Wikisource:Collaborazioni/SBM/testi/Atti del convegno per la realizzazione del parco sud

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Atti del Convegno: "Per la realizzazione del parco sud" 30 novembre 1974

Comune di Milano, Ripartizione Decentramento, Consigli delle Zone 14, 15, 16

Quaderni del territorio, due. COMUNE DI MILANO RIPARTIZIONE DECENTRAMENTO

CONVEGNO PARCO SUD

ORGANIZZATO DAI CONSIGLI DI ZONA N. 14 - 15 - 16 PRESSO LA SEDE DEL CONSIGLIO DI ZONA 15 - VIA BOIFAVA 11


MILANO 30 NOVEMBRE 1974 INDICE Premessa pag.3 Introduzione del dott. MARIO MIGLIAVACCA Presidente del Consiglio di Zona 16 pag. 4 Saluto del dott. PAOLO PILLITTERI Assessore all'Edilizia Privata del Comune di Milano, a nome del Sindaco pag. 4 Relazione introduttiva al Convegno a cura della Commissione Organizzativa Interzonale pag. 5 Interventi: signora PRADA pag. 17

dott. PIER LUIGI VILLANI rappresentante ACLI Barona pag. 17 ing. SALVATORE PARIGI Assessore all'Urbanistica e P.T. della Regione Lombardia pag. 18 dott. AMBROGIO ANDENA coltivatore diretto della Zona 16 pag. 21 sig. SERGIO PARENTI Sindaco di Pieve Emanuele pag. 28 dott. SIRO BRONDONI Assessore alla Pubblica Istruzione della Provincia di Milano pag. 30 sig. EDOARDO FEDELI coltivatore diretto della Zona 15 pag. 32 sig. SALVATORE CANNARELLA Assessore all'Urbanistica e P.R.G. del Comune di Milano pag. 33 dott. MAURIZIO MOTTINI Consigliere comunale di Milano pag. 37 sig. GIOVANNI FLORIDDIA rappresentante Associazione Genitori Zona 14 pag. 41 dott. LEANDRO ZOPPE' Consigliere di Italia Nostra pag. 41 sig. LUIGI BORSOTTI Segretario provinciale della Federbraccianti C.G.I.L. pag. 42 don LUIGI BASILICO Parroco dell'aggregato rurale di Ronchetto delle Rane pag. 45 un rappresentante del Comitato di Quartiere Vigentino - Ripamonti pag. 48 sig. GUSTAVO SCARPINO Segretario generale della Camera del Lavoro di Milano pag. 48 sig. FULVIO PORCARO Consigliere ACLI della provincia di Milano pag. 51 sig. GIOVANNI FOGLIA Sindaco di Rozzano pag. 52 arch. LUIGI CHILO' ricercatore Ufficio Studi P.I M pag. 54 arch. EPIFANIO LI CALZI Consigliere della Zona 14 pag. 57 sig. EUGENIO GIRELLI membro della Commissione Urbanistica della Zona 14 pag. 59 arch. MARCO LUCCHINI membro della Commissione Urbanistica della Zona 16 pag. 61 un sindacalista della Zona 15 pag. 61 arch. ALESSANDRA DE CUGIS ricercatore dell'O.D.U. - U.T.E.R.P. del Comune di Milano pag. 62 arch. SILVANO BARBARANI membro della Commissione Urbanistica della Zona 15 pag. 66 arch. ERNESTO D'ALFONSO consulente dell'O.D.U. - U.T.E.R.P. del Comune di Milano pag. 67 sig. ROBERTO MAZZA membro del Comitato direttivo di Zona 14 della D.0 pag. 67 arch. ACHILLE SACCONI Consigliere del Comune di Milano pag. 69 signora FRANCA COLOMBO membro della Commissione Urbanistica della Zona 16 pag. 73 Conclusioni del dott. EMANUELE TORTORETO Assessore al Decentramento del Comune di Milano Pag. 72 Documento conclusivo al Convegno pag. 78 PREMESSA Il dibattito sul verde pubblico a Milano ha avuto, recentemente, il suo momento di punta durante la discussione sul nuovo piano regolatore generale. E appunto in previsione di questa fondamentale scelta per i prossimi anni, i Consigli delle Zone 14 - 15 - 16 avevano tempestivamente convocato un convegno che si tenne il 30 novembre 1974. La variante generale di P.R.G. non è poi stata condotta a termine dal Consiglio Comunale; ma esso resta al centro della attuale campagna elettorale e soprattutto sarà il tema della prima fase, quanto meno, della prossima legislatura del Consiglio Comunale. Il materiale che qui si pubblica, nella modesta forma ciclostilata adottata dalla Ripartizione Decentramento per adempiere ai suoi com piti senza eccessive spese, resta dunque di piena attualità; anche perchè dopo il convegno da molte parti si sono riproposte scelte industriali o terziarie per quest'area che meritano di essere democraticamente confrontate con le scelte a verde agricolo e pubblico. In ogni caso il convegno ha affermato che gli eventuali insediamenti industriali e terziari devono essere fortemente contenuti e comunque limitati alle medie-piccole aziende e alle attività artigiane. Dopo l'iniziativa delle Zone 14 - 15 - 16 il dibattito sulla desti nazione del territorio è cresciuto anche a livello culturale; lo testimoniano la costituzione di un Istituto per lo studio del territorio rurale, promosso da Italia Nostra, le ricerche sull'agricoltura del PIM, e altri avvenimenti. E' funzione precisa dei Consigli di Zona garantire l'equilibrio, almeno, delle varie forme d'uso del territorio; ma a Milano, questo, si gnifica ridurre al minimo l'espansione edilizia, perchè appunto l'equilibrio è già gravemente compromesso a sfavore del verde. La riscoperta della produzione agricola nel territorio comunale e la denuncia (già iniziata con Qualche storia di verde agricolo, edita fuori commercio da questa Ripartizione, 1974) delle condizioni abitative e umane anche di questa parte della città sono altri risultati del convegno e dei suoi atti, che si raccomandano alla consultazione da par te degli operatori politici e sociali, e dei cittadini che vogliono una città non espropriata dagli speculatori privati. Emanuele Tortoreto Assessore al Decentramento del Comune di Milano MIGLIAVACCA: ringrazio prima di tutto i miei colleghi Presidenti che mi hanno dato l'onore di aprire questo convegno. Purtroppo ho degli impegni di carattere professionale per cui non mi posso trattenere a lungo. Ringrazio i convenuti soprattutto per l'importanza del problema che noi stiamo per trattare. Mentre siamo riuniti per discutere e per tenta re di realizzare un progetto che nell'animo nostro esiste da tempo, migliaia di cittadini, penso, sono all'oscuro di questa nostra iniziativa. Tuttavia questo non ci deve assolutamente fare arretrare, anzi direi che la vastità del problema, e il fatto che per questa azione si siano mobi litate tre zone, valorizzano quella che è la funzione del decentramento amministrativo funzione che noi sentiamo fortemente e che penso sia completamente sentita anche da tutti i presenti. Ringrazio l'Assessore Tortoreto che è presente al nostro convegno, porto le scuse del Sindaco che non può partecipare, però più tardi l'Assessore Pillitteri porterà il saluto del Sindaco. Direi ora di procedere immediatamente alla lettu ra della relazione dell'architetto Paolillo. Il Consigliere comunale Mottini è pregato di accomodarsi al tavolo della presidenza. Chi intende poi intervenire è pregato di dare il proprio nome al Commesso. E' ar rivato Pillitteri che porta il saluto del Sindaco. La parola all'Assessore comunale Pillitteri. E' entrato in sala anche il Consigliere comunale Brambilla. PILLITTERI: porto il saluto del Sindaco il quale non è a Milano, e mio personale, a questa riunione che io ritengo importante per due ragioni. La prima è pressocchè ovvia: è quella per cui si dà corso alla invenzio ne di un parco. La secondo ragione è forse politicamente più importante della prima: è che pressocchè spontaneamente i Consigli di Zona, tre Con sigli di Zona, superando i loro confini e mettendosi insieme, hanno ten tato di dare vita al famosissimo, almeno a parole, parco sud di cui la civica amministrazione si è occupata, si occupa e si occuperà, ma che per ora è rimasto a livello di enunciazioni; sia pure piene di buona vo lontà, ma sempre a livello di enunciazioni. Io credo che un fatto del genere sia estremamente significativo, e che debba ripetersi in molte zone della città perchè i problemi della difesa e del potenziamento del verde, del potenziamento dei parchi cittadini, non può che essere un obiettivo primario di questa amministrazione. Il discorso ovviamente rimbalza poi agli organi cosiddetti competenti, vale a dire ai diversi Assessorati che si devono occupare di questo. Certamente l'Assessorato ai Parchi e Giardini, certamente quello ai Lavori Pubblici, certamente la Giunta, ma anche e soprattutto un sistema di salvaguardia, un sistema di interventi a livello urbanistico, che dia la garanzia che laddove si decida o si pensi di fare un parco, tanto più quando nasce a livello di Consiglio di Zona, gli strumenti urbanistici di intervento siano efficienti e tempestivi, che evitino la compromissione e che diano veramente un contributo operativo a questo discorso. Queste erano le poche parole che io volevo dire e credo che dovremmo tutti sentire un po' quali sono gli obiettivi di questa riunione, come nasce, come vuol nascere questo parco sud, quale è stata l'opera dei Consigli di Zona, e poi fare una verifica di quello che deve e può fare la civica amministrazione. Grazie. MIGLIAVACCA: dò ora la parola al relatore architetto Paolillo. PAOLILLO: all'interno dei "Lineamenti per una proposta di delibera-quadro, per la attuazione della seconda fase del decentramento nella città di Milano", avanzati dall'Assessore Andrea Borruso nel dicembre 1971, era possibile scorgere un segno di volontà per una reale acquisizione di potere da parte della pianificazione orizzontale, allorchè veniva ri levato come "i Consigli di Zona possono rappresentare una "cerniera" pianificatoria tra il "distretto urbano" e il "distretto foraneo". In tale documento, poi, il concetto veniva ampliato e reso credibile, riaf fermando che "allorchè verrà data vita in concreto ai distretti urbanistici previsti dal Piano Intercomunale Milanese, la partecipazione dei Consigli di Zona al processo di pianificazione del distretto, da effettuarsi in collaborazione con i comuni limitrofi per quanto attiene alla area del distretto, rischierebbe di essere una partecipazione abnorme qualora i Consigli di Zona non avessero poteri decisionali analoghi a quelli dei comuni limitrofi. Non solo, ma se questa potestà decisionale i Consigli non avessero, si complicherebbe l'intero processo pianificatorio dell'Amministrazione Comunale". Codeste espressioni, come tutti sapranno, seppure ribadite e rese prioritarie nella "Relazione sui nuovi livelli istituzionali nell'ambito del decentramento politico-amministrativo a Milano", presentata dai Presidenti dei Consigli di Zona nell'assemblea del maggio '73, ebbene, sono state palesemente disattese in sede decisionale per quanto concerne i reali poteri che gli organismi decentrati avrebbero dovuto acquisire. E non solo: ma proprio le Zone "cerniera", quelle Zone cioè su cui si scaricano le spinte e le contrad dizione della direzionalità e del terziario radiocentrico, quelle Zone che per la loro "disponibilità" di territori dovrebbero sostenere l'urto di irrazionali quanto scoordinati insediamenti dei servizi e delle infrastrutture per l'intera cintura intercomunale (insediamenti a cui nessuno prima ha pensato in termini di piano se non allatto della piena esplosione dei bisogni), proprio quelle Zone di "cerniera" sono maggiormente paralizzate e rese impotenti a porsi come interlocutori responsabilizzati nei confronti delle molte amministrazioni contermini. Il nuovo regolamento per il decentramento, approvato nel luglio scorso dal Consiglio Comunale, costituisce uno strumento che le zone hanno a disposizione anche per superare la persistente assenza da parte della amministrazione centrale della città nei confronti dei comuni conterrai ni. Spetta alle zone saper usare bene di questo strumento. Del resto, è difficile sottacere come in discorso sul decentramento politico-amministrativo si collochi inevitabilmente in un quadro strategico più gene rale, quello del delegare il potere all'interno dell'intera società, creando i presupposti di una più avanzata concezione di autonomia,di fattibilità, a livelli istituzionali nuovi, su dimensioni ad un tempo sub-comunali ed inter-comunali. Una delle risposte che questo convegno intende promuovere, riguarda anche la volontà di una logica alternativa: occorre creare il momento della mobilitazione per le forze popolari, per instaurare rapporti nuovi all'interno della democrazia nella nostra città. E' per porsi quindi in un'ottica di nuovo intervento nei fenomeni pianificatori, è per definirsi l'obiettivo di un più ampio potere nella determinazione dei destini del territorio proprio e dei comuni contermini, che le zone del mezzogiorno milanese sono riunite a convegno in questa sede, assieme alle amministrazioni di prima fascia e con intenti dichiaratamente unitari. Il problema che si pone alle organizzazioni politiche, agli amministratori, ai tecnici e agli esponenti della cultura urbanistica, è complesso e di difficile risoluzione se non alla luce di un nuovo modello di concezione dell'urbano e dei suoli liberi: si tratta giustappunto di definire, attraverso la valutazione delle volontà delle Zone, dei comuni e della più recente e democratica esperienza pianificatoria, per quale destino degli estesi suoli liberi innescare un processo di progettazione, e al limite di mobilitazione e di lotta; si tratta di contrastare gli innumerevoli meccanismi,che un errato, impopolare ed antieconomico apparato di sviluppo vorrebbe ribaltare sul meridione, come già fu operato per l'intero settentrione della città, e di cui oggi si leggono le disastrose conseguenze; si tratta infine anche di delineare una serie dí ipotesi di reincentivazione economica, per una parte di Milano e dei comuni, che una volontà estranea ai bisogni popolari ha reso niente più che aree di risulta, pas sibili di qualunque destinazione che alle forze del monopolio fosse par sa fonte di altissimi introiti. Ma si tratta ora, anche, di valutare al cuni dati: abbiamo suddiviso, di comodo, il territorio civico milanese in 4 quadrati: il prímo è compreso tra l'autostrada Milano-Torino e via le Monza; il secondo tra viale Monza e corso Lodi-Rogoredo; il terzo tra corso Lodi-Rogoredo ed il Naviglio Grande; il quarto tra il Naviglio Grande e l'autostrada Milano-Torino. In termini assoluti, vengono reperiti per il primo comparto 2.508.000 mq. liberi di destinazione al primario; per il secondo comparto, si leggono 3.184.000 mq.; per il ter zo, 22.333.000 mq.; nel quarto comparto, infine, sono presenti 15.543.000. In totale, su una superficie territoriale globale, per il Comune di Milano, di 181.740.000 mq. si quantificano 43.568.000 mq. in opera per quanto concerne l'attività agricola. Il suolo primario, quindi, incide sulla piattaforma dell'edificato, dei verdi pubblici e delle aree nude generiche, per il 25% circa, coprendo massimamente la prevalenza territoriale dei quadranti tre e quattro, ed estendendosi in un'unica soluzione di continuità per 37.876.000 mq. da corso Lodi-Rogoredo all'autostrada Milano-Torino, interrotto solo nella sua compiutezza morfologica, e per ora in maniera non irreparabile, da spine radiali di edilizia economico-popolare, residenziale e di insediamenti produttivi non concentrati. Occorre aggiungere, per completare l'approccio alle quanti ficazioni dei suoli agrari, che, alla data del II° Censimento generale dell'agricoltura, 25 ottobre 1970, Milano dava presenti 182 aziende con prevalenza di conduzione zootecnica, per un complesso di 6.634 capi bovini di particolare pregio e selezioni, di cui 2.677 unità da latte; e, per chiarire ulteriormente attraverso le valutazioni degli organi di studio del Piano Intercomunale Milanese, "nonostante l'altissimo rapporto tra superficie extragricola e superficie territoriale, esiste ancor oggi nel Comune di Milano la più estesa superficie agricola in valori assoluti della Provincia. La maglia aziendale può esservi considerata buona tanto dal punto di vista fisico che da quello economico. Tenuto conto di tale situazione, sembrerebbe un grave errore sottovalutare il territorio agricolo comunale: naturalmente, una politica urbanistica che prevedesse semplicemente la conservazione del territorio agrario nella sua attuale destinazione, sarebbe certo necessaria ma non sufficiente, in quanto occorre anche una politica specificamente rivolta al la valorizzazione del territorio agricolo. Date queste circostanze, per evitare il rischio che in sede di pianificazione urbanistica la risorsa del territorio agricolo in quanto tale risulti sottovalutata l'esigenza di preservare continui agricoli di una certa entità appare di fondamentale importanza, sia per individuare le aree che si vogliono in ogni caso conservare in relazione al loro valore agricolo, sia quanto meno neí termini più generali per formulare una politica di valorizzazione economica del territorio agrario...". Queste valutazioni, contenute nelle osservazioni del P.I.M. al documento Cannarella sulla revisione del P.R.G. milanese, e datate giugno 1973, non hanno ancora avuto, nella prassi pianificatoria comunale, alcun riscontro credibile: i milioni di metri quadri "liberi" continuano ad essere pensati come aree generiche, passibili di qualunque tipo di intervento, sia pubblico che privato, e, anche alcune componenti dell'Ufficio di revisione del piano contrastano una valutazione di queste aree come di risorse insostituibili con caratteristiche proprie ben individuate. Ma, vorremmo soffermarci un attimo ancora sulla qualità specifica dei 37.876.000 mq. di superficie agraria, che si estendono da Rogoredo all'autostrada Milano-Torino, partendo da più lontano ancora, e cioè dal rapporto intercorrente tra agricoltura e pianificazione territoriale. Pensiamo, cioè, che dopo un lungo periodo di appiattimento del ruolo dell'agricoltura, in cui essa non ha contribuito che parzialmente all'esaurimento del fab bisogno nazionale, e non ha quasi partecipato alla formazione del reddito e di maggiori presupposti per una concreta occupazione, ebbene, pensiamo che proprio in questo momento storico la crisi del comportamento economico contemporaneo pretenda una nuova meditazione per dimensiona-menti "altri", fisici ed economici, dell'attività primaha. Ciononostante, in molti ambiti ancora non è acquisita la consapevolezza dei suoli liberi in termini di fattori produttivi oramai scarsi e non rinnovabili, da conservarsi e valorizzarsi e non da abbandonarsi e trasformarsi oltre lo stretto necessario per la residenza popolare e per servizi e infrastrutture di supporto ad un ragionevole ristabilimento dell'industria nelle città. In particolare poi, nelle aree metropolitane e a Milano in primo luogo, le volontà di espansione urbana hanno determinato processi trasformatori nelle destinazioni d'uso dei suoli, che sistematicamente hanno rifiutato di concepire il fattore produttivo terra, ignorando le qualità pedologiche ed agronomiche dei suoli stessi, e determinando quin di, nei piani, la destinazione a "verde agricolo" come destinazione di risulta o di serbatoio. Non possiamo più, attualmente, concepire utile questo modo di affrontare i problemi a scala comunale e sovracomunale; e anche se in questa scala i suoli agricoli sono difficilmente valutabili, oramai, come piattaforme estese, vista una trasformazione d'uso che concerne, a livello di comuni di fascia, decine, centinaia di ettari, non di più, d'altra parte il mosaico delle scelte prescindenti dai valo ri pedologici ed agronomici porta alla svalutazione sistematica anche degli eventuali ed ulteriori redditi, che potrebbero peraltro ricostituirsi all'interno di una reincentivazione pianificata dell'attività primaria. Occorre quindi, a nostro avviso, sacrificare la minore quantità di suoli liberi in assoluto, e soprattutto sacrificare quelli meno produttivi e meno qualificati pedologicamenteed agronomicamente; a questo proposito, poi, doveroso pare ricordare gli sforzi di estrema qualità e determinazione che emergono dall'Ufficio Studi del P.I.M.: il quale prossimamente pubblicherà la ricerca "Agricoltura e destinazione so del suolo", estesa dal dottor Chilò, in cui la puntualità di elaborazione teorica procede in stretto parallelo con finalità squisitamente operative di individuazione sul campo. Ma, per ritornare giustappunto ai nostri argomenti, citavamo dianzi alcuni dati preliminari del territorio civico: emergeva senz'altro l'importanza che l'attività economico-agricola nel Comune di Milano e nella più estesa area metropolitana pre senta, ancora attualmente. E, sia per quanto attiene ai valori dei terreni agricoli, sia per la dimensione di questa attività in Milano, se comparata con la produzione agricola provinciale e non certo con l'industria e il terziario, confronto erroneo e da non farsi (e spiegheremo dopo il perchè), questa agricoltura che costituisce l'attività preminente di 37.876.000 mq. del Sud cittadino, ha dimensioni fisiche-territoriali di fondamentale importanza. Poi, la particolare struttura del coltivo irriguo, le aziende, gli allevamenti e la presenza di pur isolate ma notevoli capacità imprenditoriali ci fanno riflettere come, se venissero modificati gli indirizzi di politica agraria e urbanistica che hanno determinato la crisi del settore, il reddito prodotto e la relativa dimensione economica dell'ambito, nell'area esaminata, potrebbero riqualificarsi con risultati soddisfacenti e con relativa facilità. Ma, si diceva prima, perchè risulta erroneo il confronto tra agricoltura e industriale-terziario? O, meglio, perchè è solo e sempre da questo tipo di confronto che prendono avallo le tesi, oramai purtroppo generalizzate, di primario cone risorsa e settore residui, destinati a perdere man mano di importanza? Coloro che operano tali "scelte" di programmazione, normalmente osservano alcuni indicatori: popolazione attiva in agricoltura, partecipazione del settore alla formazione del reddito, destinazione dei suoli ad usi primari; e, in base alla progressiva diminuzione di queste costanti, ne vengono dedotte valutazioni negative circa un rilancio dell'attività tipica in situazioni di particolare ristrettezza e fisionomia; come appunto verrebbe individuato per il meridione milanese. E, certo, se fossero esaminati i livelli di popolazione attiva per settori ai Censimenti '51, '61 e '71, rileveremmo che, a Milano, gli attivi nel primario calano dai 3.810 del '51, ai 3.540 del '61, diminuendo ulteriormente a livello 1.435 nel '71. E, senz'altro, lo sappiamo, l'aumento è rilevante, in rapporto, per gli attivi nel secondario e nel terziario (tralasciando, naturalmente, le ultime vicende dell'economia e dell'occupazione nel Paese); e, se disponessimo di dati anche a livello comunale sulla produzione lorda esitabile in agricoltura, non sarebbe difficile a nessuno dimostrare l'ampliato divario, nell'area che ci compete, tra il contributo del primario alla formazione del reddito e il contributo degli altri settori. E, di più, anche per quanto concerne le superfici,nel complesso territoriale, sarebbe facile affermare che l'agricoltura perde totalmente di pregnanza: e ne forniamo anche i dati, poichè nei Comuni di Carpiano, Locate, Melegnano, Opera, S. Donato, S. Giuliano e Milano, tanto per determinare. un setto del "profondo" Sud, la superficie agraria, che era di 15.500 ettari nel 1963, è scesa a circa 10.000 ettari nel '70. Ecco allora che viene detto: l'agricoltura non è un problema della città di Milano, perchè non c'è, non esiste, perchè "naturalmente" è andata perdendo d'importanza! Se questa tesi è erronea in generale, visto come l'essere emarginata dell'agricoltura non dipese tanto da fattori "naturali" ma da volontà distorte di innaturale politica economica, la tesi è tanto più scorretta in un'area metropolitana, quella che appunto stiamo valutando, in cui l'importanza dell'agricoltura dipende soltanto in minima parte dal suo contributo all'occupazione e alla formazione del reddito: ma, pensiamo, l'importanza del primario è da considerarsi in relazione all'esigenza di mantenere un reale equilibrio nell'impiego delle risorse territoriali; senza poi con ciò sottovalutare il contributo specifico della realtà agricola milanese e dell'area P.I.M., alla formazione del reddito da primario nella provincia. Alcuni dei suddetti termini egualmente venivano valutati negli "Obiettivi e criteri della variante generale al P.H.G.", resi noti dall'Assessore Hazon nel novembre '69; e, in tale approfondimento, si affermava: "La conservazione di un'attività agricola rientra nei provvedimenti necessari al riequilibrio ecolo gico del territorio, e rappresenta un valido baluardo alla espansione indifferenziata della città... un recupero totale ad uso urbano delle superfici oggi primarie non sembra proponibile per gli abnormi costi di esproprio, di impianto e di gestione assolutamente insopportabili. E' da aggiungere che nel disegno intercomunale le zone verdi del Comune di Milano si connettono a zone verdi dei comuni contermini, raggiungendo perciò dimensioni largamente sufficienti ad una attività agricola ristrutturata in senso attuale...". Abbiamo quindi, finora, letto lo stato di fatto dei territori di soglia meridionale del Comune di Milano, convincendoci, alla luce di una serie di argomentazioni preliminari, dell'esistenza di un certo tipo di vocazione delle aree, di una loro in tensa disponibilità per un rilancio, culturale ed economico, dell'attività primaria, della possibilità di un completo ridisegno dei suoli, al la luce dei fabbisogni dell'intera città, e del tamponamento di un peri coloso andamento pianificatorio che le aree sono in via di assunzione. Non abbiamo invece parlato delle acque, discorso questo propedeutico a qualunque operazione di piano nelle aree libere, discorso mal tollerato specialmente dai grandi insediamenti industriali che qualcuno volentieri prevederebbe in loco, e che non ci pare sia mai stato affrontato in termini reali, ai fini di una completa ristrutturazione dei grandi servizi tecnologici. Il P.I.M. ebbe a procedere nella segnalazione e nella proposizione di un piano globale dei problemi del settore, all'interno della ricerca: "Servizi tecnologici, problemi e prospettive", pubblicata nel '69; e già allora si determinava la lettura di uno stato di fatto estremamente allarmante: comuni in gran parte privi di reti fognanti, ed anche setti della stessa area urbana; corsi d'acqua al limite della sopportabilità dell'inquinamento, falda freatica in progressivo depauperamento ed in alcuni punti degradata; territori soggetti ad inondazioni; opere di recente costruzione inattive per l'assenza di un piano organico di sistemazione e prosecuzione dei lavori, ed anche opere totalmente assenti perchè disegnate e promesse ma non mai realizzate, vista anche l'inesistenza di una pianistica coordinata suIb grandi aree ancora non dettagliate nella destinazione; eccetera. Certo, questo annosissimo problema, in parallelo con gli altri a cui si è accennato o che si dà per presenti nel novero dei punti gravi, è da affrontarsi: immediatamente e con volontà precise, tenendo conto soprattutto del rapporto tra quantità d'acqua usata, eccessiva specie per insediamenti industriali, e scarsa disponibilità di acqua utilizzabile. Ma non ci dilunghiamo più oltre: l'argomento non è originale, anche la stampa meno sensibile ai bisogni del territorio si è fatta carico della complessità di effetti indotti che la scarsità d'acqua si trascina, tutte le forze politiche, per lo meno ufficialmente, hanno dichiarato la gravità del problema e, per quanto riguarda la lettura tecnica dei fenomeni e la proposizione degli interventi, i progetti non mancano. Sarà dallo scontro politico, dunque, e dalla mobilitazione che le forze disponibili sapranno creare, che si riuscirà ad ottenere quanto in lunghi anni di denunce Milano ed il territorio intercomunale non sono riusciti ad ottenere. D'altra parte, la legge regionale n. 48, "Norme per la disciplina degli scarichi e delle acque di rifiuto", già ha costituito un importante, primo dato di qualità: e, a questo punto, ne attendiamo a tempi brevi i successivi. Ma vorremmo invece, a conclusione dell'ampia panoramica, soffermarci su alcuni particolari aspetti di applicazione dell'elaborato urbanistico, che pare murale dedurre dal quadro apparente del territorio in esame. Si tratta cioè di scendere nel dettaglio delle destinazioni, superando evidentemente, come si accennava sopra, l'improponibile e generico vincolo di verde agricolo, e particolareggiando, attraverso una indagine sulle qualità dei suoli, funzioni, privilegi e strutture. Cominceremo precisan do che, nel Progetto Generale di Piano del 1967, il P.I.M. definiva il verde pubblico attrezzato comprensoriale come un "sistema connettivo e di supporto per la diffusione dei servizi"; e, sempre secondo lo stesso documento, il differenziare gli usi e le funzioni avrebbe dovuto cogliere obiettivi di accessibilità e fruibilità da parte dell'intera popolazione. Si pensava quindi un sistema dí parchi attrezzati principali e di zone di connessione tra verdi. Certo, già ottenere tali impegnative, e la susseguente acquisizione delle aree, sarebbe stato un punto qualificante della pianistica milanese: ma, se tali passi a tutt'oggi ancora non si è fatto, d'altra parte pare necessario procedere più oltre, estendendo la lettura delle aree interessate, approfondendo e dettagliar do rigorosamente un ventaglio di criteri normativi "unificati". Poichè, come da alcuni organismi di studio correttamente è stato denotato, la normativa vigente all'interno dei comuni P.I.M. è assolutamente dispersa e scoordinata, e questo soprattutto se verificato alla luce del concetto di "verde": che subisce innumerevoli "interpretazioni", fino a ca ratterizzarsi come verde completamenteedicabile, per carenze di funzioni determinate, di indici volumetrici, di percentuali di occupazione dei suoli, eccetera. Noi pensiamo quindi che il cumulo di norme, afferenti alle aree libere ed ai verdi, per Milano come per i comuni di prima fascia coinvolti nella ipotesi che è nostra, non abbia criteri omogenei nè sia omogeneizzabile se non attraverso un'unificazione di normativa operata a livello P.I.M. Non solo, ma anche per la normativa preesistente, inaccettabile appare l'assenza di alcune voci determinanti per il processo di pianificazione: e ci riferiamo a voci normative in campo ecologico, idrogeologico; relative al patrimonio storico-ambientale ed economico produttivo con particolare cura per le attività primarie. Non possiamo più accettare, qualora ancora volesse permanere, una generica dizione di "zone verdi attrezzate ad uso pubblico": la dimensione ha da essere più completa, per definire e valorizzare il sistema dei verdi pensato fin dal 1967 dal Progetto Generale di Piano, come un elemento di continuità nella conformazione urbana, ad integrazione dei poli città-campagna, ed in un quadro di riqualificazione produttiva e fruitiva insieme, a vari livelli e ruoli, e con un supporto ulteriore di viabilità secondaria e pedonale, escludendo evidentemente, quindi, ulteriori grandi arterie di penetrazione, fomentatrici di future compromissive conurbazioni. Ad avviso dei territori interessati, e specificamente delle zone promotrici di questo convegno, due potrbbero essere, sostanzialmente, le categorie di destinazione d'uso: 1) "verde agricolo" a tre livelli funzionali: 1.1 come aree agricole generiche; 1.2 come aree ad uso agricolo di valore ecologico; 1.3 come aree di coltura ad alto valore economico. 2) "verde attrezzato ad uso pubblico", differenziando le aree in destinazioni specifiche, e normalizzandole con percentuali di utilizzo pertinenti all'uso prescelto per il soddisfacimento di parte degli standards generali dell'urbanizzato, variando in ultima ipotesi il grado di intensità delle attrezzature. Per ampliare i concetti esposti, vorremmo puntualizzare le voci, e cioè: 1.1 all'interno della destinazìone di "verde agricolo", intendiamo come aree agricole generiche quelle riservate alle colture estensive (prati, marcite, seminativi vari), che nel meridione milanese costituiscono la prima fascia a diretto contatto con l'edificato urbano; le legislazioni vigenti, che impongono 0,03 mc/mq come basso indice di edificabilità, ci paiono sufficientemente tutelative e compatibili con l'insediamento di un tipo di servizi di pubblica utilità: impianti di depurazione delle acque, di incenerimento dei rifiuti, ec cetera eccetera. 1.2 le aree ad uso agricolo di alto valore ecologico possono considerarsi come tasselli a cui si riserva una funzione di riequilibrio dell'ambiente urbano, nè è pensabile alcuna trasformazione d'uso, nean che per utilità pubblica, poichè svolgono un ruolo preciso di aree stabili di filtro nei confronti della maglia urbanizzata; si tratta cioè di individuare zone di "verde agricolo conservativo", per il controbilanciamento ecologico degli insediamenti urbani, di residen za e di industria, preesistenti. 1.3 le aree agricole di alto valore produttivo-economico sono quelle attualmente in opera, riconosciute per l'incidenza produttiva a livello di tipi di coltivazioni, specializzate e intensive, o di allevamento zootecnico speciale, o perchè si collocano come aziende agricole modello. Per quanto concerne la seconda destinazione, quella cioè di "verde attrezzato ad uso pubblico", suddivideremmo due livelli: 2.1 a basso grado dí edificazione, conformandosi come zone localizzative pex grandi impianti pubblici, sanitari, educativi, sportivi, eccetera, con indice di edificabilità e rapporto di copertura da determinarsi a livello di fabbisogni comprensoriali e regionali. 2.2 ad alto grado di edificazione, in cui si ubicherebbero attrezzature con determinate e specialistiche destinazioni pubbliche, pari a quelle del punto 2.1 ma da ubicarsi agli immediati margini dell'edificato urbano, e a servizio interzonale (e un esempio tangente può leggersi nel centro scolastico di piazzale Abbiategrasso, in Zona 15).

