Viaggio da Milano ai tre laghi Maggiore, di Lugano e di Como e ne' monti che li circondano/Capo X

Da Wikisource.
Capo X. Val Leventina, San Gottardo e Val Mesolcina

../Capo IX ../Capo XI IncludiIntestazione 20 agosto 2019 100% Da definire

Capo IX Capo XI
[p. 117 modifica]

CAPO X.

Val Leventina, San Gottardo,

e Val Mesolcina.


Per andare dall’Italia nella Svizzera il più breve cammino è quello del S. Gottardo; onde generalmente il viaggiatore va per acqua sino a Magadino, ove ha foce il Ticino, e prende di là la via di Bellinzona. Se taluno trovasi a Locarno, e non vuole o non può andare a Magadino in barca, viaggia per terra sotto bei pergolati sin all’estremità del lago, viaggio di ¾ d’ora, passando presso a scogli quarzosi micacei, pendenti alquanto verso il lago: tragitta un profondo torrente, e percorre dei bei prati, che anticamente erano senza dubbio coperti dalle acque del lago. Va a Caguasco, ultimo paese del distretto, altre volte baliagio di Locarno, ed [p. 118 modifica]entra in quello di Bellinzona, tragittando su una barca il Ticino. Bellinzona è ora il capo-luogo del Canton-Ticino.

Da Lugano vassi pure a Bellinzona direttamente, risalendo lungo l’Agno sino a Bironico, e quindi varcato il monte Cenere, discendendo a Bellinzona. Ora la strada tutta sino al san Gottardo, e quindi per la Svizzera in Francia e in Germania, vuolsi rendere carreggiabile.

Presso Bellinzona, il cui piano chiamavasi anticamente i Campi Canini, si cominciano a vedere gli uomini col gozzo, e sovente stupidi, malattia ordinaria delle valli basse, calde e paludose. Qui chiamansi Orci, voce che talun vuole esser una provenienza di Hirci (caproni). Bellinzona è un bel borgo, e bellissima n’è la vista. Da Locarno vi si va in quattr’ore, e in minor tempo da Magadino, per via sempre piana. De’ castelli destinati a difenderlo, o piuttosto a ritenere chi scende dalle alpi, uno è piantato su una roccia scistosa a strati verticali.

Poco sopra Bellinzona la strada in due si divide. A destra vassi, seguendo la Moesa, in val Mesolcina, di cui parlerò in appresso. L’altra rimonta il Ticino. Andando a Cresciano, vedesi il monte a fasce verticali, dirette da est a ovest, e sono di granito venato, cioè a strati, o lastroni, di quarzo [p. 119 modifica]micaceo. Ciò vedesi ancor meglio andando innanzi fra bei prati e castagneti, ove gli strati sono orizzontali; e son rimarchevoli le fenditure accidentali, or verticali or inclinate, ripiene d’un granito a grossa grana di più recente formazione.

Di là vassi a Osogna e a Briasco o Abriasco, ove trovasi il fiume Blegno, che dà il nome alla valle per cui scorre, e della quale parleremo poi. A Briasco si passa il torrente su ponte di legno, e vassi a Polegio. Osserva Pini che da Polegio a Bellinzona il Ticino non è navigabile non tanto per la soverchia caduta dell'acqua, che è di 50 tese in 12 miglia, quanto pe’ gran macigni che vi sono in mezzo. Ciò non ostante vi passano le zattere col legname dell’alta valle.

Qui termina la valle di Bellinzona, e comincia propriamente la val Leventina, abitata anticamente da’ Leponzj. In men d’un’ora vassi a Bodio, e in due altre ore a Giornico, che in tedesco chiamasi Irnis, sempre presso a graniti venati a strati orizzontali. Qui hanno fine le vigne; ma continua lo stesso granito, che un po’ più sopra piega alquanto al nord, e forma uno strato solo, alto circa 30 braccia. Ivi si passa il Ticino, e si ripassa ben tosto presso Chigiogna, ove s’hanno vaghissime prospettive miste di prati, di boschi e di rupi, abbellite da moltiplici cascate del fiume. [p. 120 modifica]Una magnifica sen vede quando si giugne a Faido, residenza del Balio o Giudice. Da Chigiogna a Faido la vegetazione copre il nocciolo del monte, ma mezza lega oltre Faido ricompare una roccia di scisto micaceo quarzoso a strati orizzontali, se non che in qualche luogo alzansi questi alquanto verso ovest; e della stessa natura sembra essere l’opposto monte oltre Ticino.

