Viaggio in Dalmazia/Del Contado di Spalatro/2. Del Porto, della Città, della Storia Letteraria di Spalatro

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2. Del Porto, della Città, della Storia Letteraria di Spalatro

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2. Del Porto, della Città, della Storia Letteraria di Spalatro
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§. 2. Del Porto, della Città, della Storia Letteraria di Spalatro.

Sulle rive del Porto di Spalatro, a destra della Città, stendonsi le numerose abitazioni del Borgo, e i ben coltivati terreni suburbani. Fra di questi merita particolare menzione il Podere destinato alle sperienze, e alle Sessioni della Società d’Agricoltura, eretta con plausibile esempio, e mantenuta a spese proprie da un riguardevole numero di que’ Gentiluomini, e Cittadini. È da desiderare, che una così nobile, e laudevole fondazione non si disciolga inopportunamente; la Provincia à pur troppo di bisogno, che vi prendano piede gli studj Georgici: da che così la coltura delle terre, come il governo de’ bestiami è pessimamente inteso tanto da’ Morlacchi, che da’ contadini litorali. [p. 39 modifica]

Appiè delle mura di Spalatro, fuor pelle fenditure d’alcuni massi di pietra forte conchifera piena d’Echiniti, e di Numismali, che non di raro vi si veggono spaccate orizzontalmente, scaturiscono parecchi rivoli d’acqua sulfurea, che sovente spargono verso sera una disaggradevole graveolenza. Eglino conducono seco in gran quantità filamenti stracciati, candidissimi di fegato di zolfo. Le pietre, su le quali scorrendo i rivoli mettono in mare, pochi palmi lontano dalla sorgente, sono tutte colorite di bianco argenteo, precisamente come lo son in Italia quelle, pelle quali scorrono i ruscelli sulfurei caldi di Sermoneta, prima di perdersi nelle Paludi Pontine. Ma questi di Spalatro ànno delle incostanze, e cangiamenti degni di ogni attenzione.

Il Sig. Giulio Bajamonti, dotto, e diligente investigatore delle naturali meraviglie, mi à assicurato, che ora sono cariche di sal comune, un altro dì si trovano gialle, e sulfuree, poi bianche, e calcaree; nè queste variazioni sembrano aver rapporto alcuno alla varietà dei tempi, o delle stagioni. Il Sig. Dottore Urbani valoroso Medico di Spalatro, e mio pregiatissimo Amico, le à adoperate con buon successo in varj mali, e spezialmente cronici. Dall’uno, e dall’altro di questi miei cari Amici si denno attendere ulteriori osservazioni, che saranno certamente degne del loro sapere, e della loro celebrità.

Il Porto di Spalatro è frequentato da Vascelli stranieri, che vi concorrono a caricar merci provenienti dalla Bossina, come sono il Ferro, i Cuoj, manifatture di Rame, Lane, Schiavine, Cera, Orpimento, Cotone, Seta, Frumento, ec. D’intorno a quelle rive si osservano le solite varietà d’argilla mescolata talvolta con arena, e terra calcarea, e divisa in varj modi da laminette di spato striato, candido. Nella ce[p. 40 modifica]rulea semipetrosa mai ò veduto vestigj di Corpi marini, de’ quali trovasi qualche esemplare nella grigia laminosa. In qualche luogo, e segnatamente dietro alle case del Borgo, v’à una crosta tartarosa orizzontale-inclinata di poca grossezza, che corre alcuni pollici sotto alla terra campestre, nella quale veggonsi presi molti frammenti di Testacei terrestri. Non è possibile il confonderla cogli strati prodotti dal mare; da che manifestamente si vede, che le acque eventuali filtrandosi fra terra, e terra, e deponendovi le parti tofacee, ond’erano cariche, l’ànno formata.