Abbiamo fornito ulteriori puntualizzazioni di normativa, anche se non saranno senz'altro le Zone ad accollarsi gli oneri dell'intervento di dettaglio, anche se, chiaramente, l'impegno delle Zone vorrà tradursi come prassi di controllo e di sollecitazione, all'interno del processo di estensione pianifiaatoria che dovrà portarsi avanti, noi lo richiediamo, in parallelo dall' Ufficio di Revisione del Piano cittadino e dal Piano Intercomunale Milanese insieme. Ma ci pareva utile allargare ancora l'analisi conoscitiva, materializzandola comunque in queste sommarie individuazioni di categorie d'uso, a cui peraltro non vogliamo rinunciare come piattaforma metodologica. Noi crediamo che nel quadro di una politica di programmazione territoriale articolata, il problema del la tutela del suolo come risorsa, debba essere impostato nella sua globalità: preservare quindi alla collettività i patrimoni di carattere economico e naturale, e non solo conservarli ma ampliarli e recuperarli laddove si è pervenuti a punti di compromissione o di notevole e avanzato degrado; attraverso piani zonali di sviluppo economico del primario, attraverso un preciso e determinante quadro di riferimento intercomunale e regionale, attraverso l'istituzione dei comprensori con poteri e credibilità definiti, attraverso un'espansione e un riordino, anche della proprietà pubblica, ebbene, pensiamo che finalmente si inneschi un meccanismo di nuova valutazione, più matura ed avanzata, dell'interazione libero-urbanizzato. Ma, a livello di acquisizione immediata di questo patrimonio economico-naturale alla popolazione, e quindi all'intera città, che cosa rivendicano, in termini più precisi, le Zone che firmano questo convegno? Innanzitutto, da un punto non si vuole derogare: le aree, le decine di milioni di metri quadri liberi, che in q.sta sede consideriamo, non costituiscono una penisola nel mare del niente, come spesso la pianificazione comunale di via Pirelli ha inteso concepire nei suoi quanto meno azzardati insediamenti vuoi di grandi infrastrutture e servizi, vuoi di edilizia speculativo-residenziale, vuoi addirittura di edilizia economico-popolare attraverso la stessa vecchia legge n. 167; nè tampoco dette aree possono venire servite, da chi è preposto a servirle, come aree di caccia per la ricerca delle pernici più ghiotte: e ci riferiamo qui a quell'occupazione sibilante delle aree libere meridionali della città e del comprensorio che, apparentemente, non aumenta di un solo vano l'edificato esistente, ma che di fatto concorre alla privatizzazione globale dei suoli, alla modifica integrale, di fatto, della precedente destinazione d'uso, allo stravolgimento, in ultima analisi, dell'intero assetto produttivo, morfologico e urbanistico della zona. Sono purtroppo grandi processi, silenziosi e formalmente impalpabili: da un lato, si concedono aree, anche di enti pubblici e "morali", per estesi campi da golf, per tiri alla "pernice" per maneggi o per installazioni fantasmatiche alla maniera del Disney; dall'altro, la grande speculazione intende fare del Sud una piattaforma di sostegno alla grafia di una grande Milano della dirigenza e del "libero" scambio, in concorrenza con Parigi e Francoforte. E, in questo grande sogno, i preposti alla pianificazione lasciano balenare una per la verità ben coordinata rete di supporti di grande vendita, di alloggiamento stagionale di lusso, di superterziario direzionale, di stoccaggio e smistamento merci, tutti momenti comunque assolutamente sovradimensionati e iperconcentrati su un'area del resto già abbondantemente servita dall'impianto della grande viabilità (e che qualcuno poi intende ancora potenziare). Non si ripete più, cioè, su quest area, il vecchio fenomeno del rito ambrosiano già esperimentato sulla direttrice Ripamonti, rito delle licenze semplici su verde agricolo, per edilizia speculativa, licenze concesse in precario, e sanate per successiva approvazione al motto "chi ha dato ha dato, chi ha avuto ha avuto". Non si ripete più vogliamo dire, il vecchio fenomeno della speculazione per edificati: ma, sulla falsariga dei vecchi dettati di Enrico Mattei degli anni '50, acquistare terreni a pertiche milanesi, rivenderli poi a metro quadro, oggi le manovre di coloro che acquistarono i metri quadri sono più squisite, e gli interventi assumono più una dimensione macroterritoriale e di "larghe vedute", per milioni di metri quadri, che un aspetto di miserevole cabotaggio (tale, infatti, pare essere la speculazione su qualche centinaio di metri quadri). Tutto ciò, poi, si accompagna all'assenza totale del "Piano": questo strumento che, revisionato, dovrebbe per lo meno condizionare, direzionare, organizzare lo sviluppo e i futuri insediamenti, e magari, se non pretendiamo troppo, il tipo di sviluppo e il tipo di futuri insediamenti, ecco, questo "Piano" è il grande assente: il Piano vero lo stanno elaborando gli estensori e i direttori della grande proprietà fondiaria, i banchieri, gli industriali inetti, le forze occulte della rovina dei territorio non solo milanese; questo è il "Piano" reale, mentre quello pubblico slitta, di mese in mese, e probabilmente non riuscirà neanche ad essere un "Piano elettorale regolatore", visti i tempi e la mole di approfondimenti, che una corretta prassi progettuale rivendica per non scadere in una superficialità e, peggio, in una serie di talloncini di piano, dilatori e sfuggenti... Le Zone dicono basta! Le Zone, momento di elaborazione democratica delle scelte e delle volontà "alternative", richiedono il "Piano"! Le Zone, il cui patrimonio di elaborazioni, di idee, di lotte non può essere minimamente leso dalla mancanza di volontà politica ai livelli centralizzati e di maggioranza dell'Amministrazione, pensano che il problema delle "aree libere" meridionali non possa essere disgiunto da quello di altre aree "libere", di contorno all'intero perimetro civico: e, in tutto, non si dimentichi, sono aree costituenti il 25% di tutto il suolo della città; aree libere, su cui sovrastano appetiti enormi, e la cui unica garanzia, perlomeno di sviluppo concordato, non si riesce a dettagliare proprio a causa di questo "grande assente": il P.R.G. di Milano rivisto e articolato! Alla luce di questa incredibile, o perfettamente credibile situazione, ancora una volta ribadiamo, l'ipotesi ottimale è l'intera revisione dello strumento urbanistico, alla luce, per i problemi che questa mattina abbiamo affrontato, di un disegno generale che rispecchi, da una parte, una profonda connessione con i dettati pianificatori del comprensorio P.I.M.; dall'altra, che si parametri alle istanze e alle elaborazioni regionali in materia di rilancio dell'economia preesistente sui suoli agricoli, di salvaguardia delle risorse territoriali naturali, di individuazione delle aree comprensoriali omogenee. Vogliamo cioè una revisione e un dettaglio frutto di una cultura e di un arricchimento politico oltre i ristretti confini degli uffici di via Pirelli: non può più sussistere la corporazione Milano o, peggio, l'assente Milano che elargisce acque inquinate, popolazione, ca- renze e piani flessibili sui comuni di fascia e oltre, sulla Lombardia intera, esimendosi poi pudicamente dall'affrontare i propri, macroscopici squilibri e compromissioni. Queste sono le volontà di massima. Convinti come siamo, peraltro, della non credibilità che tali decisioni vengano assunte in toto a tempi brevi, richiediamo subito una piattaforma difensiva, non solo principalmente per i suoli che abbiamo esaminato, ma per tutte le aree libere di corona circolare a Milano: che sono, fornendo il dato complessivo, 43.568.000 metri quadri di verde agricolo in opera, e 15.213.000 metri quadri di suoli generici non edificati su un complessivo di 181.740.000 metri quadri per l'intera superficie civica. Tale piattaforma difensiva, che garantisca realmente dalle velleità dei disegni generali, naturalmente non di origine pubblica, che si accentrano sull'uso futuro di questo enorme territorio, può contenersi in tre punti principali:

uno) LA SALVAGUARDIA GENERALE PER TUTTO IL TERRITORIO LIBERO, con il relativo veto a qualsivoglia tipo di edificazione, anche per servizi pubblici, per lo meno all'interno dell'area comunale, in prospettiva di un immediato ridisegno globalizzante, connesso all'area intercomunale e regionale per il concernente grandi infrastrutture e servizi, viabilità di rilievo, indirizzo economico, risanamento e reincentivazione delle aree, individuazione dei poli principali di sviluppo, dislocazioni delle grandi realtà di previsione, e varie. Tale ridisegno globalizzante mira appunto all'acquisizione del P.R.G.; e, senza un'elaborazione di strumenti generali, coordinati ed efficaci, ne siamo convinti, lo sviluppo non può che essere privatistico e negativo di avanzamenti delle condizioni di vita e di lavoro dei ceti produttivi e dell'economia intera nel territorio milanese. In questa ottica, si rifiutano quindi gli interventi di tassello, tipici di tutta una cultura ed una politica urbanistica precedente: la città va pianificata nel suo intero, nel rispetto dell'area comprensoriale e nella previsione dello sviluppo regionale.

due) LA SALVAGUARDIA NELLA DESTINAZIONE D'USO DELLE TERRE, poichè pare propedeutico a qualunque momento pianificatorio il riconoscimento della produttività, potenziale e allo stato di fatto, e quindi dell'importanza che le terre agricole assumono nell'intera economia dei suoli della città di Milano. Dicevamo dianzi, e lo ribadiamo, evidentemente, i suoli liberi ad uso agricolo costituiscono un grande fattore produttivo, purtroppo non più estesissimo, addirittura nella stessa superficie nazionale, e per di più non rin novabile, che deve essere conservato e valorizzato, e non abbando nato e trasformato oltre lo stretto necessario per gli sviluppi di massa e pubblici. Non intendiamo cioè regalare un solo metro quadro di suolo agricolo alle forze della speculazione, ed anche per quanto riguarda gli insediamenti di uso generale, richiediamo un'attenta cura pianificatoria, e nelle dimensioni territoriali, e, soprattutto, nella scelta dei suoli di insediamento: affinchè non si abbia a sconvolgere vocazioni produttive e privilegi di indirizzo agronomico, con una confusa localizzazione priva di qualunque attento pensiero sulla natura del suolo stesso prescelto. Nè si parli poi di economicità maggiore per l'acquisizione di cer te aree piuttosto che di altre: esiste la legge 865, esiste l'arma dell'esproprio, esistono anche delle intelligenti convenzioni, non deve più esistere invece la scusa di terreni a minor costo. Si applichi la legge, non si violi più, come sistematicamente è stato fatto, lo strumento urbanistico vigente ancorchè disadatto come nel caso di quello milanese, si dimostri nei fatti la reale democraticità dell' Amministrazione: in fondo, richiedere di applicare la legge non è poi un così gran fatto!

