Vita di Esopo Frigio/Capitolo LXIV

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Capitolo LXIV

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Anonimo - Vita di Esopo Frigio (Antichità)
Traduzione dal greco di Giulio Landi (1545)
Capitolo LXIV
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C A P I T O L O   LXIV.

IL dì seguente il Re fece congregare tutti i suoi Consiglieri, ed amici, a’ quali disse: Amici miei, avete veduto, che infiù ad ora noi non abbiam potuto vincere ma con questo Esopo; però se noi non sappiamo altro fare, necessario fu, che io dia il tributo al Re di Babilonia. Allora alzatosi in piedi un Vecchione, disse: Signore, poichè non possiamo domandargli cosa, che egli non sappia, comandategli, che egli a noi abbia a far proposta di cosa, che noi sforzatamente abbiamo a confessargli, che non sappiamo, e che non abbiamo inteso mai ragione. Se ciò egli farà, daretegli il tributo; altrimenti ditegli, che non intendete essere a cosa alcuna obbligato, ed in questo modo voi vi libererete; perciochè dica egli ciò, che si voglia, diremo noi saperle; ovvero da altrui averlo inteso, e sentire ragionare. Questa così fatta proposta parve al Re una bella, ed astuta invenzione, mediante la qual potesse dal debito tributo liberarsi. Sicchè chiamato Esopo, a lui propose il partito, e volentieri fu da quello accettato, dicendo: Signore, io domani me ne verrò quì, e penso anco di ciò, come delle altre cose la vittoria riportare. Pareva a molti impossibile, che Esopo di ciò potesse riuscirne [p. 87 modifica]con onore; ma altri temevano. per le passate sperienze fatte del grande, e profondo ingegno suo. Venuto Esopo in consiglio il dì seguente, come egli aveva detto, appresentò al Re un scritto serrato, nel quale contenevasi, come il Re Nectenabò confessava dover dar al Re Liceto per tributo mille talenti, che vagliano circa seicento mila scudi; avendo Nectenabò tolto lo scritto in mano, non aspettando i Consiglieri d’intendere il contenuto, dissero: Signore, ciò che si contiene io questo scritto, noi lo sappiamo troppo bene, ed abbiamolo anco altre volte inteso, pensando, in cotal modo dicendo, dir cosa, che fosse contra Esopo, il quale sorridendo incontinente disse. Adunque voi siete buoni e veri testimonj di quanto là dentro si contiene, di che fratelli io vi ringrazio assai, facendo voi vera, e buona testimonianza nel dovuto al Re Liceto. Nectenabò, spiegato, che egli ebbe il foglio, e vedendo esservi una confessione fatta in nome suo, come che egli fosse a Liceto di cotanto tributo debitore, rimase tutto confuso, dicendo: Adunque, o buoni Consiglieri miei, voi testificate e fate fede; che io sia al Re di Babilonia debitore di mille talenti, non essendo io ancora obbligato a cosa veruna; ed essi allora incontinente risposero: No, Signore, ciò non sappiamo noi, nè abbiamo inteso giammai. Sta bene, disse Esopo, adunque Signore, dovete, quella somma al mio Re, avendovi io proposto cosa, che questi vostri Consiglieri dicono non sapere, nè essere mai a loro orecchi pervenuta, siccome jeri accordaste meco. Nectenabò allora tutto per maraviglia attonito ad alta voce gridando disse; O quanto bene avventurato, e felice è Liceto, avendo nel Reame suo, ed appresso un uomo così prudente, [p. 88 modifica]così saputo, e così grande, la cui alta, e maravigilisa dottrina assai più vale, che tutti i Regni del Mondo. Nectenabò dapoi non potendo altro fare, se non osservar la fede, e mantenere la parola sua, fece contare li seicento mila scudi ad Esopo; e licenziatolo, al ite Liceto rimandollo.