Wikisource:Collaborazioni/SBM/testi/Vita intima Anna Vertua Gentile

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LA RELIGIONE E LA FAMIGLIA CAPITOLO I. L'influenza della donna sull'avvenire di un popolo — Lo spirito femminile — L'uomo e la donna — Loro dif­ferenza — L'educazione femminile — La missione della donna — La cultura della donna — La donna e la poesia della casa — I diritti dei genitori per l'educazione dei figli — Il potere paterno — Rapporti tra figliuoli e genitori — I doveri della madre moderna — La riforma femminile e la madre moderna — L'uguaglianza morale nel secolo XIX — Il progresso del popolo e della famiglia del povero — L'ideale moderno.

La grande riforma educatrice del sesso femminile è uno dei fatti più importanti del secolo XIX. Una coraggiosa ribellione contro il pregiudizio, insieme con l'esperienza e il buon senso, portarono a concludere, che la donna istruita e saggiamente educata, ha una grande, indiscutibile influenza sul progresso sociale, e che su le ginocchia della madre può davvero riposare l' avvenire d'un popolo. Pensatori e poeti hanno detto e cantato queste verità, che furono poco a poco accolte dalla rettitudine e dalla giustizia. Adesso tutti o quasi tutti, sono persuasi che lo spirito femminile è una forza creata da Dio, che non si puó abbattere; un lume da lui stesso acceso, che nessuno ha diritto di spegnere. Ma è una forza, che non vuol essere deviata dal suo scopo, perché in tal caso distruggerebbe invece di creare; è un lume che non soffre folate d' aria contrarie , che lo consumerebbero interamente, togliendogli la facoltà di illuminare. In questo secolo la donna fu definita: «una creatura uguale all'uomo per quanto a lui differente». L'EDUCAZIONE FEMMINILE Dello spirito femminile si disse: che è giudice supremo in fatto di sentimento e in tutto ciò che riguarda i moti misteriosi della parte più divina dell'anima. Si vollero unire le due grandi forze del creato: l'uomo e la donna. Si sentì la necessità di completare quello per mezzo di questa. La coscienza pubblica convenne che la donna, la quale, come dimostra la storia, ha sempre mirato a la libertà, ha diritto di esigerla, per quanto la natura voglia che essa vi cammini per una via diversa di quella dell' uomo. Nel cuore e nello spirito della donna istruita e seriamente educata, hanno in gran parte culla e sviluppo la famiglia e la religione, che sono necessità del sentimento. Da ciò il bisogno di seriamente istruire e educare la donna. E la società che cresce e progredisce per opera specialmente della intelligenza, trovò logico, giusto e utile, di offrire al sesso femminile il modo di coltivare le sue facoltà morali, scavando un abisso fra il passato abbuiato di ignoranza e pregiudizio, e il presente, che il progresso va ogni giorno più illuminando di vivida, benefica luce. Pare un sogno il ricordo del tempo in cui, filosofi e poeti chiamavano la donna ora angelo e ora demone; in cui la società tutta quanta, l'aveva in conto o di cortigiana o di ignaro fanciullo, di oggetto di piacere per l'uomo e per fino di niente, secondo Voltaire. Al sentimento di orgogliosa superiorità, di disdegno, di protezione e idolatria, offesa e insulto d'ogni momento, adesso è successo per la donna un sentimento di stima, di rispetto, di affetto vero e nobile. E si ricorda con sorpresa e dispetto il tempo in cui, in concilio, si lanciava seriamente la domanda, se la donna avesse un'anima. Per chi sente e pensa, adesso, la donna é un essere uguale a l'uomo per quanto da lui differente. Ma è cosa da tutti saputa, che il valore di due esseri non viene dalla loro uguaglianza, ma piuttosto dalla differenza che esiste fra essi; e che la natura , la quale destina l' uomo a vivere con la donna, ha dato a l'uno e a l'altra, sentimenti attitudini e funzioni differenti con corrispondenti diritti e doveri. L'uomo d'oggi vuole nella donna la compagna; cioè una creatura, che come lui possieda i doni del cuore e dell'intelligenza; che, come lui, abbia ben saldi e sviluppati nell'anima i sentimenti del buono e del bello. Che importa se queste facoltà agiscono in lui e nella sua compagna con qualche differenza?... La legge della differenza non è forse il fondamento della creazione?.. Che importa se la ragione è — generalmente — nell'uomo guidata da calcolo e interesse personale e nella donna dal sentimento e dAlla passione ? L'uomo giudica per riflessione, la donna per istinto. L' uomo vede il vero; la donna lo sente. L'uomo è assennato per logica, la donna per ispirazione. Ciò che per l'uomo è giustizia, per la donna è quasi sempre carità ; la filosofia della donna è filosofia del sentimento, il cuore della donna aspira alle affezioni esclusive, di modo che in essa l'amore della famiglia supera generalmente l'amore della patria e dell'umanità: l'uomo ha il potere, la donna ha i diritti. E tutto ciò è giusto perchè è nell'ordine naturale delle cose. E ciò non stabilisce superiorità nè inferiorità. Questo ora l'uomo sente e capisce e vuole nella donna non la schiava, non l'idolo, non la serva, ma la LA DONNA NELLA FAMIGLIA compagna. La compagna capace di comprenderlo, di esercitare una benefica influenza su la sua intelligenza e su la sua energia: capace di sostenerlo del suo coraggio, fatto di amore e di annegazione, nei momenti di sconforto; capace di ricevere nel suo cuore, sempre aperto, ogni intimo sfogo, e di confortare il dolore del dubbio, l'angoscia del malcontento, lo strazio della delusione. L'uomo di adesso sa valutare i pregi della donna e trova in essa valido aiuto, consigli, incoraggiamenti, riposo. E vuole nella donna sua la reggitrice, la regina della famiglia. Ma una reggitrice, una regina tutta moderna che non ha nulla a che vedere con la moglie e la madre dei tempi andati. Poi che l'ideale della famiglia come quello della donna è oggi assai diverso dall'ideale che se ne facevano i nostri avi, fatti rigidi, baldanzosi e prepotenti dalla persuasione della loro superiorità. Allora la madre di famiglia, doveva sedere al focolare, filando insieme con le figlie e con le ancelle, estranea a tutto quanto non fosse l'azienda domestica. Ma la donna moderna non può nè deve essere una semplice Cenerentola, una creatura umile e passiva fino a l'oblio di sè stessa. Vivendo in mezzo ai continui prodotti della scienza, la sua ignoranza ora sarebbe colpevole e fatale. Ed ella ha la sua giusta parte di coltura, una coltura, che con giusta preparazione, si estende a tutte le donne, secondo le varie gradazioni sociali. L'istruzione congiunta con un'educazione intelligente, non distrugge le attitudini nè le soavi virtù femminili, come alcuni temono, facendo delle LA POESIA DELLA CASA donne delle sapute pretensione. Pur troppo, ogni buona cosa si può guastare, ed è possibile che l'istruzione ingeneri l'orgoglio. Ma questo succede solo a chi da natura fu sprovvisto di buon senso. E' stolto il timore di chi pensa che l'istruzione possa alterare i costumi della donna; è vieto pregiudizio quello di chi sostiene, che lo studio ed il sapere possano deviare la donna dalle occupazioni, dai piaceri della famiglia. La donna dell'Inghilterra, dove, circa cinquant'anni fa, si produsse una prima potente scossa che, quasi spinta da corrente elettrica, percorse tosto tutti i paesi, è assai istruita, molto saggiamente educata e buona massaia ad un tempo. La donna americana, nei grandiosi collegi di New-York, del Massachussets, della Pensilvania, impara a rispettare il culto saggiamente illuminato della famiglia e dei doveri dai quali dipende la felicità domestica, nello stesso tempo che impara a conoscere le scienze, le arti e le lettere. Nei collegi universitarii di Oxford e di Cambridge, la donna si abilita nelle arti e nelle scienze, e non per questo si spoglia delle sue gentili virtù, nè dimentica nè disdegna le occupazioni domestiche. Anzi, è massaia accorta e laboriosa; esige in famiglia un rigoroso scambio di delicatezze morali e non tollera mali esempi. E fuori di casa proibisce ai suoi, gli svaghi e gli spettacoli che possano urtare contro l'onestà e il buon costume. Così la donna è quivi come in America, tenuta in alta stima; ed è spesso superiore per istruzione agli stessi uomini, occupati negli affari, nel commercio, nell' industria. E' splendida la nuova idealità della donna, chiamata a liberamente esplicare il suo spirito in ogni attività consentanea a la sua natura. Chi negherebbe che più la donna coltiva il suo spirito, più diminuisce la sua ignoranza, e meglio prende sul serio la vita nel suo scopo e nei suoi doveri e più si fa virtuosa? ... La donna saggiamente istruita e educata, sente in tutta la sua soavità la poesia della famiglia. Dolce e sana poesia, che non è certo quella delle vertiginose immaginazioni, delle febbrili passioni, dei sogni ad occhi aperti di chi si perde nella vanità di vuoti ideali, nel vago, sconfinato azzurro delle illusioni. E' la poesia che si accoglie nelle piccole umili cose, poesia ascosa e gentile, di cui la donna è la vera ispiratrice; è la poesia della casa e della famiglia.