Qui la valle diviene più selvatica, ma abbonda di boschi di larici che il Ticino porta al lago, e che ne fanno a tempo a tempo la ricchezza. Si passa, a tre miglia sopra Faido, il Ticino; si ripassa nuovamente, e qui vedesi lo scoglio esser di sasso men solido, e quindi ora franato, ora coperto di terra vegetale, più non serbando la primitiva situazione. Poi la valle si stringe sì, che appena v’è luogo pel fiume e per la strada; anzi questa è sovente scavata nello scoglio. Qui le vene del granito, ch’è più fino del precedente, veggonsi sovente piegate a zig-zag, come una Ʃ rovesciata. In cima alla salita che costeggia questo granito trovasi Dazio grande, ove ogni forastiere paga un ben giusto pedaggio per mantenimento dalla strada. Guardandosi indietro, ben si vede che il Ticino ha tagliato un monte ch’era un ramo della catena generale, obbliquo alla medesima. Al finir di questa montagna veggonsi sotto una [p. 121 modifica]chiesa presso la strada gli ultimi indizj de’ graniti venati a strati orizzontali.

Quindi innanzi non trovansi che scisti micacei, e questi pur infrequenti, essendo i monti coperti di terra vegetale. Fra i rottami sulla strada vedesi anche del marmo calcare.

Prima di giugnere a Dazio s’ha in faccia la terra di Prato. Ivi fra bei filari di pini vedesi una vaga cascata entro una gola del monte, in capo alla quale sono i monti di Campo-longo. A Prato trovansi le più belle sappare o granatiti, ed a Campo-longo il sig. Fleuriau trovò la dolomia elastica.

A quattro miglia sopra Dazio, ad Ambri di sotto, s'entra in un piano ovale, e se n'esce a Piotta, oltre il qual paese lo scoglio è di scisto micaceo calcare a strati tortuosi e ondati. Si passa poi il Ticino, ove la valle stringesi, e vedesi che il fiume attraversa qui degli strati o lastroni verticali, avendoli a poco a poco corrosi, aprendo così un passaggio all'acqua, che dianzi dietro ad essi faceva un lago, in fondo al quale si sono depositate le materie gessose e calcaree, che qui veggonsi a fianco del fiume.

Dopo un quarto d'ora trovasi Airolo, borgo situato nella valle erbosa e circondata da bei pascoli, alta dal livello del mare 589 tese, secondo Saussure, a cui sempre mi [p. 122 modifica]rapporto quando non avviso che d’altri lumi mi valga.

Da Airolo si può seguire il ramo principale che tende al nord-ovest, e va a terminare al passaggio della Forca fra ’l Reus e ’l Rodano; e si può anche, come già s’è detto, per Bedrino e Fontano salire alle sorgenti della Tosa. Ma il viaggiatore piega a destra, sale a San Gottardo, lasciando pur a destra val Sorescia, e a sinistra il laghetto di Lucendro, per passar poi nell’alveo del Reus nella Svizzera. Tutti i paesi sin qui nominati, ed altri de’ quali farò menzione in seguito, appartengono al Canton Ticino.

Il naturalista non farà questo viaggio sì presto, perchè molti e importanti oggetti s'offrono alle sue osservazioni. A un miglio da Airolo lo scoglio è di scisto micaceo quarzoso a strati quasi verticali; ma quando s’entra nella foresta, lo scisto vedesi arricchito di granati e d’horneblenda. Lo stesso scisto continua presso la cappella di S. Anna, distante tre miglia, e somiglia a pietra arenosa (grès de’ Francesi), se non che questa è pietra primitiva, e ne sono di feldspato i granellini. Nelle vicinanze del san Gottardo la vegetazione cessa a 6000 piedi sopra il livello del mare.

Più sopra, il Ticino presenta varie belle cascate; e si passa un ponte detto Ponte di Tremola, dal qual luogo ebbe nome la [p. 123 modifica]tremolite, pietra cristallizzata a raggi, che qui si trova. In questi contorni v'ha pur copia di cristalli di rocca d’ogni maniera (e talora con aghi di titano e con colorite) d’adularie e di tormaline. Più in alto v’è neve eterna: il Ticino qui cade precipitoso dal monte, ma vedesi solo a luogo a luogo, poichè la neve ne copre il corso, e talora serve di ponte, su sui il viandante passa senza avvedersene, e raccapriccia poi, dice Sulzer, pensando al corso pericolo. Pericolo ancor maggiore v’è per le frane di neve dette avvalanche, che in enormi ammassi precipitan dall’alto, e per lo scioglimento delle nevi medesime. In quest’ultimo caso bisogna fidarsi ai muli e ai cavalli, che cauti ritiran il piede ove la neve più non regge.