tre) LA SALVAGUARDIA DELL'ESTENSIONE DELLE PROPRIETA', in rapporto all'uso produttivo preesistente dei suoli: già gli enti pubblici e morali hanno precisi vincoli di legge per quanto concerne l'esitazione delle loro proprietà fondiarie; ma anche per quanto riguarda il privato, il grande latifondista urbano, per intenderci, noi sosteniamo che in assenza di dettaglio pianificatorio, le proprietà censite in catasto non debbono essere frazionate con vendite, la cui impegnativa di rogito non preveda la stessa destinazione dei suoli precedente; e anche questo provvedimento, per decapitare la progressiva compromissione dell'attività primaria, attuata senza, si diceva prima, edificare alcunchè, ma variando semplicemente, nei fatti, l'uso: da agricolo a ricreativo privato o a punto di sosta di autotreni. Occorre dare atto d'altra parte, per correttezza di valutazione che le rivendicazioni da noi espresse per quanto concerne il momento immediato di salvaguardia, sono state in buona parte previste e predisposte all'interno delle "Variazioni alle norme tecniche di attuazione del P. R.G."; nella loro ottica di intervento transitorio, si presentano come un importante momento di preservazione delle aree: ma occorre che diventino, naturalmente, una realtà più stabile. Che cosa si può fare subito per perseguire codesti obiettivi generali? Vi sono, è noto a tutti, due scadenze urbanistiche, che intervengono immediatamente sull'intera area Sud: la tanto conclamata revisione del Piano Regolatore Generale della città, e la "contestuale" (che vorrebbe leggersi organica ed integrata) presentazione del nuovo Piano Intercomunale Milanese. Entrambe queste operazioni sono già state annunciate, e gli esponenti politi ci di maggioranza responsabili ai due livelli si sono impegnati al rispetto di queste due scadenze per l'imminente dicembre 1974. Ecco dunque la giusta occasione e il giusto livello per consolidare in un quadro generale di pianificazione e di guida pubblica le operazioni da noi delineate. Solo in un'integrazione di questi due livelli di pianificazione si possono portare ad un disegno organico scelte che riguardano in gran parte il Comune di Milano ed in parte ancora maggiore i comuni del Sud comprensoriale. Ma non solo: l'organizzazione generale del complesso degli insediamenti dei comuni Sud, ed il loro rapporto concreto con l'organizzazione particolare delle aree verdi (verdi agricoli in senso proprio, verdi attrezzati, aree a servizi comunali ed intercomunali), richiedono forzosamente un livello intercomunale di studio, di piano, di intervento. Sappiamo bene, d'altra parte, per esperienza di anni di attese vanificate, che tali grosse decisioni potrebbero essere ancora rinviate od avere tempi di decisione e di effettiva operatività ancora assai lunghi. Cosa si potrebbe e cosa si dovrebbe fare in questi casi? Abbiamo detto bene, sopra, di non voler permette- re che il processo di compromissione e di degrado in atto si protragga, neppure per un giorno. Richiediamo allora un piano stralcio, anticipato per il Sud libero della città, o, meglio ancora, l'immediata promozione, come già si fece per il Parco Nord, per l'ampliamento del Parco di Monza, per le Groane, di un consorzio ad hoc tra Zone di Decentramento, comuni Sud limitrofi, Comune di Milano, Provincia, Regione, che attraverso lo stesso metodo e lo stesso inquadramento intercomunale, usato per i parchi sunnominati, produca un progetto operativo, urbanistico e finanziario, per avviare dunque la realizzazione di quella fascia di privilegio che, da sempre, la popolazione e gli organismi di zona hanno indicato come PARCO SUD. Si intende che i rappresentanti del Comune di Milano nel costituendo consorzio dovranno essere designa ti dai Consigli di Zona competenti per territorio, secondo una corretta interpretazione dell'articolo 14 terzo comma del regolamento per il decentramento, il quale afferma: "In ogni caso, Qualora una legge nazionale o regionale istituisca(organi collegiali di rilevanza zonale, i rappresentanti del Comune nei medesimi devono essere nominati su propo sta del competente Consiglio di Zona". Ossia, i Consigli di Zona sono delegati a rappresentare il Comune in tutti gli organi collegiali di interesse zonale. Tali rivendicazioni, diciamo quindi, possono essere recepite con un provvedimento d'urgenza, tenendo fermo l'obiettivo di una grande pianificazione dettagliata: mai nodo centrale resta pur sempre quello della dimostrazione di una chiara volontà politica di sanare l'abnorme compromissione, l'insensata anarchia dello sviluppo milanese. Non è possibile, le Zone sostengono, avanzare in assenza di una volontà nuova. L'Amministrazione Comunale dimostri, in un aperto confronto, la propria presenza democratica; discuta l'elaborazione degli organismi decentrati; predisponga strumenti tecnici di verifica di quanto espresso ín questa sede; si riscatti soprattutto dal vuoto emerso in questi anni e dalle gravi responsabilità che le competono per l'attuale configurazione, che la città intera ha assunto dal dopoguerra ad oggi. Chiediamo inoltre: che i partiti e i sindacati offrano il loro indispensabile appoggio a tutti i livelli dell'ordinamento istituzionale e, possibilmente in questa sede, chiariscano in che forma e in che misura tale appoggio verrà concesso; che le amministrazioni dei comuni limitrofi collaborino con i Consigli di Zona affinchè si giunga ad una visione unitaria circa gli obiettivi e le relative modalità di res giungimento; che gli organismi di ricerca e le associazioni interessate dal punto di vista tecnico-scientifico o ecologico, mettano a disposizione la loro qualificata esperienza in materia; che il P.I.M., infine, da strumento di studio e di consultazione, diventi realmente organo propulsore e deliberante sull'intera realtà urbanistica dell'area metropolitana, anche alla luce delle nuove conformazioni comprensoriali attualmente dibattute in sede regionale. E' nell'approfondimento e nella definizione dei criteri e delle volontà, che animano questo convegno, che può derivare una consapevolezza di modi, con cui le aree libere, e in definitiva una grossa parte di revisione del piano, hanno da essere riorganizzate. Le Zone, in questa sede, si aspettano appunto che tali volontà emergano. I dati di quantificazione sulle "aree libere", contenuti in questa relazione sono stati calcolati per approssinazione: abbisognano quindi di ulteriore verifica, pur non discostandosi di molto dalla realtà. Voci ... vorrei dire due parole signor Presidente... MIGLIAVACCA: ma non le ho dato la parola, vuole accomodarsi? MAMMA DI ANDREA PRADA: sì, perchè poi non resisto più qui, devo uscire. Sono la mamma di Andrea Prada, voi mi capite, vero, uno della strage degli innocenti perchè quella è stata una strage degli innocenti. Non voglio vedere lacrime negli occhi di nessuno, voglio solo pregarvi di una cosa: meno parole, molto meno parole e più buon senso. Abbiamo tutti una responsabilità enorme, voi soprattutto, voi politici, che non fate altro che parlare e promettere e non avete mai il coraggio di portare a fondo le vostre promesse. Ricordatevelo, ricordatevi questo. Mi è venuto da ridere quando ho letto sui giornali: "La città è indignata". Sono tutti i bambini indignati del comportamento degli adulti, del nostro comportamento, forse anche del mio stesso. Io ho sempre insegnato a mio figlio di portare a fondo, ho sempre spiegato, dato una ragione di ... Mi chiedeva: "Perchè, mamma, non ci lasciano giocare in giardino?". Perchè, quando ho raccolto le firme, mamme di bambini stessi hanno detto: "No, il giardino non va calpestato" perchè la casa avrebbe perso non so cosa, adesso in questo momento voi mi capite, mi scusate, avrebbe perso di tono, gli amici che sarebbero venuti a trovare le persone importanti, di decoro, grazie, avrebbero visto l'erba calpestata, qualche ramo rotto. Invece adesso abbiamo visto, voi non avete visto quello che ho visto io, purtroppo, non soffrite quello che ho sofferto io. Vorrei pregarvi di ricordarli questi bambini in maniera costruttiva, non a parole, a fatti e solo a fatti. Tutte le vostre parole non servono a niente. E' il buon senso che ci vuole, non le parole. Ricordatelo per cortesia per tutti gli altri bambini di Milano che sono indignati davanti al comportamento di tutti noi, voi e me compresa, ricordatevelo. Non è la città indignata, sono i bambini indignati. Gli uomini di domani che noi vorremmo fare uomini giusti e invece purtroppo stiamo facendone dei poveri disgraziati. MIGLIAVACCA: sono presenti in sala l'Assessore regionale all'Urbanistica Parigi, l'Assessore provinciale alla Pubblica Istruzione Brondoni, l'Assessore all'Urbanistica del Comune Cannarella, il dottor Umberto Dragone, capogruppo del Partito Socialista Italiano al Consiglio Comunale. La Presidenza ringrazia inoltre i giornalisti che hanno voluto presenziare al nostro convegno. E' invitato a parlare il primo iscritto, il signor Pier Luigi Villani della ACLI Barona. VILLANI: rappresento il circolo ACLI della Barona, Zona 16. Condividendo il discorso che le ACLI cittadine hanno fatto e stanno facendo sulla salvaguardia del territorio, siamo molto interessati alla realizzazione del Parco Sud, che noi vogliamo a destinazione esclusivamente agricola. In tal modo il Parco Sud potrà essere quella riserva naturale di verde e di ossigeno per la città, oltre a costituire una difesa per la continuazione dell'attività agricola che attualmente viene svolta in modo egregio da decine e decine di aziende nelle nostre zone 16 - 15 - 14, e quindi potrà costituire una valida premessa per il rilancio dell'agricoltura più volte sollecitato a tutti i livelli, ma di fatto sempre messo in secondo piano. Per quanto riguarda la nostra Zona 16, dobbiamo dire che seri ostacoli minacciano la destinazione delle nostre aree per il Parco Sud. Incombono infatti questi progetti: una tangenzialina chiamata Sud per un collegamento supplementare con il Comune di Assago, un piano di lottizzazione della zona San Marchetto già pervenuto in Consiglio di Zona, per ora respinto, la creazione di un grande cimitero in zona Cascina di Mezzo - Cascina del Vago - Molino Doppio, praticamente tra il Naviglio Grande zona Ronchetto e il Molino Doppio che è un po' la parte centrale, previsto per ben 40.000 posti bara. Le ACLI Barona già da parecchi mesi stanno battendosi contro questi progetti, e per il cimitero è addirittura da oltre un anno che hanno preso posizione. Mentre la tangenzialina Sud e la lottizzazione di San Marchetto sono progetti per il momento accantonati e in sospeso, per il cimitero, da voci raccolte di recente negli ambienti cosiddetti ben informati, si è già alla fase di un prossimo appalto ed è su questo che desideriamo richiamare l'attenzione degli organi competenti. Noi siamo stati contrari alla collocazione del cimitero nella zona prescelta in Comune e lo siamo ancora di più ora, dopo aver sentito i lavoratori agricoli della zona, braccianti ed agricoltori, coi quali abbiamo effettuato una rilevazione di dati completi sull'attività agricola della Barona, che vi sarà illustrata proprio da un agricoltore della Zona. La terra è molto fertile ed ha delle rese per ettaro di molto superiori alle medie naziona li. Il fatto drammatico è che questo cimitero, se venisse costruito do ve è stato previsto, sconvolgerebbe letteralmente tutto il sistema di irrigazione della Zona 16 e porterebbe sicuramente alla fine l'attività agricola della nostra zona e danneggerebbe quelle limitrofe. E così può dirsi per qualunque tipo di insediamento, anche di modeste dimensioni. E' per questo che noi chiediamo l'intervento urgente di chi intende difendere veramente la costituzione del Parco Sud. Noi non siamo contrari alla realizzazione di opere di pubblico interesse come può es sere il cimitero, ma vogliamo che non abbia le dimensioni progettate e almeno venga spostato in fasce già degradate dal punto di vista agrico lo. E su questa posizione si è espresso proprio ieri sera il Consiglio di Zona 16. Le ACLI della Barona continueranno comunque a battersi affinchè uno dei pochi progetti sensati di questi tempi, il Parco Sud a destinazione agricola, venga realizzato. E' ora di finirla di favorire il continuo avanzamento del cemento. Può succedere che in futuro ci troveremo davvero a mangiare i mattoni. MIGLIAVACCA: ha la parola l'ingegner Parigi, Assessore regionale alla Urbanistica. PARIGI: cari amici, ho letto con vero piacere l'invito che mi è arrivato dal Comune di Milano e dai comitati di zona del Sud Milano, nel qua le si annunciava questo convegno per il Parco Sud. Perchè con vero piacere? Perchè la preoccupazione che mi suscita quanto sta muovendosi nel Sud Milano non doveva rimanere soltanto a livello di assessorato regionale all'Urbanistica, ma deve essere espressa: e oggi qui mi trovo dinanzi a un quadro preciso di questa situazione soprattutto dalle popolazioni che sono interessate, e vorrei anche dire dalle amministra zioni che sono interessate. Che cosa abbiamo fatto sino ad oggi, visto che qui si parla di urgenza? Certo, per mio conto, abbiamo già superato troppo tempo in attesa. Che cosa avevamo proposto? Io mi sono fatto portatore di una proposta di legge per l'istituzione dei parchi di Milano. All'interno di questa proposta di legge, che è all'esame della Giunta regionale, non c'è il Parco Sud perchè essa riguarda il Parco Nord, riguarda il Parco di Monza, riguarda il Trenno e il Gallaratese; ma non c'è il Parco Sud. Voglio essere molto chiaro, perchè qualcuno, avvertito di ciò,potrebbe anche denunciarmi per questa mancanza. Non c'è il Parco Sud per la ragione che l'area Sud Milano è stata affrontata, io ritengo giustamente, attraverso la proposta di legge per la salvaguardia generale che è davanti al Consiglio regionale, e che pre vede tutto il territorio Sud Milano bloccato ad area agricola. Quindi, non attraverso un provvedimento a livello, oggi, di legge istitutiva di parco, poichè ritenevano che il discorso fosse più avanti per le al tre aree e qui vedo che il relatore stesso ha riconosciuto implicitamen te questo, quando si è riferito ai consorzi esistenti. Vorrei dire che sotto questo aspetto siamo ancora indietro, anche al Nord, perchè il Parco Nord ha un consorzio: ma il Parco delle Groane, poveraccio, ha un consorzio nel pensiero ma non nell'azione, e per il Trenno - Gallaratese non esiste neanche un abbozzo di consorzio. Però abbiamo ritenu to di affrontare il discorso di una salvaguardia immediata dell'area Sud attraverso questa indicazione, contenuta nella delimitazione delle aree di salvaguardia, che fanno capo appunto alla legge 249; legge, che è stata riconosciuta insufficiente o per la quale io vengo denuncia to da cultori dell'ecologia e dell'urbanistica come assolutamente lonta no dalle esigenze effettive, e dall'altro lato mi è difficile percorrere le valli, soprattutto della mia provincia, senza correre rischio di essere preso a legnate: perchè di là invece si dice che'la legge è una follia in quanto blocca tutto, fermerebbe tutto, fermerebbe l'economia. E' una strana situazione, Cannarella, nella quale ci troviamo spesso, e tante volte anche perchè siamo carichi di responsabilità altrui. Allora, amici, per quanto riguarda il Sud Milano: son qui per chiedere aiuto, an che. Questa vostra iniziativa mi viene immediatamente incontro, perchè è a sostegno di tutte le proposte di salvaguardia nel Sud Milano, che sono puramente agricole: onestamente ve lo dico, il discorso del Parco che qui è nei manifesti, per mio conto, doveva venire dopo ed è giusta la richie sta che si formino consorzi eccetera. Questo è compito soprattutto dello organo comprensoriale, che voi avete già del resto, che è il P.I.M. Ma io son del parere che, se dovessimo veder passare la legge di salvaguardia, cosa che io ritenevo possibile prima di Natale, ma se potessimo vederla passare nel gennaio, voi immediatamente avreste un provvedimento di tutela prowrisoria che viene incontro, mi pare, alla istanza che è stata presentata anche dal relatore, attraverso cui fino all'approfondimento della pianificazione non si procederebbe a ulteriore consumo dei territori liberi, attualmente destinati all'agricoltura. Questo è il pri mo punto. Il secondo punto,amici, bisogna parlarci molto chiaro, io non credo che questi convegni servano per far delle battaglie fra partiti o fra correnti di partiti o fra correnti di urbanisti: diciamoci chiaramen te come stanno le cose. Io ho ammirato la mamma di quel bambino che ha parlato prima perchè ha saputo porre una denuncia addirittura coinvolger te anche sè stessa. Io direi, questo discorso così onesto deve essere an che il nostro, amministratori fra amministratori. Ma guardate, io vedo passare dei piani che sono delle follie nel Sud Milano, e guardate che sono piani,di Milano parlo dopo, di tutti, amici, di tutti. Perchè le co se matte in questo hinterland della metropoli purtroppo le commettono tutti. Spesso le forze politiche che poi si combattono su fronti avver si certo che predicar bene quando gli altri operano male è facile, ma operar bene è un po' più difficile: quindi siamo sempre di fronte alla teoria della doppia verità. Diciamolo con chiarezza, allora! Qui si tratta di discutere con gli amministratori dei comuni che sono nella fascia Sud. Facciamo un incontro preciso, e io vi dico anche che sono disposto ad accettare una revisione di alcuni strumenti urbanistici, che tra l'altro sono stati approvati anche dalla Regione, perchèio non tocco la mia responsabilità. Certo che quando gli strumenti urbanistici hanno l'avallo positivo degli organi tecnici della Sezione urbanisti, e adesso positivo della Commissione consiliare che vede tutti gli strumenti interessati dalle aree di salvaguardia e, vedi caso, l'area Sud Milano è quasi tutta interessata dalla salvaguardia dell'Assessorato regionale, della Giunta regionale voi direte, come mai? Le vie del Signore sono infinite. Quindi il discorso è questo, a mio pare re. Prima di tutto mandiamo avanti la legge di salvaguardia, che è sem plice ed elementare; e allora aiutateci in Consiglio a superare gli ostacoli gravissimi che si sono frapposti. Ci sono intere provincie che hanno mobilitato dagli abitanti delle vette fino al fondo valle, parlo della bergamasca, per togliere di mezzo quelli che vogliono la legge della salvaguardia. Alito in questo senso. Secondo: responsabile revisione della strumentazione urbanistica, per la quale la Regione è disposta e chiede che siano altrettanto disposte le amministrazioni interessate. Per Milano io devo dare atto di una cosa, certo con un ritardo secolare addirittura. Il piano di Milano è del 1953. Me ne guar do bene dal far degli appunti ai colleghi amministratori del Comune di Milano, certo che è un po' vecchietto; perchè, quando si pensa che avrebbero dovuto essere rifatti i piani coi decreti del 1968.... è vero che Milano ha provveduto ad adeguare i propri standards ai decreti del 1968, però un piano dal '53 che è agente, se è agente poi, perchè per me è morto e stramorto, nel 1973 è una cosa che meraviglia il mondo. Ad ogni modo io devo dare atto all'Amministrazione di Milano di essere adesso partita, e qui il grande merito è di una tradizione che hanno soltanto i milanesi, quello della pianificazione intercomunale, con un organo che, guardate, sono gli unici ad avere, gli unici, non parlo della regione lombarda, parlo addirittura del territorio nazionale, e questo se lo sono dato già da molti anni. Son partiti col piede giusto: cioè non la revisione del piano regolatore di Milano da sola, che non ha nessun senso, ma addirittura il discorso del piano intercomunale,al l'interno del quale marciano anche le idee del piano regolatore genera le di Milano. Io chiedo solo una cosa: che le idee non siano quelle che si sono manifestate nei fatti in tutti questi anni, perchè allora andia mo veramente male. Io ho lanciato subito un'idea, quando abbiamo fermato quella norma di attuazione del piano regolatore di Milano che riguar dava le aree agricole, per le quali c'era uno strano 0,03 metri quadri per metri quadri invece che metri cubi per metri quadri, e inoltre quan do abbiamo visto che all'interno delle aree agricole era stata utilizzata una normativa comune,peraltro molto estesa, cioè nelle aree attigue si può costruire anche per il tempo libero, anche gli insediamenti sportivi, eccetera. Abbiamo detto di no, e su questo penso che si possa essere tutti d'accordo. Quel poco di agricolo che c'è ancora a Milano, re- sti agricolo almeno per adesso, poi, col piano regolatore, si vedrà eventualmente di fare agricola anche qualche altra zona che non è agricola oggi, secondo me. Ma questo è tutto un discorso che è affidato oggi agli amministratori della città di Milano, dell'hinterland milanese, ai quali devo però ribadire il mio compiacimento perchè quel che si deve riconoscere bisogna riconoscere, per avere impostato oggi un discorso molto valido con la relazione che il P.I.M. ha fatto sulla pianificazione intercomunale, e che recepisce, badate, tutto quello che io ho sentito dalla relazione prima. In secondo luogo per aver inquadrato, al l'interno di questa, una revisione del P.R.G. di Milano che io spero si possa realizzare prima delle elezioni amministrative. Anche se onestamente penso che questo sarà molto difficile, ma per i tempi, non per la mancanza di volontà politica. Ad ogni modo, penso che si potra' senz'altro realizzare finalmente quella piattaforma di pianificazione, che anche il convegno di oggi chiede e mi pare chieda con una urgenza assoluta. MIGLIAVACCA: ha la parola il signor Ambrogio Andena, in rappresentanza degli agricoltori della Zona 16. ANDENA: sino adesso sono state dette tante parole, e io vorrei incominciare a dire un po' i fatti. Andiamo un pochettino a sviscerare veramente quello che è la zona; sono un agricoltore della Zona 16 e penso che il discorso, per quel poco che io posso coroscere è 25 anni che sono nella Zona 16, possa valere anche per la Zona 14 e 15. Quindi nell'ambito di questo convegno che è stato promosso per vedere come formare un Parco Sud, noi vorremmo specificare che il Parco Sud deve essere destinato a verde agricolo, e poi dopo quello che lei diceva, in un secondo tempo trovare altre aree per fare ancora dell'attività agricola, oppure, se questo non è possibile, nell'ambito di questo verde agricolo, fare un verde a disposizione dei cittadini... Difatti nella nostra zona già l'anno scorso si era proposto così, in relazione anche a quella che è l'attuale situazione di austerity, di evitare l'accesso alle automobili nei giorni festivi. Perchè? Perchè c'era veramente questo riflusso di gente, che in bicicletta, o a piedi, veniva nelle nostre campagne. Quindi, a mio avviso, se noi il Palco Sud lo concepiano anche come polmone di verde e di passeggiata, a nostro avviso può anche valere una iniziativa del genere anche perchè si tratta di aziende agricole con una viabilità piuttosto buona, con corsi d'acqua abbastanza abbondanti e molto ben distribuiti; parlo sempre per la Zona 16, perchè nella zona di Vigentino ce ne sono meno, e ci sono dei corsi d'acqua inquinati, quindi il problema potrebbe anche essere un pochettino diverso, quindi si potrebbe vederlo sotto questa prospettiva. Io adesso passo a dimostrare con ti dei dati tecnici che sono, così, stati messi giù alla buona, ed evidente mente però potremmo anche documentarli di più... Adesso comunque in linea di massima, tanto per essere incisivi, vogliamo praticamente dimostrare che la zona di cui noi facciamo parte ha ancora una sua immagine prettamente agricola. Questo perché nell'ambito del convegno per il Parco Sud vogliamo anche cercare di controbattere i progetti che vogliono insediare nella nostra zona un cimitero a cui l'amico Villani delle ACLI prima aveva accennato. Quindi noi, così, tanto per fare una cosa razionale, prima dimostriamo come questa zona ha una vocazione agricola, e poi spieghiamo perchè il cimitero in quella zona non lo vogliamo: ed eventualmente diamo delle alternative. In caso contrario, il cimitero lo facciano in altre zone, ma non nella zona nostra dove verrebbe ad interrompere una attività agricola continuativa. Ora, per quanto riguarda la Zona 16, è delimitata a Sud dai Comuni di Corsico, di Buccinasco, di Assago, a Est dal Naviglio Pavese, ad Ovest dal Naviglio Grande. Questo territorio attualmente è diviso in 15 aziende agricole, la maggior parte funzionanti e organiche; di questa quindicina, ci sarà un paio di vecchi mulini di cui alcuni operanti ancora, perchè sfrutta no l'acqua di questi corsi. Per un totale di circa 350 ettari, quindi di 3 milioni e 500 mila metri quadrati; in più ci sono 3 cascine, la Cascina Bassa, la Cascina Cantalupa e la Cascina Calimera, che sono da tempo abbandonate dai proprietari evidentemente perchè han liberato i fondi... non sono più condotti da coltivatori diretti. Mi dimenticavo di dire che tutte queste coltivate sono condotte da coltivatori diretti, nessuno proprietario, quindi noi siamo attaccati alla terra, e dif ficilmente la lasceremo andare. Per quanto riguarda queste 3 aziende, invece, sono riusciti nel giro degli ultimi 15 anni a liberare il terre no. Quindi i coltivatori diretti, che potevano essere una remora alle speculazioni, oggi come oggi purtruppo non esistono più. Però, a mio avviso, andando avanti potremmo appellarci a leggi che ultimamente ven gono fuori, perchè con il cambiamento che c'è stato ultimamente nell'e conomia, evidentemente c'è il problema dei terreni abbarkdonatil e in parte questi sono terreni abbandonati. Quindi a nostro avviso, o segui ano un certo indirizzo e prospettiamo in parte per questa zona incolta la possibilità dell'insediamento del cimitero, o altrimenti dobbiamo cercare di fare rientrare questa zona nell'ambito dei terreni agricoli, perchè noi queste aree nell'ambito della nostra zona, non vogliano che siano da 15 anni abbandonate. Per quanto riguarda le cature che nei pratichiamo nella zona, un 20% è a marcifoglie: evidentemente i terreni messi a coltura ancora nel 1200, e tanti poi all'epoca dei cistercensi e dei benedettini. E' evidente che questo 20% di prati a marcifoglie una volta era molti di più; però ultimamente, anche perchè molti non si adattavano alla meccanizzazione, quelli che erano i quadri migliori li abbiamo tenuti, i rimanenti abbiamo cercato di indirizzarli diversamente, li abbiamo arati, li abbiamo sistemati, li abbiamo livellati. Però un 20% sono ancora a marcifoglie perchè a un certo punto noi abbiamo ancora ancora convenienza a sfruttare l'acqua del Naviglio Grande, che, a nostro avviso, non è ancora inquinato e quindi, per le capacità termiche dell'acqua, cose che i tenici qui dentro sanno meglio di me, noi oggi come oggi stiamo ancora falciando l'erba ed è dimostrabile, perchè abbiamo ancora l'erba fino a Natale da falciare per le nostre stalle, perchè noi produciamo ancora latte. Noi abbiano, come ho detto, un 20% di questi prati marcifoglie; faremo 9 - 10 falciate all'anno, poi abbiamo un 20% di coltivazione a grano, con produzioni che sono, non dico di gran lunga superiori alla media nazionale, però è una buona media, per lo meno sta nell'ambito della regione. Poi abbiamo il 20% a risaie, che sfruttano sempre l'acqua del Naviglio Grande, e acque di questi insediamenti urbani tipo Ronchetto che hanno arricchito l'acqua di un po' di sostanze organiche, che convengono proprio alla coltivazione di risi fini e semifini, tipo l'arborio, il maratello, il carnaroli. Facciamo delle produzioni molto elevate nell'ambito di queste zo- ne. Poi, c'è questo: nella zona Ronchetto vi sono insediamenti fatti circa 10 anni fa, per cui le fognature evidentemente scaricano tutte nelle rogge, di proprietà privata, che a valle vengono utilizzate nel Pavese; quindi praticamente in questo momento servono anche da fognatura però è evidente che tra inquinamento industriale e inquinamento ur bangi, a mio avviso, dal punto di vista agricolo,oserei dichiarare che un inquinamento organico non incide, perchè in fondo in fondo ci può dare un vantaggio, in quanto decantando sulle marcite, può contribuire all'aumento della produzione. Ringraziando Iddio, nelle nostre zone di industrie per il momento, non se ne sono insediate. Per quanto riguarda il Naviglio Grande, penso che sia uno dei canali ancora meno inquinati, perchè ultimamente negli ultimi 3 o 4 anni, anche per quello che era il problema ecologico che è stato un po' sentito da tutti, quelle poche industrie, soprattutto segherie e concerie, hanno cercato di mettere dei depuratori. Comunque, possiamo sempre verificare, a mio avviso, come il Naviglio Grande sia uno di quei canali che ha un indice di inquinamento senz'altro inferiore all'Olona per esempio, dove hanno gettato una tinca che è immediatamente morta: e certo a causa dell'acido solforico e dei vari acidi che usano le industrie tessili dalle parti di S. Vittore Olona. Nel Naviglio Grande, nei nostri canali, noi troviamo anguille, tinche, tutti i vari pesci che si possono pescare. Poi abbiamo, continuando quello che è il frazionamento della nostra zona, un 25% di mais di granella, evidentemente questo anche in relazione all'orientamento attuale per gli allevamenti: perchè io prima avevo detto che la marcita, oggi come oggi, dal punto di vista tecnico può essere superata ma a nostro avviso non è superata; perchè, come agricoltori e imprenditori che guardano a orecchie e occhi aperti la realtà moderna e i modi intelligenti e costruttivi di condurre l'agricoltura, abbiamo allargato le ali. Sapete come è un po' il sistema del prato marcitoide, abbiamo cercato di sistemare in modo tale che anche quando c'è la giornata piovosa possiamo recuperare l'erba. Mentre una volta l'erba addirittura se la portavano fuori a spalle, noi oggi anche le marcite le abbiamo razionalizzate, le abbiamo meccanizzate. Però eviden temente oggi come oggi ci sono tecniche nuove, per esempio l'insilato di mais, abbiamo delle tecniche molto avanzate, abbiamo una meccanizza zione spinta perchè evidentemente per fare un tipo di coltura di questo genere ci vuole prima di tutto la semina, la preparazione del terreno, quindi abbiano le macchine adatte per farlo. Poi c'è bisogno del soccor so dell'irrigazione, e qui evidentemente funzioniamo perchè tutti i nostri terreni possono essere bagnati per sommersione, tenete presente che grosso modo un ettaro di mais abbisogna nel suo ciclo di un quantitativo idrico di 9 mila metri cubi di acqua, e noi qui glieli possiamo dare perchè evidentemente abbiamo acqua continua dal Naviglio Grande. Poi per quanto riguarda il recupero e quindi il raccolto, abbiamo le trinciatrici, abbiamo gli insilati, oggi come oggi ci si arrangia anche perchè non è necessario usare gli Harvest perchè costano 15 - 20 milioni, essendo di acciaio inossidabile, si possono usare dei teli di materiale pratico, si fanno dei bei mucchi di questo cereale, e possiamo della pianta del mais recuperare tutto. Però, pur avendo questa nuova tecnica a livello nazionale, quello che era il principio e la base degli allevamenti, cioè il 20% dei nostri prati marcitoidi, noi per il momento ce li teniamo ancora. E' evidente che andando avanti, dovendo mancare ancora il personale quel poco che abbiamo, per il grano duro, il mais, il granone con i prezzi che sul mercato stanno quotandosi, un domani ci priveremo anche di quel poco profitto che abbiano. In fondo in fondo, oggi come oggi l'agricoltura noi la concepiamo non solo come lavoro di sussistenza nostra, ma evidentemente come un reddito, perchè siamo giovani agricoltori: se siamo rimasti in agricoltura per non andare all'industria, è perchè forse magari abbiamo pensato che con un po' di bernoccolo si può rendere anche nell'ambito dell'agricoltura, e i fatti ci stanno dando ragione. Poi abbiamo un 5% di prati polifiti, e anche con questi prati polifiti si fa l'alternanza; da quello che potete vedere, noi praticamente non dico che abbiamo la tradizionale rotazione, però, grosso modo, collegando i prati marcitoidi all'allevamento bovino, (quindi sostanza organica), cerchiamo di avere ancora quella rotazione che ci impedisce di arrivare al limite di rottura. Cioè: la monocoltura ci porterebbe nel giro di 3 - 4 anni, monocoltura di riso, monocoltura di mais, nel massimo di 5 - 6 anni, a rovinare completamente quella che è la struttura del terreno. Invece con questo sistema noi abbiamo laute concimazioni organiche, laute concimazioni minerali, quindi il terreno più insistiamo, più produce. Per quanto riguarda l'allevamento, oggi come oggi non ha più quell'importanza che aveva 10 anni fa. Il motivo è che, a livello nazionale, gli allevatori sono stati scoraggiati. Noi siamo il riflesso di quella che è l'andamento nazionale. Basta vedere la carne che importavano dai paesi Est. Tirare fuori queste cose diventerebbe troppo lungo. Comunque gli organi di stampa ne hanno parlato diffusamente, quindi sapete anche voi co me è la realtà italiana. Preferivano non pagare i nostri prodotti e prendere dall'Est per cui ci siamo indirizzati su determinati tipi, co me il latte. Chi si è indirizzato sul latte? Chi veramente con una certa organizzazione è riuscito a far fronte ai costi di produzione. E' evidente che la stalletta con 5 - 6 vacche nelle nostre zone non esiste più, però andando avanti cercheremo di migliorare. Può darsi magari che faremo delle cooperative nell'ambito delle aziende. Cioè chi una volta aveva le 5 - 6 vacche, ha dovuto venderle perchè non riusciva ad avere costi di produzione che potessero permettere di andare avanti. In seguito faremo una stalla sociale, vedremo insomma. Oggi come oggi, le stalle organiche sono poche, però quelle poche che ci sono evidentemente sono organiche con possibilità. Dopo, se nell'ambito di questo Parco Sud ci daranno i permessi di costruzione, far delle stalle nuove evidentemente è un po' collegato a queste richieste da parte nostra. Però finora non è che abbiamo avuto un eccessivo danno dall'abbassamento del numero di capi. Perchè? Perchè in fondo l'industrializzazione ci ha portato via la manovalanza migliore e oggi come oggi una lattifera che vale 600.000 lire o 1 milione, purtroppo siamo costretti a darla in mano a gente non qualificata; quindi molte volte le vacche ce le mangiamo noi, perchè in fondo, se una vacca prende una mastite, il giorno dopo al posto di 600.000 lire ne vale 100.000. Per cui non vorrei dire, ma siamo al limite della catena di montaggio della Fiat che, se produce la macchina di 2.000.000, e nel radiatore mettono della terra per boicottaggio, in fondo abbiamo la stessa conseguenza negativa. Questi sono i motivi per cui in una zona con queste acque d'irrigazione, non si è fatto perno sull'allevamento. Non si è fatto perno sull'allevamento anche perchè purtroppo l'allevamento richiede della gente spedalizzata, e noi non possiamo stare dietro a tutto perchè siamo pochi, siamo coltivatori diretti, quindi abbiamo mediamente delle tenute sui 40-45 ettari e per lavorarle bene purtroppo ci vogliono 4 o 5 unità operative e nell'ambito familiare non riusciamo... riusciamo appena appena a stare dietro a quello che sono le colture e non agli allevamenti. Comunque, benchè in queste difficoltà, benchè il mercato ci abbia sempre dato torto, noi, siamo appassionati e crediamo nella zootecnia italiana, che non è seconda a nessuno; almeno,io parlo della lombarda, però quella lombarda e in modo particolare quella milanese è sempre stata per tradizione ad un alto livello, proprio per motivi tecnici e per motivi di reddito; comunque noi abbiamo sempre 170 capi adulti da latte, 300 capi in allevamento e 300 capi bovini da carne, sfruttando sempre quelle colture che prima avevo specificato. Passiamo alla terra. La terra di queste zone, praticamente era un po', come impasto, identica a quella del Nord Milano, cioè terra sciolta; però nel giro degli ultimi 50 anni, essendo la zona più vicina al centro, è stata molto adoperata dalle fornaci. Questo ha avuto degli aspetti negativi sulla struttura del terreno, ma a mio avviso anche degli aspetti positivi per la sistemazione, per l'irrigazione, perchè probabilmente il fatto che hanno cavato la terra era sì in funzione dei mattoni, ma anche per abbassare un poco il dislivello, perchè avevamo difficoltà per bagnare, per irrigare, per scorrimento. Però durante questi 50 anni, praticamente il terreno essendo stato sistemato, essendovi sempre stato un forte carico bovino, con una conseguente abbondanza di sostanza organica, oggi come oggi noi abbiamo il terreno che è ancora nelle condizioni non dico iniziali, perchè oggi l'impasto è sui valori medi, un po' più verso l'argilloso; ma comunque reagisce molto bene perchè il terreno argilloso, rispetto a quello più sciolto, ha lo svantaggio in linea teorica di essere meno fertile, però ha il vantaggio di contenere maggiormente la fertilità perchè l'argilla è la base un po' della fertilità. Comunque, un po' perchè oggi si usano molti concimi, un po' perchè fino a 5-6 anni fa siano stati molto carichi di bestia me, le acque sono buone e quando irrighiamo abbiamo sempre un apporto di sostanze organiche, e grosso modo la terra è una terra molto fertile. Poi sono state fatte opere, nell'ambito della mia zona, di livellamento, ed evidentemente il lavoro che 50 anni fa potevano fare molti uomini su un ettaro, per la cui sistemazione ci voleva anche un mese, oggi come oggi un ettaro nel giro di una giornata è sistemato, anche con l'uso delle ruspe. Per quanto riguarda il parco macchine, prima abbiano parlato del mais da granella: abbiamo tutti i trattori per la lavorazione, tutte le macchine operatrici, portate, trainate, e chi più ne ha ne metta, insomma, tutte quelle che sono le macchine che a livello nazionale e internazionale ci vengono offerte sul mercato. E' evidente che, avendo il problema della mano d'opera che non si riesce a reperire, siano molto attirati da questo tipo di organizzazione. Poi anche per il riso, per il mais, abbiamo le varie mieti-trebbia e tutte le lavorazioni: perchè una volta per una azienda di 40 ettari, faccio per dire 20 anni fa, nel '50 - '53, quando c'era l'imponibile di mano d'opera, grosso modo erano 20 - 30 salariati su ogni azienda: oggi, ammesso che si trovino, sono 2 - 3 salariati al massimo; quindi vuol dire che è stato fatto un intervento a livello organizzativo e di meccanizzazione veramente rilevante. Quindi, a nostro avviso, con quelli che sono stati i dati che abbiamo esposto, siamo del parere che questa zona si presta molto bene ad una attività agricola. Quello che noi adesso temiamo è l'insediamento in zona di questo cimitero, di cui sembra sia già stato fatto il progetto, e per cui sia già stata mandata a enti o proprietà private proprietari di queste zone la comunicazione di esproprio. E' evidente che, a nostro avviso, a prescindere da qualsiasi tipo di valutazione che si può fare su un insediamento del genere, specie per quello che è la viabilità che poi porta in tempi brevi a cambiamenti di decisione, e quindi anche le lottizzazioni a venire avanti, perchè è una zona molto appetita come diceva l'architetto prima, l'insediamento di un cimitero in questa zona, praticamente in mezzo a queste rogge, porterebbe a una grave situazione la zona a valle per il momento; senza contare poi quello che succederebbe nel Pavese per gli agricoltori che utilizzano queste acque. Per il momento noi guardiamo alla nostra zona, gli altri verranno poi al loro momento. Comunque in questo momento noi siamo contrari all'insediamento perchè andrebbe a rovinare tutto il sistema delle rogge, tutto il sistema irriguo per cui evidentemente non soltanto questa zona, che secondo il nostro punto di vista ha una alta vocazione agricola, ma anche l'altra zona che rimarrebbe a verde agricolo ne verrebbe indirettamente influenzata negativamente, proprio perchè diventerebbe problematica la possibilità di irrigare. Senza irrigazione non c'è più agricoltura, a nostro avviso. Sì, questi terreni possono essere canalizzati, però, il problema che noi ci poniamo, questo cimitero, se deve essere fatto, co me viene fatto? Cioè, siccome viene in una zona dove abbiamo maggior numero di rogge, se ci fosse molta distanza tra questo insediamento e i terreni, in linea di massima si potrebbe deviare: però è evidente che per poter irrigare questa zona ci vuole anche una certa pendenza, e che l'acqua salti addosso alla zona. Se a un certo punto in qualsiasi modo, o mi deviano le rogge, o trovano qualche altro sistema, diventa sempre precario poi dopo arrivare a poter utilizzare questa acqua per l'irrigazione, anche perchè abbiamo visto che quando è stato fatto questo insediamento nella zona Faenza, in queste zone insomma, e hanno deviato i corsi d'acqua, e in particolare poi vedendo più a Ovest nella zona Cantalupa, cosa è successo? E' successo che le rogge, non avendo più una loro manutenzione, hanno creato degli acquitrini, hanno creato una zona, come si può notare ancora oggi, di abbandono completo, perchè non sono più state fatte quelle varie manutenzioni, non si sono più interessati se da questa parte veniva diramato un corso unico che poi dopo doveva unificarsi. L'acqua è stata mandata così allo sbaraglio, per cui abbiano rogge che vanno a confluire in altre rogge che non hanno la necessaria portata, perchè queste qui han tutte una loro portata massima. Abbiamo visto che in queste zone, dove sono stati fatti certi insediamenti, non se ne è avuta cura per nessun nocivo, e noi teniamo che la stessa cosa succeda per un insediamento di questo tipo. Prima abbiamo cominciato a dimostrare perchè noi, a prescindere dal fatto che crediamo di avere ancora un certo reddito dal punto di vista agricolo, e che quindi anche nell'ambito di questa creazione del Parco Sud abbiamo motivo di esistere; per un altro motivo, poi, pensiamo che questa zona deb- ba essere riservata: proprio perchè fa da polmone per i cittadini della Barona e della città, se è vero come è vero che nell'ambito delle zone del Comune di Milano la zona della Barona è la meno inquinata dal punto di vista atmosferico e quando, non so a febbraio - dicembre vengono fatti rilevamenti per il grado di inquinamento dell'aria, più di una volta è stato dimostrato che il tasso di inquinamento della nostra aria è il minore. E' il minore, a nostro avviso, proprio per questa fascia di verde, e quindi noi vogliamo che questo terreno agricolo, oltre che rimanere perchè ha un indirizzo produttivo molto importante, serva veramente da polmone per questa zona. Caso mai, noi pensavamo anche che alcune fasce potessero servire da filtro, ed eventualmente da adibire a verde attrezzato come in parte mi sembra che nei progetti della zona ci sia, anche per la parte limitrofa che fa da circondario: i paesi tipo Corsico, Buccinasco ed Assago, che ormai stanno venendo avanti industrialmente. Difficilmente potremo usufruire di questa zona più a Sud, che era un tempo veramente a vocazione agricola, e però è saltata tutta per aria per gli insediamenti di tipo industriale, dove difficilmente domani potremo creare un secondo polmone, perchè non esiste più. Quindi noi non vogliamo assistere a quello che già abbiamo visto nella zona di Baggio - Cesano Boscone, dove ci sono la tangenziale e tutti quei casermoni di fianco. Ecco, noi vogliamo che questa zona venga veramente a creare quel polmone che a nostro avviso ci deve essere. Volevo dire ancora soltanto questo: che, siccome c'è questa area degradata,se proprio un cimitero deve esserci, perchè in fondo è una opera di interesse della comunità, venga spostato in zone che hanno da un punto di vista agricolo evidentemente meno interesse. Qui noi abbiamo una cava, purtroppo non c'è tempo ma si dovrebbe parlare mezza giornata, e chiediamo tra l'altro chi abbia dato l'autorizzazione a costruirla, comunque, nell'ambito di questa zona, c'è una piccola azienda agricola completamente cavata, sembrano dei cunicoli, sembra il deserto. Prima hanno fatto deposito di immondizia, e in un secondo momento hanno incominciato a cavarla per terra da riporto, per fare cavalcavia. Quindi, questa zona che è stata abbandonata, e che nello stesso tempo ha come limite inferiore l'autostrada dei fiori, noi la proponevamo qui eventualmente per un insediamento di tipo cimiteriale. Perchè? Perchè praticamente non andrebbe a rompere quella unità di verde che si creerebbe e continuerebbe anche nel Comune di Assago in cui ci sono proprietà del Comune di Milano, farebbe veramente la continuità del Parco Sud. In linea di principio quindi noi non siamo contrari alla realizzazione di opere di pubblico interesse, ivi comprese le infrastrutture per la cittadinanza, ma vogliamo che per esse vengano utilizzate le fasce già degradate dal punto di vista agricolo esistenti nella zona, non già quelle produttive. MIGLIAVACCA: è giunto alla presidenza il telegramma del direttivo di zona del S.U.N.I.A., zona decentrata I.A.C.P.M., comprendente zone decentramento 5 - 14 - 15 - 16: "Saluta partecipanti convegno per realizzazione Parco Sud. Per tale obiettivo a nome propri organizzati si impegna ad essere parte attiva alle iniziative che i convenuti riterranno necessarie per realizzazione Parco Sud". Ha la parola Sergio Parenti, Sindaco di Pieve Emanuele. PARENTI: io porto a questo convegno l'adesione e il ringraziamento della Amministrazione che rappresento. E l'adesione non vuole solo essere formale, ma vuole essere in termini di partecipazione attiva e concreta per la soluzione del Parco Sud oggi ipotizzato. E credo che una partecipazione concreta non possa prescindere da un senso di responsabilità che deve essere presente in tutte le amministrazioni. Non dico questo a caso, e mi riferisco in modo particolare all'intervento