La famiglia di oggi non è certo quella del passato e neppure quella del principio del nostro secolo. Come tutte le cose, la famiglia ha subito una grande evoluzione. Tutto si è modificato nella famiglia; la potenza paterna, i diritti della madre, il diritto d'educazione, quello della sorveglianza, quello della correzione, dell' usufrutto dell' amministrazione. Nel nostro secolo, e specialmente nella seconda metà, è scomparso il diritto di potere del padre su i figli. Al diritto del padre è successo una specie di tutela, che, in generale cessa quando il figlio o la figlia abbiano raggiunto l'età maggiore. E questo potere limitato o autorità, possono quasi sempre essere esercitati dal padre come dalla madre, con certe differenze nei diritti dell' uno e dell' altra. Il padre è libero di educare i figli come meglio gli piace. Ma, senza intaccare L'EDUCAZIONE DEI FIGLI la libertà del padre di famiglia, nel nostro secolo si è detto: « Va bene la libertà del padre, ma non è tutto. Vi sono anche i diritti e gli interessi dei figli : e poi la società è interessata grandemente a l'educazione delle generazioni nuove; e poi ci sono i diritti della madre, che esigono speciale considerazione ». In vista dei diritti dei figli e dell'interesse sociale, la legge ha dunque portata una restrizione a la libertà del padre di famiglia. Basta accennare a questi fatti principali: l'istruzione obbligatoria in quasi tutti i paesi inciviliti, l'età prefissa per i piccoli operai, il diritto di ricorso accordato al fanciullo contro la tale e la tale altra decisione dei genitori, ecc. Vi sono leggi che accordano al figlio che abbia raggiunto una certa età, il diritto di ricorrerere presso le autorità competenti, quando nella scelta della professione non fosse d'accordo con la volontà paterna. « I parenti — dicono queste leggi — hanno il diritto di scegliere per i figli una carriera o una professione, tenendo conto delle loro attitudini e dei loro desideri. I figli, dai diciassette anni in poi, che incontrassero nella volontà dei genitori un ostacolo alle loro aspi-razioni, hanno il diritto di ricorrere al tribunale competente ». E quando il padre e la madre non avessero le stesse idee riguardo all'educazione dei figli ? . . Nel codice civile di Zurigo del 1887, è detto a proposito: « I genitori hanno il diritto e il dovere di crescere e educare i figli. Le spese di mantenimento e di educazione spettano in prima linea al padre, in seconda linea sono a carico della madre quando non bastassero i mezzi dei figli. « L'educazione comprendendo il fisico e lo spirituale, è quindi necessario, oltre la cura igienica corporale, l'educazione morale e religiosa, l'insegnamento elementare, la preparazione a una professione. « Nella scelta della professione , devono essere considerati le attitudini e i gusti dei figli. Se il padre e la madre non sono d'accordo in ciò che riguarda l'educazione e la professione dei figli, è al padre che resta l' ultima parola. « Nei matrimonii misti, cioè in quelli in cui lo sposo ha una religione diversa da quella della sposa, il figlio, raggiunta l'età del discernimento, cioè i sedici anni, ha il diritto di scegliere liberamente la religione che meglio si confaccia con le convinzioni sue. Vi sono anche delle leggi che dicono: « Se la madre è convinta che la volontà del padre sia tale da danneggiare i figli, può ricorrere a l'autorità IL POTERE PATERNO giudiziaria, che, in tal caso, potrà affidare a lei sola l' educazione dei figli. Il principio che ha dettato la legge francese del 28 luglio 1889 guida a questa stessa conclusione. In fatti ; dal momento che la potenza paterna può essere soppressa quando il padre mal conosce o disconosce i suoi doveri o abusa dei suoi diritti, non èlogico ammettere, che l'autorità può essere limitata in certi casi, a profitto della madre, quando questa abbia le sue buone ragioni per far valere e appoggiare la sua domanda ? La donna ha o non ha -- si disse nel secolo XIX -- il diritto di alzare la voce quando si tratta dei figli suoi ? E siccome l'attuale forma della famiglia non permette di confidare a la madre gli stessi diritti del padre in quanto si riferisce a l'educazione dei figli, la più elementare giustizia esige il diritto di ricorso a vantaggio della madre. La restrizione del potere paterno nella famiglia, ha fatto che questa non sia più quella che era in principio del secolo. Allora il padre era ancora circondato da un rispetto che si avvicinava al timore; e tutti chinavano riverenti il capo al suo volere, alle sue parole. Che se alcuno dei figli osava opporsi a la volontà paterna, era tenuto in conto di ribelle, si aveva allora lo spettacolo delle numerose famiglie governate e rette da un sol capo, del quale, in generale, si accettavano senza discussione le idee per quanto non più a la cieca i comandi e le ingiunzioni. La famiglia d'allora era più raccolta e perciò i vincoli d' affetto parevano più forti. C'era un'ora della sera, nella quale il padre si chiamava vicini i figli e i domestici per la preghiera in comune. Il sentimento religioso, sentito più o meno, si manifestava apertamente e riverentemente nelle forme esteriori. La Messa ascoltata religiosamente nei dì di festa, la confessione e la comunione a Pasqua, il digiuno e il magro nei dì comandati. Nelle campagne, fra i contadini, il capocasa reggeva la famiglia la quale accoglieva spesso in un centro solo, parecchie famigliuole nascenti. E il capoccia contadino , come il padre nelle famiglie cittadine e ricche , aveva e sentiva il suo potere. Adesso anche nelle campagne, è difficile trovare delle famiglie numerosissime tutte dipendenti da un sol capo. La restrizione del potere paterno è arrivata da per tutto e tutti la trovano logica e conforme al progresso dell' incivilimento. Massimo d' Azeglio dice di suo padre: « In famiglia noi giovani ne avevamo una soggezione incredibile ed il timore pur troppo, non lascia limpido il giudizio ». E della religione del tempo di suo padre e del suo, dice : « L'Italia è l'antica terra del dubbio. Poco vi potè la Riforma, non tanto perché la frenasse l'Inquisizione romana, quanto perchè poco l'Italia si curava di Roma e meno di Wittemberga. Gli Italiani non presero mai le questioni di dogma molto sul serio, ed il chi sa se è vero ! (dolorosa parola a l'umanità) fin dai tempi di Guido Cavalcanti, dominò sempre fra noi. Perciò fu l'Italia spettatrice piuttosto indifferente della lotta fra Wittemberga e Roma, poco curandosi d'ambedue! Ma il dubbio, le derisioni, i sarcasmi di Voltaire, erano più di suo genio; quindi volgeva un sorriso allo scetticismo francese come a conosciuto e vecchio amico. Ma se ciò accadeva nel resto d'Italia, in Piemonte era altra cosa. « A fronte di pochi novatori, l'antica fede popolare stava salda sulle Gioia mia!, da un quadro di A. Muzzi. IL SECOLO XIX nella vita e nella cultura dei popoli

VITA INTIMA DI ANNA VERTUA GENTILE La MODA e lo SPORT DI MARA ANTELLING E S. ZAMBALDI VITA SOCIALE DI SCIPIO SIGHELE

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CASA EDITRICE DOTTOR FRANCESCO VALLARDI MILANO NAPOLI - FIRENZE - ROMA - TORINO - PALERMO - BOLOGNA - GENOVA - PISA - PADOVA - CATANIA - CAGLIARI - SASSARI - BARI TRIESTE - BUENOS AIRES - MONTEVIDEO - ALESSANDRIA D'EGITTO Proprietà Letteraria Stabilimento della Casa Editrice Dott. FRANCESCO VALLARDI, Milano, Corso Magenta, 48. INDICE VITA INTIMA.

LA RELIGIONE E LA FAMIGLIA.

Capitolo I. L'influenza della donna sull' avvenire di un popolo — Lo spirito femminile — L'uomo e la donna — Loro differenza — L'educazione femminile — La missione della donna — La cultura della donna — La donna e la poesia della casa — I diritti dei genitori per l' educazione dei figli — Il potere paterno — Rapporti tra figliuoli e genitori — I doveri della madre moderna — La riforma femminile e la madre moderna — L' uguaglianza morale nel secolo XIX — Il progresso del popolo e della famigiia del povero — L'ideale moderno. Pag. 3

Capitolo II. Il benessere nella famiglia — L'istruzione obbligatoria — Il rispetto nei rapporti sociali — La cura della persona — L'influenza delle cose materiali sul morale — La poesia dell'intimità — La necessità delle ricreazioni e i piaceri innocenti — La musica e il ballo — La lettura — La Capanna dello Zio Tom — I frutti dell'educazione intellettuale. Pag. 17

Capitolo III. Il miglioramento delle condizioni del povero — Le case operaie — L'esempio di Berlino — In Italia — Ancora l'educazione del popolo — Carlo Frua ed Ernesto Legouvé — I padri e i figli del secolo XIX » — Il benessere e il lusso — Le conseguenze del « comfort » moderno — Le incertezze e l'agitazione della società attuale. Pag. 28

Capitolo IV. La filantropia — L'esercizio della beneficenza — La filantropia e la religione — Gli asili — La donna e la carità — Gli ospedali — La loro storia — Il loro benefizio — La società di previdenza — I ricoveri per l'infanzia — Gli ospizi per i vecchi — Gli orfanotrofii. Pag. 40

Capitolo V. Le scuole — I frutti dell'istruzione — Scienza e morale — L'insegnamento religioso — Genitori e maestri — L'uomo nella società — Qual sia l'uomo ideale — I doveri degli educatori — La loro educazione — Le scuole popolari all'estero — Il loro benefizio — Cristiani ed apostati — Gli uomini futuri, ecc. Pag. 53

Capitolo VI. Le diverse religioni nel mondo — Sconcordanze religiose nelle famiglie — La religione dei figli — La donna senza religione — I sofismi di un grande moralista — I danni del materialismo — Dubbi e incertezze — Un esempio commendevole — L'incredulità di due secoli — Fogazzaro e l'evoluzione umana. Pag. 66

Capitolo VII. Il lavoro della donna fuori casa — La madre operaia — La necessità del lavoro femminile — L'ideale — La donna negli stabilimenti industriali — Il progresso dei lavoratori — Il matrimonio — L'età degli sposi — Il contratto matrimoniale — II matrimonio fra gli operai — I vincoli familiari dei lavoratori — Il benessere nella famiglia moderna. Pag. 73 TRA FIGLI E GENITORI antiche sue basi. Oggi, dopo tante bufere passate sopra questo sbattuto paese poco o nulla vediamo mutato al suo carattere tradizionale ; figuratevi quale doveva essere allora, uscita appena dall'ambiente del medio evo ! « Il senso religioso era vero e profondogeneralmente « La parola conversione suona oggi al nostro orecchio quasi come un vocabolo di antiche leggende di santi. Dove mai oggidì fra noi si vide o si udì parlare di una di quelle potenti e rumorose conversioni che ricordano un San Francesco, un San Benedetto, un San Gerolamo, ecc.?... « Invece, l'esaltazione religiosa è frequente nelle razze anglo-sassone e tedesca. Fra loro è fatto comune una conversione. Ogni veggente, sia furbo o convinto vi trova tosto gente divota, che pel suo dogma accetta sacrifizi e privazioni. « Venga invece in Italia un di costoro; predichi in piazza; avrà quello uditorio medesimo che hanno i saltimbanchi; e che, finito il sermone, si scioglierà alzando le spalle e dicendo: E' matto ! « Con gente capace di morire per una fede anche storta e stramba, c'è qualche cosa da fare; con gente invece non persuasa di nulla, in nome di che o di chi riuscirete a farla muovere, a farla operare, a farla morire ? ... Il dubbio è un gran scappafatiche; lo direi quasi il vero padre del dolce far niente italiano ».