All’ultima cascata lo scoglio cangia natura, ed è qui vero granito venato, quindi granito in massa. S’entra alla fine in un picciol piano, in cui sta l'Ospizio già de’ Cappuccini, bruciato e distrutto da’ soldati nel 1799. Nella pianura vi son quattro laghetti, tre de’ quali danno le acque al Ticino, e uno al Reus. Da Airolo all’Ospizio viensi in due ore. Questo luogo è alto 1065 tese sopra il mare.

Il San Gottardo (nome che altri derivano dal celtico Got e ardth (il Dio più alto) altri da S. Gottardo vescovo d'Hildescheim nel xii secolo), fu chiamato dagli antichi le [p. 124 modifica]Alpi altissime (Alpes Summae), non già perchè abbia cime più elevate del Monte-rosa e del Monte bianco, ma perchè ha in alto una grande estensione da cui partono varj dei principali fiumi, che versane le acqua in opposte e lontanissime regioni. Chiamossi anche Mons Adula, nome che abbraccia tutte le alpi che dal San Gottardo stendonsi ai Grigioni; e da questo nome del monte il cav. Pini battezzò le sue adularie.

Il piano dell’Ospizio ha molte elevate vette all’intorno, la più alta delle quali è quella di Fieudo, che ha 1378 tese sopra il mare. Un’altra è la montagna di Pesciumo, alla cui base appoggiasi un marmo (con cui si fa anche calcina) or bianco or azzurro, sicchè sembra un cipollino, sovente misto a molta mica. V’è pure della dolomia. Delle altre pietre rare e gemme, fra poco.

Nel venire dalle foci del Ticino al San Gottardo, lasciamo a destra molte valli, che nel Ticino immettono; e converrà dire qualche cosa almeno delle principali. La prima è la picciola valle di Giubiasca, o Zebiasca, nella quale s’entra dal paese di questo stesso nome, ed è popolata dalle terre di Revechio, Soliasco, Pianezza, S. Antonio e Camarino, daddove, varcando la colma, si passa nella valle per cui discendesi a Gravedona sul Lario. [p. 125 modifica]La seconda incontrasi poc’oltre Bellinzona, ed è val Mesolcina. Qui abitavano gli antichi Moesiates, e Moesa chiamasi ancora oggidì il fiume che vi scorre in mezzo. Furono poi detti Mesauci, donde venne il nome di Musocco, capo-luogo della valle, ora distretto del Cantone Svizzero del Ticino. S’ascende lungo il fiume della valle assai popolata, in mezzo a cui sta il mentovato borgo di Musocco, e finisce nel monte di S. Bernardino, da cui si passa alla Spluga, piegando a destra, o nella valle del Reno piegando a sinistra. Un ramo della Moesa è il torrente Calanca, che in essa si getta fra Rogo e Gruno; dà il suo nome alla valle, e trae l’origin sua da un monte chiamato Adula su alcune Carte.

Da Briasco si può entrar in val di Blegno. Ha questa pure molti paesi a destra e a sinistra del fiume Brenna, cioè Dongio, Malvagia, Corzoneso, Lotigna, che n’è il principal borgo, Prugiasco, Castro, Olivone, Campo, Pescala e Spital; e termina alla vetta del monte Cadolin, ov’ha la principal sorgente il Reno (Mitter Rhein). Somministra la val di Blegno molto legname e bestiame. Qui abitavano gli antichi Brenni, de’ quali, e delle rocche loro edificate sulle tremende Alpi, Orazio (lib. iv Od. 14) narra la disfatta e la conquista come argomento del [p. 126 modifica]valor militare delle coorti d’Augusto guidate da Druso1.

Si sarà accorto l’erudito lettore che abitatori de’ monti che ci stanno intorno erano in gran parte quelle Genti Alpine che Augusto gloriavasi d’aver domate, e per le quali, sebbene piccioli popoli fossero, gli fu eretto il magnifico trofeo nelle Alpi marittime al confine occidentale dell'Italia, cioè alla [p. 127 modifica]Turbia sopra Monaco, colla grande iscrizione conservataci intera da Plinio (Nat. Hist. Lib. III. cap. 20), della quale io vidi ancora in quest'anno (1813) colà gli avanzi in lettere alte quasi un piede2.
[p. 128 modifica]Eccone alcuni:

Trumpilini Di val Trompia, nel Bresciano.
Camuni Di val Camonica, nel Bergamasco.
Suanetes Di Zuan, oltre il S. Gottardo.
Vennonetes Posti al N. E. di Como da Plinio e Tolomeo. Di Valtellina.
Venostes Di val Venosta.
Rugusci Di val di Riasco, presso Chiavenna.
Isarci D’Arcisate, sopra Varese.
Breuni Di val di Blegno.
Calucones Di val Calanca.
Lepontii Di val Leventina.
Viberi Della Briga, oltre il Sempione.
Antuates Di vall’Anzasca.
Acitavones
o Avones
o Agones
Di val d’Agogna, che stendeansi a principio dell’Ossola e a Vogogna.