dell'Assessore regionale all'Urbanistica Parigi, quando parla di piani previsionali di insediamento dei comuni del Sud Milano. Cito un esempio: il Comune che presiedo, nel 1969 aveva 1.000 abitanti, nel 1974 gli abitanti sono 7.000. Si potrebbe essere indotti a pensare che l'Amministrazione comunale che presiedo ha indiscriminatamente cercato di urbanizzare, per ripetere a livello di Sud Milano quei fenomeni speculativi che negli anni '60 hanno caratterizzato il Nord Milano. Direi invece che nel caso specifico ci sono responsabilità diverse, che non investono certamente la volontà e la presenza fisica della amministrazione di un comune di 1.000 abitanti, e che sono responsabilità identificabili nella misura in cui non abbiamo creato nè una Milano San Felice nè una Milano 2. Abbiamo realizzato per volontà precisa della speculazione di Stato, del Provveditorato alle Opere Pubbliche e della Prefettura, dell'Istituto Nazionale Case degli Impiegati dello Stato, un quartiere ghetto di 10.000 abitanti calati in mezzo a una risaia, in mezzo a un terreno fertile che doveva essere lasciato a disposizione dell'agricoltura, un quartiere per 10.000 persone, ghetto sociale e senza scuole, senza servizi, senza che nessuno intervenisse a tutelare la volontà amministrativa che in quello specifico momento non intendeva assolutamente urbanizzare quelle zone. E qui subentrano le gravissime responsabilità del Comune di Milano, il quale ha imposto questo insediamento per espellere da Milano i ceti popolari e meno abbienti, e lasciare che Milano ancora una volta fosse vittima della più bieca speculazione imprenditoriale privata: queste sono le responsabilità precise quando si parla di comuni dell'hinterland, che molto spesso subiscono il peso di scelte sbagliate compiute dalla città di Milano. Il Comune di Milano non si è nemmeno sentito in dovere di predisporre un servizio pubblico adeguato, per 10.000 persone che lavorano nei suoi uffici, creando ancora una volta e accentuando il fenomeno del pendolarismo. Milano non si è sentita in grado, nonostante una convenzione firmata con il Comune nel 1965, di contribuire alla costruzione di una sola scuola, di un solo servizio sociale, perchè evidentemente non sono più problemi suoi, sono problemi di una piccola amministrazione democratica, che in 5 anni ha compiuto sacrifici per dare a quelli che non erano suoi cittadini e che oggi lo sono i servizi più indispensabili, e che dal punto di vista sociale adesso sotto certi aspetti sono anche ser vizi avanzati. E allora io credo che nel nostro specifico caso, quando si parla di un quartiere ubicato oltretutto a un chilometro e mezzo dal vecchio centro storico del paese, e quindi anche in un modo sbagliato da un punto di vista strettamente urbanistico, si è posto per noi anche il problema di ricucire questa frattura attraverso un insediamento che diversificasse al massimo le categorie sociali insediate: perchè si è perduta anche la libertà. Perchè fra 10.000 impiegati dello Stato, se uno compera una camicia, quello che sta sul pianerottolo davanti sa già se l'ha comperata con i soldi o a debito, nella misura in cuì sapendo il coefficiente può risalire allo stipendio che percepisce. E' per ristabilire anche questa libertà e questo diritto alla propria autonomia, che si è cercato di diversificare queste categorie sociali, ristabilendo o cercando di ristabilire attraverso delle previsioni di insediamento un certo equilibrio in un ambiente sicuramente oggi compromesso e anomalo. E allora occorre che dietro alle enunciazioni di principio ci siano invece delle volontà precise. Occorre cioè che venga finalmente varata dalla Regione là legge sui comprensori, cominciando a riconoscere intan to quei comprensori, da un punto di vista giuridico, che già esistono. Portiamo degli esempi deteriori se vogliamo. La previsione dell'Amministrazione provincialeoche ipotizza e sostiene la costruzione di una stra da che dalla via dei Missaglia vada a congiungere la Binasca, attraversando campagne fertili che oggi ancora sono dell'agricoltura, e la cui costruzione comprometterebbe irrimediabilmente tutta la zona, perchè ovviamente le amministrazioni locali molto spesso piccole, molto spesso im potenti, nnn potrebbero resistere all'attacco della speculazione che indiscriminatamente verrebbe avanti. (Voci) Certo va già a servire una speculazione in atto. Questo lo diceva il Sindaco Foglia e questa in effetti è la realtà. E questa previsione che consta nei piani del P.I.M., il quale addirittura si batte perché questa strada non venga costruita, ma non ha assolutamente gli strumenti per impedire che il discorso vada avanti, e mi pare che nel piano pluriennale della Provincia sia già prevista la costruzione di questa strada. Mi riferisco ad altíi aspetti de teriori che oggi esigono che questi comprensori vengano creati, e cioè i piani di fabbricazione dei comuni, che magari terminano con una strada che va inevitabilmente a sbattere contro lo stabilimento del comune vicino perchè manca un confronto serio tra i comuni circa le previsioni di insediamento a livello di comprensorio, al fine di ristabilire la giustezza delle cose. E noi come comuni, nei limiti di quello che ci è stato consentito, abbiamo anche cercato di superare queste mute, abbia mo messo nei nostri piani di fabbricazione anche i vincoli dei verdi in tercomunali, che non hanno mai trovato pratica attuazione proprio perché il P.I.M. non ha strumenti nè economici nè giuridici per poter intervenire e tanto meno gli strumenti economici li hanno i comuni per poter realizzare questi verdi intecomunali. Quindi noi diciamo che siamo largamente favorevoli a questa iniziativa. Il discorso del Parco noi lo vediamo come l'inizio di una battaglia nella quale, giustamente, le zone del decentramento amministrativo di Milano debbono essere impegnate insieme ai comuni della prima e anche della seconda fascia, per mettere ciascuno di fronte alle proprie responsabilità, e per creare proprio una istanza di base, tale da portarci evidentemente a conseguire i risul tati positivi. Noi non diciamo, quando diciamo parco, l'indiscriminata attrezzatura di tutto il territorio: e giustamente è stato detto salvaguardia d'ambiente. Questo territorio lasciarlo a disposizione dell'agricoltura, quindi principalmente valorizzare le strutture già esistenti, in cui ovviamente dovranno essere anche individuati dei poli attrezzati, come giustamente veniva detto nella relazione introduttiva. E qui faccio un'affermazione che non vuol essere soltanto un'affermazione retorica o di principio: per quanto personalmente mi riguarda, dichiaro la nostra disponibilità anche per rivedere i nostri piani di fabbricazione. A rivederli a ridimensionarli, ma ovviamente anche tenendo conto di alcu ni aspetti, e cioè che questi ridimensionamenti avvengano sulla base di un discorso generalizzato, fatto a livello di comprensorio attraverso il ristabilimento di un equilibrio necessario tra posti di lavoro e posti di residenza, per non accentuare ancora una volta quei fenomeni di pendolarismo che già tanti risultati disgraziati hanno portato a livello di provincia milanese. Concludo, quindi, dicendo che per noi c'è questa disponibilità: diciamo che la vediamo come soluzione immediata, e non da rimandare successivamente al discorso dell'approvazione della legge di salvaguardia. Vediamo invece l'immediata costituzione di un consorzio, che affronti in termini precisi, in termini immediati, il discorso del Parco Sud, che per noi è una improrogabile necessità delle popolazioni che non vogliono più vivere la vita alienante che oggi si vive nel Nord Milano. MIGLIAVACCA: ha la parola l'Assessore provinciale all'Istruzione Siro Brondoni. BRONDONI: consentite che anch'io intervenga a questo punto del dibattito, per fare alcune considerazioni. L'utilità, a mio avviso, di questo convegno indetto dalle Zone 14 - 15 - 16 è quella senz'altro di stimolare noi tutti operatori, impegnati nei vari livelli, a cercare un punto più produttivo di intesa, di accordo o se necessario di scontro e di contrapposizione. In un paese come il nostro, dove la legislazione sugli Enti Locali è assai carente, e le nostre competenze sono franmiste, generando spesso interferenze, sovrapposizioni e qualche volta producendo interstizi, lacune, vuoti di potere, nei quali non sempre l'operatore amministra- tivo che si muove a livello dei Comuni, delle Provincie e oggi forse della stessa Regione può insinuarsi con una chiarezza di confini rispetto alla sua possibilità di intervento, io credo che proprio incontri come quello odierno, basandosi sui dati che raccolgono le essenziali articolazioni del Comune di Milano, costituite dai Consigli di Zona, consentano l'apertura di un confronto e di una verifica, tanto più opportuno questo confronto, tanto più opportuna questa verifica, in quanto siamo in Milano, città alle prese con la revisione del Piano Regolatore; e siamo in un soppesamento delicato tra Comune di Milano e Provincia, Amministrazione Provinciale e comuni tutti attorno a Milano, e specialmente comuni dell'area del P.I.M. interessati a che cosa in sostanza? A valutare quale salvaguardia porre in atto per alcune aree, per il maggior numero pos sibile di aree, e poi a valutare quali servizi essenziali per la cittadinanza milanese anzitutto, per la popolazione di questa macro provincia in un secondo momento, è necessario mettere in campo. E' innegabile infatti, già lo richiamava prima l'Assessore regionale Parigi, che noi sia mo oggi alle prese nel territorio milanese con una situazione assai complessa. Penso che su questo poi interverranno anche gli amici Cannarella e Dragone con le rispettive esperienze dell'Assessorato e della Commissione Consiliare per la Pianificazione Territoriale; ma per quel che mi riguarda, io devo dire proprio che siamo, giorno per giorno ormai, alle prese con le scarse possibilità dí insediamento che offre l'ambiente cittadino, pur nella considerazione delle sue periferie, laddove questo ambiente pone in atto, come ha da tempo posto in atto, un po' a tutti i li velli delle tendenziali o delle già realizzate conurbazioni con le municipalità dell'immediato hinterland. Ecco perché un convegno come quello odierno mi sembra molto opportuno. Chi come me è interessato essenzialmente ad essere fruitore, utilizzatore di aree per le strutture destina te alla formazione nella sua più ampia accezione e quindi all'istruzione, alla cultura, al tempo libero, allo sport, si rende conto che ormai giochiamo non su grandi aree ma in realtà su aree che stanno sempre più circoscrivendosi, e quindi su aree che comportano delle delicate scelte di carattere urbanistico che non possono non essere verificate in campo politico-sociale. Io ho sentito poc'anzi le preoccupazioni per esempio espresse dall'amministratore che mi ho, preceduto a nome del Comune di Pieve Emanuele; e se ben ricordo proprio da alcuni comuni di questa fascia a cavallo tra Milano e il Binaschino erano venute tempo fa delle sollecitazioni invece alla Amministrazione Provinciale, a completare via dei Missaglia per mettere ín contatto alcuni comuni con il, realizzando allora, complesso scolastico polivalente di viale Abbiategrasso. Niente di male se strada facendo ci abbiamo ripensato, se c'è la Possibilità invece di giocare meglio con il sistema di trasporto, di utilizzare delle possibili bretelle di congiungimento tra gli insediamen ti che già esistono in fatto di mobilità e gli ambienti che hanno fame di scuole, specialmente delle medie superiori, e che quindi pongono in atto quel pendolarismo che noi della provincia metropolitana cerchiamo di smaltire con i nuovi insediamenti, ma che obiettivamente è ancora nella realtà dei fatti per qualche anno, e sulla via anche della distret tualizzazione che dovrà certamente creare degli epicentri zona per zona in Milano, e zona per zona nell'intera circoscrizione provinciale, favo rendo essenzialmente il mantenimento del giovane una volta che vi siano adeguate opzioni formative nell'ambito appunto della zonizzazione del di stetto. Se dunque questo è, non mi spavento, perchè ritengo che è un fenomeno di crescita civile e in definitiva di impegno democratico quello, di valutare che una cosa magari chiesta in un anno può essere successivamente ricompresa in una valutazione più consapevole, più matura, in definitiva più soppesata secondo le esigenze attuali. Dico questo perchè proprio qualche giorno fa una delle zone che ha promosso l'interessante convegno odierno, la Zona 16, convocava diversi di noi in un simpatico incontro di studio, patrocinato anche dal Centro Culturale Tedesco di Milano, proprio per dibattere la creazione, in questa stessa zona, nell'ambito di questo comprensorio milanese, di campi gioco, di strutture Robinson, comunque di strutture dedicate ai nostri ragazzi; e la denuncia accorata che ha fatto la mamma di uno dei ragazzi morti in questi giorni, all'inizio dei lavori, pregiudizialmente rispetto ai nostri interventi, credo che metta proprio in luce questo fatto: che cioè valido è il discorso di fondo da verificare sul piano tecnico evidentemente, oltre che organizzativo e procedurale, dei 3 Consigli di Zona che oggi attraverso un documento esplicito ci hahno detto che cosa vorrebbero fosse salvaguardato per il verde, e poi che cosa di questo verde potrebbe essere meglio indirizzato a servizi sociali piuttosto che a insediamenti privati e pubblici, e comunque nuove possibilità di intervento, che indubbiamente finiscono per manomettere o comunque per circoscrivere l'area dedicata al verde. Altrettanto utile è poi il dosaggio di questi interventi, affinchè la mano pubblica una volta tanto coordinandosi all'interno delle sue dita, possa esprimere il meglio di sè stessa nell'investimento, che poi sottrae quattrini dalle saccocce dei cittadini ed è giusto quindi che sia realizzato nel modo più opportuno possibile. Per esempio, per quel che ci riguarda, noi dopo aver realizzato questo grosso complesso scolastico polivalente di piazza Abbiategrasso, e dò atto qui alla Zona 15 della quale siamo immediatamente ospiti di aver avviato con noi della Amministrazione Provinciale, coinvolgendo il Comune e da ultimo anche la Regione per questo complesso scolastico, un tipo di intesa operativa che non è ancora definita al 100%, che ha ancora delle grosse ombre, ma che costituisce certamente un comune denominatore per giungere a un "modus vivendi" efficace, che vada oltre anche un po', come dire, le ruggini dei rispettivi apparati burocratici; ebbene, dopo aver realizzato un complesso scolastico come piazzale Abbiategrasso, noi abbiamo degli altri propositi, abbiamo delle altre esigenze, che penso dovremo filtrare essenzialmente attraverso l'utilizzazione dei dati del documento questa mattina portato a nostra conoscenza, per vedere in che misura sono raccordabili con le esigenze di salvaguardia dell'habitat naturale che sta a cuore a queste zone. Noi abbiamo infatti rispetto a piazzale Abbiategrasso, nelle mezze ali che interessano questa conurbazione abbiamo già in fase di appalto e quindi di prerealizzazione il centro scolastico di Corsico, e poi dovremo altrettanto realizzarm uno a S. Donato Milanese. Ma siccome la Zona 16 in particolare, è carente di strutture scolastiche, e quest'anno le ho dovuto dare alcune aule di una sezione staccata dell'Istituto Tecnico Industriale, perchè non aveva nemmeno la possibilità di avere in loco degli ambienti adeguati per la scuola dell'obbligo, ecco che sorge l'esigenze di disporre di terreni per l'avvenire, ma di farlo non a capocchia ma in un modo ragionato, dove la camera di compensazione in qualche misura già esiste. Si è creata insieme al P.I.M. una Commissione per le grandi attrezzature; di questa commissione fanno parte i rappresentanti del Comune e della Provincia, lo sa bene l'amico Cannarella che presiede il P.I.M., oltre ad avere l'Assessorato all'Urbanistica, e quindi può essere la liaison in un certo senso tra i due settori, tra i due ambiti operativi. Penso che in quella sede, potremo indubbiamente valutare anche il vostro documento. Proprio in questi giorni stiamo raccogliendo le fila di tutta l'istruttoria che ha messo in campo sostanzialmente, da un lato, la richiesta di aree con le relative salvaguardie, e da quell'altro i punti interrogativi sulle destinazioni alle quali possiamo essere portati a impegnare questa o quell'area. Non dico di più se non appunto che in quella sede, penso con l'ausilio di questi documenti e delle indicazioni, che oggi emergeranno a conclusione del convegno, potremo verificare anche per questa parte di Milano in che modo muoverci e in che modo, con la usura del territorio e con la scarsezza anche delle possibilità finanziarie degli enti locali, fare non il meglio ma per lo meno il meno peggio pos sibile. MIGLIAVACCA: ci sono diversi iscritti a parlare... Pensiamo di terminare la discussione della mattina alle 12,45 circa. Io direi ancora di da re la parola al massimo a 3 - 4 intervenuti e rimandare gli altri al ID7 meriggio. Ha la parola il signor Fedeli Edoardo. Raccomando a tutti gli intervenuti il massimo di stringatezza. FEDELI: io sono un agricoltore rappresentante della Zona 15. La Zona 15 è sede di un'agricoltura che è simile a quella della Zona 16, sia per tipi di coltivazioni sia per rese, per cui non mi sto a dilungare sulla validità di questa agricoltura, che è già stato dimostrato. Tuttavia, nonostante la validità di questa agricoltura, gli agricoltori della Zona 15 denunciano una situazione di precarietà per il prospettato insediamento ospedaliero, che verrebbe a travolgere gran parte del verde agricolo, per l'insediamento della tanganzialina Sud, eccetera. Questi insediamenti impediscono agli agricoltori di avere la sicurezza di rimanere su questo suolo, e quindi di ristrutturare adeguatamente le a ziende agricole. Inoltre l'aver creato enormi quartieri cittadini senza le necessarie infrastrutture di difesa del verde agricolo, rende queste aree soggetto ad invasioni e vandalismi, incendi, ruberie, eccetera; per cui non si capisce perchè sia, ad esempio, stata impedita la realizzazione di un parco giochi che era prospettato in questa zona dalla Curia arcivescovile, che ha acquistato questa parte di terreno. Questa situazione ha condotto la maggior parte degli agricoltori a una completa sfiducia nel continuare la loro attività in questa situazione, privi di appoggio e tutela per tutta l'agricoltura Sud milanese, che pur tuttavia è tra le più ricche a tutt'oggi in Lombardia. Qui ci sono dei dati tecnici, sono simili a quelli della Zona 16. Questa zona agricola comprende un totale di 10.000 pertiche milanesi, e vi ricordo che una pertica milanese equivale a 650 metri quadri, gli allevamenti bovini assommano un patrimonio di 270 cari di bestiame da latte e di 670 capi di allevamento. Infine, dopo questa esposizione, i coltivatori chiedono di poter conoscere con precisione il loro avvenire. Se sia possibile cioè una loro sopravvivenza in zona, oppure se devono inoltrare domanda ed a chi per un posto in cassa integrazione. MIGLIAVACCA: la parola all'Assessore all'Urbanistica del Comune di Milano, Salvatore Cannarella. CANNARELLA: io ringrazio gli organizzatori di questo convegno, perchè lo trovo estremamente interessante e producente ai fini dei lavori che stiamo portando avanti dal punto di vista della pianificazione. Ringrazio anche in modo particolare il relatore Paolillo, che ha fatto un discorso che io credo sia in gran parte condivisibile. Penso anche che abbia avuto degli scambi di idee con i nostri amici del P.I.M., perchè ritrovo alcune caratteristiche, e d'altra parte mi fa piacere che le idee si facciano strada, indipendentemente da chi poi se ne fa veicolo. E' stata chiesta una collaborazione tra P.I.M. e Comune di Milano: CREdo che questa sia garantita veramente nella maniera più stretta, attraverso la contestualità della pianificazione. Diciamo che questo è un assunto che noi abbiamo preso, vuoi come Comune di Milano, vuoi come P.I.M., già tre anni fa circa quando abbiamo affrontato cioè il discorso del piano regolatore di Milano e della predisposizione contestuale del P.I.M. Ci siamo messi con decision., su questa strada, anche se non mancavano le difficoltà, specialmente per quanto riguardava il P.I.M. dal punto di vista della sua validità istituzionale. Noi abbiamo porta to avanti una certa battaglia per la difesa dei comprensori, ma non ci siamo fermati a dibattere la questione istituzionale; abbiamo detto che è importante lavorare, è importante affrontare i problemi e cercare di dare ad essi una risposta, ci siamo imbarcati nella non indifferente opera di predisporre il piano intercomunale che sarà senz'altro presentato in gennaio all'assemblea dei Sindaci. Abbiamo fatto, a questo proposito, tutta una serie di consultazioni con i comuni che stanno concludendosi; credo che l'ultima avrà luogo la prossima settimana, proprio per verificare quelle che sono state le nostre proposte, con i sindaci, con i vari amministratori, e anche con i tecnici delle amministrazioni comunali. La contestualità della pianificazione si è dimostrata un fatto estremamente importante per contemperare le esigenze della città con quelle dell'hinterland e non per esportare i problemi di Milano, come qualcuno ha detto. I problemi di Milano, prima di essere esportati semmai sono stati importati, perchè quando a Milano sono arrivate 300.000 persone, dal '57 al '63, ecco, prima abbiamo importato i problemi, e poi, se non riusciamo a risolverli tutti nell'ambito del territorio comunale, io credo che non ci sia niente di scandaloso; e vedo qui il sorridente Sindaco di Rozzano, che, certamente, di questa importazione - esportazione è stato uno di quelli che ha subito le conseguenze, ma è diventato un Sindaco molto più importante di prima. Quindi, direi, non poniamoci in termini contradditori fra città ed hinterland o contrastanti, ma in termini certamente di collaborazione. Altro discorso importante era quello della globalità della pianificazione, che noi abbiamo certamente tenuto presente, e non solo, ma un processo pubblico di pianificazione. Caro Paolillo, l'urbanistica segreta del cassetto è oramai da tempo finita a Milano, e io dico non soltanto a Milano. Tanto è vero che durante questo processo di pianificazione, a parte gli incontri che abbiamo avuto con i Consigli di Zona, che pure si stanno concludendo in questi giorni, abbiamo deciso anche che non solo i Consiglieri Comunali, ma anche i Presidenti dei Consigli di Zona e ì Coordinatori delle Commissioni Urbanistiche possano adire lo Ufficio Tecnico per la revisione del piano regolatore, per prendere vi siene e contatto, e discutere in questo momento ancora di formazione delle decisioni. Quindi, direi che di segreti non ce ne sono, e direi che le cose più segrete sono quelle che sanno tutti, evidentemente, e ci siamo messi su questa strada certi di non sbagliare. I problemi... Amici miei, io ho confermato la convinzione che noi avevamo già maturata a livello P.I.M., cioè che era ora di finire di calcolare i suoli agricoli come dei suoli potenziali disponibili a qualsiasi operazione. Questo mi sembra il dato emergente da questo incontro, veramente il più importante. L'agricoltura ha una sua funzione, che va difesa come quella dell'industria, come quella dei servizi pubblici, come quella della residenza, mentre invece finora i terreni agricoli erano lì, e un bel momento potevano essere passibili di qualsiasi investimento, senza una sufficien te valutazione del valore agricolo, delle attività che vi si svolgevano; e questa inversione di tendenza, questo ridare all'agricoltura il suo giusto ruolo, la sua giusta posizione, la sua giusta considerazione, mi sembra un fatto decisamente importante. Ecco, noi ci troviamo in questa fase delicatissima e speriamo conclusiva. Io mi auguro proprio che il Consiglio Comunale prima di scadere, riesca ad adottare il nuovo piano regolatore generale, anche se avrà determinate caratteristiche per cui consentirà... (voci) dipende anche dal Consiglio, caro Mottini. D'altra parte siete stati chiamati anche voi alla collaborazione e quindi avete una parte di responsabilità. I problemi sono evidente- mente gravi e molti, e non basta impugnare la bandiera dell'agricoltura o dell'industria o dell'edilizia popolare o dei servizi pubblici per dire: risolviamo tutti i problemi. No, perchè il problema dei problemi è mettere insieme queste esigenze, e su un suolo estremamente scarso stabilire le priorità. Il discorso è tutto qui, perchè noi in città stiamo cercando di recuperare suoli oggi edificati a verde, a servizi eccetera, perchè tutti giustamente gridano allo scandalo della mancanza degli standards, della inadeguatezza dei servizi, dell'ingiusto rapporto esistente oggi tra suoli destinati a verde e servizi pubblici e popolazione. Quindi dobbiamo dare una risposta al problema dei servizi di quartiere, dobbiamo dare una risposta al problema dei grandi servizi di interesse generale della città, quindi collocazione delle grandi infrastrutture, vedi il problema del cimitero. Il problema direi agricolo non so se sia stato sufficientemente valutato quando è stata proposta la variante, quando è stata adottata. Io credo che nessuno si ritiri davanti ad eventuali proposte alternative,che però fossero accettate dagli altri Consigli di Zona; perchè se i 20 Consigli di Zona dicono tutti che un cimitero non lo vogliono, amici miei, facciamo subito una riunione dei Presidenti dei Consigli di Zona e vediamo dove, come e quando questo cimitero può essere collocato. Perchè il discorso è proprio tutto qui: il cimitero non lo vuole nessuno, l'obitorio non lo vuole nessuno, il tribunale dei minorenni non lo vuole nessuno, e via via potrei fare un elenco lunghissimo, gli inceneritori non li vuole nessuno e così via. Abbiamo poi il problema dei centri scolastici, per i quali abbiamo fatto una serie di indicazioni proprio a livello di quella Connissione Grandi Attrezzature; però anche quelli mangiano dei suoli liberi, e molto probabilmente suoli che in questo momento sono destinati ad attività agricole. Abbiamo il problema degli ospedali. Abbiamo già visto una ubicazione descutibile fin quando volete, ridiscutibile se volete, quella a Sud del primo Policlinico con la facoltà di medicina che dovrebbe trasferirsi da via Francesco Sforza. Ulteriore previsione al trasferimento da via Francesco Sforza dovrebbe essere quella del secondo Policlinico, che stiamo cercando disperatamente di collocare nello ambito della città, perchè la Regione ci ha detto che nella zona Est, fuori città, non necessitano strutture ospedaliere in quanto le zone son già servite; quindi l'ospedale deve collocarsi in città ed evidente mente saranno altri 7 - 800.000 metri quadrati che dovranno essere ripescatí dove? Logicamente sulle zone inedificate per collocare il secondo ospedale. C'è poi un terzo ospedale a Nord-Est, del quale pure ci stiamo preoccupando per trovare la collocazione. Quindi voi vedete: centri scolastici, ospedali, cimiteri, tribunali, eccetera, eccetera. Ora c'è poi anche il discorso della riorganizzazione di tutto il settore trasporto merci, e di qui viene fuori la questione di cui è stato soltanto vagamente accennato, di una collocazione a Sud di una struttura che certo a mio modo di vedere non potrà mai essere quella dei 5 milioni di metri quadrati ipotizzata in un primo tempo, forse potrà essere 1 milione 0 1 milione e mezzo. Non lo so, c'è già una decisione della Commissione Urbanistica Regionale, se non erro, Parigi, che esprime un parere in limea di massima favorevole, pensando però che una struttura deve esserci anche a Nord, per evitare che delle merci affluiscano al Sud e rifluiscano al Nord. Che queste strutture devono essere soltanto ed esclusiva mente al servizio della città di Milano e del suo immediato hinterland e non al servizio dell'intera regione Lombardia, però... o magari dell'Europa... però sono problemi che sono sul tappeto, perchè le ferrovie ci chiedono dove devono mettere i contíners, gli autotrasportatori ci chiedono dove devono collocarsi, le dogane ci chiedono dove devono andare, se dobbiamo liberare per esempio la zona di via Valtellina. Ecco, questo per dire che esistono dei problemi ai quali una risposta va data, e sono problemi le cui risposte 90 probabilità su 100, se non 100 su 100 necessariamente vanno a collocarsi su terreni che oggi sono agricoli. Però è giusto che si tenga conto non solo di una ubicazione nell'interesse della struttura che deve collocarsi, ma di un obiettivo che è quello del mantenimento dei posti di lavoro nella città. Siamo davanti a un punto abbastanza dibattuto all'interno della Commissione centrale per la revisione del piano regolatore avremo un incontro martedì mattina con la presidenza e la direzione del P.I.M. per affrontare questo problema della ubicazione e della quantificazione delle aree industriali. Da un lato si vorrebbe non favorire quel processo di dirai nuzione di posti di lavoro, che negli ultimi 7 anni si aggira, mi pare, adesso non voglio sbagliare, in questo momento, sugli 80.000 minori addetti in città di Milano. D'altro lato, abbiamo, ripeto, il problema di recuperare aree oggi industriali, magari di industrie degradate, all'interno della città, per ricuperare i servizi e la possibilità di ricollocazione di queste industrie, perchè dopo ci dicono che le vogliamo mandare fuori,che ricreiamo il pendolarismo alla rovescia. Però anche per questo, amici miei datemene atto, ditemi se non va a contrastare col discorso che proprio qui è stato fatto questa mattina, di andare ad investire suoli che oggi sono destinati alla agricoltura. Quindi dobbiamo scegliere in certi momenti, e probabilmente la scelta deve essere soltanto più oculata. In alcuni casi varrà la pena di dare preminenza direi all'interesse industriale, ma in alcuni casi, dobbiamo dirlo, potrà valere la pena di dare preminenza a interessi agricoli, tanto più che mi si dice che proprb anche per il problema delle acque per esempio la collocazione a Sud di industrie pare che sia un fatto veramente ed estremamente negativo; però nelle nostre fila ci sono sostenitori di espansioni industriali a Sud e proprio in questi giorni a vremo un confronto, i cui risultati logicamente verranno portati poi a conoscenza dei Consigli di Zona, dei comuni interessati e così via. Ora, ci sarebbe molte cose da dire, ma io non voglio portar via più tempo di quanto sia necessario. Credo di avere detto due cose che ritengo abbastanza importanti, e che sono: la prima, l'esistenza di problemi, quindi la compatibilità delle soluzioni che sono davanti agli occhi di tutti, qui non c'è il più intelligente o il meno intelligente, i problemi sono quelli che sono e bisogna vedere se vengono risolti in una maniera veramente attenta ner tutti i settori della attività, rispetto a tutti gli interessi che esistono nella città,o se invece magari ci sono alcuni interessi che vengono trascurati. Il secondo punto è proprio questo: se c'è un interesse che finora era stato trascurato, è quello della agricoltura. Quindi, l'aver affrontato a livello P.I.M. e a livello di zona questo problema di una diversa valutazione dei suoli agricoli, addirittura tentando di immaginare vincoli che impediscano l'ulteriore disponibilità nel tempo, almeno per un lungo tempo, di questi suoli per altre destinazioni, io credo... comunque, ripeto, mi sembra che siano due cose che questa mattina valesse la pena di dire, anche se l'argomento che è stato affrontato è tanto ampio; l'unica cosa che vorrei dire, è questa: la possibilità di ulteriori dibattiti, perchè da oggi, ancora fino alla presentazione del piano, vuoi a livello di Giunta, vuoi a livello di Consiglio Comunale, il dibattito con i Consigli di Zona proseguirà. Durante tutto il periodo di dibattito in Consiglio Comunale, evidentemente, si proseguirà ulteriormente l'incontro con i Consigli di Zona... vorrei che questo non si dimenticasse, e, nonostante quel che pensa il mio amico Mottini, io spero proprio che questa amministrazione adotterà la variante generale al piano regolatore, e che anche successivamente potranno proseguire gli approfondimenti e i dibattiti,in tutta la fase di pubblicazione del piano e di presentazione delle osservazioni; come abbiamo già visto, per esempio, per la variante Garibaldi che abbiamo fatta in un certo modo, e, nel momento delle osservazioni e delle pubblicazioni, si sono apportate delle modifiche anche abbastanza sostanziali. Cioè il tempo oggi è drammaticamente ristretto, e quindi forse non ci permette tutti gli approfondimenti necessari, però ce lo può consentire nel momento successivo, prima che il piano diventi un giorno piano approvato, una volta controdedotte le osservazioni, e una volta mandato ai vari livelli, comprensoriale e regionale, per la definitiva approvazione. Grazie. MIGLIAVACCA: il dottor Maurizio Mottini, Consigliere comunale di Milano. MOTTINI: io credo che il problema sollevato in questo convegno si ricolleghi a un discorso più generale, che è quello di riuscire a realizzare dei fatti. Parliamo del problema del controllo pubblico sull'uso e la destinazione del territorio. Noi ci siamo trovati di fronte, in tutti questi anni, sostanzialmente a un processo di utilizzazione del territorio regolato da leggi relative alla rendita dei suoli, in base a fenomeni micro-aziendali o macro-aziendali, in base a una spinta alla ricerca di una residenza in simbiosi con processi di valorizzazione del suolo pubblico urbano; una espansione cioè incontrollata, indiscri minata, che è stata definita a macchia d'olio, che ha travolto strumenti urbanistici preesistenti, ha travolto la capacità in genere degli operatori pubblici di predeterminare e regolamentare il processo di svi luppo. Ci sono, certo, deficienze di ordine legislativo per quanto riguarda le competenze, i poteri, le procedure degli enti pubblici prepo sti a disciplinare, a intervenire nel controllo del destino del territorio. Ma è anche vero, e dobbiamo dircelo, che esistono delle responsabilità politiche. E nell'ambito delle responsabilità politiche, esistono le colpe dei politici delle forze di maggioranza, e le colpe dei politici delle forze di minoranza, che hanno segno, qualità e caratteristiche diverse. Potremmo dire di più: che all'interno delle stesse forse di maggioranza, ci sono le forze che sono più di maggioranza di altre. Dicevo questo, perchè troppo spesso si sente fare questo discorso delle responsabilità dei politici, senza giungere invece a una definizione più puntuale: di quali responsabilità ci sono state, del tipo di deficienze che sono state riscontrate. Perchè, senza una analisi più puntuale e più precisa, noi non giungiamo neppure a predisporre que gli strumenti, quelle linee operative, quel discorso politico che possa segnare una inversione della tendenza finora operante. Sotto questo profilo, negli ultimi anni in città e non solo in città si è creato un movimento volto a contrastare questo processo di espansione incontrollata, un movimento che ha segnato dei punti positivi di contestazione puntuale e precisa a concrete e precise manovre, un movimento che ha in molti casi avuto una funzione di condizionamento circa l'espandersi ulteriore di questo processo di sviluppo caotico, e frammentario nel contempo. A questo punto occorre che questo movimento, vuoi per la difesa degli inquilhi, vuoi per la conquista di residenze di tipo economico-popolare, vuoi per contrastare determinati tipi di insediamenti che venivano a urtare con la realtà preesistente,in modo traumatico, dalla fase di difesa di fronte a questo processo, passi ad assumere una cau.apevolezza, giunga ad assumere una funzione unitaria positiva, che sappia dare forza politica a un processo di rinnovamente generale che deve vedere implicata una rigenerazione e un modo diverso di governare da parte degli enti locali. E' certo quindi che, se noi abbiamo bisogno di questo salto di qualità, abbiamo bisogno di farci carico, nelle diverse realizzazioni di questo movimento, della complessità dei problemi, e dobbiamo fare questo anche in tempi brevi, perchè tempi brevi sono necessari per giungere a dei risultati positivi. In altre parole, noi non possiamo permetterci il lusso che il movimento, nelle sue diverse articolazioni territoriali, crei momenti di frizione e di contrapposizione, i quali, anzichè gettare le basi di una inversione generale di tendenza dei processi di sviluppo della città, e dell'area metropolitana milanese, creino invece le premesse o aprano degli spazi per l'inserimento di determinate volontà particolari, di determinati interessi costituiti, che, giocando sulla contrapposizione di un settore del movimento democratico ad un altro, possano trovare alibi o magari anche consensi o magari complicità per ralizzare fatti compiuti. Sotto questo profilo è indispensabile che il movimento democratico intorno ai problemi del destino urbanistico di Milano e dell'area metropolitana sappia coraggiosamente affrontare i problemi delle scelte necessarie e delle grandi infrastutture, e che siano fatte, queste scelte, alla svelta; ci sono già ritardi incredibili, e questi ritardi, lo si voglia o no, fanno avanzare propositi di gruppi particolari e di interessi particolari. Occorre indubbiamente riuscire ad esprimere una linea coerente di azione di freno, di contenimento e di decentramento del terziario direzionale e, guardate, almeno nell'ultima fase di questo sviluppo caotico della città di Milano e del suo hinterland, proprio il problema della concentrazione del terziario direzionale all'interno del nucleo urbano di Milano è l'elemento chiave per comprendere tutta una serie di fenomeni; occorre che il movimento democratico sappia vedere questo problema fino in fondo, e sappia ostacolarlo non con una proposta singola, vuoi per quanto riguarda la residenza, vuoi per quanto riguarda la valorizzazione del mantenimento di insediamenti agricoli e così via, ma sappia vedere questo problema nei suoi termini complessivi e ostacolarlo con una visione complessiva. Sotto questo profilo anche il. Problema degli insediamenti e della porzione di territorio del Comune di Milano per l'industria non può essere sottovalutato. Noi abbiamo avuto a Milano nel corso dell'ultimo decennio un grande avvicendamento di localizzazioni industriali che nascono anche da processi interni fisiologici aziendali di apliamento, di razionalizzazione di determinate strutture interne, e che sono fatti immanenti alla attività industriale e non possono certo essere considerati di tipo parassitario. Fanno parte, questi insediamenti, di un processo di rilocalizzazione del processo fisiologico di un settore che indubbiamente parassitario non è. Allo stato attuale delle carte del vigente piano regolatore, non esiste più praticamente nulla per quanto riguarda anche un processo semplicemente di aggiornamento fisiologico del settore industriale. Ed è un problema che non si può non porsi, non lo si può assolutamente e francamente. Mi sembra di poter affermare che, contro il discorso della terziarizzazione e del direzionale, la leva del discorso sul mantenimento del caratte re industriale della città di Milano può aggregare forze sociali importanti e fondamentali per contrastare il disegno finora operante. Non so lo si ha un problema che riguarda la classe operaia, ma c'è anche un problema che investe una fascia estesa di piccoli e medi imprenditori, che operano nella città di Milano e che hanno bisogno di sapere con cer tezza se ci sono delle possibilità concrete di rilocalizzazioni, di adeguamento fisiologico delle proprie strutture produttive, e bisogna che questo spazio sia riservato all'interno del piano regolatore di Milano; esiste, quindi, anche il problema delle attività agricole; però mi si consenta di dire, con molta schiettezza, che non si può pensare ad una Milano caratterizzata da paesaggi idilliaci agricolo-pastorali in cui si cantano le bucoliche. Perchè altrimenti noi ci porremmo un obiettivo velleitario, che sarebbe spazzato di fatto da una realtà. Si tratta quindi di fare una scelta seria, coerente, giusta,valutata in termini razionali sotto il profilo urbanistico, e sotto il profilo economico del mantenimento di determinate aree ad uso agricolo dove vi sono giustificazioni di carattere economico e di carattere ambientale; ed è giusto prevedere una apposita normativa a questo riguardo, ma non è certo pensabile di invertire con la valorizzazime del discorso agricolo una tradizione come quella dell'area metropolitana milanese, tradizione che indubbiamente è di tipo industrialq ed è di tipo quindi non primario, non dell'attività primaria. Detto questo, tanto per estrema chiarezza, perchè una discussione ha un senso se ci confrontiamo apertamente, è certo che noi in tutto questo discorso dobbiamo anche vedere la questione del la residenza; e nell'ambito di una realtà come quella milanese, che offre margini estremamente limitati di spazi liberi, il discorso della residenza non può che essere affrontato sul terreno della ristrutturazione e del risanamento delle zone degradate. Ma qui occorre molta chiarezza. Noi non siamo contrari all'utilizzazione della stessa iniziativa privata per giungere a un risanamento, a una ristrutturazione di questa edilizia degradata; ma occorre avere chiarezza e si può andare a trattare con i privati, con le stesse immobiliari, quando si è in una posizione di forza. E si è in una posizione di forza quando si ha il coraggio di applicare i vincoli di 167. Questo è il discorso che bisogna affrontare in maniera decisiva e coerente. Si tratta di salvaguardare la posizione di preminenza dell'ente pubblico, adottando strumenti legislativi, che ci sono, che non bisogna assolutamente inventare; e perseguire Poi con coerenza un disegno di controllo pubblico del processo che in- volve la città nel suo insieme, sotto il profilo del dimensionamento è della rilocalizzazione del settore industriale, sotto il profilo della individuazione di zone a verde, e sotto il profilo verde intendo quello di pubblica utilizzazione, e all'interno di queste aree il mantenimento e il riconoscimento di una funzione per nuclei produttivi di tipo agricolo, che abbiero una giustificazione precisa e un senso concreto in un panorama complessivo. Occorre, infine, considerare il rapporto che ci deve essere tra questo movimento complessivo e il discorso del piano re golatore, e degli organismi che sono preposti alla redazione di questo piano. Noi dobbiamo lamentare un estremo ritardo nell'intessere un collegamento e un rapporto stretto. Solo recentissimamente si è avviata una consultazione tra le zone e la Commissione Pianificazione Territoriale e la Commissione centrale del piano, e dobbiamo qui andare a vedere alcune date a proposito di responsabilità, Cannarella. La delibera quadro per il piano regolatore non è antichissima, ma ha già una sua bella età. Quando sono stati costituiti gli uffici e si è creato uno spazio operativo effettivo per la Commissione centrale? Lascio a Cannarella rispondere. Luglio. E dobbiamo dirci che il programma della revisione del piano regolatore, la Giunta lo aveva all'atto della sua costituzione del 1970. Mi si dirà: ma ci sono state di mezzo due crisi. E' verissimo, ma questo non compete certo alla responsabilità della opposizione comunista, e si dirà di più: tutte le volte che il Consiglio comunale ha interrotto la sua attività, sempre, puntualmente, in maniera monoto na, se volete, è stato il gruppo comunista a sdlecitare la convocazione del Consiglio comunale. E non mi si dirà che sono mancate nell'ambito del Consiglio comunale di Milano sollecitazioni a più riprese da par te del gruppo comunista ad accelerare a portare avanti il discorso della revisione del piano regolatore. Noi giudichiamo che siamo ancora in tempo a fare un discorso concreto, a giungere non a un documento, il solito libro giallo rosso viola o blu, ma a una revisione del piano regolatore che sia un fatto di normativa, una revisione del piano regolatore che sia un insieme di carte, cioè un fatto che costituisca qualcosa di concreto per quanto riguarda il controllo del destino urbanistico dell'uso del territorio della città di Milano. E noi, dobbiamo fare questo lavoro non separando in una stanzetta coloro che sono i redattori del piano, ma stabilendo un rapporto sempre più stretto di colleganza tra questa realtà centrale e l'insieme del movimento, che bene o male si è sviluppato in questi anni nella nostra città. E in secondo luogo, abbiamo bisogno di accelerare i tempi di un rapporto non tanto e non solo tra Commissione centrale del piano regolatore di Milano e P.I.M., ma con le realtà più concrete dell'hinterland milanese, cioè con le realtà degli amministratori. Quello che vorrei far capire, è che non si può pensare di fare queste cose bene e alla svelta, con un giusto orientamento, se noi non facciamo un discorso a livello operativo insieme con questa realtà complessa del movimento. Badate bene che questo discorso, per poterlo compiere fino in fondo, occorre una volontà politica che fino adesso per parte nostra non abbiamo potuto riscontrare nell'ambito della coalizione di maggioranza a Palazzo Marino. Ma occorre giungere su queste questioni a una precisazione, a una assunzione di responsabilità perchè, se non si dovesse arrivare a fare il piano, siano chiare fino in fondo quali sono state le singole responsabilità delle diverse forze politiche. Grazie. MIGLIAVACCA: termina qui la prima parte della seduta che riprenderà alle ore 15. Il primo iscritto a parlare è il signor Luigi Basilico, Parroco dei Tre Ronchetti. L'amico Aldo Coda Presidente del Consiglio di Zona 15 farà gli onori di casa.