Dunque nel secolo XIX dalla famiglia sparì il dispotismo paterno; scomparve la rigida autorità del padrone per lasciar luogo a maggior tenerezza a la confidenza, a la familiarità, a la reciproca affettuosa fiducia. Il sentimento della famiglia forse non si rafforzò ma si ingentilì, specialmente in molte classi. A la terza persona, con la quale nella prima metà del secolo, i figli usavano trattare i genitori, in Italia venne a poco a poco sostituita la seconda; il tu che invita a confidenza , che avvicina cuore a cuore , ma che pur troppo, qualche volta stabilisce una uguaglianza poco favorevole al rispetto e di ostacolo al sentimento educativo. Nel secolo XIX, meno le eccezioni, i figli non ebbero più nessun timore del padre e trattavano la madre con intimità spesso eccessiva. I genitori perdettero in autorità ma guadagnarono in affetto e confidenza. Affetto e confidenza scemarono però in essi il potere educativo. Forse si è inconsciamente o per necessità delle cose, passati da un eccesso all'altro. E' entrata nell'animo di tutti la persuazione, che l'autorità non è come il potere, un fatto che agisce per forza materiale e per via legale ; ma bensì una cosa morale, che influisce su l'anima, che suppone la virtù in chi l'esercita, la docilità e l'amore rispettoso in chi la subisce. E, una volta di ciò persuasi, i genitori si lasciarono andare a la tenerezza non di rado soverchia, e nei figli andò sviluppandosi e crescendo prepotente il forte sentimento dell'individualità. Ora, tenerezza e individualità, sono forse due cose ancora troppo nuove come la libertà e l'uguaglianza ; sono per dir cosi, due ottimi strumenti LA MADRE dei quali ancora non si è imparato a servirsi ; sono un bene che conviene imparare a usar bene. Il fatto è, che con il diminuire dell'autorità, diminuì pure l'influenza che i genitori dovrebbero esercitare su i figli. Questa autorità o morale influenza che si voglia, ora nelle famiglie delle persone educate, è specialmente la madre che tenta di svegliarla e di rafforzarla in se stessa ; di conquistarla e di meritarla. E per riuscire in questo che non è punto facile, ella sente il bisogno di guadagnarsi la stima dei figli. Ora, questo bisogno, questo desiderio di stima ascendente , dice per se solo, l'attuale cambiamento dei rapporti morali fra la madre e i figliuoli. Nei tempi andati, la madre come il padre non si curavano certo dell'intima considerazione dei figli; perchè la considerazione e la stima suppongono il giudizio; e allora non si ammetteva che i figli potessero giudicare i genitori. Ma era logico, era giusto, era compatibile, questa specie di barriera morale fra i genitori e i figliuoli ? ... Non è più razionale, più equa, più secondo natura, la confidenza , quasi l' uguaglianza moderna fra i genitori e i figli ? Quali saranno le cause che possono avere gradatamente determinato questo cambiamento di rapporti morali nella famiglia? ... Una di queste cause, molti la riconoscono nella grande riforma educatrice della donna; riforma che ha per fondamento e per conseguenza la giustizia e sopratutto la stima dell'uomo per la donna. La donna amata di amore dignitoso e elevato, I DOVERI DELLA MADRE MODERNA stimata nel suo giusto valore, libera da l'oppressione che le imprigionava le facoltà giacenti inerti, indistinte, abbuiate, sente in tutta la sua forza la propria individualità, e l'anima sua, fatta di sentimento, al sentimento si abbandona. E il sentimento esige tenerezza più che ragionevolezza: una tenerezza spesso soverchia, che rallenta i freni nella mano educatrice. E l'uomo che quando stima e ama si lascia tanto facilmente influenzare fino a vedere e sentire con gli occhi e con il cuore della donna amata e stimata, finisce per lasciarsi a sua volta spadroneggiare dal sentimento, a scapito della ragione, e spesso soffoca nell' affetto, fatto di indulgenze, di paure vaghe e di pietà infinita, la sua autorità, il suo potere di padre; e diventa l'amico, il compagno, quasi l' uguale dei figli. E' quindi evidente che non si può dire a questi: « Fate questo , fate quest' altro perché io voglio così ». Non vi possono essere comandi fra uguali; non soffre violenza una volontà abituata ad agire per proprio impulso; non si piega a la cieca la ragione, che non fu mai offuscata da tirannia. Così, per educare volontà e ragione, è ora necessaria una influenza che non sia l'autorità d'altri tempi; la influenza d'una superiorità riconosciuta e di una specchiata virtù, congiunta con una voce cara e insinuante, che sappia trovare la via del cuore. Ed ecco perché la madre per riuscire nella educazione dei figli, ha bisogno di vegliare su le sue azioni, su le sue parole, in modo da essere una continua vivente lezione di moralità. La madre che educa con vera intelligenza d'amore i suoi figliuoli, è proprio del secolo XIX. In altri tempi, il rispetto esagerato, quasi pauroso e il sentimento di superiorità, staccavano, per così dire, i figli della madre, la quale — in generale — quando aveva loro insegnato a brontolare vecchie preghiere e a baciarle la mano mattina e sera, a parlare appena se interrogati , a tenersi ritti impettiti ed a seguire scrupolosamente i dettati del Galateo d'allora, credeva d'aver adempito a ogni suo dovere materno. Si deve dunque, io credo, a l'istruzione e a l'educazione femminile, la famiglia civile di oggi; la famiglia, ove la tenerezza avvicina e la mutua simpatia intellettuale interessa ed avvince; la famiglia retta e guidata dalla madre che può e vuole essere la prima educatrice dei figli suoi. La madre moderna — intendo quella che comprende il proprio dovere con saggezza — sente, che è suo diritto e suo dovere, di svegliare , e educare nel cuore e nella mente dei figli, la prima idea di Dio, dell'onestà, del bene, del bello, e il sentimento dell'individualità. Sente il dovere di fare in LA RIFORMA FEMMINILE E LA MADRE modo , che l' individualità non devii mutandosi in egoismo , in personalità invidiosa, in individualismo che isola dai proprii simili; ma che a poco a poco si trasformi nel sentimento intimo, profondo e santo, che fa che uno si senta qualcuno e voglia essere qualcuno. La madre intelligente sa che è guaio serio comprimere la individualità nell'animo dei fanciulli; sa che la depressione converte i deboli in ipocriti e i forti in ribelli; ma sa pur anche, che se non va compressa, l'individualità vuol essere educata, se non si vogliono crescere dei deboli , dei prepotenti , degli egoisti; e trova il modo di ben dirigere nei figli questa forza , insegnando loro la sana e forte dottrina, che è la compagna della libertà: la dottrina della responsabilità personale. Chi nel secolo XIX tanto fece e fa tuttora per la riforma femminile, non pensò certo di strappare la donna al suo centro naturale, che è quello degli affetti ; ma volle invece , renderla più conscia della grandezza morale della sua missione, quindi più degna di essa. Il titolo santo di madre di famiglia non dice solamente devozione, tenerezza, accortezza; dice anche e forse più, un lavorio continuo, incessante, faticoso; dice preoccupazioni, crucci, dolori, tutto un complesso di pene morali che però l' intima compiacenza e la soddisfazione generosa, acchetano e addolciscono. E più la donna è istruita, più sa e più ha l'animo temprato al coraggio, confortato dal pensiero di Dio, e meglio è compresa della sua alta, difficile missione, e la missione stessa le torna più delicata, più doverosa e santa. Il sentimento della famiglia si è fatto più delicato in quasi tutte le classi; ma L'UGUAGLIANZA MORALE NEL SECOLO XIX forse non in tutte le classi si è rafforzato. Insieme con l'istruzione, elementare sì, ma sufficiente a stenebrare le menti sgombrandole dai pregiudizi e rendendo ognuno capace di comprendere il perché di quasi tutto quello che vede; insieme con un poco di educazione, che dirozza, nella casa dell' operaio del contadino, del lavoratore in genere, entrò il desiderio, anzi il bisogno della pulizia, dell'ordine, delle maniere meno grossolane, delle parole meno volgari, di un poco di affettuosità, quindi di gentilezza. Si è pensato e sentito, che il povero ha dei santi diritti nel punto di vista della morale pubblica; che la sua più grande disgrazia è la digradazione morale, che la miseria distrugge il rispetto personale, esaurisce lo spirito e influisce tristamente su le affezioni domestiche, spingendo, quasi a rifugio, verso gli abbietti piaceri; si è pensato e sentito, che l'anima per elevarsi, ha bisogno di mezzi accessibili al ricco come al povero; che la verità morale è il tesoro della intelligenza; che il germe delle grandi idee morali, è in tutti gli animi e che il povero può aspirare a l'educazione più elevata e raggiungerla. E si concluse, che nell'interesse di tutti, era logico e giusto riconoscere una sola casta morale; quella dell'umanità. Tutti uguali, non solo davanti a Dio, non solo davanti a la legge , ma nella coscienza di ciascuno; nella coscienza pubblica.