De’ gran residui Romani, che formano il pregio più conosciuto di questa Città ragguardevole, io non farò parola. È bastevolmente nota agli Amatori dell’Architettura, e dell’Antichità l’Opera del Signor Adams, che à donato molto a que’ superbi vestigj coll’abituale eleganza del suo toccalapis, e del bulino. In generale la rozzezza dello scalpello, e ’l cattivo gusto del secolo vi gareggiano colla magnificenza del fabbricato. Non è già per questo ch’io voglia togliere il merito a quegli augusti residui del Palazzo di Diocleziano. Io gli annovero fra i più rispettabili monumenti dell’Antichità che ci rimangano: ma non vorrei, che gli Scultori, e gli Architetti studiassero a Spalatro piuttosto che fra le rovine di Roma, o fra i bei vestigj dell’antica grandezza di Pola.

La cortesia degli abitatori moderni fa ben più onore a Spalatro che i magnifici avanzi delle fabbriche antiche.

Io vi ricevetti, e in compagnia del nostro amabilissimo Mylord Hervey, e solo, le più ricercate squisitezze dell’ospitalità.

Que’ reverendissimi Canonici usarono la gentilezza di lasciarci vedere alcuni Mss. dell’Archivio loro Capi[p. 41 modifica]tolare, da’ quali potrebbonsi trarre moltissime notizie per la Storia Illirica senza troppa fatica, da che sono spogli, ed Avversarj del Lucio, del Beni, e d’altri dotti Uomini Dalmatini.

Fra questi Mss. trovammo un Evangeliario del VII, o forse anche del VI secolo, assai sufficientemente conservato. Nella prima carta leggesi il principio del Vangelo di S. Giovanni in Greco, scritto coi caratteri Latini; il copista però si pentì dell’incominciato lavoro dopo d’averne trascritto due colonne, e lo rincominciò in Latino, servendosi per originale della Volgata.

Questa nobilissima Città produsse in ogni tempo Uomini distinti nelle Lettere, e nelle Scienze. Lasciando da parte i Cronisti de’ secoli barbari, che ci conservarono preziosi documenti, come Tommaso Arcidiacono, Michele Spalatino, ed altri, ella vanta ne’ migliori tempi della risorta Letteratura Marco Marulo, di cui molte Opere ci restano stampate, e manoscritte. Io ò attualmente presso di me un Codicetto d’Iscrizioni da esso illustrate, all’autenticità delle quali non si vuol però dare intera fede; a’ dì nostri s’inventerebbero più destramente. Fra gli Arcivescovi che ne occuparono la Sede, merita a titolo di dottrina il primo luogo Marc’Antonio de Dominis, nativo della Città d’Arbe, che avrebbe lasciato di se ben più gloriosa memoria, se si fosse contentato d’essere un Uomo distinto nella Fisica, e nelle Matematiche, e non avesse voluto troppo scrivere, e singolarizzarsi in materie di Religione. Il suo Opuscolo de’ Raggi visuali, e della luce ne’ vetri da osservazione, e dell’Iride, e l’altro cui pubblicò col titolo d’Euripo, o sia del flusso, e riflusso del mare, meritano tanto maggior attenzione, quanto che precedettero di molto que’ celebri Filosofi dell’età nostra, che sono ascesi meritevolmente in riputazione [p. 42 modifica]sviluppando le dottrine medesime, che il dotto Prelato aveva insegnate. Il gran Newton à reso giustizia al de Dominis, dall’Operetta del quale à tratto le prime teorie della luce. Io ò veduto (e un giorno forse ne pubblicherò alcuna) delle cose inedite di Marc’Antonio de Dominis, che servono moltissimo alla Storia del di lui spirito. Monsignor Cosmi, che occupò molti anni dopo il Dominis quella Sede Arcivescovile, lasciò una osservabile Scrittura sopra la Bolla Clementina, che dovrebbe trovarsi fra i Mss. del fu Signor Apostolo Zeno nella Biblioteca de’ PP. delle Zattere in Venezia.

Fra Spalatro e ’l fiume Hyader alle radici del monte Marian stendesi una bella ed amena campagna, che à poco fondo di terreno, ed è quindi soggetta all’aridità, quantunque sembri che non dovess’essere malagevole cosa l’irrigarla, distraendo l’acque del fiume vicino in luogo opportuno. I massi, che s’incontrano appiè del Monte, e pella contigua pianura, sono di pietra Lenticolare affatto simile nell’impasto a quella, che forma il promontorietto HH nella Tav. VIII: ma molto più resistente, e sparsa di Focaje pur lenticolari.