II PARTE

CODA: ho un elenco di interventi, ma, se le persone che hanno chiesto la parola non sono presenti, e ci sono altre persone che vogliono prendere la parola in questo momento, la presidenza è d'accordo, anzi ringrazia di questa loro attenzione di occupare lo spazio che può essere morto. Mancano alcuni rappresentanti della pubblica amministrazione però noi siamo disponibili anche a dar spazio a interventi che sono stati predisposti questa mattina. Se c'è qualche persona o rappresentante di qualche struttura che chiede la parola, siamo disponibili. FLORIDDIA: io mi ero iscritto stamattina, aderendo a questa riunione sul problema del Porto di Mare. Io rappresento le Associazioni genitori della Zona 14, ed esattamente delle scuole elementari di via Antonini, Martinengo, Sulmona, Polesine, Ravenna, Vallarsa, Verro e delle scuole medie di Rogoredo "Benedetto Croce" e "Lombardini". Praticamente, di tutte le scuole della zona che sono le uniche scuole che esistono, in quanto abbiamo carenza di scuole medie superiori ed altro genere di scuole. Però tutta la preparazione dell'intervento la pongo in questi termini. Noi siamo stati gli organizzatori di quella famosa manifestazione della marcia al Porto di Mare, 3.000 genitori presenti. Io approfitto di questa circostanza per fare una sola denuncia: è indecoroso che un problema come il Porto di Mare non sia stato trattato stamattina: ci sono state tutte le autorità presenti, e in questo momento non c'è nessuno, tranne una persona, al tavolo della presidenza. Per Cui, a nome di tutte queste associazioni, ritengo che non esiste nessuna buona volontà a discutere il problema della sistemazione Porto di Mare, o a renderlo veramente un'opera realizzabile. Grazie. CODA: allora la parola al rappresentante di Italia Nostra, l'architetto Bazzoni. ZoppE': io sono un consigliere di Italia Nostra. Avrebbe dovuto parlare l'architetto Bazzoni al posto mio, ma è impegnato nel convegno sulle cave e l'ambiente. Quindi porto l'adesione di Italia Nostra al Problema del Parco Sud, che noi avevamo già esaminato e studiato con anticipo abituale. Ci rammarica soltanto il fatto che siano passati Più anni dal tempo in cui noi avevamo iniziato la nostra azione. Infatti, 2 anni fa avevamo inviato una lettera al Consiglio comunale perchè inserisse il Parco Sud nel progetto del piano regolatore di Milano. Una lettera in cui si chiariva qual'era la posizione di Italia Nostra, e quali erano i principi che si riteneva fossero necessari per giungere alla realizzazione del Parco Sud. A questa lettera, naturalmente, non è stata data mai risposta. E allora, in seguito, abbiamo indetto una riunione con i rappresentanti dei Consigli delle Zone 14 - 15 - 16, presso la sede di Italia Nostra, e sembrava allora che il progetto fosse utopistico, tanto è vero che non ne è seguita azione; e purtroppo noi non a- vevamo avuto altri mezzi di procedere, all'infuori di sensibilizzare i nostri soci, tanto è vero che abbiamo collaborato per la manifestazione del Porto di Mare, il 25 giugno, con un nostro intervento personale e anche di altri esponenti, perchè riteniamo e ritenevano che se c'è un atto che possa qualificare l'Amministrazione comunale in questo momento, è proprio la realizzazione del Parco Sud. Noi riteniamo che, contrariamente a quanto ha detto l'Assessore Parigi stamattina, sia urgente, sia necessario e indispensabile istituire un consorzio tra le Zone 14 - 15 - 16 del Comune di Milano e i comuni limitrofi. Avevamo già esaminato in parte quali potevano essere i confini meridionali, e stiano ancora studiando fino a dove potrebbe estendersi il Parco, però riteniamo che si debbano vincolare a verde agricolo e a verde pubblico, nelle zone di proprietà dei comuni, tutte le aree che sono comprese tra Milano - Melegnano --Binasco e Gaggiano. Noi riteniamo che quelli siano i confini minimi indispensabili su cui si possa operare e possa operare il consorzio che noi auspichiamo, e che chiediamo venga istituito con legge d'urgenza da parte della ,legione. Naturalmente siamo sempre a disposizione come organizzazione per tutte le campagne e tutte le attività che il consorzio o i Consigli di Zona o il Comune o i comuni limitrofi ritengano necessari per poter arrivare alla realizzazione di questo benedetto Parco Sud. Grazie. CODA: don Luigi Basilico è in sala? L'architetto Giacomini? Altri interventi... diciamo così per aspettare appunto... Borsotti? Prego. La Federbraccianti C.G.I.L. FEDERBRACCIANTI C.G.I.L.: i convegni... c'è un orario, un programma... questo discorso non vale per i presenti ma per gli assenti...bisogna cercare possibilmente di rispettarlo, perchè tutti naturalmente hanno impegni eccetera, e secondo me non è seria questa fuga su un problema così importante. Comunque,io credo che nella relazione fatta stamattina dall'amico Paolillo, ho trovato alcune novità molto importanti. Credo che debbano far riflettere tutti, e io giudico abbastanza positiva questa svolta. Io mi scuso, ma sono abituato, in generale, quanto parlo, a leggere. Per questa volta non ho potuto, e di conseguenza andrò un po' a ruota libera e il mio intervento non sarà molto organico. Dicevo: è stato un taglio abbastanza positivo, anche se nella realtà di Milano, comunque, alcune cose devono trovare un certo tipo di logica molto diverso. Io non condivido naturalmente certe posizioni espresse dai rappresentanti della maggioranza su alcune cose sollevate qui, i problemi dell'agricoltura, eccetera, non condivido nemmeno la posizione del mio amico e compagno Mottini nell'intervento che ha fatto stamattina su questi problemi del Sud, del Parco Sud e dei problemi del primario. Io credo che, arrivati a questo punto, una riflessione seria, ma di tutte le forze, sulla questione agraria in Italia deve essere fatta. Ecco perchè io condivido la relazione, dicevo, pur tenendo conto di alcune cose che gli specifici problemi di Milano pongono all'attenzione di tutti. La condivido perchè ha radicalmente posto un problema all'attenzione di tutti, un problema di rottura, che è stato snobbato da tutte le forze, non solo quelle governative le quali hanno naturalmente maggiore responsabilità, ma anche altre forze. Comunque ciò che è stato un po' emarginato, oggi viene fuori: lo diceva prima qualcuno; io l'ho detto altre volte, e lo ripeto qui, che abbiamo scoperto che i bulloni non si possono mangiare, siamo arrivati al punto di rottura, allora tutti ci accorgiamo che c'è l'agricoltura, che bisogna salvare l'agricoltura, eccetera. Ci voleva naturalmente il costo dei prezzi del petrolio, e naturalmente ci volevano i 3 mila miliardi di deficit della bilancia dei pagamenti per porre questo problema. Ora io dico questo: sono soddisfatto che questi proble mi vengano posti, al medesimo tempo c'è naturalmente amarezza in me in quanto, malgrado il lavoro che si è fatto, non siamo riusciti, in tutte le sedi e a chi di dovere, a far comprendere dove si andava a finire, la drammaticità di questo problema e quelle scelte che sono state fatte, le conseguenze che arrecavano al nostro paese. Noi abbiamo scelto ... noi, l'Italia, comunque chi ha diretto la politica economica italia na nel nostro paese, ha fatto le scelte dell'industria e si è privilegiata l'automobile, si è privilegiata l'autostrada, si sono privilegiate l'industria della trasformazione, naturalmente a danno dell'agricoltura. Oggi queste scelte hanno dimostrato il loro fallimento, e hanno dimostrato la situazione drammatica a cui noi siamo arrivati. Io ricordo nei paesi nella nostra provincia, il discorso che si faceva a tutti i livelli sul problema dell'agricoltura. Il problema dell'agricoltura non era solo degli addetti, dei lavoratori occupati e degli imprenditori, ma era un discorso che doveva essere fatto da tutte le forze politiche e sociali del nostro paese, e quante volte non siamo stati ascoltati e quante difficoltà abbiamo incontrato! Non parliamo naturalmente in certi casi anche delle umiliazioni, e sembravamo della gente che andava a cercare l'elemosina, sembravamo della gente che andava a parlare, così, al vento. Oggi d'altronde siamo costretti a dire... fino lo stesso mio compagno Lama, segretario generale della C.G.I.L., ieri ha avuto il coraggio pubblicamente anche sui giornali, e anche oggi, di farsi l'autocritica. Anche a quel livello si è sottovalutato il problema, non si è fatto tutto il possibile, perchè fare battaglia, vuol dire battaglia fino in fondo per cercare di fare assumere alla politica agraria altri aspetti, e farla risolvere in altre direzioni, non così come è andata. Naturalmente dobbiamo parlare e dire, e io qui sono d'accordo con Motti ni quando dice che ci sono delle responsabilità ben precise. Ci sono re sponsabilità di chi governa, e ci sono responsabilità di chi sta all'ok posizione, e qui le forze che hanno dominato, che hanno governato il no stro paese fino ad oggi, hanno responsabilità ben precise. Il governo comunque ha responsabilità di questa politica, e responsabilità politica hanno anche le associazioni padronali, con la loro politica che ha portato alla rovina il nostro paese. Oggi c'è la necessità di una svolta, lo riconoscono tutti, però ancora per fatti precisi, e per colpa di forze politiche che dirigono il paese, non si vede ancora la risoluzione di questo problema drammatico. Si è pensato fino a poco tempo fa di trovare la carne nei paesi sottosviluppati dell'Argentina, eccetera, e non importa se l'Italia andava alla malora, se anche le stalle chiudevano; e oggi naturalmente, siccome in quei paesi c'è difficoltà anche lì di trovare la carne, il problema diventa drammatico. Ma, dicevo, ci sono responsabilità e quando pensate, non è inutile ripeterlo, che fino a un po' di tempo fa il Mercato Comune Europeo, il M.E.C., dava 120 mila lire per ogni vacca abbattuta perchè c'era troppo latte, questo è un dato da farci riflettere sulla assurdità della cosa. Quando si pensa che noi avevamo il Mercato Comune, che noi avevamo i magazzini pieni di burro, e sul mercato italiano il burro si paga adesso 2.400 - 2.500 lire al chilo, e il Mercato Comune ha venduto il burro all'Unione Sovietica a 200 lire al chilo, parecchie migliaia di tonnellate, questa è un'altra mostruosità della politica del Mercato Comune Europeo, della politica che han fatto e che han voluto i governanti del nostro paese. E anche nell'interno di questo Mercato Comune Europeo, l'Italia è stata quella che ha pagato e che paga ancora più di tutti. Questa politica fatta dai governanti italiani a scapito dei produttori, dei lavoratori, a scapito di tutta la collettività. Di conseguenza, bisogna che noi ci battiamo a tutti i livelli, in tutte le sedi, perchè ci sia questa svolta ben precisa. E noi abbiamo fatto proposte in questa direzione, ce ne sono ormai a tutti i livelli, bisogna far delle scelte ben precise; comunque intanto bisogna dare certezza, io son d'accordo, certezza ai produttori agricoli ma bisogna anche pensare ai lavoratori, perchè pensare di avere una agricoltura senza i lavoratori è impossibile, e pensare di pretendere che i lavoratori continuino a lavorare nel settore agricolo nelle condizioni attuali è ancora impossibile. Questo per dire la situazione agricola come è stata considerata, e come è considerata tuttora. In Italia ci sono i grandi industriali, il grande padronato in generale, che non pagano le tasse. Bene: per i lavoratori della terra, l'unica riforma che han fatto, si dice che è venuta fuori in questi ultimi tempi, è la riforma fiscale. I lavoratori della terra pagano il fisco anche loro. Non c'è niente di straordinario, lo pagano anche gli operai, niente di straordinario se lo pagano anche i lavoratori dell'agricoltura; ma l'assurdo è che in alcuni casi certi lavoratori pagano due volte il fisco. Se vi interessa un dato così tanto per dirvi tutto il concetto dell'assistenza agli agricoltori, i lavoratori dell'agricoltura prendono gli assegni familiari dall'Istituto. L'Istituto nel pagare gli assegni familiari ha trattenuto il 10%, perchè la legge parla che alla fonte si fa la ritenuta; adesso naturalmente per legge questi lavoratori dovrebbero comunicare alle aziende agricole l'importo che hanno percepito e gli agricoltori alla fine dell'anno faranno il conguaglio e gli tratterranno un 10%. Ora è evidente come tutte queste brutture avviliscano il lavoratore, lo mettano in condizioni, alla prima occasione, di scappare dall'agricoltura. Ma questo è tutto il concetto delle cose che c'è nell'agricoltura, e quando dicevo che la colpa è anche delle associazioni padronali, è perchè finora si è insistito a fare della politica per i prezzi e non per le strutture, cioè rimodernare le azienda agricole, intervenire su chi di dovere, si è preferito comunque far fare le manifestazioni agli agricoltori per avere più soldi per il latte, per avere i soldi per altri prodotti, che l'agricoltura produce in questo momento. E noi saremmo ancora qui da capo: gli agricoltori han fatto manifestazioni, hanno ottenuto...(voci).... (interrompono la persona che sta parlando ed interviene il Presidente Coda a moderare la discussione sorta tra l'oratore ed alcune persone del pubblico)... Comunque sarà meglio che noi continuiamo a non parlare di agricoltura e parliamo di altre cose. Dicevo che si è fatta tutta questa politica, comunque non una politica sulle riforme e così via. Ma noi abbiamo fatto delle proposte e continuiamo a ribadirle, proposte radicali per dare la possibilità al nostro paese di mettersi ín condizioni di importare meno carne. Bisogna fare naturalmente le riforme, o quando par- liamo di riforme, una delle più importanti è la riforma agraria. Dare certezza ai produttori, certezza ai lavoratori, garantire comunque certi premi agli imprenditori e certi salari e certe condizioni di vita sociali ai lavoratori, e non considerarli esseri inferiori. Le riforme, si dice che costano. Ma noi diciamo che costa di più non farle, e naturalmente una di quelle che costa di più è questa. Ma per non tediare i presenti, io concludo in questo senso: io, dicevo, condivido la relazione per alcune cose che ci sono dentro. Io ho alcune perplessità in questo senso: qui si parla di Milano, però noi siamo vicini alla periferia di Milano, e si parla del canale navigabile, si parla del piano E.N.I., si parla di un sacco di queste cose. Se questi discorsi vanno avanti, comunque il pericolo è che anche il problema del Parco Sud salti. Poi noi parliamo del Parco, va bene il verde. Io ho detto in altra sede e lo ripeto qui: noi dobbiamo però impedire che dove c'è il verde si continuino a costruire chioschi di benzina, si continuino a costruire poi magazzini per deposito di camions, eccetera. Se si deve salvare l'agricoltura, si salvi l'agricoltura per produrre comunque. Non escludo naturalmente i problemi che vengono qui sollevati: quello dell'ospedale, quello del cimitero eccetera. E' evidente che questo discorso va affrontato, ma affrontato avendo presente che noi abbiamo bisogno non solamente di salvare il salvabile ma abbiamo bisogno di una politica agraria diversa, e noi siamo interessati a dare questo contributo. Grazie. DON LUIGI BASILICO: sarà strano sentire anche un prete in questo convegno cittadino dell'agricoltura. D'altra parte, per tradizione il parroco di Ronchetto è un parroco agricolo, non perchè è figlio di agricoltori, ma perchè proprio la parrocchia è nata come parrocchia agricola della città di Milano, una parrocchia che dal 1500 è stata costituita per portare un contributo umano e spirituale agli agricoltori della zona, una zona che andava da via Cermenante fino ai confini del comune. Una parrocchia che è nata proprio a carico degli stessi agricoltori, che si sono adoperati con l'impegno giuridico del 1615 a dare i contributi al parroco, il quale non aveva nessun beneficio di origine reale. Quindi nè terre, nè niente, ma soltanto, trattandosi di un servizio per contadini, loro davano poi al parroco una elemosina, perchè sono sempre delle elemosine, e difatti basta leggere le cronache che si trovano nello archivio parrocchiale, per vedere come vivevano di elemosina i miei pre decessori. Qui si è molto parlato di tante cose. Io non sono qui per riprendere gli argomenti tecnici agricoli che non sono il mio compito. Vorrei prima di tutto che si chiarisse una parola che si è già sentita anche nei dialoghi e nei dibattiti con alcuni agricoltori: la parola parco. Forse questa parola è un po' equivoca, soprattutto nell'opinione comune. Parco è un luogo dove tutti hanno il diritto di entrare, perchè proprietà di tutti. Ora, basta vivere in una zona agricola per capire i danni che vengono da questa concezione. Immaginate che i ragazzi dei quartieri, tanto per far dei dati concreti, i ragazzi della scuola elementare, della scuola media, del quartiere Gratosoglio e degli altri quartieri, prendano, soltanto per il gusto di prendere, una pannocchia ciascuno ai campi che sono stati seminati; sono 10.000 pannocchie che partono in un colpo solo. Calcolate quanto costano 10.000 pannocchie. Ecco, allora voi capite che il problema agricolo di Milano è ben diverso dal problema agricolo delle altre aree, perchè è un problema agricolo che è insediato in una struttura che non è agricola, con tutti i vantaggi e i danni dell'agricoltura. Però io vorrei parlare soprattutto degli uomini che vivono nell'agricoltura. Qualcuno che mi ha preceduto, ha già accennato a questo grande problema degli uomini. Quando sono arrivato al Ronchetto, 20 anni fa, la popolazione era molto maggiore di adesso; le abitazioni, allora, non è che fossero molto diverse: sì, ora hanno più locali, ma sono tutti inabitabili, tutti umidi, compresa la casa del parroco che abita nel paese dei contadini. Poi, mancano quelle che sono le infrastrutture indispensabili, i servizi. Quando, da parecchi anni, mi sono battuto per avere qualche servizio in zona, e andavo dagli assessori interessati, mi rispondevano: cosa vuol fare di Ronchetto, la piazza del Duomo di Milano? E io rispondevo: non è che voglia fare di Ronchetto la piazza del Duomo di Milano, con tutti i servizi della piazza del Duomo, ma avere in quella zona delle abitazioni e i servizi più necessari. Quindi, per esempio, la lotta per l'acqua potabile, per il telefono, perchè nelle cascine non abbiamo il telefono. La lotta ancora per portare tutti gli altri servizi. Sembrava una cosa stupida, in questo grande lavoro di sfruttamento politico dell'agricoltura in Italia, che non interessa affatto; oppure sì interessa, ma marginalmente, questo problema. Quali benefici potrebbe portare di concreto la modernizzazione in tutte le cascina, non a carico degli interessati ma a carico dell'ente sociale, ossia a carico del Comune? Cosa porterebbe questo? Porterebbe già un principio di rinnovamento nella cascina. Permetterebbe per esempio una ristrutturazione dei locali, una ristrutturazione del riscaldamento degli ambienti, portrebbe tutte queste cose, e queste cose sono cose concrete. Fino a quando si parla soltanto di metri quadrati, oppure di estensioni, o di vacche, od altro, sarà importante ma parliamo anche degli uomini che ci vivono dentro. Ora, non si può pretendere che l'agricoltore A, l'agricoltore B, possano assumersi il carico di questi lavori. Se si vuol conservare l'agricoltura a Milano, la si conservi, però favorendola, dicendo che sia all'avanguardia anche per queste infrastrutture, altrimenti farà sempre la Cenerentola delle forme agricole di tutta la regione. Non sarà mai all'avanguardia. Costano questi servizi, costano alla comunità questi servizi. Certamente costano. Però, oggi come oggi, gli agricoltori sia salariati come anche piccoli imprenditori,sono quelli che non hanno più voce perchè son troppo pochi, non vanno in piazza a gridare. Se invece di essere 500, al Ronchetto, fossimo in 50.000, avremmo già avuto tutte le riforme, bastava soltanto fare una manifestazione di piazza, mentro ormai gli agricoltori non hanno più la possibilità di fare una manifestazione di piazza. Naturalmente poi, ci sono i più poveri che soffrono di più. Ecco perchè vorrei che si faccia il Parco, si chiarisca bene il concetto di parco, non nel senso che sia aperto a tutti, ma sia un parco nel senso ecologico, conservi cioè ancora tutte le strutture agricole lasciando degli spazi anche per gli altri, compatibilmente con le esigenze dell'agricoltura. Quindi, per esempio, non si può pensare ai prati irrigui come campi per andare a fare le gimkane con le macchine, o andare a lavare le macchine come capita almeno una volta al giorno. Non si puo' ridurre le nostre zone soltanto a luoghi di scarico delle immondizie, non si può ancora distruggere delle zone perchè ormai si dice che non rendono più, trasformandole in orti, quei piccoli orticelli del dopo lavoro. Perchè? Perchè tutte que- ste strutture sono a danno dell'agricoltura, e soffocano a poco a poco l'agricoltura, per il solo fatto che cambiano la fisionomia di un certo terreno, che,per esempio, da prato irriguo diventa una zona soltanto di strutture di carattere, così, di dopo lavoro, quindi piccoli orti con costruzioni o con baracche, con tutte le conseguenze poi di queste baracche. Ora ben venga per esempio una regolamentazione per quanto riguarda il modo di usare i terreni, anche per questi piccoli orti, dovuto proprio alla natura dell'agricoltura, qui a Milano. Sarebbe molto utile che si auspicasse in questo convegno di bloccare la trasformazione continua. So che hanno il diritto anche i lavoratori di avere un piccolo orto da lavorare, però ci deve essere un regolamento anche per questo. Un regolamento, per esempio, di come strutturare questi piccoli orti; sono magari tutte piccole cose, a cui il grande politico non pensa, ma chi ci vive dentro ne soffre. Ecco, vorrei che si guardasse di più al convegno, non soltanto dal punto di vista delle grandi strutture, dei grandi temi politici. La riforma dell'agricoltura non si farà in questo convegno, ma come affrontare concretamente in questo convegno í problemi dell'agricoltura qua a Milano, che è diversa dall'agricoltura di Abbiategrasso, è diversa dall'agricoltura in altri luoghi, perchè qui è come quasi chiusa dentro in queste strisce di fabbricati che si estendo no verso la periferia. Vent'anni fa non esisteva nè il quartiere Chiesa Rossa, nè il quartiere Missaglia, nè il quartiere Gratosoglio; quindi era tutta agricoltura bene aperta. Non esisteva il quartiere Rozzano,non esistevano tutti i quartieri di via Ripamonti. Io dico queste cose a mia esperienza, non vengo qui a parlare di cose astratte perchè di cose astratte ne ho sentite troppe. Si parli di motivi concreti dell'agricoltura, qua. Che sia giusto o no come diceva qualcuno conservare questa agricoltura, so che va protetta in un modo assoluto, altrimenti crolla, anche impegnando gli uomini politici magari a cambiare il piano regolatore, se si vuole salvare l'agricoltura, perchè già certi insediamenti, come si pensava stamattina, sono fatti in un modo tale che porteranno inevitabilmente a delle compromissioni riguardo ai territori limitrofi; e quindi, non è che si possa essere tanto profeta, ma neppure nell'80, nell'85, avremo un po' di agricoltura qui a Milano. Soltanto, tanto per citare il caso, l'insediamento ospedaliero al Ronchetto delle Rane porta via 2.000 pertiche, che vuol dire 1.400.000 metri quadrati. Duemila pertiche vuol dire che tre di quelle aziende sono distrutte quasi completamente, e l'ospedale è messo in modo tale che, attorno, il terreno non ha più un grande interesse agricolo. Avrà un grande interesse speculativo, ma non un grande interesse agricolo, perchè è ridotto a un orticello. Voi mettete un altro insediamento di questo genere in un'altra zona, e vedrete che tra poco, pur avendo bisogno di questi insediamenti, l'agricoltura a Milano è sparita completamente; quindi, se si vuol conservare l'agricoltura, si pensi agli uomini che vivono nell'agricoltura, portando tutti quei mezzi come dicevo prima... una delle cose più importanti per le quali ci battiamo, è quella proprio di portare il gas di città o il metano nelle aziende agricole, coi contributi da parte del Comune, della Provincia, della Regione. Quando 10 anni fa sono andato a Roma per chiedere che mettessero i telefoni in alcune cascine della zona, mi hanno risposto che deve pensare Milano, e c'è proprio anche, mi pare, sui documenti che rimangono in Comune, una lettera in cui si di- ce questo, e in base a questa risposta datami a Roma il Comune ha dato un contributo di mezzo milione per portare il telefono pubblico. Se questa è la mentalità di Roma nei confronti di Milano, e se Milano non si nuove, questi servizi gli agricoltori non li avranno, e non avendo i servizi è impossibile rimodernare molte situazioni. Pensate soltanto al problema degli essicatoi: senza metano è un assurdo. Sono problemi concreti questi, impegnare proprio l'Amministrazione e tutte le Aziende Municipalizzate, perchè portino avanti un discorso concreto, se vogliono conservare l'agricoltura, oppure le diano una pedata, e fingano per esempio di non averla data. Grazie. CODA: signor Porcaro delle ACLI provinciali, è in sala? Non c'è. Architetto Giacomini? Annuncio la adesione del Gruppo Sportivo Tre Alberi di via Panigarola a questo convegno. RAPPRESENTANTE DEL COMITATO DI QUARTIERE VIGENTINO-RIPAMONTI: io rappresento un comitato di quartiere, il Comitato Vigentino-Ripamonti, e quindi come quartiere siamo direttamente interessati alla costituzione di questo Parco. Volevo solo dire due cose brevissime: siamo perfettamente d'accordo sul Parco Sud, bisogna però non dimenticare un attimo la situazione attuale delle cascine e dei piccoli centri abitati che vivono nel Sud di Milano. La condizione delle cascine è assolutamente disastrosa e impossibile. Sono tutte case in stato di abbandono, non hanno acqua, qualcuna non ha la luce. C'è l'esempio di Quinto Sole, che è un piccolo agglomerato di circa 400 abitanti, che non ha la fognatura. D'estate, parliamo di colera a Bari, ne potremmo parlare a Quinto Sole, ossia a 2 chilometri dalla piazza del Duomo. Sono nuclei che dovrebbero essere inseriti in questo Parco, ai quali bisognerebbe provvedere. Un'altra cosa: io non ho ancora sentito nominare per niente la parola ecologia, invece ho sentito parlare di industrie, insediamenti abitativi così. La vocazio ne di Milano come città industriale può essere anche vera, però a un certo punto bisogna anche dire che se va avanti come ha incominciato segna la sua distruzione, perchè se non si pensa un attimo che per vivere ci vuole l'ossigeno, è assurdo continuare a costruire le industrie. Quindi, il Parco Sud deve essere soprattutto un polmone, un polmone per permettere agli operai e ai loro figli di vivere, per cui non possiamo assolutamente ignorare questo fatto e io, che sto seguendo i lavori da questa mattina, ancora non ho sentito per niente parlarne, quindi vorrei richiamare l'attenzione su questo fatto. Va benissimo l'industria, per me va benissimo, van benissimo le case popolari, però non dimentichiamo che non possiamo vivere senza l'ossigeno, e l'ossigeno viene fatto solo dalle foglie delle piante, quindi dobbiamo assolutamente pensare di preservare quel po' di verde che ancora abbiamo; perchè senza questo, veramente, non vorrei essere drammatica, ma è così la nostra situazione, andiamo incontro non dico alla morte ma alle malattie e a pericoli gravissimi per la nostra salute. Grazie. CODA: il segretario della C.G.I.L. Gustavo Scarpino. SCARPINO: io voglio fare un intervento molto breve. Devo dire alcune cose secondo me essenziali, soprattutto ai fini poi di concludere con degli impegni precisi questo convegno. Io esprimo un giudizio positivo per quanto riguarda l'iniziativa assunta dalle zone decentrate del Sud di Milano, e vorrei soprattutto riprendere alcuni punti, che secondo me sono importanti, contenuti nella relazione dell'architetto Paolillo. Vorrei innanzi tutto riprendere un problema che è estremamente concreto, quello soprattutto della difesa del terreno agricolo: perchè qui non si tratta evidentemente di trasformare un convegno fatto per il Parco Sud, solo in un convegno per la difesa dell'agricoltura. Il problema è di vedere che stretta connessione ci sia tra questa struttura di parco, importante come servizio, o lo sviluppo dell'agricoltura. Perchè, anche in una città industriale cone Milano, io credo, in questo modo noi diamo una possibilità di respiro ad un settore determinante come quello dell'agricoltura. Voglio dire che, per le considerazioni che facevo prima, cioè che l'agricoltura sicuramente deve avere una funzione primaria anche in una città industriale, non bisogna più commettere l'errore che è stato commesso dai governi che si sono succeduti nel corso di questi anni, e che è stato quello appunto di rendere il nostro paese nè un paese agricolo, nè un paese industriale; perchè anche i paesi industriali, le società industriali come l'Unione Sovietica, gli Stati Uniti, la Germania, hanno delle strutture agricole molto forti, e in questo modo possono avere prospettiva economica e quindi respiro, per tutta quella serie di esigenze di sviluppo che sono necessarie ad una società civile. Questo non è stato fatto nel nostro paese e oggi paghiamo le conseguenze di una agricoltura impoverita, che sicuramente poi si riflettono su tutto lo sviluppo economico e sociale del paese. Ecco perchè io dicevo che è giusto, che nella relazione di Paolillo ci sia una difesa per quanto riguar da il terreno agricolo; perchè la difesa del terreno agricolo significa anche dare prospettiva e possibilità di sviluppo alla società industriale. Io credo che allora in questo quadro va collocata l'iniziativa del Parco Sud, di un parco che in più sia in grado di dare alla città di Milano una dimensione più umana di quella che non ha. Questa mattina noi abbiamo sentito la testimonianza di una donna che sta vivendo la tragedia dell'infanzia milanese, e io credo che tutti su questo dobbiamo riflettere.Riflettano soprattutto gli amministratori, ma riflettiamo anche noi operatori sindacali, impegnati direi nella direzione di questi obiet tivi. Ie credo che allora, anche per quanto riguarda questo problema, e riprendo un punto presente nella relazione dell'architetto Paolillo,cioè che noi non vogliamo fare di Milano un'immagine pari alla città di Amburgo e di Parigi, devo dire che per non fare questo, per evitare cioè di trovarci nelle stesse condizioni, dobbiamo almeno salvare il salvabile e quindi convegni e confronti serrati di questó tipo se ne devono fare in tutte le zone decentrate della città di Milano. Ecco perchè io ho parlato, all'inizio, di proposte operative che devono essere fatte a conclusione di questo convegno; perchè, ancora una volta, di parole ne abbiamo sentite molte, ma di fatti se ne fanno pochi in questa città, e io credo che soprattutto su questo noi dobbiamo non solo chiedere evidentemente il confronto con i sindacati, ma dobbiamo misurarci in termini di più puntuali contenuti, cosa che faremo nei prossimi mesi. Del resto su questo terreno ci stiamo già misurando, perchè la piattaforma presentata dalla federazione C.G.I.L. C.I.S.L. e U.I.L. al Comune di Milano contiene proprio questi aspetti, relativi alla casa e al territorio: cioè quello di avviare concretamente le procedure che riguardano il piano regolatore ge nerale, dove siamo in molto ritardo, che riguardano il piano integrativo di 167, che riguardano evidentemente altri impegni, come il regolamento edilizio; perchè se queste cose non si fanno, cari compagni e amministratori, certamente si creano tensioni ancora maggiori nei quartieri, per cui io credo che alla conclusione del dibattito noi dobbiamo vedere quali sono le volontà politiche, perchè sulla base delle volontà politiche si costruiscono le condizioni per fare di Milano una città più umana, per risolvere anche i problemi come quelli del Parco Sud. E allora, per concludere, quando si dice come si è detto stamattina che all'interno del Consiglio regionale esistono problemi che frenano certe proposte, per esempio per quanto riguarda la legge di salvaguardia, è bene che si dica fino in fondo da quale parte vengono queste resistenze; perchè certarmente avranno l'aiuto e il sostegno delle organizzazioni sindacali, quelle forze che si battono per mutare la condizione umana, e quindi per fare della città e non solo della città ma della regione Lombardia una regione così come la vogliono i lavoratori. Io non voglio richiamare su questo aspetto ciò che è stato fatto nel corso di questi ultimi tempi, ma devo dire che per quanto ci riguarda, come organizzazione sindacale, noi non solo abbiamo contestato un certo tipo di indirizzo, ma abbiamo anche fatto delle proposte concrete; quindi siamo una organizzazione che si appoggia su posizioni concrete, che non contesta solamente ma che parte da una contestazione per prospettare una possibilità di sviluppo diverso della nostra società. E allora, anche il richiamo che faceva l'architetto Paolillo, a conclusione della sua relazione, alle posizioni che animano i sindacati, e a quale appoggio possono dare, io devo dire e confermare ancora, in questa sede, che i sindacati stanno con le forze, e quando dico le forze evidentemente mi riferisco ad uno schieramento di forze, con quelle forze sociali e politiche presenti nelle sedi amministrative che vogliono fare le stesse cose che indichiamo noi; perchè le cose che indichiamo noi, poi, sono le cose che vogliono i lavoratori,che vogliono i cittadini, cioè tutti quelli che lottano per una società civile. Anche a Milano; perchè, anche se Milano è la capitale industriale d'Italia, se è la capitale economica, non ha risolto tutti i problemi, e lo diaustra il fatto che oggi siamo qui riuniti per sostenere la proposta della costituzione di un parco, che dia la possibilità ai nostri bambini di avere una possibilità di sfogo che finora è stata loro proibita proprio dalla capitale economica del nostro paese. Di questo si tratta; e quindi io concludo dicendo che in questi termini si pone il rapporto con i sindacati. E' un rapporto, direi, che nasce dalla funzione stessa del sindacato, di individuare gli obiettivi e riportarli ad un confronto. Se la sede del confronto è questa, io credo che in questa sede evidentemente noi possiamo già avere una risposta da parte degli amministratori, se cioè sono d'accordo nel condurre avanti in modo abbastanza rapido quel le proposte che io prima facevo. E anche per quanto riguarda il problema della salvaguardia a cui accennavo, e delle difficoltà che esistono allo interno della regione, si faccia subito il blocco del terreno, perchè evi dentemente bloccare subito il terreno agricolo significa costruire le pre messe per fare il Parco Sud, sul quale evidentemente noi siamo d'accordo. Un'ultima considerazione, ed ho terminato: riguarda il problema che è sta to posto sul potenziamento del P.I.M. L'architetto Paolillo diceva che il P.I.M. dev'essere dotato di strumenti che non siano solo di studio, cioè che abbia delle possibilità maggiori non solo di ricerca, ma che poi evi- dentemente possa sul piano operativo operare dei vincoli. Io credo che, per quello che ci riguarda come sindacato, noi siamo disponibili a discutere con il P.I.M. perchè il P.I.M. abbia un ruolo e una funzione diversa, ma io credo che la domanda va rivolta soprattutto agli amministratori. Sono gli amministratori che devono dire se il ruolo del P.I.M. oggi è adeguato rispetto allo sviluppo stesso della società, oppure se deve avere un ruolo determinante ed un potenziamento, come io credo debba avere. E quindi in questo senso, anche nel convegno di oggi, se noi affronteremo in modo serio tutti i problemi che sono stati posti, in particolare i problemi posti dalle forze che hanno manifestato in questa circostanza volontà politica per risolvere i problemi, passando, e sottolinerei questo aspetto, dalle parole ai fatti, sicuramente queste for ze riceveranno da parte del sindacato l'appoggio che è necessario, per creare quel grande schieramento di forze sociali e democratiche che sia in grado di vincere le resistenze finora opposte a qualsiasi proposta, che possa consentire alla città di Milano e ai lavoratori di vivere un momento più dignitoso della loro vita. Grazie. CODA: il signor Fulvio Porcaro, Consigliere provinciale delle ACLI di Milano. E' in sala il signor Mariani, Capogruppo del Partito Socialista Italiano in Provincia. PORCARO: il convegno di oggi ci trova particolarmente sensibili, perchè da tempo avevamo affrontato il problema del Parco Sud, e la nostra zona, la zona di S. Giuliano Milanese, dovrebbe essere parte integrante di questo Parco. Ci fa piacere perchè questa idea, che solo pochi anni fa stentava a prendere piede, oggi vediamo come si stia diffondendo. Vorrei allargare il discorso, nel senso che il Parco Sud non abbraocerà so lo questa zona o le tre zone che hanno promosso il convegno. Cioè, per noi il Parco Sud deve essere un tessuto correttivo che abbraccia tutta la zona Sud di Milano con i comuni limitrofi. Detto questo, bisogna rilevare subito che qui, oggi, mi sembra si sia parlato poco del fatto che alcuni grossi progetti mirano a ignorare questa idea del Parco Sud, e bisogna rifiutarli, anche se ultimamente questi progetti sembrano ridimensionati; però ci sono, e secondo noi sono in contrasto con l'idea di Parco Sud. Il progetto E.N.I. a S. Donato, con 25.000 nuovi posti di lavoro, anche se adesso è stato rivisto e ridimensionato, per noi avreb be un aspetto dirompente, attirando nella zona di S. Donato e dintorni un'enorme quantità di persone, tanto è vero che 31 progetto del piano re golatore di S. Donato, compreso il piano E.N.I., prevede circa 60.000 abitanti. Voi capite l'esigenza di nuove case e di nuove strutture, quindi, per cui buona parte di questo terreno verrebbe sottratto appunto alla agricoltura. Un altro progetto di cui si parla da tempo, e che fortunatamente sembra accantonato, ma che comunque esiste anche se ridimensionato, ponendosi sulla stessa linea del piano E.N.I., è il progetto del C.I.M. (Centro Interscambio Merci), che si colloca ancora in una zona oggi adibita ad agricoltura, tutta la zona del Sud Milano. Voi capite l'estensione di questo enorme progetto; se da solo non si mangia tutto, per i fenomeni indotti mangerebbe tutto. Un'altra area da valorizzare è a Sud dell'Abbazia di Chiaravalle, che va salvaguardata e va inserita nel piano di Parco Sud. Tutto questo ci porta a dire che occorre una precisa volontà politica di attuare questo Parco Sud. Cioè, ci vuole una precisa volontà politica per dire no ad alcune manovre speculative. Non è che qua si metta in dubbio che la città, per vivere, ha bisogno di alcune strutture, e che le industrie per ampliarsi hanno bisogno di altro terreno; però l'ente pubblico, o il consorzio di questi comuni che dovrebbero presiedere a questo Parco (parchè bisognerebbe costituire un consorzio pure all'interno stesso del P.I.M., che si occupi del parco deve calibrare a fondo gli interventi, deve studiare a fondo la possibilità di salvaguardare l'uso pubblico del territorio, che è ormai diventato scarso. Per esempio, i terreni che verrebbero liberati a Milano dagli autotrasportatori se si facesse il C.I.M., a che uso verrebbero adibiti? Forse per uso pubblico, o per costruirci sopra altri grattacieli aumentando ancora la densità di Milano, e quindi la necessità di altri servizi? E' questa la logica che ci sta sotto. Non è che noi chiudiamo gli occhi davanti alla realtà, e diciamo: Milano non si deve più ampliare; no, certo, ma bisogna vedere con quale criterio si amplia. Bisogna vedere appunto quali criteri stanno sotto una pianificazione corretta del territorio, perchè oggi l'uso del territorio bisogna che sia scrupoloso, direi proprio controllato pezzetto per pezzetto, perchè sta diventando raro. Stamattina, il mio amico Villani diceva che mangeremo mattoni, ma stiamoci attenti, sul serio mangeremo mattoni, e qui non abbiamo preconcetti. Questo è un problema che ci tocca tutti,perchè il giorno ín cui l'agricoltura non avesse più senso, e ci stiamo arrivando, sul serio tutti noi non sapremo come fare. Quindi poniamoci seriamente il problema. Le ACLI lo hanno sollevato questo problema, vogliamo portarlo avanti, sono d'accordo con quelle forze che si battono per un'alternativa affinchè il Sud Milano sia qualcosa di diverso da una congestione urbana, un qualcosa di diverso da una pura e semplice logica di speculazione. CODA: il Sindaco di Rozzano signor Foglia. FOGLIA: porto l'adesione anche del mio Comune, il Comune di Rozzano, a questa manifestazione intorno al Parco del Sud; e prendo spunto in questo intervento per dire che non mi trovo d'accordo, e mi spiace che non sia più presente, con l'Assessore Parigi, quando stamattina nel suo intervento diceva: adesso parlo dei comuni dell'hinterland, poi arrivo al Comune di Milano. In conclusione, ha criticato i comuni dell'hinterland di Milano, e non ha detto niente invece delle condizioni in cui si trova il Comune di Milano. Non si può venire a dire, in un convegno di questo tipo, che i comuni in genere, senza neppure precisare quali comuni, partono, vanno, fanno dei piani regolatori indescrivibili; quando poi si riscontra, per esempio, che a Rozzano ci sono 60 metri quadrati a persona, e a Milano non ce ne sono neanche 4. Quindi, non si può fare di ogni erba un fascio, non si può non fare neanche una distinzione minima su queste cose. Oltre alla realtà dei 60 mq. per abitante che vi citavo, Rozzano nel suo piccolo è proprietario di 2 milioni di metri quadri di terreno, e non gli sono stati regalati per lascito dei papati di una volta, ma è conquista fatta in questi anni di battaglia, nella formazione dei programmi di fabbricazione, per cercare dí togliere spazio alle immobiliari, che volevano insediarsi e speculare nel Comune. Quindi, non a caso abbiamo a Rozzano, per esempio, già costruito un parco comunale modesto di 200.000 metri quadrati, e ne stiamo iniziando un secondo, pure di 200.000 metri quadri, che farà fascia intorno al quartiere dell'Istituto Case Popolari e che è un polmone d'aria per questi cittadini che vi abitano, e possono, in questi parchi, andare a cambiare veramente l'aria dei propri polmoni. Per esempio, Rozzano ha già pronti, e non ne ha parlato stamattina l'Assessore provinciale, 100.000 metri quadri di terreno per la costruzione di una scuola media superiore, tipo quella di piazzale Abbiategrasso, che dovrebbe soddisfare le esigenze dei comuni