Un'uguaglianza, non materiale, che non può esistere nell'umanità come non esiste in natura, che è delicato e soave sogno di pochi, o esigenza di prepotenti; ma la santa uguaglianza, che sta nell'elevatezza morale; la persuasione che ogni uomo può cercare in se stesso forza e felicità e che deve domandare l'una e l'altra a l'amore del dovere, a l'energia della volontà , a la coltura dello spirito. La persuasione che di queste virtù si può arricchire chiunque voglia, purché voglia seriamente rafforzare il pensiero per mezzo della riflessione e della sana lettura e fortificare il carattere con il lavoro e la pratica del bene. Solo in questa via feconda si trova la pace dell'anima e il sentimento della propria dignità e della propria forza; solo camminando coraggiosamente e liberamente in questa via, si può trovare il proprio bene insieme con quello della società; si può acquistare la certezza , che la più grande forza dell'universo è lo spirito, non già la forza bruta e materiale ; che il potere dell'uomo è fatto di energia morale e intellettuale e che è lo spirito che ha conquistato la materia. Tutto ciò si senti e si pensò nel secolo XIX; e con queste idee nella mente, con questi sentimenti nel cuore, si finì, per la maggiore, a sentire l'uguaglianza, la fratellanza santa, comandata da Dio, necessaria a la ragione, indispensabile a la generosità. Tutti fratelli; quindi disposti al reciproco rispetto, al mutuo soccorso. E il povero fu aiutato, rialzato, reso capace di riconoscere nel suo io , la creatura pensante e ragionante, che ha sacri doveri da compiere e sacri diritti da esigere. Ora, il sentimento ben chiaro e profondo dei doveri e dei diritti, dovrebbe essere fiaccola sempre accesa, che illumina di vivida luce, onestà e gentili costumi, e a quella e a questi invita e attrae. IL PROGRESSO DEL POPOLO L'aura di civiltà e di progresso, spirante miglioramento , penetrò nelle famiglie di tutte le classi, nel secolo XIX e vi portò una certa dignità materiale; ma forse, più materiale che morale. Il luridume, lo sconcio e immorale agglomeramento di uomini, donne fanciulli, raccolti insieme in chiatte, schifose stanze, quasi tane, è immondo spettacolo, che ora di rado, affligge occhio e sentimento. Ed è, generalmente, triste ricovero di oziosi, viziosi e peggio, rifuggenti dai pubblici asili aperti dalla beneficenza; classe di disgraziati , che civiltà e progresso riusciranno a diminuire ma non a sopprimere, come la mano esperta dell'agricoltore riesce a scemare le male erbe nei campi e nei prati , ma non certo a toglierle del tutto. Più non si incontrano, o assai di rado, contadini e specialmente operai sudici e strappati, dalle maniere e parole grossolane e triviali. Cosa che allontanava le così dette persone educate, causando due mali; l'orgoglio e il dispregio da una parte, l'avvilimento, la persuasione d'inferiorità e spesso la ribellione, dall'altra. Adesso, grazie, principalmente alle scuole, aperte nei più umili e remoti villaggi, il povero si è dirozzato; si esprime benino; ha modi abbastanza urbani, capisce. La distanza fra lui e chi a lui è superiore per istruzione e educazione, è diminuita. Sono smantellati i castelli feudali; le distanze sociali vanno scomparendo; il passato è morto. E' spento il vecchio prestigio; le vecchie idee più non esistono. Più non vi sono classi che si lasciano opprimere e avvilire; la società L'IDEALE MODERNO società è fatta di tutti, e tutti vogliono avervi e sentirvi la propria parte. L'operaio, il contadino, tutti o quasi tutti, adesso pensano; vogliono sapere la ragione di ciò che fanno, di ciò che credono, per fino delle loro sofferenze. Si direbbe che chiedano un compenso del passato. A l'inerzia d'ogni nobile desiderio, è successa la sete della verità; a l'accasciamento morale, è successo il sentimento ben chiaro e forte della giustizia. Le creature davvero superiori, le quali sono schiettamente convinte che il miglioramento della società, più tosto che con fieri, sanguinosi strappi, si ottiene gradatamente, per mezzo della sana, vigorosa educazione morale, plaudiscono a questo primo risveglio voluto dal progresso; risveglio, che se lascia ancora molto e molto a desiderare, è però sempre un passo verso il meglio. Ma come nei bambini è previdente e saggio guidare al bene le buone disposizioni , così , chi desidera con sincerità il bene di tutti , trova previdente e saggio fare in maniera , che nei cuori e nelle menti di ognuno, i desideri sieno onestamente guidati al possibile, le aspirazioni a l'arrivabile, e che l'anima accolga il sentimento d'un ideale non offuscato da sragionevolezze, da folli prepotenze. Le creature superiori , che vogliono per davvero il bene della società , sanno che, se si vuole migliorare una generazione, è necessario comprendere la ragione dell' umano vivere , guardare al punto ove hanno origine i beni ed i mali e le norme del volere, e farne oggetto di applicazione la famiglia; prendere per mano i fanciulli e gli ignoranti, indirizzarli con amore e intelligenza alle verità morali per mezzo delle scuole, dei libri e sopratutto dei costumi. Questo si è cercato di fare nel secolo XIX, a vantaggio della famiglia, quindi della società e della patria. Pur troppo manca ancora molto a raggiungere l'ideale, e taluni vedono in questo risveglio d'ogni classe, in questo spesso focoso desiderio di miglioramento , un male piuttosto che un bene ; e i pessimisti scettici guardano, con sorriso dubitoso, a l'inquietudine morale vasta e profonda, e a le corruttrici bramosie di godimento che accompagnano il progresso. Ma chi puó dire a che possa portare il disordine o l'apparenza del disordine ? ... « ... né l'acqua iraconda che scende a ruina la valle — dice Fogazzaro — nè la frana di macigni e di selve capovolte che trabocca dall' alto a romperle il corso , sanno che nel luogo del loro incontro , una lama d' acqua pura si alzerà con sorriso ubbediente a rispecchiare il cielo pago e sereno ». CAPITOLO II. Il benessere nella famiglia — L'istruzione obbligatoria — Il rispetto nei rapporti sociali — La cura della persona — L'influenza delle cose materiali sul morale — La poesia dell'intimità — La necessità delle ricreazioni e i piaceri innocenti — La musica e il ballo — La lettura — La Capanna dello Zio Tom — I frutti dell'educazione intellettuale.

Nel secolo XIX non si può negare, che insieme con un poco di urbanità e gentilezza, sia entrato nella famiglia un certo benessere. Ma pur troppo questo benessere ha non di rado per carattere la vita del senso, del godimento, della comparsa. Nel secolo XIX si fece il possibile di educare il cittadino in modo che egli potesse sentire nobilmente di sé medesimo e della propria famiglia e gloriarsi del proprio paese ; si fece il possibile di formare il carattere di ognuno onesto e severo, di farne insomma l'uomo, che si conviene a la rinascente nazione. Ma non sempre i desideri buoni e generosi vengono subito realizzati ; non sempre la speranza è soddisfatta, non sempre si raggiunge l'ideale. La evoluzione sociale procede lenta e secondo leggi superiori alle passioni degli individui ed ai loro desideri. Conviene accontentarsi della certezza che essa procede. Ora si è convinti che è dalle intime radici della famiglia che maturano gli elementi al vivere morale e civile ; si è convinti, che tutta la equazione della sapienza politico-morale di una nazione, a cui la sua potenza è felicità, sta in questo, che crescano all'ottimo costume i componenti la famiglia. E tutti sono obbligati a istruirsi, a fare almeno i primi passi nella via del sapere. La vera miseria di un popolo — dice il Dottor Carlo Frua — consiste nella sua ignoranza, e l' uomo veramente può quanto saggiamente sa. Per questo nel secolo XIX si convenne di rendere obbligatoria la istruzione IL RISPETTO NEI RAPPORTI SOCIALI - LA CURA DELLA PERSONA

istruzione elementare. Ed è a la scuola principalmente che si deve il dirozzamento della famiglia. Dirozzamento, che è anche dovuto a ciò, che il sentimento di soggezione morale fra i così detti inferiori verso i superiori, ora è quasi del tutto scomparso per lasciar luogo a quello più logico e più umano della rispettosa famigliarità. Ora, la famigliarità promuove la imitazione, dalla quale viene un vantaggio educativo. Adesso sarebbe ridicola una persona che facesse l'altezzosa e la sprezzante con l'operaio, il contadino, ecc. ; e desterebbe un sentimento di dispetto, quasi offesa a la dignità umana, un operaio o un contadino, che davanti a una si fatta persona se ne stesse intimidito, mortificato, quasi sgomento, come accadeva un tempo. Il rispetto adesso è generalmente reciproco. Il modo di civilmente comportarsi ha cominciato a comprenderlo ed a usarlo anche il popolano. Siamo su la via di dare di noi il consolante spettacolo di altri paesi e specialmente della Norvegia, ove le buone maniere e il parlare garbato, si riscontrano in tutti quanti ; e si riscontrano in tutti, perchè non c'è orgoglio, non bruscheria, non comandi altieri da parte di chi ordina verso chi deve ubbedire ; e chi deve ubbedire risponde bene e con modi educati a chi a lui si rivolge dandogli esempio di urbanità. Il povero di adesso più non legge la prova di una considerazione di inferiorità nel tono e nelle maniere di chi tratta con lui ; e forse , se alcuno ancora avesse il pregiudizio e la stoltezza di trattarlo come una volta , egli troverebbe, nella legittima stima di se stesso, il coraggio di respingere la crudele menzogna dell' inferiorità che avvilisce e irrita. Non ci sono più basse condizioni, non ci sono più umiliazioni che impediscano a l'uomo di conoscere se stesso e d'aver fede nelle proprie forze. Il povero si sente uomo come tutti ; ragiona, comprende, respinge l'avvilimento. E questo sentimento di dignità lo porta a ingentilire la condizione della sua famiglia. Anche nelle famiglie del popolo, è entrato un certo sentimento di rispetto per la donna e nella donna il desiderio di rispettabilità ; d'onde la tenerezza anche quivi qualche volta esagerata per i figliuoli. Vi sono ora delle case di povera gente, ben diverse da quelle di solo trenta anni fa. Pulite, con i pochi mobili, il vasellame, le stoviglie tenuti con cura scrupolosa ; la madre poveramente vestita, ma linda, i fanciulli lavati, pettinati e ravviatini. Ricordo d'aver sentito, alcuni anni sono, una popolana, dire con convinzione : « Per essere tenute in conto dal marito e rispettate dai figli, bisogna vestire sempre decentemente e non mai apparire sporche, sbrandellate, arruffate». E questo sentimento, che pare da nulla, è un segno di grande progresso nella famiglia del povero. Ho sentito un'altra donna, sgridare una sua figliuola perché poco accurata nel vestire. « Vergogna ! — diceva — vai intorno come una che manchi di riserbo e di delicatezza ! . . . come se il riserbo e la delicatezza non stessero a difesa del buon costume ! » Quest' altro sentimento , che dice essere entrato nel popolo l' idea che dall'esterno si può giudicare l'interno , è sommamente delicato. Ed è sentimento L'INFLUENZA DELLE COSE MATERIALI SUL MORALE

