Viaggio in Dalmazia/Del Contado di Sibenico, o Sebenico/3. Porto di Sibenico, e Lago Scardonitano. Costumanze antiche

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3. Porto di Sibenico, e Lago Scardonitano. Costumanze antiche

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3. Porto di Sibenico, e Lago Scardonitano. Costumanze antiche
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§. 3. Porto di Sibenico, e Lago Scardonitano. Costumanze antiche.

L’ampio Porto, in riva del quale stesa sul pendio d’un colle sorge la Città di Sibenico, spalleggiata dai monti Tartari, asprissimi, e coperti di ghiaje d’antichi fiumi rassodate in breccie, è uno de’ più belli che si possano vedere, pella varietà delle colline, e piccioli promontorj, che lo circondano a foggia di Teatro. Il [p. 149 modifica]fiume Kerka, dopo d’aver messo foce nel Lago di Scardona, e d’avervi confuso le proprie acque con quelle del fiume Goducchia, e del torrente Jujova, che vi si scaricano anch’essi all’estremità opposta, si rincanala fra’ dirupi per tre miglia di lento corso, d’onde viene a formare sotto Sibenico un secondo Lago, che ne à ben sei di lunghezza, e si mescola poi col Mare mediante l’angusto canale di S. Antonio. I Romani ebbero uno stabilimento fra le foci de’ due fiumi Goducchia, e Jujova, di cui restano vestigj appena riconoscibili, ma non affatto dispregevoli, perchè somministrano una prova manifesta dell’alzamento dell’acque. I pavimenti a Mosaico, e le divisioni delle stanze rovinate, sono adesso ben due piedi sotto all’ordinario livello del Lago, che soffre qualche flusso, e riflusso in dipendenza dal Mare. V’è anche un lungo molo subacqueo, che congiunge la punta della penisola formata da’ due fiumi collo scoglietto Sustipanaz, su di cui com’ora trovasi una Chiesa rovinata, così altrevolte sarà probabilmente stato un Sacello, o Tempietto de’ Gentili. In una Carta del territorio di Sibenico incisa dal sopraccennato Martino Rota del MDLXXI, vedesi un gruppo d’abitazioni succedute alle Romane sulla punta che sporge nel Lago fra le due foci, che v’è nominato Razlina; il luogo adesso è affatto deserto.

Fra le poesie del Difnico v’à un elogio di Sibenico, in cui trovansi varie cose attinenti alla Storia Naturale delle acque vicine. Eccovi il tratto di questo antico Poeta Naturalista; io avrei creduto, qualunqu’egli siasi, malfatto il trascurarlo1. “Il fiume Karka, [p. 150 modifica] dic’egli, la di cui corrente perenne bagna il piede della Città, à un’Isola, in cui non mai cade gra[p. 151 modifica]gnuola. Esce questo fiume mormorando per ogni lato da spelonche stillanti, dove producesi il marmo; e ognuno concorre a vedervi un prodigio là dove le di lui acque cangiano in pietra il legno. A te porta, o Sibenico, questo fiume Anguille, le carni delle quali non porgono malignità alla febbre, e prima ch’ei precipiti dalla sua gran cateratta vi si trova la rinomata Trota, che d’oro si nutrisce. Lungo quelle sponde abitano cani coraggiosi, che fremono unicamente contro il Turco, e il Morlacco (di lui suddito), e sono intenti a morderli. Il paludoso Lago caccia fuori per nostro uso di sette in sette anni numerosi stuoli d’Anguille. Anche i Granchi da cento piedi, che Schille sono chiamati, nuotano lunghi un palmo dinanzi a noi. I Dentici coronati trovansi più squisiti presso a questa Città che in qualunque altro luogo. Ed è ben conveniente cosam che facciano onore al sito; perchè quivi particolarmente concorrono in gran numero i pesci più nobili che abbia il mare, e vi corteggiano il Re, vagando pei pascoli d’ogni sorte sì fattamente, che alcuna volta il pesce abitator della sabbia fatto dimestico viensene biandamente all’asciutto lido. Ma più maravigliosa creatura vi si fece vedere, e vi fu preso un marino uomo insociabile. Per noi nodrisce presso a’ suoi vortici il mare Kotoragne2 riguardevoli per la loro mole; e i di lui scogli subacquei sono così ricchi, che vi crescono i rami del Corallo. Lontano dal mare, in mezzo al[p. 152 modifica]le terre, abbiamo acque salse, dove si cristallizza il Sale... Va pel mondo la fama del lodato succo dolce, che proviene dall’incisione sotto all’Isola di Srimçani3 ed è più gloriosamente dotato il continente, perchè vi cade la manna di miele-rugiada. Quivi la donna sempre francamente ardisce tagliare i ligamenti del proprio feto, e ciò non pertanto vive, e cammina4. Quivi coloro, che riportarono ferite nel capo, a’ quali fu spaccato il cervello, vissero posteriormente un anno, ed un giorno.“