intorno. Area già disponibile, non area immaginaria da andare ad espropriare fra chissà quanti anni, ma pronta per entrarci. Quindi, ecco, su questi problemi, ripeto, mi dispiace che l'Assessore Parigi non sia presente, bisognerebbe secondo il mio parere cercare di prestare molta più attenzione. Permettetemi di dire anche, trovandomi alla Zona 15, di sollevare un momentino anche il problema dell'ecologia già sollevato dall'architetto... mi sfugge il nome. Bene, Rozzano è proprio a Sud di Gratosoglio; è una cosa insopportabile, è una questione, mica per i cittadini di Gratosoglio, s'intende, ma incredibile; da Rozzano passano a cielo scoperto le fognature di Gratosoglio. Questo è il gravissimo problema che esiste ancora. Da Rozzano inoltre passano altre rogge, tipo la Roggia Carlesca, tipo il Lambro meridionale che è addirittura in una condizione da non permettere di respirare. Pensate che noi da alcuni giorni abbiamo messo in movimento le fosse di depurazione per le nostre acque, e le immettiamo nel Lambro che è una cosa indescrivibile, non ci si può fermare un attimo sul ponte che attraversa il Lambro senza pericolo di cascarci dentro. Quindi, ecco, io direi che, siccome le Zone 14 - 15 - 16 verranno anche da noi a riunirsi per discutere questi problemi del Parco, si colleghi strettamente questi problemi dell'ecologia, questi problemi dell'inquinamento, perchè siamo arrivati a un punto tale che la gente di Rozzano sarà costretta a venire a manifestare sulla fognatura di Gratosoglio, non per fare un dispetto ai cittadini di Gratosoglio, ma per fermare una situazione che tranquillamente continua ad andare avanti in questa maniera. Voglio sollevare infine quest'ultima questione, siccome stamattina ho sentito parlare intorno al problema del nuovo ospedale e intorno al problema di ville che verranno costruite. Addirittura, qualcuno ha già l'occhio avanti per costruire le ville per i medici o i dirigenti di questo ospedale, e qualcuno credeva che si trattasse di Rozzano. Intanto, devo precisare che non si tratta di Rozzano, ma è addirittura Basilio, e, badate bene, la Amministrazione Provinciale, mi fa piacere che ci sia qui un rappresentante dell' Amministrazione Provinciale, un Assessore provinciale ha scritto una lettera al Comune di Rozzano, mandando una cartina con una riga, anzi due righe per essere più preciso, dove si dice: essendo intenzione di questa Amministrazione di realizzare una strada, guarda caso, che deve collegare Melegnano a Binasco, vorremmo un parere del Comune. Anche un cieco capisce che questa strada va a servire i 10.000 abitanti di queste ville,che si dovrebbero insediare a Basilio. Noi abbiamo scritto, immediatamente, come Comune di Rozzano, una lettera alla Provincia per dire che vogliamo discutere questo problema, in quanto le strade di Rozzano le abbiamo previste per i cittadini che venivano ad abitare a Rozzano, e non per farci passare poi il nuovo insediamento di Basilio; e addirittura poi dicono che questa strada dovrebbe andare a servire anche il quartiere I.N.C.I.S. di Pieve Emanuele, e quindi crea- re una strozzatura per il Comune di Rozzano: incredibile! E poi, chi ci crede a questa necessità di collegare piazzale Abbiategrasso con la Melegnanese, quando è già servito dalla statale dei Giovi, che esiste, e non piuttosto al preciso scopo di andare a servire questa speculazione già prevista con l'insediamento dell'ospedale che dovrà venire ai Tre Ronchetti? Noi ci auguriamo, tra l'altro, avendo così scarsità di ospedali come zona Sud, che venga realizzato al più presto possibile, anche se l'area di insediamento potrebbe essere magari ancora rivista. Ho voluto dire soltanto alcune di queste cose, perchè noi con le Zone 14- 15- 16, come comuni della fascia intorno ad esse, avremo molte cose in comune da discutere, da programmare, nell'interesse delle Zone 14 - 15 - 16 e nell'interesse dei comuni circostanti, per creare veramente una situazione adatta alla persona umana. CCDA:l'architetto Chilò del Centro Studi P.I.M. Il Sindaco di Corsico, signor Serangeli, ha dato l'adesione a questo convegno. CHILO': al convegno di oggi avrebbe dovuto partecipare l'architetto Beltrame, direttore dell'Ufficio Tecnico del P.I.M., per illustrare i lavori che il P.I.M. sta portando avanti in preparazione al piano intercomunale che, come ha detto stamattina l'Assessore Cannarella, dovrebbe essere pronto per fine gennaio. L'architetto è impossibilitato, e io intervengo con piacere a questo convegno e, dato che nell'ambito del P.I.M. mi occupo esclusivamente e da anni dell'analisi dei suoli non urbanizzati, vorrei in primo luogo illustare quello che il P.I.M. ha fatto in questo campo, accennare a quello che sta facendo proprio in questi giorni, in vista dell'elaborazione del piano intercomunale e anche in sede di revisione del piano regolatore generale di Milano;poi vorrei fare alcune considerazioni in merito alla relazione dell'architetto Paolillo, e in merito al significato di questo convegno. Ora,per quanto riguarda i lavori che il P.I.M. ha fatto in materia di analisi dei suoli non urbanizzati, dei suoli agricoli, qui c'è una carta ridotta al 25.000 e semplificata, con il territorio dei 94 comuni appartenenti al comprensorio dell'area metropolitana; e sono riportati i colori, come si vede dalla legenda. Se qualcuno vuole avvicinarsi alla carta, potrà vedere esattamente come sono riportate le colture, cioè quella che secondo i termini del catasto agrario si chiama qualificazione, le colture che insistono sul territorio, e la classe di rendimento valutata in base a un periodo di 3 anni, cioè la produttività di questi terreni, delle colture praticate sui terreni. Ora io non voglio dilungarmi a descrivere quale sia il significato di questa carta, voglio soltanto dire che da questa carta sintetica al 25.000 risulta... ecco per esempio questa è la parte asciutta, questa gialla a partire da qui... qui c'è il canale Villoresi... a partire da qui c'è la parte irrigua. Ora, sia per la parte asciutta, anche se evidentemente la struttura delle coltivazioni è diversa, che per la parte irrigua, la prima considerazione da fare, da tenere presente come tecnici, come amministratori e anche come cittadini, è che buona parte, per non dire tutti i terreni dell'area metropolitana, hanno una qualificazione estremamente elevata: cioè sono quasi tutti terreni di prima classe, ad alto rendimento. C'è una struttura delle coltivazioni di carattere ottimale, seminativi, irrigui, avvicendati, con prati e con presenza notevole di marcite, che consente un grande carico di bestiame per ettaro. Questo per dare un quadro d'assieme. Il P.I.M. dispone poi di carte comunali al 10.000, ed evidentemente l'uso di queste carte dovrebbe consentire a qualsiasi proposta di programmazione, e mi riferisco soprattutto alla elaborazione dei piani regolatori e dei programmi di fabbricazione, di tenere conto delle caratteristiche dei suoli; perchè anche un'area relativamente ristretta come la nostra, l'area metropolitana del P.I.M., assomma a circa 90.000 ettari. Anche se, come dicevo, quasi tutti i terreni sono di prima classe, tuttavia nell'ambito di uno stesso comune ci sono delle differenze, ed è evidente che se noi vogliamo non deprimere l'attività agricola, bisogna che a parità di condizioni siano fatti salvi quei terreni importanti, soprattutto sotto il profilo della redditività, e questo per il lavoro di lettura delle qualità pedologiche che sin qui è stato fatto. In questi mesi, in preparazione appunto del piano intercomunale e della revisione del piano regolatore di Milano, il P.I.M. sta facendo delle indagini; e vorrei accennare, per esempio, ai risultati di alcune di queste indagini. Per quanto riguarda il Comune di Milano, noi abbiamo fatto una ricerca: qui ci sono rappresentati dei segni, e alcuni si saranno domandati cosa mai vorranno dire questi disegni, che gli architetti fanno qualche volta anche per gioco; ebbene, questi disegni indicano dove sono localizzati gli orti. Nel Comune di Milano, ci sono 285 ettari di superficie a orto, che contengono 40 aziende orticole circa, e mi sembra che valga la pena di sottolineare che 285 ettari di superfici ortive non sono poca cosa; e vorrei soprattutto rilevare un fattore che noi faremo presente ai progettisti incaricati della revisione di P.R.G.: a parità di condizioni, bisogna cercare, diciamo, intanto di salvaguardare i continui agricoli di cui parlerò un momento in seguito, ma bisogna soprattutto salvaguardare quelle aree agricole dove già fín d'ora insistono delle colture particolarmente pregiate come sono, per esempio, le superfici ortive. Cosa che allo stato dei fatti non avviene, sia per quanto riguarda i progetti di tracciati stradali, sia per quanto concerne la localizzazione di altre attrezzature civili, che sono, certo, indispensabili, ma che non devono essere fatte considerando il territorio come un ente uniforme, come se cioè avesse in toto le stesse caratteristiche, perchè non è vero. Un'altra indagine che il P.I.M. ha fatto, per ora limitatamente al Comune di Milano,è quella mirante alla localizzazione delle aziende floricole e vivaistiche. Anche qui, è venuta fuori una cosa estremamente interessante. Le aziende floro-vivaistiche sono, nel Comune di Milano, circa una cinquantina; trattandosi di aziende altamente specializzate, il problema non è evidentemente quello della superficie occupata; vorrei accennarvi a un dato che dà, per esempio, senz'altro una visione dell'importanza di queste aziende. C'è una azienda, che non nomino perchè non voglio nè fare della pubblicità nè fare qualcosa a scapito della altre... c'è un'azienda nel Comune di Milano, floro-vivaistica, di 2 ettari, 20.000 metri quadri, non sono grande cosa d'altra parte, che dà lavoro in via continuativa a 75 operai, e qualche volta durante l'anno, nei mesi di punta, arriva a dare lavoro a 120 operai. Ora, non è una cosa di poco conto. Ecco, io ho una visione molto parziale perchè nell'ambito del P.I.M. mi occupo soprattutto di analisi dei suoli, però, vorrei che certi architetti tenessero in conto che il Comune di Milano ha terreni di diversa importanza, tra cui anche questo. C'è un progetto che prevede di erodere una parte di questi due ettari per localizzare un'attrezzatura sociale, della cui importanza io non discuto, però, pongo a me stesso e a voi una domanda, e chiedo se un amministratore si permetterebbe di demolire parte di una fabbrica dove per esempio si fanno le calzature, di cui tutti abbiamo bisogno perchè camminiamo con i piedi. Però, non è che dobbiamo tenere conto dell'industria dei fiori, e poi i fiori non sono così importanti. Possiamo,anzichè andare avanti, subire una regressione, e d'ora innanzi non regalare più fiori, ma sta di fatto che al momento i fiori li importiamo, e se riduciamo anche la superficie di quelle poche aziende che coltivano fiori, tra le altre cose, andiamo ad aggravare la bilancia... non sarà certamente l'importazione dei fiori, voi mi direte, no? Questa è una che si unisce alle tantissime altre cose che noi facciamo, contro quella che dovrebbe essere, diciamo così, la strada maestra. Questo per quanto riguarda l'analisi dei suoli urbani. Stiamo anche conducendo un'altra indagine che mira, sia per il Comune di Milano sia per gli altri 93 comuni, a contornare esattamente la superficie delle aziende, perchè noi pensiamo che non soltanto in sede di elaborazione di piani regolatori, o di programmi di fabbricazione, ma anche per le amministrazioni preposte a certe opere infrastrutturali, mi riferisco soprattutto a quelle preposte ai tracciati viari, non si debba tornare a fare i tracciati viari, come si usava una volta, seguendo il onfine delle aziende; però, da questo, ad arrivare a non tene re conto per nulla di quello che è la struttura delle aziende, la strut tura delle irrigazioni, la struttura dell'agricoltura, io credo che il passo sia lungo. Credo che anche in quella sede bisogna tenere conto della struttura dolo aziende, delle coltivazioni, degli allevamenti; e quindi noi facciamo questo lavoro finalizzandolo ad uno scopo ben preci so. Questo, per quanto riguarda gli studi che il P.I.M. ha fatto e che sta facendo, e dicevo all'inizio che desidererei aggiungere una conside razione. Stamattina l'architetto Paolillo, nella sua relazione, portava dei dati molti significativi: diceva per esempio che il Comune di Milano ha ancora 4.500 ettari di superficie agraria, e io a questo riguardo vorrei dire: sono tanti o sono pochi? Sono tanti, 4.500 ettari è la superficie di 4 - 5 comuni medi dell'area metropolitana. Il P.I.M. per esempio ha 94 comuni e ha una superficie di 92.000 ettari. Cioè i comuni in media sono di 1.000 ettari. Il fatto che il Comune di Milano abbia ancora 4.500 ettari, vuol dire che ha una dimensione agricola uguale a quella di 4 - 5 comuni. E' importante o non è importante? Secondo me è molto importante. Ma io penso che bisognerebbe a un bel momento, anche se mi rendo conto che è'un discorso estremamente difficile e accenno ad esso soltanto per poi concludere, vedere anche il significato che ha il rovescio di questi dati. Ho sentito stamattina qualche accenno a un discorso che è abbastanza preoccupante, e cioè si tratta Milano come comu ne per definizione a vocazione metropolitana, per cui noi staremmo qua a cincischiarci con l'agricoltura e con i terreni, eccetera eccetera. Io vorrei che tutti ci ponessimo, non sono certo io in grado di dare la risposta, ma che tutti ci ponessimo questo quesito: allo stato dei fatti il Comune di Milano ha già urbanizzato il 75% della propria superficie. Ci sono comuni contermini con Milano, vedi per esempio Sesto, vedi Cusano, vedi anche Corsico, che hanno superato questo rapporto e alcuni hanno già superato l'80%. Ora, e qui faccio un'altra considerazione: è un errore se noi continuiamo a considerare l'agricoltura, soprattutto nelle aree metropolitane, soltanto da un punto di vista meramente economico, cioè se noi continuiamo a considerare questi terreni soltanto in base alla loro produttività ettariale, soltanto in base alla mano d'opera che occupano, soltanto in base a parametri di questa natura? L'agricoltura è qualche cosa di più, l'agricoltura è anche un'attività il cui mantenimento consente di tenere un certo rapporto nell'impiego delle risorse, di mantenere i cosiddetti equilibri ambientali. Cioè, l'agricoltura non è una nera attività economica, l'agricoltura, special mente nelle aree urbanizzate, non dappertutto, certamente, ma nelle aree urbanizzate l'agricoltura è qualche cosa di più, e se noi continuiamo a criticarla o a sottovalutarla, noi non sacrifichiamo soltanto un'attivi tà economica pure importante ma nci rischiamo di mettere in pericolo certi equilibri biologici, sia per quanto riguarda le risorse idriche, sia anche per quanto concerne le risorse atmosferiche, oltre che per ciò che concerne i suoli, con delle conseguenze difficilmente dominabili. Vorrei fare vedere un momento questa carta e poi concludo davvero, e mi dispiace se sono andato oltre i tempi. Questa è una carta che segna, a quattro colori, per esempio qual'è la profondità oggi... la disponibilità, praticamente, delle risorse idriche nell'area metropolitana. L'area gialla segna quella che è già, diciamo una zona di allarme, quella viola una zona, diciamo così, sulla soglia del pericolo, quella verde una zona dove ci sono ancora discrete possibilità, e quella celeste dove ci sono ancora buone risorse idriche. Quando noi pensiamo alle proposte di urbanizzare o non urbanizzare, soprattutto bisogna considerare che se viene urbanizzato un parco, si sottrae terreno all'attività economica agricola, ma si sottrae soprattutto a quello che è il bilancio delle risorse ambientali. La raffineria non sottrae soltanto terreno, inquina sia l'aria che l'acqua. Ora, per l'acqua, a differenza dei suoli, il discorso è molto più preciso; io mi chiedo quali potrebbero essere le conseguenze, se noi dovessimo oggi prevedere una urbanizzazione pesante nell'area Sud, senza tenere conto di quello che è il bilancio delle risorse idriche che per alcuni aspetti è già allarmante. Con questo concludo e mi scuso se sono andato forse oltre i termini. Grazie. LI CALZI: (il nastro è interrotto e manca l'inizio)... adesso sarà probabilmente anche il parco di Rozzano, arriverà il policlinico? Questa area, attualmente è definita come area agricola dal piano regolatore e, siccome questo termine "agricolo", senza le specificazioni contenute nell'intervento che mi ha preceduto, interessantissimo, e in quelle che anche nella relazione sono contenute, senza quelle specificazioni può essere oggetto di qualsiasi destino futuro; ed è chiaro che noi diciamo: bene il policlinico, venga pure però in un quadro di vincoli che impediscano poi quel tipo di insediamenti complementari creati dal policlinico, da queste grandi infrastrutture. Il concetto delle economie esterne create da grandi insediamenti o da grandi infrastrutture, non è che lo abbiamo scoperto noi, l'hanno scoperto già altri... altri hanno già detto cosa significa... cosa possono significare questi insediamenti. Quindi il discorso che noi facciamo, non deve essere inteso come la mitizzazione del settore agricolo nel Sud Milano e non solo nel Sud, ma l'agri- coltura ()ho insiste nei comuni contermini di Milano e nella stessa Mila no, è sì da difendersi proprio nei termini che sono stati fatti propri da Chilò; dicevo dell'estremo interesse con cui noi dobbiamo affrontare questo problema, ma princdpalmente quello della preservazione dell'ambiente, perchè questo ambiente attraverso gli interventi di cui dicevo prima, diventa automaticamente passibile di ulteriori urbanizzazioni, che niente hanno a che fare con le infrastrutture sociali di cui si è detto. E questo la Storia ce lo ha insegnato. Nel Sud Milano, fino al 1910 non c'era niente. Con lo scalo ferroviario, abbiamo avuto gli inse diamenti industriali, per esempio. nella Zona 14. Cosa significa questo: che nel momento in cui si creano delle possibilità, si danno le condizioni al contorno, perchè si creino queste possibilità, automaticamente avviene l'insediamento, e l'insediamento di un certo tipo così come sí può vedere. Quindi, dicevo, nessuna mitizzazione dell'agricoltura. Se e siste equivoco in questo senso, almeno per quello che riguarda il discor so che abbiamo affrontato nella Zona 14, sgombriamolo. Noi vogliamo però che sia mantenuta l'attuale destinazione del suolo, perchè proprio nella zona, ed è stato detto da Paolillo, da Chilò, da altri, ci sono delle aziende fiorenti, ci sono dei terreni che hanno una potenzialità enorme di produttività: ma è chiaro che noi non leggiamo, come giustamente dice va Chilò,il territorio alla scala agricola con parametri di tipo solo economico; è chiaro che il bilancio di cui parlava Chilò è l'elemento gui da che ci indica, che ci ha fatto indicare, qua proposta che oggi è stata presentata. Allora, in quo discorso, come si collocano le esigen ze che, per esempio, il Consiglio di Zona 14 ha già denunciato? Per esem pio, una razionalizzazione degli insediamenti industriali. Si tenga conto che, nella Zona 14, su 86.000 abitanti circa, esistono 26.000 posti di lavoro. Quindi una proporzione enorme rispetto a una situazione localizzativa nel Sud. Allora è chiaro che noi non vogliamo assolutamente, è già stato detto, fare il discorso di preclusione agli ammodernamenti, agli ampliamenti delle attuali industrie. Su questo saremmo quieti: facciamo la politica contraria, diciamo che le industrie a Milano debbono restare, perchè il rapporto di lavoro sia mantenuto, addirittura potenziato. Ma diciamo che questo processo di espansione, di ampliamento, deve essere controllato: e controllato come? Controllato con l'articolo 27 della 865, e quindi con un piano particolareggiato, magari, e non con la iniziativa privata spontaneistica che ha determinato quelle situazioni di insediamento che conosciamo. Così noi non diciamo che gli 86.000 abitanti debbono restare 86.000, o forse diminuire per morte naturale, diciamo che se esigenze di ampliamento ci sono, come ci sono, è perchè c'è uno squilibrio tra residenza e lavoro, per esempio nella Zona 14; questo squilibrio deve essere coperto con la legge 865, con un piano organico, studiato, di dettaglio, che dia possibilità di ampliamenti residenziali ma controllati e quindi, quando vada a intaccare anche aree libere, e non solo aree già urbanizzate, si sappia con certezza e con chiarezza quali sono i limiti e quali aree devono essere intaccate. Quindi, questo è un discorso estremamente corretto, che smitizza molti equivoci che pro babilmente, e non solo in buona fede, si possono creare; ma che pretende una risposta; su questo non si può non dare una risposta. Allora io concludo con una raccomandazione: se risposte non ci sono, io, facendo un po' da Cassandra, dico cosa succederà. La Zona 14 è investita da un tipo di urbanizzazione molto strana, che non è la macro urbanizzazione dei 2.000.000 di metri cubi, nè si sono fatte strade nuove. Niente. Sono spezzettamenti di proprietà. Il primo che ha iniziato questo politica è stato il consorzio del canale navigabile coi suoi 3.000.000 di mq. quasi, attraverso gli spezzettamenti di proprietà, per cui, senza richiesta di licenza edilizia, con baracche e baracchini, si incomincia a utilizzare il suolo con officine artigianali, piccole industrie, al di là dei golf e minigolf con triplicamento, per esempio... l'Assessore Cannarella, mi spiace che non ci sia, potrebbe anche sentire questo discorso; ma probabilmente sarà pubblicato, quindi gli arriverà. Per esempio, la Zona 14 non ha mai saputo chi ha dato il permesso al parco containers di via Ripamonti di triplicare o quadruplicare la propria area di utilizzo. I morti in via Ripamonti adesso non li conteremo più sul serio, perchè di sera, con la nebbia, quando un autotreno di 20 metri deve girare senza nessuna piazzola di sosta nè alcuna segnaletica, è chiaro che queste sono compronissioni del suolo che determinano poi responsabilità addirittura penali. Concludo dicendo un'altra cosa in merito a ciò che diceva il Sindaco di Rozzano, a proposito della variante alla Vigentina, si chiama così credo. Non l'hanno chiamata proseguimento di via dei Missaglia, variante alla Vigentina. Ma quando una provincia programma una variante, probabilmente si mette d'accordo con la provincia che è interessata alla stessa strada. La Vigentina è una strada che porte da Pavia e arriva a Milnao. Bene, io qui ufficialmente posso dire che l'Amministrazione Provinciale di Pavia non ha programmato, almeno per 5 anni, nessuna variante a quella strada, e che la cosiddetta variante alla Vigentina, ormai da tutti è stato capito a cosa serve, andrà a finire su una curva, dico su una curva, della Binasco - Melegnano, senza nessuna possibilità di sbocco, perchè i costi, e questo posso verificarlo, parlo da architetto in questo momento, i costi per fare effettivamente la variante alla Vigentina sul territorio di Pavia, cioè Siziano eccetera, eccetera, sarebbero di centinaia di miliardi. Quindi questo discorso, questo accenno polemico, è perchè allora il discorso del Parco Sud entra direttamente all'interno di queste manovre piccole, medie o grandi, che debbono finalmente avere un confronto con la base, coi cittadini, coi comuni, nel momento in cui, se ai comuni si richiede un impegno in questa direzione, chiaramente l'Amministrazione Provinciale e il Comune di Milano debbono essere esemplari nell'attuare questo impegno. Grazie. CODA: geometra Girelli, della Commissione Pianificazione Territoriale Zona 14. GIRELLI: sono il geometra Eugenio Girelli, e provengo dal Movimento Cooperativo (al quale mi onoro di appartenere), e faccio parte della Commissione Pianificazione Territoriale della Zona 14. Ho ascoltato con molto interesse la presentazione della relazione di questo convegno ed i dibattiti fin qui avvenuti, prendo atto dei dati molto significativi che esso ci ha forniti, delle proposte concrete e degli obiettivi che ci propone. Non vi nascondo che il punto che più mi ha colpito, è stato la scoperta di un'attività primaria importante (anche se non più preminente), sul nostro territorio, e la volontà di conservazione, di difesa e di incentivazione che viene posta come obiettivo finale del nostro convegno. Il fat- to è molto significativo perchè questo ritorno di tipo agricolo è in netta antitesi con i dogmi della politica economica e sindacale del nostro Paese, dalla fine della guerra ad oggi, i quali pongono l'industrializzazione generalizzata ed il benessere consumistico, come uniche mete da raggiungere. Se i fatti e le cifre sono esatti (e non ci sono motivi per ritenere il contrario), siamo di fronte ad una presa di coscienza dei problemi che interesseranno il futuro della nostra comunità da un punto di vista del tutto nuovo, e, in ultima analisi, ad una proposta di rovesciamento dei termini e degli obiettivi di politica socio-economica, dove viene ridato i1 giusto valor; alla Cenerentola delle attività: quella agricola. Personalmente ritengo i nuovi obiettivi proposti molto interessanti perchè, carichi come siamo di problemi ecologici e di fortissimo deficit alimentare, questa svolta di modo di procedere ci porterà verso la soluzione di questi problemi. Per altro verso, il documento oggetto del nostro dibattito elude i problemi delle nuove aree industriali, anche in funzione non dico di nuovi insediamenti industriali, ma di sempli ci trasferimenti di quelli che già esistonorrl centro urbano, e che si trovano superati dalle nuove tecnologie, o per una logica espansione industriale o tecnologica. Sarebbe, a mio parere, molto opportuno in questa sede inserire nella impostazione del Parco Sud, il problema delle nuove aree industriali, magari allargando il discorso a tutta la cerchia foranea, perchè è un problema generale ed è giusto che investa tutto il territorio; ad illustrare la mia tesi porterei questi pochi e semplici argomenti: il Parco Sud risulta dal documento come una proposta per la conservazione del verde agricolo esistente, da incentivare ove esistano presupposti validi di industria primaria, e da attrezzare, in singole zone ben individuabili, come attività sportiva o di vita all'aperto. A mio avviso è una previsione valida, ma troppo statica per la dinamica dei tempi in cui viviamo; in essa bisogna prevedere le aree ben ubicate e radiali per le zone industriali ed i boschi di cui abbiamo bisogno. Questi due problemi esistono e quindi dobbiamo tenerne conto e cercare di risolverli nel migliore dei modi, anche per il recupero degli standards ed i servizi del centro urbano, che altrimenti non trova pratica soluzicne. D'altra parte, non possiamo più, a questo punto, permetterci il lusso di regalare le nostre industrie ad altri comuni (o peggio ad altre regioni), solo perchè non siamo stati capaci di offrire ai loro problemi adeguate soluzioni nell'ambito del nostro territorio. Per contro non è giusto che noi andiamo ulteriormente a caricare i comuni limi trofi dei nostri problemi, dal momento che loro sono ancora più in difficoltà di noi a risolverli. Lo si voglia o no, il mondo continua ad andare avanti e non possiamo ignorare l'espansione, a meno che non si voglia seriamente pensare alla limitazione delle nascite. Ho abbinato non a caso il problema delle aree industriali, quello dei boschi: questo è un fattore molto importante,perchè i boschi (che proporrei abbiano una ugua le superficie di quella destinata alle zone industriali) hanno molteplici funzioni: di naturali produttori di ossigeno per la rigenerazione del l'atmosfera in cui noi tutti viviamo, di barriera naturale tra le industrie e gli altri insediamenti urbani, di difesa del suolo, eccetera. Signori - e qui concludo - i problemi sono sempre davanti a noi, e noi abbiamo il dovere di non farci scavalcare da essi: la previsione delle nuove aree industriali e la destinazione di altrettante aree per la creazione di estese zone boschive nel nostro territorio, sono due punti qualificanti della presente proposta del Parco Sud che, mi auguro di cuore, vengano recepiti dagli estensori del nuovo P.R.G. che sta per essere varato; che, col nuovo regolamento edilizio già a buon punto, formerà i due strumenti validi per una sempre più grande avanzata di Milano. LUCCHINI: ...(interruzione)... della variante generale al piano regolatore, eccetera ...(interruzione)... da parte della Giunta ...(interruzione)... e di altre proposte di gruppi politici nel Consiglio Regionale, e purtroppo queste cose si accavallano così, con questo tipo di iniziative, impedendo la partecipazione di molte persone qui presenti allo uno o all'altro e viceversa, a queste due importanti manifestazioni. Di rei che l'aspetto più importante di tutta la questione è ormai ... I problemi fondamentali sono legati oggi più che mai, credo, in Lombardia in particolare, visto che tra l'altro è una regione che pur essendo fulcro fondamentale dell'assetto economico territoriale dell'Italia, è comunque una regione ancora abbastanza arretrata per quanto riguarda il suo livello di legislazione in materia urbanistica, e le proposte ...(interruzione)... per quanto riguarda il discorso del comprensorio credo che possa essere in prospettiva uno strumento molto importante ...(interruzione)... (interruzione nell'ultimo quarto della 3^ pista) UN SINDACALISTA NON MEGLIO IDENTIFICATO: ... mentre si fa una distinzione tra zone agricole e zone di insediamento abitativo o industriale, si deve, innanzi tutto, tenere conto di un fattore molto determinante, e che è probabilmente alla base di questo squilibrio che noi abbiamo nelle nostre zone, e che sta comunque a monte della nostra città. C'è il problema di quelle case fatiscenti che riguardano il centro storico di Milano, il problema delle vendite frazionate che è sempre più galoppante. E' un problema questo, che indirettamente viene a toccare il Parco Sud perchè, nella misera in cui si espellono dal centro i cittadini, si creano delle necessità altrove, e quindi si pongono motivi nuovi per insediare grossi centri abitativi, e conseguentemente ridurre il verde. Quindi, in sostanza, noi che cosa rivendichiamo, come sindacato, come movimento di massa, che proposte vogliamo inserire in questo convegno sul Parco Sud? Noi riteniamo che la proposta, per esempio, avanzata dal parroco del Ronchettino della meccanizzazione sia abbastanza interessante, e, questo problema della meccanizzazione, tengo a precisarlo subito per evitare equivoci, l'abbiamo affrontato anche noi quando verifichiamo determinate situazioni della nostra zona, in cui ugualmente esiste questa assenza di meccanizzazione, che dimostra praticamente la non volon tà di arrivare fino in fondo; questi nuclei sono ormai in uno stato di abbandono, le immobiliari vogliono che questi spariscano per far posto ad altri importanti insediamenti di carattere speculativo, portando a una involuzione che noi vogliamo bloccare. Riteniamo necessario, quindi, che all'interno del Consiglio della Zona 15 e in concomitanza a tutte le altre zone, la 14, la 16, che partecipano a questo convegno, sia recepito ancora maggiormente il problema che è vivo nella nostra zona. C'è ad esempio a Gratosoglio una situazione estremamente disagevole. Noi dobbiamo cercare di individuare quei punti, che già la Commissione Urbanistica ha fatto presente all'Amministrazione Comunale, e che l'Amministrazione Comunale non ha ancora recepito: queste case non devono esse- re distrutte, ma semmai integrate attraverso il recupero della 167. Il problema riguarda anche il quartiere Chiesa Rossa, riguarda anche un tipo di investimenti che noi abbiamo proposto, un tipo di investimenti industriali lungo la fascia del Lambro e in cui ci sarà un canale scolmatore che andrà a migliorare le acque; riguardo al problema che sollevava il compagno Foglia, quando, a Rozzano, ci troviamo un Lambro che è maleodorante, e le cause le ritroviamo a monte, proprio nel quartiere di Gratosoglio, Chiesa Rossa, eccetera, ecco: con questa istituzione, con l'insediamento di queste strutture, noi possiamo recuperare una par te di queste acque e portarle a un grado soddisfacente per un eventuale impiego. Quindi, ritengo,nel concludere, di sottolineare fortemente che, al di là dei grossi discorsi che sono stati fatti dai tecnici e dai poli tici stamattina, che ben si sono guardati oggi dal ripresentarsi,perchè magari oggi ci potevano essere i cittadini o delle forze in grado di ri spondere loro in modo adeguato, dico, al di là di questo problema dobbia mo tenere in evidenza tutto 31 centro storico di Milano, quindi anche quella zona che sta a Nord della nostra,la Zona 5, che è anche essa interessata a questo problema, anche se non partecipa direttamente a questo convegno. Quindi, nel concludere, riterrei inoltre di rimarcare un altro fatto. L'Assessore Brondoni, stamattina, parlava di strutture sia scolastiche che ricreative. Ebbene, noi a Gratosoglio abbiamo una proposta... l'abbiamo presentata al Consiglio di Zona 15 e al Comune di Milano, in contrapposizione ad un centro sportivo che dovrebbe andare a intaccare una zona che oggi è destinata a verde agricolo. Queste centro assolutamente non deve passare. Noi, è da un anno che ci stiamo battendo, e proprio nel dicembre dell'anno scorso abbiamo iniziato una manifestazione pubblica per sensibilizzare tutti gli abitanti della zona; e dobbiamo dire che fortunatamente, questo centro di dimensioni veramente elevate, 200 - 300.000 metri quadri, un centro sportivo privato che favorirebbe poi un insediamento di carattere speculativo, ancora non è passato, non solo, dico, grazie alla spinta dei comitati di quartiere, ma grazie anche al collegamento con le forze politiche e sindacali della zona. CODA: scusate, ci sono ancora sei interventi, più poi l'intervento conclusivo dell'Assessore al Decentramento Tortoreto. Io, se siete d'accordo, proporrei di chiudere l'iscrizione degli interventi, visto anche che per le 18 circa dovremmo concludere il convegno. Quindi io chiudo le iscrizioni e faccio una preghiera di essere possibilmente concisi. L'architetto De Cugis. DE CUGIS: Intervengo a titolo personale, ma faccio parte del gruppo che lavora alla revisione del piano regolatore di Milano. Non che abbia delle responsabilità tali da influenzare le scelte, ma come tecnico posso senz'altro qui dire che molti dei temi, e il modo in cui questi temi sono stati trattati in sede di convegno, sono già stati posti e in maniera molto simile anche nelle sedi competenti di elaborazione del piano, specie per ciò che concerne i servizi. Questo serve agli atti come fatto culturale, evidentemente, e non molto di più: proprio in quel senso. Io vorrei riprendere da alcuni punti dell'architetto Lucchini, perchè mi pare che il taglio al discorso che lui dava fosse molto giusto. Cioè, contemporaneamente a questo convegno ce n'è un altro all'I.N.U. in cui, fra le varie leggi che vengono esaminate, si parla anche della proposta di legge sui comprensori, una della Giunta, una del Partito Comunista. Comunque, il concetto di base di questa legge dice proprio che i problemi solo a livello comunale, sono difficilmente oggi risolvibili, come giustamente illustrava l'architetto, ed è su una scala più vasta che si possono affrontare; nel senso poi che è evidente, che parlare di agricoltura a Milano è una roba che uno si scandalizza, perchè dice: come, Milano industriale, Milano socialista, le società di mutuo soccorso del 1900, come è possibile, non è vero. Non è vero ed è vero. Credo che sia stato spiegato abbastanza bene cosa s'intende per primario a Milano,che non è nemmeno poi tanto piccolo, è il 25% dell'area comunale milanese. Significa, guardando la carta si vede abbastanza bene, che se il cappello di Milano è una specie di cappello di piombo, sull'intero asse Sud presenta un complesso di livello più ampio di quello cittadino con enormi prospettive e possibilità di qualificazione del primario. E questo, non perchè ci piace il primario, nessuno di noi ha delle velleità pastorali-agricole, come delle volte si dice, ma proprio perchè si ritiene che il ruolo strategico di riequilibrio, di reincentivazione della produttività, in questo senso possa svolgere un ruolo complessivo all'interno dello sviluppo urbano determinante. Questo perchè? Si è qui visto, ed è stato detto in più interventi, che uno degli aspetti più negativi, più contradditori io direi, dello sviluppo capitalistico, è quello che produce due fenomeni contemporaneamente: l'espulsione, a un certo livello del proprio sviluppo, dei ceti popolari dal centro, e la compromissione delle proprie aree a livello di cerchio esterno. Credo che la periferia urbana disastrata, di cui tanti parlano, non sia un fatto solo Nordmilanese, e in realtà a Milano non è così disastroso come potrebbe essere... qui si è citato Francoforte ma ci sono stati altri esempi di città a sviluppo urbano indifferenziato. Lo sviluppo urbano di tipo disordinato e indifferenziato, può essere molto peggiore di quello esistente, e allora il problema è: come rispondere a questa contraddizione, a questa piaga? Una delle cose che noi vogliamo è il mantenimento dei ceti popolari in centro, perchè in questo modo ci si vuol opporre al feno meno di espulsione, ma è evidente che questo non basta. La 167 e gli interventi di edilizia economica popolare in centro, servono sì, ma lo sviluppo capitalistico è tale che non è possibile, solo con questa parola d'ordine, solo con lo strumento urbanistico, opporsi a questo tipo di sviluppo. Lo strumento urbanistico non è in sè una barriera allo sviluppo capitalistico, cioè al capitalismo in questa fase. Noi siamo in una fase molto specifica, molto precisa anche in termini economici: New York l'ha già vissuta,. ed è interessante vedere i paralleli, con cui si espelle l'industria perchè non rende... in fondo non è più nemmeno sufficientemente produttivo che stia dentro la struttura urbana, è più produttivo il terziario. Allora il problema è: alto là, blocchiamo il terziario. Io credo che questa sia una battaglia che la classe operaia nel suo insieme, le organizzazioni di sinistra, del Partito Comunista, del Partito Socialista, i sindacati devono intraprendere come battaglia politica di classe. Non è possibile che lo strumento urbanistico in quanto tale sia un argine a questo: può però con delle incentivazioni di tipo diverso, secondo me, tendere a mettere in luce alcuni di questi squilibri, e a riequilibrare in senso positivo il fenomeno, che, ribadisco, non penso sia possibile bloccare con uno strumento urbanistico, cioè con una normativa, in realtà, se poi non c'è la volontà politica di applicarla. Quindi ritengo importante il ruolo del primario, cioè della agricoltura in quanto tale; infatti, "Per la realizzazione del Parco Sud" secondo me è un titolo che fa confuzione. Il tema di fondo che è uscito da questo convegno, è "Il territorio", cos'è il territorio, per la realizzazione di un'analisi approfondita del suolo al Sud, perchè la Cantalupa, abbiamo visto stamattina, è mezza disastrata, perchè ne han già fatte di tutte, e allora lì si può mettere il cimitero; e mi pare che abbia molto senso una localizzazione di questo tipo: ma la zona di cui parlava il coltivatore stamattina, che fa da tampone e da azione disinquinante, evidentemente quella lì non va toccata! Il problema è che finalmente la cultura urbanistica è arrivata in Italia, come al solito con alcuni decenni di ritardo, perchè in Inghilterra e in Francia e in America, cioè nei paesi capitalistici, ma un po' più civili, si calcola con l'elaboratore quanto una strada che attraversa le campagne rovina di agricolo, per poi reincentivarlo e riprodurlo. Questo, perchè evidentemente i paesi capitalistici non straccioni come il nostro, questo problema se lo pongono, e non trascurano l'agricoltura perchè essa non è paragonabile in termini di metri quadri di produttivi tà alla produttività industriale: perchè è evidente che se pensiamo così, mettiamo pure a Gioia Tauro le industrie, che tanto l'agricoltura lì non è mai competitiva. Il problema è che la bilancia dei pagamenti poi mostra molto bene a cosa porta questo tipo di scelta a livello nazionale, perchè a Gioia Tauro, adesso è un paragone un po' forzato, però è avvenuto lo stesso come se in California mettessero le fabbriche di petrolio perchè il petrolio rende di più; però distrugge, inquina, eccetera. Questo, sia ben chiaro, non per fare della facile demagogia e dire: l'industria inquina, eccetera eccetera. E' evidente che, nell'ambito delle scelte complessive, come diceva giustamente il Consigliere Mottini, va tenuto conto di tutti gli elementi, e quindi anche di quello fondamentale, soprattutto per i comunisti io credo, del mantenimento della sostanza di classe nella città di Milano, del mantenimento all'interno. Facendo gli studi adeguati, le aree ci sono, non è mica vero che non ci sono, per il mantenimento e forse anche il potenziamento di alcu ni tipi di industria: perchè nen tutta l'industria è uguale, come non tutto E. suolo è uguale; quindi il problema è poi sempre quello di una certa scientificità e di un approccio che entri nel dettaglio. Devono essere considerati i due elementi che in qualche modo sembrano contrapporsi: uno, la verifica, sempre a tutti i livelli, del tipo di suolo che noi stiamo per trattare, perchè il suolo è tutto diverso e credo che qui Chilò ce lo abbia spiegato bene; secondo, il potenziamento e lo sviluppo dell'industria, ma quella che vuole molti addetti, non le raffinerie, quella che non inquina, e là dove inquina deve diventare disinquina ta. Io volevo, siccome so che si prepara una mozione finale che ritengo molto importante, accennare ad alcuni obiettivi che mi sono venuti in mente, sentendo il dibattito; ma prima di tutto alla formazione di un consorzio per il Parco agricolo Sud, poi il nome lo vedremo. Cioè, credo che sia importante che già da questa riunione venga fuori un momento organizzativo, che si può poi tradurre in alcune scelte precise. Vi sono poi alcuni spunti che ho preso per la verità da un convegno che si è tenuto nella landa contadina regionale dei coltivatori dell'Emilia Roma- gna in giugno, su un tema che ci riguarda da vicino: l'urbanistica e l'agricoltura. Alcuni degli obiettivi che vi si ponevano, mi sembrano abbastanza interessanti. La legge 865 è uno strumento molto discusso e soprattutto inapplicato, ma comunque offre senz'altro delle grosse possibilità; secondo