Oltre questi, Plinio fa menzione de’ Lambrati, cioè abitatori de’ contorni del Lambro, degli Orobi fra Como e Bergamo, e d’altri, de’ quali parleremo in seguito.

Ci resta ora a dare qualche idea de’ [p. 129 modifica]Fossili più importanti per bellezza, utilità e novità che trovansi ne' monti de' quali s'è parlato. Delle miniere metalliche e delle varie terre e sassi già s'è indicato quanto basta. Gli altri fossili o sono gemme, o particolari cristallizzazioni, o utili terre.

Fra le gemme annovereremo, 1. I rubini: alcuni sen trovarono ai tempi di Galeazzo Visconti fra val di Blegno e val Leventina, e chiamaronsi rubini di rocca nuova; se n'è pur trovato qualcheduno anche negli ultimi tempi. Qualche scrittore del secol xvi parla di carbonchi; ma probabilmente ha dato tal nome al cristallo di rocca nero. 2. V'ha dei grossi topazj. 3. Degli ammassi di giacinti, che nella cristallizzazione somigliano ai granati, ma hanno proprietà elettrico-galvaniche opposte a questi; e l'analisi chimica troveravvi anche diversi i principj. 4. I granati sono frequentissimi, di colore più o men oarico, ora nel quarzo, ora nello scisto lamelloso, ora nella mica argentina e verde: ve n'è di varie grossezze; ma in nessun luogo, ch'io sappia, si lavorano. 5. I sorli neri elettrici, o tormalline, cristallizzati in prismi a sei angoli, talora in mazzi, ma più sovente in mezzo al quarzo. 6. I sorli in tavolette; e ve n'ha dei rossi, detti sagenite, de’ ranciati e d'altri colori. 7. Le cianiti, o berilli lamellosi, sono d'un azzurro pallido, cristallizzate in [p. 130 modifica]tavolette, o prismi tetraedri compressi, attaccabili all’acciajo sulle facciate, e durissime sulle coste. 8. Parlammo già delle sappare e granatiti, che spesso trovansi miste alle cianiti. L’adularia fatta conoscere dal nostro cav. Pini, Werner la chiamò poi lunaria, perchè ha molti rapporti colla pietra di questo nome; e somiglia pure alla pietra di Labrador, se non che ha men vivi colori.

De’ cristalli ve n’è grandissima copia. 1. I più comuni sono cristalli di rocca. Leggesi che uno sen trovò sì grosso da doversi trasportare sur un carro; e di più, che certa vetta di monte è formata d’un sol cristallo; ma, omettendo le favole, certo è che ne’ nostri monti ve ne sono de’ grossi assai, e che da molti secoli è in fiore presso di noi l’arte di lavorare de’ grandi cristalli di rocca per farne scatole e altri vasi, e lampadarj e ornati d’ogni maniera. Ve n’ha de’ limpidissimi, che sono i più ricercati pei lavori; ma i naturalisti vanno in traccia non solo de’ colorati in roseo, giallognolo, color di fumo e neri, ma più ancora di quelli che contengono corpi estranei, come sorli, asbesti, aghi di titano, terre e metalli, e anche gocce d’acque. Quei che credon vedervi dei corpi animali, o vegetali, s’ingannano. 2. I cristalli di feldspato opachi non erano conosciuti presso di noi prima che il cav. Pini desse una [p. 131 modifica]celebrità a quei di Baveno e del S. Gottardo. Ve n’ha de’ bianchi e dei nericci, de’ carnicini e di color ruggine; e loro proprietà è l’essere cristallizzati in prismi quadrilateri romboidali. Trovansi in mezzo ai graniti, e sovente misti a cristalli quarzosi metallici, o sparsi d’incrostazioni metalliche. Ve n’ha degli zeolitici che da sè stessi si scompongono e cadono in finissima polvere, e chiamansi di zeolite fatiscente, o laumonite. 3. Cristalli di spato calcare semitrasparenti. 4. La pietra raggiante (rayonnante) vitrea, e quasi vitrea. 5. La tremolite comune vitrea, e asbestiforme. 6. L’asbesto e l’amianto. 7. Lo spato fluore ec. Io queste cose ho appena accennate; ma chi vuole più estese ed esatte notizie de’ prodotti fossili e minerali di questi nostri monti, legga le Osservazioni Mineralogiche sulla montagna di San Gottardo del cav. Pini3: il libretto intitolato Itinéraire du Saint Gothard. Basle 17954. Manuel de la Suisse de M. Ebel,5 e meglio ancora la Lithologie du S. Gothard del sig. di Saussure6.

