico Carlo Ghinozzi contro l’abuso dell’Etere solforico

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Al medico Carlo Ghinozzi contro l’abuso dell’Etere solforico
A Gino Capponi I Discorsi che corrono
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AL MEDICO CARLO GHINOZZI

CONTRO L’ABUSO DELL’ETERE SOLFORICO.



Ghinozzi, or che la gente
     Si sciupa umanamente,
     E alla morbida razza
     Solletica il groppone
     Filantropica mazza
     Fasciata di cotone,

Lodi tu che il dolore,
     Severo educatore,
     C’impaurisca tanto?
     Che l’uom, già sonnolento,
     Dorma perfin del pianto
     All’alto insegnamento?

Gioia e salute scende
     Dal pianto, a chi l’intende;
     Nè solo il bambinello
     Per le lacrime fuori
     Riversa dal cervello
     I mal concetti umori.1

A chi sè stesso apprezza,
     Chiedi se in vile ebbrezza
     Cercò rifugio a’ guai:

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     Se sofisma di scuola
     Gli valse il dolce mai
     D’una lacrima sola!

Liberamente il forte
     Apre al dolor le porte
     Del cor, come all’amico;
     E a consultar s’avvezza
     Il consigliero antico
     D’ogni umana grandezza.

Ma a gente incarognita,
     I mali della vita
     Sentono di barbarie;
     È bel trovato d’ora
     Accarezzar la carie
     Che l’osso ci divora.

Se dal vietato pomo
     Venne la morte all’uomo,
     Oggi è medicinale
     All’umana semenza,
     Cotto dallo speziale,
     L’albero della Scienza.

Su, la fronte solleva,
     Povera figlia d’Eva;
     Lo sdegno del Signore
     Il Fisico ti placa,
     E tu senza dolore
     Partorirai briaca.

Chiudi, chiudi le ciglia,
     E sogna una quadriglia:
     Che importa saper come

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     Del partorir le doglie
     Ti fan più caro il nome
     E di Madre e di Moglie?

Bello, in pro del soffrente
     Corpo, annebbiar la mente!
     E quasi inutil cosa,
     Nella mortale argilla
     Sopire inoperosa
     La divina scintilla!

Ma, dall’atto vitale,
     La parte spiritale
     Rimarrà senza danno
     Nello spasimo, assente?
     Forse i Chimici sanno
     Dell’esser la sorgente?

Sanno come si volve
     Nell’animata polve
     La sostanza dell’Io?
     E la vita e la morte,
     Segreti alti d’Iddio,
     Soggiacciono alle Storte?

Amico, io non m’impenno,
     Poeta inquisitore,2
     Se benefico senno,
     Guidato dall’amore,
     Rimuove utili veri
     Dall’ombra de’ misteri;

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Sol dell’Arte ho paura,
     Quando orgogliosa in toga,
     La sapiente Natura
     D’addottorar s’arroga,
     E l’animo divelle
     Per adular la pelle.

Note

  1. Dicono che i bambini, piangendo, si ripurghino il cervello; simbolo forse di ciò che accade a tutti coll’andare degli anni, partecipando alle comuni avversità.
  2. Qui, nel calore del comporre, mi venne fatto senza addarmene di capovolgere le due ultime strofe e non so rimediarle. Mi sia perdonato, purchè il senso comune non sia andato anch’esso a capo all’ingiù.