che suggerisce a la donna del popolo di correggere nei figli il linguaggio e i modi troppo volgari. Tutti o quasi tutti, ormai, sono arrivati a sentire , che la volgarità del linguaggio e dei modi , quando sono abitudini dell' infanzia, induriscono lo spirito, il quale, più tardi, non sarà disgustato dal vizio; che un interiore di casa sporco e disordinato e un vestire negletto, abituano insieme con l' occhio, l' animo alle cose turpi ; e che nei luoghi sconci, cessa il reciproco rispetto. Il progresso delle cose materiali influisce sul morale. Una stanza pulita, che la sera viene illuminata da una lucernetta o da una fiammella di gas, parla ai sensi, e per questi a l'anima dell' uomo, un linguaggio differente da quello di una stanza sudicia, malamente rischiarata da puzzolente, vacillante lucerna ad olio. La sera è il momento di ritrovo e di raccoglimento nella famiglia del ricco come in quella del povero. Anche fra gli operai, ora ve ne sono, che dopo la giornata di lavoro trovano care le ore passate in famiglia. E ció succede nelle famiglie ordinate e tranquille, che sentono la santa poesia dell'intimità. Intorno a la tavola i figliuoli studiano e fanno i compiti ; le fanciulle lavorano, i garzoncelli si esercitano nel loro mestiere, la madre sferruzza calze o agucchia ; il padre, attratto dalla famiglia raccolta, concorde, laboriosa, rinuncia al piacere della osteria e dei convegni fra amici, e riposa e spesso dallo studio dei figli impara. Dolce, soavissimo quadro di intimità domestica, di santa concordia, che pur troppo non è facilissimo a potersi vedere e contemplare ! L'operaio che ha fatto l'abitudine di passare in famiglia le ore di riposo, LE RICREAZIONI - PIACERI INNOCENTI sente il desiderio di dividere con la moglie e i figli , gli svaghi concessi a la sua condizione; poi che qualche distrazione è necessaria allo spirito di tutti. In tutte le società sono necessari i piaceri , le ricreazioni , i mezzi di eccitare gradevolmente. E se non si trovano piaceri innocenti , si cercano i colpevoli. L'uomo non fu solamente creato per lavorare, ma anche per avere i suoi momenti di gioia ; la società deve rispondere a questo bisogno della natura umana. C'è in noi ordinariamente una disposizione malata, che causa la melanconia e l'inquietudine, indebolendo l'energia della volontà, spingendo a l'uso di stimolanti nocivi. Spesso l' intemperanza ha origine nella debolezza del corpo. La vigoria fisica non è solamente buona per se stessa , ma favorisce la temperanza aprendo l'anima a la gaiezza , togliendole l' indefinito sentimento di stanchezza, di inquietudine, di scoraggiamento, che sono fatali al carattere e a l'esistenza. L'educazione dello spirito non vale nulla in un corpo accasciato e debole ; l'anima giace svigorita in un fisico snervato. Guai se si coltiva lo spirito a scapito della salute ! La necessità dell'educazione fisica fu tanto sentita nel secolo XIX, che se ne ha una prova nei fabbricati delle scuole, sfogati e in posizione salubre, nella cura dell'infanzia, negli esercizi ginnastici e nelle passeggiate obbligatorie. Dio che ci ha fatti come siamo, che ci ha dato un corpo ed uno spirito ugualmente capaci di attività, che ha messo in noi il desiderio della ricreazione dopo il lavoro, che ci ha creati per il sorriso più che per le lagrime, che ha fatto del riso una emozione contagiosa, che sviluppa nella natura del bambino la disposizione al gioco e al piacere, che ha disposto giovani e vecchi a trovare diletto nella gaiezza, non può averci destinati a una vita triste, nè può offendersi dei piaceri che confortano delle fatiche e preparano lo spirito, per mezzo del riposo, al lavoro. Si può conciliare il piacere con il dovere ; anzi, si può dire che questo attinge da quello nuova energia. La vera religione ha un carattere di autorità e di dolcezza insieme ; essa ci impone di soffrire più tosto che allontanarci dalla via del giusto e del bene che Dio ci addita ; ma ci insegna nello stesso tempo che, in circostanze ordinarie , è giusto e buono far seguire la ricreazione al lavoro, ricevere i doni di Dio con gioia , e rallegrare lo spirito, nell'intervallo delle occupazioni , godendo dei piaceri che la società procura ; dei piaceri igienici, buoni, innocenti. Piaceri innocenti, sono quelli che eccitano moderatamente e che procurano una dolce gaiezza , non una gioia chiassosa; che riposano e non stancano , che sono frequenti più tosto che troppo durevoli , che rimandano al lavoro quotidiano con lo spirito e il corpo riposati e fortificati. Piaceri innocenti sono quelli che si possono godere insieme con persone rispettabili, che si accordano con una dolce pietà e la favoriscono ; quelli infine , che non offendono il rispetto di sè stessi e non fanno dimenticare la vita avere uno scopo assai più elevato che il divertimento. L'abitudine dei piaceri semplici e innocenti, favorisce la temperanza. Il motivo per cui l'operaio è più d'ogni altro esposto a l'intemperanza, è che a lui, generalmente mancano altri piaceri. Chi dopo il lavoro prova il conforto dei piaceri innocenti, non è tentato di cercare l'oblio di se stesso e gode dei LA MUSICA piaceri dell'uomo; non ha bisogno di quelli dei bruti. Incoraggiare i piaceri leciti è dunque un far trionfare la temperanza. Uno dei piaceri, che è a la portata di tutti e che esercita una favorevole influenza su l' animo e quindi sui costumi è certo la musica, nella quale è qualche cosa di I DIVERTIMENTI PUBBLICI

superiore a la parola e a la poesia. Qualche cosa che trova la via del cuore di tutti o di quasi tutti, perchè la sua espressione è indefinita e precisa ad un tempo; perchè dice il sentimento che esprime, lasciando che a quel sentimento, il nostro si accompagni liberamente; perché meglio ricordi le aspirazioni e invita l'anima a riversarsi nell'armonia. Nel secolo XIX si penò a rendere facile lo studio della musica a tutte le classi di persone. ln ogni città di qualche importanza vi ha una scuola cosi detta d'arco e di canto corale, ove tutti che abbiano desiderio e disposizione, possono imparare a suonare uno strumento ed a ben modulare la voce. La musica preserva dalle distrazioni pericolose e dannose; un giovine, una fanciulla, un padre, una madre che sappiano suonare e cantare , introducono nella famiglia, insieme con un piacere delicato e gentile, un elemento educativo. Il gusto per la musica, si comincia a coltivarlo nei giardini d'infanzia. Non vi ha città, non vi ha borgata, non vi ha paese, ove almeno nei giorni di festa, non vi sia lo spettacolo gratuito della musica, nelle piazze o nei giardini pubblici. In molte parti d'Italia vi è il giuoco del pallone, assai igienico e favorevolmente emozionante. E giuoco che diverte chi vi prende parte e chi vi assiste, chiama il popolo a l'aria libera, a passare ore di vero godimento innocente e salutare. Il ballo sarebbe pure godimento igienico, se troppo spesso non avesse di mira lo sfoggio e la galanteria spinti a un eccesso poco o punto innocente. Il ballo fu però considerato come divertimento pubblico fino dal tempo più remoto ed è tuttora in uso presso tutti i popoli, non esclusi i selvaggi. Presso i Gentili, il ballo non era solamente una cosa profana ma anche sacra, tanto è vero che nelle solennità religiose si ballava. Presso gli Egizii, i Greci e i Romani, le danze in onore degli Dei, erano molteplici e frequenti. Vi IL BALLO NELLA SOCIETÀ ODIERNA