me però, nel caso di esproprio mettiamo per l'ospedale, si trattava per la maggior parte di terre degli enti pubblici e il problema non si pone; ma se non lo fossero state allora si trattava di espropriare delle terre, probabilmente agricole; quindi la scelta fondamentale avrebbe dovuto essere di richiedere esplicitamente che ogni erosione che interessasse delle aree produttive, fosse stata verificata prima con estrema cura sul tipo di suolo e sul tipo di produttività esistente, escludendo quindi dall'utilizzo per insediamenti quelle di più alta resa. Secondariamente, l'obiettivo della difesa della professionalità contadina in quanto tale. Mi pare che questo venisse fuori molto bene, sempre dall'intervento del coltivatore di questa mattina. Il contadino oggi è un ceto medio, è un ceto medio di tipo diverso, è un ceto medio produttivo, uno strato della popolazione produttiva che in quanto tale va difesa, e a cui va dato il giusto rilievo. Quindilnel caso che sia proprio necessario espropriare quel tipo di terra, bisogna che il Comune si impegni in prima persona a trovare un altro pezzo di terra. Come voi sapete, molto nel Sud Milano è di proprietà comunale. Vi sono anche molte terre non più coltivate al massimo della resa, e che magari potrebbero essere riconquistate a un pieno utilizzo, e agli agricoltori estromessi va commutato il terreno. Il terzo obiettivo che ci si può porre, è quello dela riqualificazione delle frazioni rurali, e qui l'intervento del parroco di Ronchetto penso fosse altamente signi ficativo; facendone cioè dei centri di aggregazione sociale ed economica. Una considerazione di carattere generale, i problemi dell'agricoltu ra possono trovare salvaguardia e incentivazione nelle norme urbanistiche, nelle revisioni dei piani regolatori, ma per trovare una adeguata risoluzione al loro giusto livello, devono essere affrontati all'interno dei piani comprensoriali agricoli. In Emilia-Romagna questo discorso sta già andando avanti, e credo che sarebbe maturo anche qui per l'area Sud, evidentemente non solo per Milano, affrontare questo tipo di discorso anche in previsione delle nuove leggi e delle prospettive che si aprono. Un'altra considerazione breve è questa degli ospedali, che devo no sempre essere larghissimi. Insomma, non l'ha detto nessuno: a Boston, la scelta che l'Amministrazione ha fatto, è stata di piazzare l'ospedale nel centro cittadino degradato. Una scelta secondo me, nel complessolsba gliata: nel senso che poi cacciava via tutti i cittadini, e però ha portato alla costruzione di un ospedale super moderno, super efficiente,bel lissimo, alto 8 - 10 piani. Non si capisce perchè qui dobbiamo prendere un milione e 300 mila metri quadri. E' veramente assurdo. Col rischio, anzi, io purtroppo li ho localizzati, gli ospedali, che adesso ve ne sia no addirittura tre. Io ho dei seri dubbi, non penso che sia una necessità per cui non ci si può far niente. Non è vero, non è vero che un ospedale deve essere una specie di mummia enorme che copre tutto il territorio, e così pure il cimitero in fondo. Cioè, non è vero che bisogna allargarsi. Anche lì si possono studiare tipologie coraggiose e nuove,cioè vediamo un po' anche di fare della buona architettura. CODA: architetto Barbarani. BARBARANI: vorrei esprimere anch'io le preoccupazioni di chi ha partecipato alla preparazione del convegno e ne condivide gli scopi. Preoccupazioni circa gli obiettivi espressi dall'Assessore all'Urbanistica, e condivisi mi pare sostanzialmente dal Consigliere Mottini in ordine alla espansione delle zone industriali, all'espansione delle zone residenziali, all'insediamento e alla localizzazione dei servizi comunali e in tercomunali. Dunque, quate preoccupazioni diventano apprensioni se seguono le indiscrezioni circa il lavoro del Comitato interpartitico dei sei. I problemi, mi pare, da quanto mi risulta, sono impostati in questo modo: circa la zona industriale, si dice che nel periodo dell'ultimo decennio sono stati espulsi dalla città di Milano mi pare 70 mila posti di lavoro di tipo industriale; proprio con l'aumento di dieci milioni rispetto alle previsioni del piano '53, che prevedeva 6 milioni di metri quadri, arriviamo a 16 milioni di metri quadri circa di zone industriali. Allora, per il mantenimento degli stessi posti di lavoro, occorerebbero per lo meno un 5 - 6 milioni di nuove aree per l'industria, ciò prima; poi, per lo sviluppo residenziale, si prevede una espansione minima di 100 mila abitanti nel decennio a venire. Di questi 100 mila, 50 mila verranno dall'espulsione degli abitanti dalle zone ad alto indice di densità per il recupero di standards, tipo Zone 3 -10. eccetera. Gli altri 50 mila sono previsti per l'incremento naturale della popolazione. In tutto, 100 mila abitanti importano un'area di circa 3 milioni di mq. Allora 5 - 6 più 3 fanno già 9 milioni di mq. Poi abbiamo l'inse diamento di attrezzature di carattere comunale e intercomunale. Abbiamo visto un solo ospedale, il Policlinico, che occupa 1 milione e 300 mila mq. bora mettiamo altre cose, e vengono fuori altri 3 milioni di metri quadri. In tutto abbiamo 12 milioni di mq. necessari. Queste aree dove vanno reperite? Nelle zone libere, quindi le zone libere corrispondono grosso modo alle aree della zona Sud. Un elemento positivo è quello del riconoscimento dell'attività produttiva agricola: quindi, l'eliminazione dell'azzonamento di tipo agricolo generico e invece l'azzonamento di tipo produttivo agricolo; però, questo riconoscimento verrà attribuito soltanto alle aziende, alle zone con attività efficiente e produttiva. Ora, non si capisce bene come potranno coesistere le attrezzature di carattere industriale produttivo con le attrezzature di carattere agricolo produttivo. Occorreranno espedienti molto abili. Un altro problema è questo: per esempio, è ammessa la formazione della tangenziale Sud che collegherà a Sud del centro abitato tutti gli eventuali servizi, e collegherà penso a quel centro famoso di S. Donato le zone a Ovest della città. Ecco, qui i problemi espressi e quindi queste esigenze sono veramente oggettivi, però mi pare che siano male impostati, cioè sono impostati con una miopia di obiettivi che è riscontrabile fin dal piano del '53, e non si può pretendere al giorno d'oggi di risolvere i problemi di Milano, di cui si dichiarano le vocazioni metropolitane, nel l'ambito del territorio comunale. Mi sembra che sia anacronistico. Poi al tre considerazioni: il bene suolo, cioè il suolo a Milano, è ormai del tutto dissipato, non è riproducibile, quindi c'è il pericolo che per esigenze anche gravi ma contingenti, non so, tipo crisi economiche, si pregiudichi l'avvenire della città che non va guardato nell'ambito solo di 10 anni, ma penso di almeno 1 secolo. Quindi, secondo me, come è già stato anticipato d'altronde da chi mi ha preceduto, non si può impostare un piano regolatore, la revisione del piano regolatore di Milano, senza una visione di carattere intercomunale. Mentre si stanno apprestando strumenti di tipo comprensorio, eccetera, non si può far la corsa col tempo per arrivare, non so, al 15 di dicembre o al 15 di gennaio, e presentare il piano prescindendo da tutti i fenomeni che si stanno sviluppando. Abbiamo aspettato tanto; se i mezzi giuridici o gli strumenti non permettono una soluzione corretta di questi problemi che sono di ca rattere intercomunale, aspettiamo che si risolvano, che si approntino, questi strumenti. Io vorrei che nel documento, mi pare che appaia, si inviti appunto l'Amministrazione a considerare questi problemi in un am bito più vasto e in un ambito più realistico, e si abbandoni proprio una visione così autarchica e miope che ha portato già al fallimento del piano del '53. CODA: l'architetto D'Alfondo. D'ALFONSO: io sono un ricercatore dell'Ufficio organizzazione dati urba ni, e parlo comunque a titolo personale. Vorrei fare un discorso che prenda il problema dalla sua origine. Noi in questo momento stiamo parlando di un parco e abbiamo messo in rilievo l'uso del suolo destinabile a questo parco, cioè l'uso agricolo. Questo muta completamente una impostazione urbanistica che normalmente al parco destinava il tempo libero e all'agricoltura destinava un'area generica, che poi era sede di attese e di erosioni future, che la compromettevano senza possibilità di rimedio. Ora, questa è la cosa, secondo me, più importante del dibattito di oggi, e dei lavori che vengono fatti per affermare la necessità di un discorsomi verde a Milano, sui parchi a Milano, e sulle destinazioni del suolo a Milano. Non si tratta tanto di entrare in termini di cm petitività con altre destinazioni, e dire l'agricoltura, piuttosto che i servizi, piuttosto che le aree di espansicni industriali piuttosto che le aree di espansioni residenziali, eccetera;ma si tratta invece di collocare nella giusta ottica le risorse effettive che abbiamo a disposizione, e in questo caso, all'interno di un discorso di parco, le destinazioni agricole che sopravviveranno, insieme all'utilizzo ai fini dello svago che pure in questo parco saranno ammessi. Quindi, questa è la cosa che emerge con maggiore significatività dall'incontro di oggi: cioè il suolo nome risorsa organica, con la quale noi dobbiamo fare i conti, e con cui dobbiamo commisurare tutti i bilanci di altre necessità e di altre destinazioni. Tra l'altro, la relazione di stamattina di quell'agricoltore ha presentato una azienda di produttività altissima. Secondo me, dunque, il discorso non è tanto quello di dire l'agricoltura, piuttosto che l'industria, piuttosto che i servizi, piuttosto che altre destinazioni; ma definire per ciascuna destinazione il costo che questa comporta nei confronti di altre possibili. CODA: Mazza, del Comitato di coordinamento politico della Democrazia Cristiana della Zona 14. MAZZA: sono d'accordo sugli assunti fondamentali emersi sia dalla relazione principale che dai vari altri interventi; in particolare, sono d'accordo sul punto direi fondamentale, cioè quello del cambiare il modello di sviluppo fin qui considerato anche per la città di Milano e per il suo hinterland, che poneva il reddito ricavato dall'urbanizzazione al primo posto nei parametri invariabili delle scelte di programmazione. Da ciò discendono diverse considerazioni di stretta natura politica, cioè come fare questa inversione, quando farla e chi la fa deve fare. Direi che la scelta di una linea di sviluppo deve essere legata alla globalità dei problemi, cioè deve partire addirittura da un concetto di eguaglianza in senso lato, da cui discende immediatamente quello dell'equilibrio delle sperequazioni; quindi per Milano e per il suo hinterland, significa anche un discorso di decongestione, decongestionare per bloccare quell'espansione irrazionale a macchia d'olio, che sembra essere stato il principale motore dell'urbanizzazione di Milano, e significa ricuperare i valori naturali e quindi ambientali in cui lo uomo deve vivere. Chi sono gli attori di questa scelta? E' chiaro che in un discorso così globale, ha un particolare rilievo la sintesi a livello regionale, di realtà e di elaborazioni comprensoriali. E' già stato detto appunto che per Milano una programmazione del territorio che sia limitata ai confini comunali non ha più senso, ed è quindi il ruolo del piano intercomunale milanese che deve assumere un rilievo diverso. Infatti, se è limitato a un centro studi tra virgolette, ecco, è un ruolo insufficiente. Qui occorre la volontà politica delle amministrazioni aderenti al P.I.M., di fare proprie le indicazioni che derivano a livel lo di studio del P.I.M., lasciando da parte le gelosie di competenza e interessi particolari che abbiamo visto emergere anche negli ultimi tempi in più di un comune del P.I.M. per quanto riguarda, per esempio, variazioni di piano regolatore a lato di future grosse installazioni tipo il centro interscambio merci o il previsto porto canale. Qual'è il ruolo delle amministrazioni? Si è parlato di creazione di un consorzio. D'accordo per la creazione di un consorzio, però, direi, quello può essere lo strumento gestionale ultimo. Prima, forse, è da chiedersi quale è il ruolo degli amministratori. Cioè, se devono essere sempre e solo amministrati. Ci sono state le parole molto giuste e anche molto sferzanti della signora Prada stamattina, che ha dimostrato come ognuno di noi abbia una parte di colpa per tutta la situazione. E' chiaro che è colpa dei politici, in primo luogo, ma è anche colpa di chi delega i politici a fare qualcosa e poi non controlla come questa delega viene usata. E allora entra il concetto di partecipazione, da sviluppare sia in fase di elaborazione teorica, che forse anche attraverso una delega operativa; ma comunque deve esserci il controllo dell'esecuzione di tale delega. Quali sono gli strumenti? Bene, abbiamo visto con molto piacere questa iniziativa dei Consigli di Zona in questo momento, e ci possono essere iniziative anche di altre organizzazioni che si possono collegare a questa, come i sindacati, e fino ad arrivare ai comitati spontanei; senz'altro mi ricollego all'intervento del parroco di Ronchetto, il discorso di chiedere sempre all' Amministrazione di intervenire per fare qualcosa: forse non ha ben presente cosa si può cominciare a fare di propria iniziativa. Si dice che i Consigli di Zona abbiano una scarsa efficienza, perchè condizionata da fattori esterni ed in fondo da mancanza di potere. Io direi che un fattore esterno effettivo è senz'altro la mancanza di informazione che hanno i Consigli di Zona, cioè la periferia non sa mai quanto sa viceversa chi è al centro del potere, al centro del l'amministrazione. In sede, ad esempio, di dibattito sul regolamento dei Consigli di Zona, si era parlato anche di una banca di dati, a cui i Consigli di Zona potevano attingere quelle informazioni necessaria a spostare la loro azione da un livello puramente rivendicativo (vogliamo questo, vogliamo quell'altro, o non vogliamo altre cose come ad esempio la discarica dei rifiuti in Zona 14 o il cimitero in Zona 16) a una poíizione di corresponsabilità, di cogestione delle scelte. Ed allora, vista la situazione com'è, per cambiare questo rapporto di sudditanza centro - periferia, è da utilizzare quel potere che fa parte direi dei diritti naturali, e cioè l'iniziativa e in fondo il potere di pressione. Quest'ultimo tanto più giustificato quanto più espressione della partecipazione popolare. L'Assessore Parigi aveva detto anche che in Consiglio regionale c'è una legge di salvaguardia. E' chiaro che le leggi possono essere il primo passo, però deve esserci il controllo di cui parlavo prima anche di queste deleghe, per cui, se ad esempio il convegno di oggi rimane unico episodio di tutta la mobilitazione, ecco che ne vedo sminuire il suo valore. Allora io propongo la creazione di un comitato promotore permanente per il Parco Sud, che raccolga rappresentanti di tutti gli organismi interessati. In pratica si tratterebbe di formalizzare la Commissione interzonale che ha preparato questo convegno, e, se vogliamo considerare il Parco Sud come possibilità di collegamento con il Parco Trenno, con una bretella al Parco del Ticino, fino a formare una cintura verde intorno a Milano, proprio da cuscinetto ecologico, ecco, direi che anche le altre zone, in particolare la 13, la 17, la 18 possono essere interessate. E' chiaro che un grande apporto, assolutamente indispensabile, si deve avere dalle amministrazioni comunali dell'hinterland. Questi sono primi passi operativi per riuscire a realizzare in concreto quello di cui da troppi anni poi si parla. Ci sono studi o prestudi del P.I.M., fatti anche sul Parco Sud. Ecco, è importante verificare le possibilità prima politiche poi tecniche perla realizzazione del Parco Sud. Direi, puntanto all'immediato blocco di salvaguardia, c'è quella indicazione data dall'Assessore Parigi che dice che la salvaguardia potrebbe arrivare entro gennaio. Bene, se non dovessero esser così brevi i tempi, le Zone potrebbero anche farsi promotrici, sfruttando una procedura già utilizzata per il Parco del Ticino, di una proposta di legge di iniziativa popolare con la raccolta delle 5.000 firme per proporre appunto una legge di salvaguardia per il Parco Sud. Comunque, ripeto che è essenziale che il discorso, iniziato e arrivato a questo punto con il convegno, non venga interrotto. Quindi, la creazione di un comitato permanente promotore per continuare il discorso, la vede essenziale. CODA: devo comunicare ai presenti che abbiamo ancora due interventi, e poi ascolteremo le parole di conclusione dell'Assessore Tortoreto, poi abbiamo il documento da discutere e votare. Dunque, adesso un intervento dell'architetto Sacconi. Direi di abbreviare, siccome sono le sei meno un quarto, senza togliere niente a nessuno. L'architetto Sacconi, Consigliere comunale. SACCONI: devo dire che prendo la parola un po' restio, ma credo che forse ne valga la pena. Un po' restio perchè ho seguito solo in maniera parziale i lavori del vostro convegno. L'unica cosa che mi auguro, è che il tempo utilizzato in questa giornata sia andato più o meno nel senso degli obiettivi che voi stessi vi siete proposti facendo questo convegno. Quindi, le brevissime cose che io dirò tengano conto sostanzialmente della lettura della relazione e dei pochi interventi che ho sentito nella seconda parte del pomeriggio. Devo dire prima di tutto che mi sembra di poter concordare in larghissima parte, quasi sostanzialmente, con le posizioni che sono espresse nella relazione introduttiva, in particolare considerando anche il buon livello, l'alto livello di elaborazione a cui la relazione è giunta, e anche la completezza dei temi che sono in essa stati trattati. Volevo solo aggiungere alcune considerazioni sul convegno nel suo complesso, non tanto sui singoli interventi che sono stati fatti che, come vi dicevo prima, non ho potuto seguire. Io credo che la importanza di questo convegno sia molteplice. Una prima considerazione che va fatta, secondo me, è il momento nel quale questo convegno delle tre zone viene a cadere. Direi il momento urbanistico, se mi consentite questa formulazione, nel senso che proprio in questi giorni, questi mesi, queste settimane, si stanno elaborando alcune delle determinazioni più importanti per tutta l'area metropolitana e forse per la regione. E' in effetti in questo momento che sta per essere messo a punto il piano intercomunale milanese.All'interno del piano intercomunale milanese ma forse con qualche scollatura, qualche grossa scollatura, sta procedendo la revisione del piano regolatore della città di Milano. Si sta mettendo a punto una legge urbanistica regionale e, anche per rimanere sempre nell'ambito della città, si sta dando concretezza al regolamento edilizio, concretezza in termini di formulazione, di elaborato. Poi vedremo come arriveremo all'approvazione di questi atti; e soprattutto si sta cercando con fatica, con scontro duro, di portare in porto un piano di 167 per l'edilizia popolare che in qualche modo possa servire alla città. Quindi, io ritengo che questo convegno, in questo quadro, debba essere considerato un convegno importante. Credo che un altro degli aspetti rilevanti debba essere quello di aver messo a fuoco e di aver sollevato con forza i problemi relativi all'agricoltura. Si è detto questo in termini molto precisi, senza nessun aspetto di demagogia o di contraddizione con altri aspetti. Aver messo a fuoco con forza i problemi dell'agricoltura, per il peso limitato o meno limitato che possono avere per la città di Milano, è importante perchè fino ad oggi tutta la pianificazione urbanistica dei piccoli o dei grandi centri ha costantemente dimenticato gli aspetti connessi con l'attività produttiva dell'agricoltura. I terreni liberi all'interno dei nuclei urbani sono stati sempre considerati terra di nessuno, come se su queste aree nulla avvenisse, come se su queste aree non ci fossero delle attività produttive più o meno importanti, a seconda delle situazioni, ma comunque attività produttive. Terra di nessuno o meglio terra di attesa per operazioni di recupero di rendite di posizione, terra di attesa per operazioni di carattere speculativo molto consistenti. Quindi, io credo che l'aver richiamato all'attenzione degli amministratori e dei pianificatori questo aspetto, sia un fatto rilevante, e che questo fatto sia e messo proprio dall'iniziativa di tre zone del decentramento è cosa ancora più importante e positiva. C'è una terza considerazione da fare, a mio modo di vedere, sull'importanza di come è stato conformato il convegno. E' che sollevare questi temi, i temi che erano presenti nella relazione, richiama indirettamente o direttamente il problema di concentrare l'attenzione sulle questioni attinenti al tessuto urbano già edificato. Cioè richiamare l'attenzione sulla necessità che tutta una serie di problemi, che si sono posti negli anni e che si pongono tutt'ora in maniera drammatica, siano prima di tutto risolti per quanto possibile all'interno del tessuto urbano senza cadere in posizioni facili di espansione del nucleo urbano. Direi che il punto più evidente forse per tutti, a questo proposito, è lo scontro politico che sta avvenendo in questo momento per l'applicazione del piano di 167 di edilizia economica, all'interno della città, nelle zone degradate, nelle zone da ristrutturare. Ecco, su questo punto io ho sentito qui una osservazione che ritengo non corrispondente al vero, perchè accomunare le posizioni dell'Assessore Cannarella alle posizioni del Consigliere Mottini, a proposito dell'espansione della residenza, credo che sia un gioco abbastanza azzardato. Proprio in queste ultime settimane, stiamo ogni sera scontrandoci in maniera violentissima con le posizioni dell'Assessorato all'Urbanistica sul fatto che questo Assessorato e determinate forze politiche, una parte consistente della Democrazia Cristiana per parlare molto chiaro, ed è presente anche in un documento che la Democrazia Cristiana ha portato a conoscenza della stampa una decina di giorni fa, ecco, non vogliono applicare una parte consistente di 167 proprio all'interno del tessuto urbano, e di conseguenza ipotizzando una possibilità di espansione residenziale e non solo di edilizia popolare, ma sollevando tutta una serie di considerazioni che non trovano neanche rispondenza nelle indicazioni delle leggi che noi abbiamo a disposizione per fare questa grossa operazione di 167, fondamentale per la città di Milano. Lo stesso discorso vale in qualche modo per l'industria, dove la posizione essenziale che viene da noi sostenuta è proprio quella del radicamento dell'industria all'interno della città, considerando tutte le possibilità di ampliamento delle strutture industriali all'interno della città ove queste possibilità esistono. E considerando anche la necessità di localizzazioni industriali più a ridosso della città stessa, ove le condizioni del tessuto siano tali all'interno della città da non consentire amplimenti di carattere produttivo, avendo appunto come conseguenza lo sbalzo di queste unità produttive al di fuori del Comune di Milano. Non che noi consideriamo una tragedia il fatto che il problema degli insediamenti produttivi possa avvenire anche in un contesto più ampio di quello del Comune di Milano, problema che va visto senza dubbio in termini comprensoriali. Crediamo però che le perdite che si sono avute in questi anni, di popolazione operaia, di attività produttive all'interno del Comune di Milano, debbano essere seriamente considerate, debbano essere in qual che modo riequilibrate. Non c'è dubbio però che noi vogliamo che lo sviluppo di Milano nei prossimi anni avvenga in maniera diversa da come è avvenuto in passato, quando sarebbe stata possibile una politica urbanistica oculata all'interno del tessuto urbano, per esempio nei confronti dei 180 - 200 mila vani (i dati non sono ancora bene individuati ma comunque molto consistenti sicuramente) evitando per esempio operazioni del tipo grandi quartieri realizzati in espansione, come il Gallaratese a Nord, o il Gratosoglio a Sud, che sono costati in costi sociali e anche in costi economici all'Amministrazione Comunale centinaia e centinaia di miliardi. Da questo deriva quindi la necessità assoluta di considerare le attività produttive in maniera unitaria, in maniera globale. A mio modo di vedere, è sbagliato fare un discorso sulle attivita' produttive, sulle unità produttive di carattere industriale, in maniera in- dipendente dagli interventi, dalle valutazini che possono essere fatte anche sulle attività produttive di carattere agricolo. El necessario che questi due aspetti siano visti, ma non sono stati visti, e questa è senza dubbio una delle carenze che noi possiamo ravvisare oggi allo interno delle elaborazioni fatte nell'ufficio del piano. Ecco la visio ne unitaria di questi problemi, cioè dell'aspetto produttivo delle iniziative, delle unità produttive, non è stato visto in maniera globale e probabilmente proprio per questa ragione si trovano posizioni, mi è sembrato di capire, abbastanza artificiosamente contrapposte per la mancanza di una visione coordinata di questi due problemi. Un'altra ra gione, credo, che debba essere considerata positiva di questo convegno. E' collegata alla possibilità di arrivare o meno alla adozione in sede di Consiglio Comunale della revisione del piano regolatore. Io credo che sia giunto il momento di porci questo problema. Noi comunisti vogliamo che questa revisione, che il nuovo piano regolatore, esca ad esca presto ed esca in un certo modo facendo riferimento ad alcune solo delle cose che ho potuto citare precedentemente. Lo scontro però su al cune questioni essenziali è molto serio, e se pensate che lo scontro è serio oggi a livello di alcune indicazioni che sono ancora al livello tecnico, quando questo si sposterà a livello politico, all'interno del le forze stesse della maggioranza, ebbene qualche perplessità a questo riguardo può sorgere. Da ciò deriva la necessità di considerare con at tenzione le iniziative di carattere regionale, forse in maniera un po' diversa da come sono state espresse in altre sedi, ma di considerare con attenzione quelle misure reginali di salvaguardia di carattere ambientale sul territorio. Misure di salvaguardia, che devono senza dubbio interessare questa parte del Comune di Milano, perchè voi pensate che se non si dovesse arrivare concretamente ad una definizione in ter mini di pianificazione urbanistica dí queste zone del Comune di Milano, ebbene, noi non sappiamo quali saranno i tempi per poi arrivare effetti vamente a queste determinazioni; e quindi sarebbe abbastanza neeessario che operazioni di salvaguardia in questo senso siano messe a punto. Una ultima considerazione, e concludo, credo che sia wsolutamente da sottolineare l'importanza del convegno sotto il profilo di coordinamento di tre zone della città. Anche in altri casi , si sono avute iniziative di questo genere, però credo che in questo momento, come dicevo all'inizio, per zone che comprendono una così vasta parte del territorio del comune, questo aspetto vada ulteriormente sottolineato, anche in considerazione dell'apporto molto qualificato da parte di tutti e in particolare della relazione che io ho letto. Credo che questo sia proprio il modo migliore di poter far vedere come le forze del decentramento contano, e far vedere come le forze del decentramento e le proposte che le zone fanno siano veramente una funzione insostituibile nell'ambito delle decisioni che vengono prese per la città. Da ultimo, e ho concluso, credo che il conve gno debba mettere capo a una considerazione abbastanza precisa. Ci sarà, come è stato detto, una nozione e io non so cosa la mozione contenga... vedremo, discuteremo. Credo però che debba emergere in maniera molto chiara la richiesta della formazione di un consorzio per la costituzione del Parco Sud, nel senso che questa è nna proposta positiva, è un obiettivo da raggiungere, e gli elementi che qui sono emersi devono poi servi re da sostanza per i contenuti che il consorzio stesso prenderà in conci derazione, porrà a base del proprio statuto e quindi riuscirà poi concretamente, organizzativamente, ad adoperare affinchè questa parte del territorio sia salvaguardata e pianificata in maniera corretta, secondo gli obiettivi che sono stati indicati. CODA: la signorina Franca Colombo della Zona 16, che chiude la serie di interventi e poi lascia la parola al dottor Tortoreto, Assessore al Decentramento. COLOMBO: io ho partecipato in quei giorni alle riunioni con gli agricoltori, e ho udito da una parte le loro volontà precise e dall'altra una sfiducia più che giustificata. Si può dire che ìn questi giorni sono stata sempre al loro fianco. E' una sfiducia motivata; basti pensare che qui per fortuna si sono viste delle idee positive in favore della realizzazione di questo Parco, però d'altra parte si è sentito parlare stamane, di paesaggi idillico-agresti, che offende a mio avviso persone che lavorano duramente: e ribadisco,per qualcuno che parlava di azienda, deve essere una svista, ci sono una trentina di aziende, ripartite metà in una zona metà in un'altra, di coltivatori diretti con i loro lavoranti con la cooperazione da 2 a 4 lavoranti in media per azienda. Ora dico, bisogna vedere come pensa un certo tipo di persone che sono su in alto, poi bisogna vedere come la pensa la cittadinanza giù in basso, perchè è stato appunto detto stamattina, così concludo, ed è giusto secondo me concludere con le parole degli agricoltori, questa sfiducia nasce dal fatto che gli vanno a incendiare i campi come è succeseo ultimamente qua in Zona 15, questa estate; basta andare anche a piedi a vedere nelle nostre zone gente che pulisce le macchine qui nei fossi, poi ci sono le industrie che inquinano. Tutte queste cose possono avvenire solo in Italia, dove non c'è una possibilità di difesa da parte degli agricoltori. Vandalismi di tutti i tipi che testimoniano il disinteresse generale. Per fortuna qui c'è della gente che si sta interessando, però, io dico, è chiaro che se non interveniamo fattivamente per bloccare queste cose, ovviamente ci ritroveremo qui a realizzare un parco quando gli agricoltori della Zona 15 e magari, speriamo di no, della Zona 16, se ne saranno andati in Australia. Qualcuno di loro ne parlava: io vado vicino al Po a coltivare, io lascio questa terra. Non è giusto che avvengano queste cose. Concludiamo con le parole degli agricoltori che dicono: vogliamo sopravvivere comunque, in un modo o nell'altro, vogliamo salvaguardata la nostra esistenza, vogliamo che questi famosi insediamenti siano posti nelle fasce improduttive incolte e non già nella zona produttiva. Alla fine dicono: vogliamo offrire ai cittadini, così come sta, questo verde agricolo affinchè sia un polmone vegetale, e senza comportare oneri alla Civica Amministrazione. Questa, penso, sia la cosa più importante, perchè oggi come oggi, nel momento di crisi in cui siamo, ovviamente è un verde che viene offerto gratis alla cittadinanza, ma non certo perchè vengano fatti atti di vandalismo di quel genere che hanno portato a questa sfiducia. CODA: grazie alla signorina Colombo. Assessore Tortoreto. TORTORETO: io assicuro i presenti che sarò veramente brevissimo, per due ragioni. In primo luogo, le conclusioni del convegno sono contenute nel documento che sarà letto tra qualche minuto dalla presidenza, e io mi li- mito, avendo già avuto la possibilità di leggerlo, ad esprimere in anteprima il mio consenso. Esso mi trova d'accordo, nel senso che esprime una linea generale maturata nel corso dei 29 interventi che abbiamo ascol tato, e che sono stati tutti estremamente interessanti. Devo quindi limi tarmi a due considerazioni. La prima è di carattere organizzativo ed è questa: che noi abbiamo partecipato tutti a convegni e manifestazioni va rie di questo genere, sappiamo che cosa costano, come si fanno spesso queste manifestazioni, quali investimenti comportano: carta patinata, hostess in minigonna, segreterie giganti, apparato esterno, registratori di ogni sorta, eccetera. Abbiamo fallo un convegno con forze molto modeste, e lo abbiamo azzeccato in pieno, cioè abbiamo azzeccato in pieno il tema, abbiamo ottenuto un vivo consenso all'interno e all'edterno, quindi abbiamo dimostrato di avere dietro una forza reale che è, mi pare, la forzaldirei di usare il termine di classe dirigente delle Zone 15 - 16 e 14 e di tutte le persone che si occupano di queste cose nella città di Milano e nelle città vicine. Tenete presente che, come dicevamo stamattina con l'amico Chilò venendo in macchina, oggi c'erano altri 6 convegni che si occupavano nella città di Milano di argomenti, se non proprio simili, per lo meno che potevano interessare le persone che si occupano di queste cose: amministratori, studiosi, Consigli di Zona, eccetera. Quindi, siamo davanti a un risultato altamente positivo che segnaleremo al Consiglio Comunale e alla Giunta come un punto di arrivo di un processo che è in corso da un pezzo. Io, poi, mi voglio astenere dall'entrare nel merito dei problemi posti, non solo perchè è umanamente impossibile tira re le conclusioni nella loro complessità, ma se permettete per una ragie ne soggettiva. Io, come alcuni amici qui presenti sanno, sono da circa 15 anni studioso di alcuni di questi problemi, deí rapporti proprio tra agricoltura e territorio, e se mi lasciassi prendere la mano dalla volut tà di entrare nel merito, sarei costretto a stancare tutti i presenti. Mi limito quindi a preannunciare una memoria scritta soggettiva, diciamo, come persona che si occupa di questi problemi, perchè quello che voi avete detto pone questioni estremamente interessanti dal punto di vista organizzativo istituzionale, apre problemi nuovi che meritano di essere studiati e approfonditi. Noi faremo gli atti di questo convegno, li faremo in forma ciclostilata, pregheremo gli uffici comunali che trascrivono le registrazioni di fare presto, li diffonderemo a tutti gli amministratori, gli studiosi, i cittadini, e daremo quindi un ulteriore contributo per raggiungere gli obiettivi che abbiamo davanti. E dico qui l'essenza delle mie conclusioni, che sono queste: noi decidiamo oggi, in questa sorta di assemblea costituente delle zone qui interessate, di delegare l'affare chiamato Parco Sud, che in realtà è un problema più complesso, ai Consigli di Zona interessati come soggetti investiti di questo proble ma. Sì, da questo momento i Consigli di Zona 14 - 15 e 16 sono da noi qui riuniti, investiti permanentemente della trattazione di questo affare che è stato per la verità piuttosto disgregato negli anni scorsi. La idea del Parco Sud non è nata oggi, ma è rimasta disgregata nel corso del tempo, come capita di tante cose che si studiano, che si dicono, che si enunciano, e che poi si dimenticano. Abbiamo perso di vista questo filone nel corso degli anni, con tutto ciò che esso significa. Ripeto, secondo me, Parco Sud significa qui un'espressione convenzionale che vuol dire molte cose, che noi appunto oggi abbiamo analizzato. Mi pare, quin- di, che i Consigli di Zona debbano assumere in persona propria questo problema, e condurlo avanti come autorità che gestisce in questo territorio l'affare del Parco Sud, anche con una loro commissione che è stata suggerita in forma permanente. Credo che sia molto opportuno fare questo, perchè i Consigli di Zona come tali sono un supporto di una struttura permanente, ma devono a loro volta delegare a una struttura, a una organizzazione, la coltivazione continua, diciamo, di questo problema, il che comporterà anche una questione di spesa, di organizzazione, a cui cercheremo di fare fronte, e poniamo i Consigli di Zona come gli interlocutori democratici validi rispetto alle popolazioni. Le popolazioni della nostra zona sono state oggi certamente rappresentate da noi. Noi siamo le forze politiche sociali dirigenti delle zone, siamo venuti qui a parlare a nome delle popolazioni, parò noi dobbiamo sempre più direttamente coinvolgere i cittadini, gli abitanti di questa zona. Noi abbiamo, ricordo un solo episodio, qui nella Zona 15, tenuto molto spesso riunioni con gli abitanti di Gratosoglio vecchio, il Presidente Coda se lo ricorderà. Abbiamo discusso con loro i problemi della loro particolare borgata, e questa popolazione oggi non è intervenuta in modo diretto nel dibattito, non è stata immediatamente rappresentata. Noi dobbiamo andare incontro a tutti i problemi della zona, e quindi aprire tutti i canali di colloquio disponibili, possibili, con tutte le forze sociali e politiche della zona, e anche con i gruppi di cittadini che sono immediatamente interessati al loro destino: che in questo caso è un destino di risanamento integrale della loro vita perchè, se questa si chiama zona degradata, come è stato detto, significa che qui ci sono alcune condizioni di vita assolutamente inimmaginabili. Io voglio soltanto ricordare, siccome purtroppo abbiamo aperto questo convegno con un drammatico intervento di una signora che ha perso un bambino qualche giorno fa, io mi scuso se devo concluderlo ricordando che un altro bambino è morto in questa zona, in occasione proprio degli episodi di via Tibaldi durante l'occupazione delle case di via Tibaldi del 1970; che sono quelle poi in cui ci fu la tragedia che abbiamo purtroppo registrato adesso. Morì un bambino di 7 mesi, che era nato e vissuto fino a quel momento in uno scantinato di Gratosoglio vecchio. Si chiamava Massimiliano Ferretti. Allora noi registrammo anche in questa zona alcune condizioni di vita inimmaginabili, che dobbiamo risanare, e questo è uno dei compiti essenzialmente immediati dei Consigli di Zona nei confronti appunto delle popolazioni residenti. L'altro problema è rivolgersi alle cosiddette autorità. L'arco delle autorità che stanno al di sopra dei Consigli di Zona e che possono quindi prendere delle decisioni, nei confronti delle quali i Consigli di Zona si pongono come interlocutori rappresentativi di tutte le istanze, sono molte. Come capita, ci sono sempre molte autorità che mettono le mani in queste cose. Noi abbiamo avuto la soddisfazione politica, e questo è il risultato politico più significativo del convegno, di vedere qui rappresentate tutte le autorità politiche che hanno in mano un potere di intervento urbanistico in questa zona: Regione, Provincia, Comune, P.I.M. e quella particolare autorità che è l'Ufficio revisione piano regolatore, che fa parte del Comune. Io credo che nei confronti di tutte queste autorità amministrative, i Consigli di Zona debbano non perdere il contatto. Questo è l'essenziale, cioè non correre il rischio di ritrovarsi, a scadenze lontane, a riproporre il di- scorso che siamo riusciti a fare oggi, ma mantenere un contatto continuo. In particolare con la revisione del piano regolatore, che credo sia un obiettivo da raggiungere nel corso della spirale di questa amministrazione. Se è vero che il governo testè insediato vuole tenere le e lezioni amministrative nel mese di giugno, il discorso non è lontano, è a scadenza immediata. Noi chiediamo all'Amministrazione Comunale di fare il piano regolatore nei termini che si è data, e siccome alcuni di noi sono forze politiche presenti in Giunta oltre che in Consiglio Comu nale, questa è una richiesta appunto politico-operativa. Proprio in questo momento, si sta svolgendo presso la Federazione del Partito Socialista una riunione in cui si pone la revisione del piano regolatore come l'obiettivo primario da raggiungere da parte del Comune di Milano nel corso dei prossimi mesi, prima del finire dell'amministrazione. Quindi questo è un obiettivo che noi dobbiamo raggiungere, e allora il contatto tra Consigli di Zona e autorità del piano regolatore diventa un contatto da tenersi immediatamente, se vogliamo realizzare almeno in parte gli obiettivi che ci siamo dati oggi. Questo vale anche per quanto riguarda la Regione, e cioè la valorizzazione della legge sui parchi regionali, che è stata ricordata da un intervento, perchè la Regione si è posta qui come interlocutore dei Consigli di Zona. Queste sono quindi conclusioni politiche e organizzative insieme; sono politiche perché il rischio che si corre in queste cose è, ripeto, il perdere i contatti fra di noi. Non noi qui riuniti, ma noi come vari centri di potere che sono intervenuti, i quali paisi rischia di ritrovarseli a distanza di tempo ciascuno sganciato dall'altro, appunto per quella sorta anche di confusione di poteri che ricorre in queste cose. L'altro problema è un problema organizzativo. I Consigli di Zona hanno molti problemi organizzativi; questo è uno di quelli che devono risolvere, e la Ripartizione Decentramento è al loro servizio, come è stata a loro servizio nella promozione e l'organizzazione di questo convegno. Ecco, con queste brevi considerazioni più operative che tecniche, io vorrei chiudere la parte degli interventi. Se ho capito bene, mi pare che non ci siano altri interventi, e pregherei il Presidente di dare lettura del documento, che sarà sollecitamente trasmesso ai giornali, al Consiglio Comunale e alla Giunta, perchè se ne prenda atto nell'arco più ampio di opinioni possibile. Grazie. CODA: prima di dare la parola al Coordinatore, geometra Pasqui, ritengo opportuno ringraziare i partecipanti a questo convegno, che ci ha trovati impegnati dalle 9,30 alle 18,30 circa, ha visto 30 interventi con le risposte da parte dei rappresentanti della Regione, della Provincia e del Comune di Milano. Il ringraziamento che faccio è anche a nome dei colleghi Presidenti della 14, ingegner Mastropaolo, e della 16, dottor Migliavacca, e soprattutto estendo questo ringraziamento anche ai loro collaboratori, alle Commissioni delle loro Zone che hanno collaborato con la Zona 15 e con la Commissione Urbanistica della Zona 15, che hanno realizzato questo convegno che ha avuto un successo che per noi è stato di massima soddisfazione. Le parole appunto dell'Assessore Tgrtoreto sono state queste: è stato fatto tutto con modestia, ma con una profonda convinzione in alcune cose, e con la validità di un impegno che è nato dal credere nelle cose, noi, anche t3on queste documento che presentia- mo all'assemblea, ci impegnamo per il futuro a lottare per realizzarle. PASQUI: dò immediatamente lettura dicendo che abbiamo cercato di raccogliere in un brevissimo documento tutte le indicazioni e i suggerimenti che ci sono pervenuti, e i numerosi interventi che sono avvenuti nel corso di questo convegno.