Fra le particolarità di Sibenico, mentovate in questo curioso pezzo, mi sembra degno d’osservazione quel Marino Uomo insociabile, che vi fu preso. Dalle due spezie di manna indicate dallo Scrittore la prima è certamente quella, che cola dal Frassino per mezzo de’ tagli, che vi si praticano nella stagione opportuna da’ Calabresi, Pugliesi, Maremmani, e Provenzali, e che sono andati in disuso presso i Dalmatini; l’altra è probabilmente quella farina unitasi colla rugiada, che si raccoglie annualmente ne’ contorni di Cracovia, e di cui si fa un picciolo commercio fra quella Città, e Varsavia. Noi abbiamo a Cortelà, vicino a Este nel territorio Padovano, qualche cosa di simile ne’ mesi d’Agosto, e di Settembre.

La massima parte di questi cenni di Storia Naturale Sibenzana trasse Pietro Difnico da’ versi Elegiaci pur inediti di Giovanni Nardino Canonico Zagabriense, alcuni de’ quali trovansi riferiti in un’opera ms. del Tomco Marnavich, e non sono sta[p. 153 modifica]ti con iscrupolosa fede espressi dal parafraste Illirico. Il Nardino vi accenna la raccolta della Manna come il Difnico, e la pesca de’ Coralli.

          Manna solo, Sibenice, tuo fælicibus astris
               Ambrosias tribuit, nectareasque dapes.

Il commercio de’ Coralli Sebenzani era bene stabilito in quel secolo, come lo provano questi versi

          Hæc quoque florescit speciosis unda Corallis,
               Qui dites Indos, antipodasque petunt.

Fra le altre molte cose all’enumerazione de’ pregi della sua Patria due costumanze particolarissime annovera questo Autore, una delle quali sussiste tuttora. Eccovi i quattro versi, ne’ quali sono racchiuse:

          Sic trino dicata Deo dum festa refulgent
               Civis in hac sceptrum nobilis Urbe tenet.
          Hic prius ostenso celebrat nova nupta Priapo
               Connubium, & socias porrigit inde manus.