erano le danze campestri inventate da Pane, di carattere vivo e festoso, eseguite da donzelle e giovanetti coronati di fiori di quercia; in Lacedomonia si intrecciava, davanti a l'altare di Diana, la danza dell'innocenza. Il ballo cessando di essere cerimonia religiosa, divenne in alcune circostanze, orribile orgia. Ringentilitisi i costumi, a le eleganti corti dei Principi , il ballo salì al più alto grado di splendore. Oggidì in Italia e in Francia specialmente, il ballo è in gran voga, sia sui teatri come nei salotti, ai festivals, in campagna nelle piazze pubbliche e su le aie. Le danze italiane hanno un carattere vivacissimo ; carattere della nazione. Nella Spagna il ballo forma la delizia del popolo. In Egitto e in Barberia la danza è riservata alle donne licenziose. Nell' India, anche al presente, la danza fa parte del culto. Il ballo è divertimento igienico, ma offre maniera di offendere il buon costume, specie fra la gente di educazione grossolana. E’ però bello e consolante, assistere a un ballo a l'aperto in campagna, in mezzo al verde, sotto la volta del cielo, al suono di rozzi istrumenti! Quei poveri giovani, quelle povere fanciulle, che stentano la vita, strappando il pane a la terra, nei salti, nelle piroette, dimenticano l'esistenza faticosa e danno libero sfogo a l'allegria. Nel secolo XIX intento alle opere di beneficenza, si fece spesso servire il ballo a sollievo dell' umanità sofferente e disgraziata, quindi a sollievo della famiglia del povero. Il teatro sarebbe il più nobile dei piaceri e occuperebbe il primo posto fra i mezzi di raffinare il gusto, di elevare il carattere, di far abborrire il vizio e innamorare della virtù , quando non fosse troppo sovente uno sfoggio di immoralità, una mostra impudica di intemperanza e di vizio. I dolori profondi , le terribili passioni, le emozioni sublimi della vera IL TEATRO E L EDUCAZIONE POPOLARE tragedia, mirano a destare un vivo interesse per il prossimo, a convincere di ciò che l'uomo può fare, ardire e soffrire, ed a promuovere il sentimento dei terribili misteri della vita. L'anima di chi assiste allo spettacolo della vera tragedia è commosso; quella specie di letargo morale nel quale spesso giace assopito l'uomo , viene scosso, almeno per un poco, da una certa vivacità di pensiero, e da un certo grado di sensibilità. Il dramma risponde pure a un fine elevato , quando ci mette in presenza di avvenimenti solenni, che denudano il cuore dell'uomo e ne mostrano le opere più potenti, più commoventi e gloriose. Al teatro di compagnie dialettali, come le piemontesi e le venete, quasi sempre morali, e anche delle compagnie milanesi e napolitane che promuovono una sana ilarità e spesso anche toccano il cuore, le famigliole di operai se la godono in lungo e in largo, e siccome la schietta ilarità è educativa, tornano poi casa con il cuore esilarato e disposto a bontà. Nei piaceri igienici e innocenti l'anima si ritempra. Channing , il grande americano , morto nel 1842 , che impiegò la vita operando e scrivendo a vantaggio dei poveri , Channing dall'anima pura, il cuore onesto, la ragione ardita che nessun problema spaventa e che i problemi della vita risolve tanto felicemente, dice, a proposito della necessità di procurare al popolo dei piaceri leciti : « Una società troppo seria, ove sono poche ricreazioni innocenti per il povero, deve necessariamente abbondare in intemperanza e ubbriachezza. Il selvaggio beve eccessivamente, per la ragione che le sue ore di sobrietà sono monotone e tristi, e che perdendo la coscienza IL PIACERE DELLA LETTURA della sua esistenza e della sua condizione , egli non perde nulla di ciò che desidera conservare. Spesso si beve eccessivamente per scuotere lo spirito abbattuto e per soddisfare a la sete dell'eccitamento ; ragioni che non si riscotrano nelle società ove si pensa a la distrazione del popolo ». La Francia , specie prima della rivoluzione , aveva nome di un paese di grande temperanza ; cosa che si spiegava in parte , con la ragione della naturale gaiezza di quel popolo e dell' abitudine di piaceri semplici e innocenti, sopra tutto fra i contadini. Nel secolo XIX il progresso, facilitando i mezzi di trasporto , offerse a tutti, fino a la famiglia più povera, il modo di svagarsi uscendo dalla città a l'aperto, visitando paesi, facendo igieniche escursioni. L'istruzione ha aperto la via, in questo secolo, ad ogni classe di persone a un piacere intimo , squisito e sommamente educativo, quando si sappia scegliere con giudizioso discernimento : il piacere della lettura. E’ propria del secolo XIX la letteratura popolare. Una quantità immensa di libri furono pubblicati per il diletto e per l' educazione del popolo. Vi sono libri per tutte le età , per tutti i gusti ; e la maggior parte di questi hanno per iscopo di educare le facoltà morali, di bene dirigerle , di svegliare nei cuori sentimenti buoni, di far conoscere l'uomo a se stesso, di raffermarlo nell'idea del dovere, di Dio, della patria, della famiglia. Pur troppo, fra la quantità di libri che tutti possono leggere e capire, ve ne sono parecchi che non hanno di mira di insinuare nei vergini cervelli i semi indistruttibili del sano carattere nè di educare ad una vita laboriosa ed onesta, ad una coscienza dignitosa e tranquilla, ad una fede sicura in Dio e nella immortalità dell' anima. Molti libri illeggiadriscono la vita degli istinti e spesso in modo, che il povero e massime la fanciulla, perda l'amore, anzi disdegni l'umile suo ufficio nella famiglia e sbrigli le passioni dal vincolo morale. Altri insinuano idee false e pazze allettando con miraggi bugiardi, che svegliano desideri impossibili, e spingono al male e a la ruina. Un libro può essere la salvezza o la perdizione di una persona. Per questo furono fondate le biblioteche popolari, che raccolgono libri buoni, scritti da spiriti retti e fermi, da veri pensatori, i quali in modo facile e attraente innamorano della virtù, inspirano pazienza, rassegnazione, elevano la mente a la fede, nutrono in cuore l'amore dell'umanità, della patria, della famiglia. E’ difficile misurare il bene, grande immenso, che può fare un buon libro a la LA CAPANNA DELLO ZIO TOM E L'ABOLIZIONE DELLA SCHIAVITÙ società e per conseguenza a la famiglia ! Basta citarne uno, uscito nel 1850 in un giornale di Washington col titolo di Uncle' s Tom Cabin; libro ispirato dalla pietà, dalla generosità, dal santo desiderio dell'uguaglianza, del diritto di tutti d'avere una famiglia ed in quella poter vivere liberi e sicuri. Il libro, chi non lo sa ? . . . è di una donna, di Enrichetta Beecher-Stowe, che viveva nei tempi del più vivo contrasto contro gli abolizionisti, nel momento della più dura oppressione sopra gli schiavi. I dolori di questi, le persecuzioni contro quelli, alimentarono il suo coraggio, infocarono la sua fede. La scrittrice parlava al popolo del quale si guadagnò tosto l'attenzione e la sincera simpatia. Non parlava con linguaggio veemente e sdegnoso, non imprecava agli oppressori, non eccitava gli oppressi a rivolta; ma con sincero accento, ma con spirito di tranquilla verità, con fine osservazione di costumi e di caratteri, poneva in evidenza i patimenti, i dolori, le miserie dello schiavo in casa del ricco coltivatore; e intorno alle angosce degli oppressi, rappresentava gli stessi oppressori, non più sordi, ma già dolenti e deploranti la dura necessità, della schiavitù. E giovavasi del femminile compianto , colorando la bella immagine della gentile Evangelina, a toccare vivamente il cuore dei lettori, a scendere nell' animo del popolo , a suscitarvi commiserazione per gli infelici , vittime della più crudele ingiustizia, che non potevano avere libertà, non famiglia. Il libro si introdusse nelle famiglie e nelle scuole e non invano parlò al commosso sentimento delle donne e dei fanciulli. Il fiero piantatore , sul campo del lavoro, spietato e freddo a la vista dello schiavo flagellato , nel seno della famiglia, non seppe resistere a la mestizia, alle lagrime, ai sospiri della sposa e dei figli, e perdette della sua asprezza. La causa dell'abolizione, che pareva cosa tutta locale di lontani paesi e di altre genti, da non toccare gli estranei , divenne per effetto della emozione e dell' umana simpatia una causa comune di tutte le genti civili. Il nome della scrittrice americana va congiunto con la memoria d' un grande progresso dell' umanità, al cui compimento la sua parola non fu inefficace. L'alto merito suo non deriva dai pregi dell'ingegno, dalla finezza dell'arte ; l'opera sua è semplice e modesta : ha la potenza della spontaneità, il vigore d'una coscienza sicura, lo schietto impulso al conseguimento del bene ; è un'opera del cuore ; è il profondo sentimento della verità che parla in difesa I FRUTTI DELL'EDUCAZIONE INTELLETTUALE degli oppressi e degli umili con mite parola, con la parola eternamente vera del Vangelo, che vince il cuore indurito dei superbi potenti. La forza della verità espressa da una candida, sicura coscienza , contribuì a dare a tanti e tanti infelici, libertà e famiglia. Per strappare il povero, o meglio il popolano, ai pericoli dell'ozio serale e festivo, nel secolo XIX , si cercò , per mezzo di conferenze pubbliche, di circoli ove si insegnano gratuitamente lingue straniere, i principi della scienza e il disegno, di attirarlo a dilettevole occupazione, che ingentilendolo lo renda capace di meglio comportarsi in famiglia, come padre, marito, figlio e fratello. La coltura intellettuale è, certo, una difesa contro l'intemperanza, poiché dà a lo spirito, forza e elevatura. Persuasi di ciò, i buoni e gli onesti , hanno fatto in modo che la coltura intellettuale fosse una sorgente di diletto , e scrissero libri buoni e fecero che si diffondessero fra il popolo. Il gusto della lettura procura ore deliziose, impedisce l'ozio e la noia, rende disprezzabili i piaceri grossolani. Quanti giovani non sono trattenuti dal gusto della lettura, dal passare le serate fuori di casa e abbrutirsi in piaceri dannosi ! . . . Le conferenze pubbliche, i corsi gratuiti di scienza e letteratura, le biblioteche popolari , sono i primi frutti dell'educazione intellettuale. Quale larga messe di bene non ne deriveranno in avvenire, nelle generazioni portanti in se gli usi tradizionali ? CAPITOLO III.

Il miglioramento delle condizioni del povero — Le case operaie — L'esempio di Berlino — In Italia — Ancora l'educazione del popolo — Carlo Frua ed Ernesto Legouvé — «I padri e i figli del secolo XIX» — Il benessere e il lusso — Le conseguenze del « comfort » moderno — Le incertezze e l' agitazione della società attuale.