Note

  1. I Brenni o Breuni che accenna Orazio, e che qui si vogliono omonimi cogli antichi abitanti di Val di Blegno, sono allogati da altri forse con maggior fondamento in Tirolo; ciò che il gruppo d’altissimi monti tra l’Eno e il Marano, chiamato il gran Brenner, se non chiarisce al tutto, rende probabile molto più. Orazio alla Vindelicia gli approssima, che è la Baviera. Vindelici didicere nuper quid Marte posses. Milite nam tuo Drusus Genaunos, implacidum genus, Breunosque veloces, et arces alpibus impositas tremendis dejecit acer plus vice simplici. Anche Strabone nel lib. iv gli unisce ai Norici ed ai Vindelici, e Floro stesso: Norcis animos dabant alpes atque nives quo bellum non posset ascendere: sed omnes illius cardinis populos Brennos, Senones atque Vindelicos per privignum suum Claudium Drusum perpacavit. Venanzio Fortunato per fine, tacendo d’altri, nella vita di S. Martino: Si vacat ire viam, meque Bjarius obstat. Qua vicina sedent Breonum loca perge per alpem ec.; le quali autorità si riportano per mostrare quanto ardua e difficil cosa sia l’indicare la precisa località delle quarantatrè genti alpine ricordate dall’epigrafe del trofeo d’Augusto, di cui nella nota seguente (Nota tratta dall’esemplare postillato dal sig. dott. Gio. Labus).
  2. Allorchè lessi quest'operetta, mi dolse che l’autore non avesse riportata l’epigrafe, della quale soltanto dà tredici nomi geografici. Verrà forse uguale capriccio anche ad altri; perciò la soggiungo come si reca da Plinio, giusta la correzione di Morcelli, maestro di quei che sanno.
    imperatori , caeari . dIvI . vilio . augvsto . pontifici . maximo . imperatori . xiiii. tribuniciae . potestatis . xvii. senatus . populus . que . romanus . qvod . eivs . dvctv . avspiciisqve . gentes . alpnae . omnes . qvae . a . mari . svpero . ad . inperum . pertinebant . svb . imperium . populi . romani . redactae . svnt . trvmpilini . camvni . venostes . vennonetes . isarci . brevni . genavnes . focvnates . consvanetes . rvcinates . licates . catenates . ambisvntes . rvgvsci . svanetes . calvcones . brixentes . lepontii . viberi . nantvates . sedvni . veragri . salassi . acitavones . medvlli . vceni . catvriges . brigiani . sogiontii . brodiontii . nemaloni . adanates . vesvbiani . veamini . trivlatii . egdini . vergvnni . egvitvri . nementvri . oratelli . nervsi . velavni . svetri.
    Dal che si appara quali furono le genti alpine soggiogate dai figliastri d’Augusto, alle quali unendo l’altre quae non fuerunt ostiles, abbiam la descrizione geografica dell’Alpi da un mare all’altro, cioè da Nizza a Trieste. Non è dunque nei monti che percorre l’autore la maggior parte di queste genti, ma sì la minore, e la meno importante; ciò che mostrar potria di leggeri se qui avesse luogo. Il trofeo d’Augusto della terra di Turbia nel principato di Monaco presso a Nizza, non è oggidì che un ammasso d’informi rovine. Le guerre lo han guasto in parte, e il maresciallo di Villars ne ha compiuta la distruzione. Le lettere quasi alte un piede son gli avanzi delle parole gentes alpinae e trvmpilini, alle quali può aggiugnersi porzione d’una corazza di marmo incastrata in un muro presso la torre di Turbia, che appartenne forse all’anzidetto trofeo (Nota tratta dall’esemplare postillato dal sig. dott. Gio. Labus).
  3. Opus. Scel. Tomo IV pag. 289.
  4. Cap. XXI.
  5. Agli articoli de’ paesi sin qui mentovati.
  6. Voyages dans les Alpes. Tom. IV. pag. 64. in 4.