Versi editi ed inediti di Giuseppe Giusti/Preterito più che perfetto del Verbo Pensare

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Preterito più che perfetto del Verbo Pensare

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Preterito più che perfetto del Verbo Pensare
La Vestizione Affetti d'una Madre
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PRETERITO PIÙ CHE PERFETTO

DEL VERBO PENSARE.



Il mondo peggiora
     (Gridan parecchi),
     Il mondo peggiora:
     I nostri vecchi

Di rispettabile,
     D’aurea memoria,
     Quelli eran uomini!
     Dio gli abbia in gloria.

È vero: i posteri
     Troppo arroganti,
     Per questa furia
     D’andare avanti,

All’uman genere
     Ruppero il sonno,
     E profanarono
     L’idee del nonno.

In illo tempore,
     Quando i mortali
     Se la dormivano
     Fra due guanciali;

Quand’era canone
     Di Galateo
     Nihil de Principe,
     Parum de Deo;

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Oh età pacifiche,
     Oh benedette!
     Non c’impestavano
     Libri e gazzette;

Toccava all’Indice
     A dire: io penso;
     Non era in auge
     Questo buon senso,

Questi filosofi
     Guastamestieri,
     Che i dotti ficcano
     Tra i Cavalieri.

Pare impossibile!
     La croce è offesa
     Perfin sugli abiti!
     (Pazienza in Chiesa!)

E prima i popoli
     Sopra un occhiello
     Ci si sciupavano
     Proprio il cappello.

Per questo canchero
     Dell’Uguaglianza
     Non v’era requie
     Nè tolleranza;

Non era un martire
     Ogni armeggione
     Dato al patibolo
     Per la ragione.

Tutti serbavano
     La trippa ai fichi:
     Oh venerabili
     Sistemi antichi!

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Per viver liberi
     Buscar la morte?
     È meglio in gabbia,
     E andare a Corte.

Là servo e suddito
     Di regio fasto,
     Leccava il Nobile
     Cavezza e basto;

E poi dell’aulica
     Frusta, prendea
     La sua rivincita
     Sulla livrea.

Ma colle borie
     Repubblicane
     Non domi un asino
     Neppur col pane;

E in oggi, a titolo
     Di galantomo,
     Anco lo sguattero
     Pretende a omo.

Prima trattandosi
     D’illustri razze,
     A onore e gloria
     Delle ragazze,

Le mamme pratiche,
     E tutte zelo,
     Voleano il genero
     Con il trapelo.

Del matrimonio
     Finiti i pesi
     Nel primo incomodo
     Di nove mesi,

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Si rimettevano
     Mogli e mariti
     L’uggia reciproca
     Di star cuciti;

E l’Orco, e i magici
     Sogni ai bambini,
     Eran gli articoli
     Del Lambruschini.

Oggi si predica
     E si ripiglia
     La santimonia
     Della famiglia.

I figli, dicono,
     Non basta farli;
     V’è la seccaggine
     Dell’educarli.

E in casa il tenero
     Babbo tappato,
     Cova gli scrupoli
     Del proprio stato;

E le Penelopi
     Nuove d’Italia,
     La bega arcadica
     Di far la balia.

Oh tempi barbari!
     Nessun più stima
     Quel vero merito
     Di nascer prima,

Dolce solletico
     Di un padre al core:
     Ah l’amor proprio
     È il vero amore!

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Tu, tu, santissimo
     Fide-commesso,
     Da questi Vandali
     Distrutto adesso,

Nel Primogenito
     Serbasti unito
     L’onor blasonico,
     Il censo avito,

E in retta linea
     D’età in età
     Ereditaria
     L’asinità.

Ora alla libera
     Vede un signore
     Potarsi l’albero
     Dal creditore;

L’usura, il codice,
     Ne rôse i frutti;
     Il Messo e l’Estimo
     Pareggia tutti;

Chi non sa leggere
     Si chiama un ciuco,
     E inciampi cattedre
     Per ogni buco.

Per gl’illustrissimi,
     Funi e galere
     Un giorno c’erano
     Per darla a bere;

Ma in questo secolo
     Di confusione
     Si pianta in carcere
     Anco un Barone;

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E s’aboliscono
     Senza giudizio
     La corda, il boia,
     E il Sant’Uffizio.

Il vecchio all’ultimo,
     Saldando ai Frati
     Quel po’ di debito
     De’ suoi peccati,

I figli poveri
     Lasciava, e pio
     Mettea le rendite
     In man di Dio.

Oggi ripiantano
     L’a ufo in Cielo,
     E a’ pescivendoli
     Torna il Vangelo.

E se il Pontefice
     Fu Roma e Toma,
     Or non dev’essere
     Nemmanco Roma:

E si scavizzola,
     Si stilla tanto,
     Che adesso un Chimico
     Rovina un Santo.

Prima il Battesimo
     Ci dava i re,
     In oggi il popolo
     Gli unge da sè;

E se pretendono
     Far da padrone
     Colle teoriche
     Del re leone,

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Te li rimandano
     Quasi per ladri:
     Beata l’epoca
     De’ nostri Padri!