Mai come nel secolo XIX fu sentita la necessità di migliorare la condizione del povero materialmente e moralmente. Quasi in ogni città e in ogni paese ove ferve l'industria, ci sono le case operaie costrutte secondo l'igiene ove ciascuna famiglia ha il proprio alloggio decente, sfogato, aperto a l'aria e a la luce. Già in parecchi luoghi si sono cominciate a costrurre le piccole case operaie; una casettina per ciascuna famiglia, con un pezzetto di terreno coltivato a ortaglia o a giardino. Così, ogni famiglia può vivere indipendente dalla troppo prossima vicinanza; sentirsi meglio e più dignitosamente in casa propria, avere il desiderio di fare della casetta un nido comodo e gentile ove il marito ed i figli possano trovarsi bene e contenti. Se si pensa, come accennavo , quanto contribuisca la casa a ingentilire il carattere e a rafforzare il sentimento della famiglia , plaudiste tosto a la provvida idea di queste casette separate. Vi sono in tutti i paesi inciviliti degli stabilimenti industriali, ove gli operai sono raccolti, ciascuno in una casa a sé, come in un paese. Ed hanno la loro Chiesa, le loro scuole, il medico, le botteghe, tutto; proprio come si trattasse d'un paesello bene provvisto. A Berlino, dove fino a qualche anno fa, gli operai alloggiavano in condizioni miserissime, in grandi alveari umani, brutti, sudici, antigienici, in sul finire del secolo XIX ebbero appartamentini sfogati e belli, in grandi case di bello aspetto, a quattro piani ciascuna, con quattro grandi scale e con un grandissimo cortile, ove sono piantati degli alberi e un prato ove possono L'ESEMPIO DI BERLINO giuocare i fanciulli. Gli appartamenti hanno da quattro a sette stanze; una camera da letto, una stanza da pranzo, una cucina e uno stanzino oblungo con l'acquaio e la ritirata a l'inglese. La camera da letto e la stanza da pranzo comunicano tra loro; le altre parti dell'appartamento, si aprono sul corridoio speciale dal quale si accede al pianerottolo della scala. Per tal modo non entrano nella camera da letto e nella stanza da pranzo, odori che possano nuocere alla salute: e avendo ciascun appartamento il suo piccolo corridoio largo un metro e lungo dai tre ai quattro metri, è vietata la pericolosa promiscuità dei corridoi e dei pianerottoli in comune. Ogni inquilino ha diritto ad una piccola cantina e a un pezzo di soffitta, e può servirsi gratuitamente per turno, della grande lavanderia stabilita al pian terreno, degli asciugatoi, e, per un' ora del bagno, che si trova in ciascuna ala dell' edificio. L'acqua negli appartamenti è pure gratuita. La pigione media degli appartamenti varia, a seconda delle loro dimensioni, dell' esposizione e del piano a cui si trovano, da lire 280 a 368 ; media che corrisponde a una pigione mensile di lire 22 a 38. Il minimo assoluto - camera da letto a una sola finestra, stanza da pranzo, cucina, stanzino e corridoio, lire 17,8o al mese. Queste abitazioni non furono certo costruite per operai miserabili, ma per quelli, e a Berlino sono frequenti, che guadagnano 4,5 e perfino 6 marchi il giorno. Di queste case operaie, in poco andare se ne costrussero parecchie e furono tutte, in brevissimo tempo, abitate. Tutto un popolo di gente laboriosa, cui è concesso un alloggio pulito, comodo, arieggiato, perfettamente igienico. In alcune di queste case si è anche provvidamente pensato di istituire delle grandi biblioteche, di cui gli inquilini possono approfittare gratuitamente; e fu messa a loro disposizione, una grande sala a pianterreno per servire di luogo di riunione per conferenze, concerti, ecc. E per allontanare gli uomini dal pericoloso piacere dell'osteria, fu favorita la costituzione di unioni ricreative, club corali ecc. che vengono sussidiate per organizzare feste e rappresentazioni. C'è poi una società cooperativa di consumo che si costituì nel 1897, la quale ha preso a pigione un magazzino in ciascuna casa operaia e vende tutti oggetti di prima necessità e di uso comune. Accanto ai magazzini, la cooperativa ha aperto dei ristoranti popolari. Queste case operaie sono costrutte da una società cooperativa costituitasi a Berlino il 9 marzo del 1892. La società prese il nome di Berliner Spar – und Bauverein. Scopo: comperare dei terreni e costruirvi delle case; affittarne gli appartamenti ai soci, e amministrare i denari versati da questi a la sua cassa di risparmio. I fondatori del Berliner Spar - und Bauverein, in numero di 38, appartenevano quasi tutti alle professioni liberali, a l'industria, al commercio. Da principio ebbero da lottare con molti e grandi difficoltà, la più grave delle quali fu il raccogliere degli aderenti in mezzo agli operai ; poiché trovarono grande opposizione, da parte dei socialisti. Ma non si sconfortarono, si diedero invece corpo ed anima a l'intrapresa umanitaria e ora ottengono i risultati dovuti a la costanza nei buoni propositi. Le due prime case costrutte dalla società, sono poste nella Sickinyeusrasse I PROGRESSI DELL'EDILIZIA PER IL POPOLO sui confini del grande quarliere industriale del Maabet, in salubre posizione presso un bosco d'abeti. Nel 1895 poi, la società comperava un terreno nel nuovo quartiere di Westeud a nord ovest di Charlottemburg e vi fabbricava una casa a due piani di 26 appartamenti , i cui prezzi vanno da un minimo di 150 marchi a un massimo di 700. Nel 1895 la società acquistò due grandi terreni nella Praskauerstrasse e vi costrusse altre due case a quattro piani; gli appartamenti sono 107 e i locali del pianterreno sono riservati per i grandi magazzini e per un ristorante popolare. Le case che la società possiede ospita in tutto da 211 famiglie: 836 persone. Per certo il Bauverein non si limiterà alle operazioni fin qui fatte. Il successo riportato dalla benemerita società, l'animerà a proseguire nella sua opera umanitaria. Ciò che si fa a Berlino e in molte città della Germania, si fa negli altri paesi , e anche , qua e là presso di noi. Fra le prime città a dare esempio , in Italia, va messa Milano, che fra le altre istituzioni popolari ha aperto testè un Albergo del Popolo rispondente a tutti bisogni e ai dettami dell'educazione moderna. Tutto ciò dimostra che nel secolo XIX fu sentita la necessità santa di sollevare la condizione del povero, di educarlo al dovere, al lavoro, al miglioramento fisico e morale. Si è cercato di rendere meno disastrosa l'influenza della povertà su le affezioni della famiglia, togliendola all'indigenza. Perchè l'indigenza raffredda con l'andare del tempo i sentimenti più delicati; di fatti una famiglia raccolta in una sola stanza, chiatta e stretta, che deve servire da cucina, camera da letto e salottino de' pasti, ove fanciulli e malati piagnucolano e si lamentano, manca necessariamente di pulizia, d'ordine e di benessere. Quivi i componenti la famiglia , sono costretti a una vicinanza , a una confusione fastidiosa; le convenienze non possono essere osservate; la donna mal vestita e sciatta perde il suo fascino, le fanciulle crescono senza quel riserbo e quella delicatezza che sono la principale difesa della castità e la volgarità dei modi e del linguaggio, sicura conseguenza d'una vita in comune, diviene una fatale abitudine. Come ci sono case di operai, ora ci sono anche appartamentini graziosi, arieggiati e che offrono ogni maniera di comodità, per gl' impiegati, i piccoli commercianti, tutte le famiglie così dette civili. Verso la fine del secolo XIX si è cominciato a fabbricare casette di un solo piano o di due con un po' di giardino vicino, nelle parti più salubri delle grandi città, e quivi, non pagando affitti troppo cari, le famiglie vivono igienicamente, godendo tutti i vantaggi morali e materiali della casa opportuna, pulita, sana e bella. C'è chi si lagna e si rammarica, deplorando i facili costumi che in tutte le classi sociali ora danno desolante spettacolo. Carlo Frua — per ritornare all'educazione popolare — lasciò scritto press'a poco quanto segue: « Fra i proletari in particolar modo, in passato era principalmente il vizio della gola del marito, la fonte della miseria e dei corrucci della famiglia. La donna riserbandosi sotto la guida dell'autorità morale che le dava la religione, adempiva a' suoi doveri di moglie e di madre rassegnata. Al contrario, nel basso ceto civile, che pur vive essenzialmente della intelligenza e del lavoro, il marito, abbastanza educato a la ragione del dovere La dottrina, dal quadro di Tosa Benlliure. AUREE MASSIME è laborioso e ordinato. Scemata a l'opposto nella moglie, per mal diretta educazione, la fidanza al principio religioso morale, e fatta presuntuosa da una superficiale istruzione e da frivole letture, mal comporta sommissione a la regola morale del marito, toglie la unità a la famiglia, tronfia di coprire col lusso di futili abbigliamenti, la propria persona e quella dei figli. In passato il principio della autorità era la principale guida delle moltitudini. Queste ignoranti, ma non scandolezzate, avevano giustamente profonda la fede in quel principio, sommamente benefico allo scopo, se con venerazione occolto, ma, diciamolo, ancor più, se da cuori generosi promulgato. Al presente anche nelle infime classi, si diffonde il beneficio della lettura e di una certa istruzione, e con esso senzo dubbio un certo benessere civile. Le menti vanno man mano cimentando ogni atto della vita ad argomenti di ragione; ma nel mentre esse rifiutono di ricevere il principio morale non che l'ascetica impartita puramente per autorità, è con mala fede dai razionalisti, nelle scuole della rivoluzione taciuta loro ogni parola che alluda al sentimento ed a la necessità del principio morale religioso. Quindi il benessere civile ha per carattere la vita dei piaceri materiali. Parli ognuno schiettamente e senza equivoci, se desidera che l'Italia sorga a vera potenza e relativo giusto benessere. Credo sia necessario che l'insegnamento si accompagni con una morale religiosa, soda, illuminata, non schiava di partiti e contorta; la morale religiosa consentita dalla stessa ragione morale e che sta contro tutti i pubblicani derisori e gli scribi. Si persuada il popolo che la giustizia ed il benessere derivano dalla morale e non dimentichino anch'essi, i capi dello Stato e del Clero, essere sempre stati i contorcimenti della applicazione morale, sia delle leggi come dei dogmi, ripugnanti a la coscienza, la causa delle rivoluzioni e degli scismi ; che la morale di ripiego è la risorsa di chi è vicino a fallire. Importa, che l'istruzione, stendendo il proprio dominio nel campo storico, morale e civile conforme allo svolgersi delle menti, sappia togliere di mano al futile romanziere e al gretto asceta, le redini con le quali ressero finora in campi opposti la letteraria istruzione del basso popolo. Importa, che colui che si fa maestro, possegga la sapienza pratica ; che non serva a partiti; che, indossati i patti delle classi laboriose, nuovo Epitetto, le scorti, anziché guastarle accarezzandole, in tutte le vicende della loro vita e semini nei vergini cervelli i semi indistruttibili del sano carattere con la giusta regola ad una vita laboriosa ed onesta, e d'una coscienza dignitosa e tranquilla. È d'uopo che per le classi sociali ridiscendano la venerazione e la fede al principio della verità e della giustizia e siano rafforzate mano mano per esempio pubblico e privato. E d'uopo impari il cittadino a non stimare la propria nè l'altrui persona, se non nell'aureola del principio che non viva per le cose ma per l'ordine della mente. Siano con voi Religione, Onestà, Lavoro ; per essi la vostra famiglia, benchè non ricca, sarà dignitosa, onorata, indipendente ; vigilate, temete di allontanarvene. Senza la morale religiosa sarete infedeli in tutto ; brutali ; infelici. Il L' Ave Maria, da un quadro di L. Nono. « PADRI E FIGLI DEL SECOLO XIX »