DOCUMENTO CONCLUSIVO APPROVATO DAI PARTECIPANTI AL CONVEGNO DEL 30 NOVEMBRE 1974 "PER LA REALIZZAZIONE DEL PARCO SUD"

I Consigli delle Zone 14, 15, 16, confortati dai numerosi qualificati interventi sviluppati nel corso del Convegno da esponenti di forze sociali e politiche cittadine, provinciali e regionali, da amministratori di Milano e di Comuni limitrofi, da rappresentanti di organizzazioni sindacali, professionali e culturali, da cittadini e da lavoratori dell'agricoltura e dell'industria delle zone promotrici del Convegno, riconfermano la validità delle ipotesi, delle proposte e delle richieste contenute nella relazione introduttiva unitaria. Rivendicano pertanto l'inserimento nella revisione del P.R.G. di Milano, e nella pianificazione intercomunale, del Parco Sud, cioè la previsione di un grande parco metropolitano di tipo agricolo - con apposita e rigorosa normativa - che assegni una priorità assoluta alla difesa e al rilancio delle attività produttive di tipo primario, alla tutela della professionalità contadina, alla riqualificazione dei piccoli aggregati rurali, nonchè al riequilibrio ecologico del territorio, ed alla fruizione di superfici per la cultura, lo sport ed il tempo libero di tutta la cittadinanza. I Consigli di Zona non respingono peraltro la possibilità di collocare nelle aree comunali del Sud milanese alcuni limitati insediamenti di carattere sociale ed industriale non inquinanti - come è peraltro previsto nelle ipotesi pianificatorie delle zone promotrici purchè questi insediamenti vengano oculatamente localizzati in zone agricole degradate e correttamente dimensionati e concordati con i Consigli di Zona, in funzione di uno sviluppo socio-economico di Milano e del suo hinterland che contrasti efficacemente i processi di terziarizzazione, di espulsione di ceti popolari e delle industrie dal tessuto urbano e di indiscrimata distruzione del verde agricolo, fenomeni che hanno purtroppo caratterizzato l'espansione della città nell'ultimo dopoguerra. I Consigli della Zone 14, 15, 16 decidono di rendere permanente la Commissione interzonale che ha preparato questo Convegno con il compito di mantenere ed estendere i collegamenti con i Comuni contermini, con il Piano Intercomunale Milanese e con tutte le forze politiche, sindacali (C.U.Z.), sociali e culturali disponibili a continuare l'iniziativa oggi intrapresa formulando proposte tecnico-operative, affinchè venga predisposto a tempi brevi un impianto esecutivo che consenta la più rapida costituzione di un Consorzio per il Parco Agricolo Sud, che è il primo indispensabile passo da realizzare per il conseguimento dell'obiettivo sopraindicato. Si impegnano, infine, a realizzare la più ampia mobilitazione popolare e di massa a sostegno delle ipotesi e delle proposte illustrate, che nel Convegno odierno hanno dimostrato di poter ottenere ampi e significativi consensi.


La cura di questi Atti è stata affidata a Pier Luigi Paolillo, con la collaborazione dì Maria Catanoso e Vincenzo Croce, della Ripartizione Decentramento del Comune di Milano. Giuseppina Cislaghi, si è occupata della trascrizione dai nastri e dell'elaborazione delle matrici, le quali sono state stampate in 300 esemplari da Desiderio Bosi presso l'Ufficio di duplicazione della Ripartizione stessa. Il curatore degli Atti ringrazia, a nome dei Presidenti dei Consigli di Zona 14, 15, 16 l'Assessore al Decentramento Emanuele Tortoreto e i funzionari della Ripartizione per il sollecito interesse e la concreta attività dimostrati e nella predisposizione del Convegno e nella successiva elaborazione del presente volume; desidera inoltre ringraziare par titolarmente la signora Cislaghi per l'intelligenza e l'attenzione con cui ha inteso partecipare ad un comparto di lavoro non meno importante dell'altro. Milano 5 giugno 1975