Il Re di Sibenico creasi pelle feste del Santo Natale, e dura quindici giorni. Io non mi sono colà trovato in tempo, che lo potessi vedere; quindi scrivo solamente ciò, che me ne fu raccontato. Egli à de’ segni d’Autorità Sovrana, come quello di tenere presso di se le chiavi della Città durante il tempo del suo buffonesco regnare; d’aver luogo distinto nella Cattedrale, e d’esser Giudice delle azioni di coloro, che compongono la sua Corte efimera. Non è più adesso un Gentiluomo che faccia la buffonesca figura di Re, ma un qualche zappatore. Questo Re à però una casa destinata a ben alloggiarlo nel breve giro del suo governo; va per la Città coronato di spiche, vestito di scarlatto alla Nazionale, e con seguito di molti suoi Ufiziali. Il Governatore lo tratta a pranzo, e così il Vescovo; chiunque lo incontra per la via se gl’inchina. Il Borgo di Terra-ferma, e il Borgo di Marina fanno [p. 154 modifica]anch’essi ciascuno il loro Re, che non può entrare in Città senza prima aver passato un ufizio al Monarca Cittadino. Non ò creduto ben fatto di prendere informazioni in proposito di que’ preliminari del matrimonio, che si sono indicati dal Canonico Zagabriense; fa però d’uopo egli sapesse di certo ch’era in vigore così prudente usanza, da che viene caratterizzato dal Tomco come diligente osservatore delle patrie cose. Se avessi potuto rinvenire l’Opera medita di Giorgio Sisgoreo, che trattava delle più nobili prerogative di Sebenico, scritta intorno al MD, ne avrei probabilmente tratto molte notizie risguardanti non meno i costumi antichi, ora andati in disuso, che la Storia fisica del paese.

  1. Karka, Koye potok — plove sve mimof Grad,
    Ugnoy chiye Otok — nigdarga nebì gràd.

    Rika Karka ovay — spilah Kapgliucch ozgor,
    Slove po svaki Kray — chino stuara mramor.
    Na çudan pak zlamen — svakse tuy navracchià
    Gdi darvo u Kamen — tay voda obracchià.
    Utoyti yosc ricy — ugori padayu,
    Kogi no oghnici — betegh ne pridayu.
    Riche tey yosc nad slap — riba slavom slove
    Parxinom yere Kgliap — zlatnomse tuy tove.
    Tuyusu psi brez straha — chino samo rexe
    Na Turka, i Vlaha — i ugistgih prexe.
    Yezero nam blatno — sedmo lito svih stran,
    Ugore tad yatno — mecchie iz sebe van.
    Raçzi yosc stonoghi — Kozzice chih zovu,
    Od pegliasu mnoghi — i ti prì nas plovu.
    Prì gradu ovomu — Zubataz Krunnasti
    A ne poi inomu — naydese ù çasti.
    I toye podobno — castse tay pristogi.
    Ofdi er osobno — s’ Kragliem broy rib stogi.
    Che ima suud more — nay plemenitiye
    Osdi Kraglia duore — passom svaka tiye.
    Pitomanam çudno — p skava Riba tay,
    Ghdici prirazbludno — na suhi doyde Kray
    Ayoscchie çudnigi — stuor, ofdi Vidisce.
    Morschi ęlovich diugi — bi Kog’ uhitisce.
    Morenam pri Kruzih — ima Korotagne
    Zaloxay od druxih — trisu, à ne magne.
    Od tach yosc vaglie — moranamsu strane
    Danam od Kuraglie — u gnih rastu grane.
    Dalece od mora — frid Kopnasu vodè,
    Nana che su stuora — i solnam tuy rodè.
    Ohualnoga soka — sladorizna vide
    Srimçanam otoka — glas po suitu ide.
    Viscega ponosa — kopnaye yosc strana.
    Mednabonam rosa — tuy pada tay Mana.
    Osdi Xena tuy svu — sminose slobodi
    Odrizat mater suù — ter xive, i hodi.
    Osdi chih ranioce — prisikscigim moxyan
    Gliudi ti xivisce— potle godiscch, i dan.

    Pet. Difn. Upohualu od Grada Scib.

  2. Nessuno a Sibenico à saputo dirmi che spezie di pesce sia la Kotoragna. Generalmente il dialetto di questo Poemetto non è inteso da’ Sebenzani, nè somiglia ad alcuno de’ colti, che s’usano adesso nella Dalmazia Veneta.
  3. Di quest’Isola non ò potuto trovare chi mi sapesse dar nuova.
  4. Le Donne popolari non abbisognano in Dalmazia di chi le assista nel parto.