marito inclinerà a l'ozio, a la gola ed a ogni vizio, facile strumento agli scioperi dissolventi. Come altrimenti, se è dal principio religioso che emana la più pura legge morale che si possa dare agli uomini?... Diverrà crudele fra i suoi ; toltagli ogni vergogna, la miseria lo guiderà a la carità pubblica: l'ospedale lo accoglierà morente quando non l'abbia ingoiato la prigione. La irreligione inaridirà nella donna la fonte dell'amore, il quale solo sa rendere gradevole ogni dovere nella famiglia. In luogo quindi della coscienza dei suoi doveri e della carità, sorgerà nel cuore di lei l' amor proprio e la vanità a la cui soddisfazione dovrà il marito stentare nel continuo lavoro. Una tal donna financo venderà l'amore per acquistarsi il falso onore degli abbigliamenti. La base su cui l' uomo ergesi a dignità e benessere, è l' adempimento d'ogni dovere, primo dei quali il lavoro diligentemente compiuto ogni giorno. L'onesto operaio trova sempre lavoro e ne ripone il risparmio ; il tristo, maneggiato dai tristi, grida al diritto del lavoro senza saperne il perché ». Questo scriveva il dottor Carlo Frua nel 1861, con quell'istinto di bneficenza, che in lui erano convinzione e sentimento. E questo, mostrando ciò che un galantuomo desiderava per il bene della società, mostra, in certo modo, quanto riguarda la famiglia in quel periodo di tempo del secolo XIX. Ed Ernesto Lègouvè, nel suo aureo libro « I padri e i figli nel secolo XIX » dice: L'impero sempre crescente dell'infanzia crea delle grandi difficoltà nelle famiglie. L'emancipazione precoce e mal regolata della giovinezza le costituisce fornite di lotte ancor più funeste. Per quanto la tenerezza e la debolezza paterna facciano talora in un figlio un vero dominatore, pure in fatto l'età e la legge lo condannano all'obbedienza. Non siamo già in America, dove a dodici anni un piccolo Yankèe esordisce nel commercio, si. fa allevatore di suini, vende, compra, percorre i mercati, sottraendosi necessariamente alla subordinazione con le pratiche della vita attiva. In Francia, il padre rimane padrone assoluto del suo figlio fanciullo, e può sempre vincerne la resistenza o reprimerne la ribellione mandandolo all'estero, o chiudendolo in un collegio e magari in una casa di correzione: quando, dunque, un figlio domina in famiglia da tiranno, la colpa è del padre: poichè non la società lo disarma, ma è lui stesso che non sa o non vuole adoperare i mezzi che la legge gli consente: egli è perciò l'autore e la vittima della insubordinazione di suo figlio. Ben diverso è il carattere d'indipendenza di cui godono i giovani. Invano l'articolo 304 dice: « Il figlio rimane fino a vent' anni sotto la potestà paterna » questa potestà non è che relativa. Coi tempi che corrono un padre che ha buon senso spesso entra a dire, lo voglio, per timore di non essere obbedito. Effettivamente, tutto fa propaganda di disobbedienza fra i giovani; prima la legge che li autorizza ad arruolarsi nell'esercito a diciott'anni col permesso paterno, dando loro così la prima lezione d'indipendenza ed inspirandoli ai pruni colpi di testa. Viene poi la società che apre ai giovani tutte le carriere pubbliche e private più precocemente che mai, sollecitando in loro l'età delle ambizioni e il desiderio dell'azione personale. In un paese dove a vent'anni DISSENSI FRA PADRI E FIGLI

si è già industriale, o commerciale; notaio, banchiere o deputato a venticinque, non si può rimanere in istato di minorità fino a ventun anno. C'è infine lo spirito generale del tempo, questo spirito d'eguaglianza ehe i giovani respirano con l'aria stessa, nei collegi, in famiglia, in teatro, nelle riunioni private, nei libri, nei giornali e che si manifesta in essi con tre disposizioni principali: lo sdegno dell'esperienza, l'insofferenza della tradizione e la confidenza in se stessi. A questi fatti d'indole generale si aggiungono altri più particolari, ugualmente importanti. In oggi, i figli e i padri non vanno più d'accordo in nulla in politica, in filosofia, in letteratura, in religione: il dissenso è completo e manifesto. IL BENESSERE NELLE CASE DEL POVERO E IL LUSSO SIGNORILE

In altri tempi i figli nascondevano o attenuavano questa divergenza d'opinioni; oggi invece la ostentano e volontieri la esagerano. Prima i figli credevano che il babbo avesse torto qualche volta, oggi credono d'aver sempre ragione loro; prima i loro sentimenti rispettivi differivano in ragione delle loro età, oggi invece in senso inverso della loro età, i padri son giovani e figli gente matura, i padri s'illudono e i figli ridono scetticamente, i padri credono all'amore i figli al denaro, i padri sentono un brivido per tutte le fibre alla santa parola delle rive renane e i figli traducono patriottismo per chauvinisme. Si può dire che il polso dei padri batte ottanta pulsazioni al minuto, mentre quello dei figli non ne batte che sessanta, la febbre ha cambiato l'età. Badate, non intendo far di queste considerazioni una regola assoluta; io stesso potrei opporre numerose eccezioni, ma in generale nelle classi agiate i figli sono più calcolatori dei loro padri, e un celebre esiliato ha potuto dire senza esagerazione: « E’ strano, ma in Francia non trovo dei giovani che dai quarant'anni in avanti ». Esiste, dunque una questione, secondo la quale la gioventù rimane o ridiventa gioventù : è la questione della libertà. Niuna cosa più evidente del risveglio delle idee liberali nei giovani in esse è la loro salvezza. Quando la scintilla della libertà brilla in un cantuccio dell'anima, siate certi che la fiamma ridivamperil. Alla libertà si può applicare il motto evangelico: amatela, ed avrete tutto il resto per soprappiù. Ma anche su di un altro punto esiste antagonismo tra padri e figli, i padri liberali sono monarchici, i figli liberali sono repubblicani ». E l'autore tira via di questo passo, additando come altra causa del disaccordo e della lotta fra padre e figli, una malattia sociale, che viene dall'Inghilterra, che data da trenta o quarant'anni non più e che ha afflitto ed affligge una gran parte della gioventù; è la passione del comfort. Egli plaudisce al benessere introdotto nelle case del povero delle città e delle campagne, poichè il benessere è la salute del contadino e dell'operaio; si conforta a la vista dei muri sbiancati, delle vesti pulite e calde, del nutrimento migliore e più abbondante, delle case meglio tenute, che scacciano le febbri dai villaggi e le epidemie dagli stabilimenti industriali e dalle officine; benedice al benessere, che ha introdotto nelle case del popolo i loro migliori amici, che sono l'aria, la luce, l'acqua ! Ma nelle classi delle persone agiate, egli trova che si introdussero i più mortali nemici della giovinezza; giacchè comfort vuol dire, lusso, mollezza, ozio. « Dove sono andati i tempi — esclama con rammarico l'autore in cui l'espressione « una camera da scapolo » significava nè più nè meno che una stanzuccia al quinto piano, con un soffitto inclinato in modo da fare ufficio anche di parete, ed una finestra a tabacchiera ? Un tavolo di legno bianco per lavorare, un secchio d'acqua ed una catinella di terra cotta per lavarci, uno specchio di qualche centimetro quadrato con una cornice di legno dipinto per ispecchiarci ; per difendere i piedi dal freddo due mattoni, un pezzo di tappeto sulla tavola ; per custodire i nostri abiti un comò incomodissimo ; per sederci tre sedie, e nelle case dei più ricchi una vecchia poltrona imbottita ». E descrive la camera d'un giovino ricco di oggi, ove non vi è più un mobile per sedersi sopra; non vi sono che poltrone e divani e rocking-chair LE CONSEGUENZE DEL « COMFORT » MODERNO

e lettucci , che invitano a sdraiarsi a pose molli, effeminate. E da per tutto una ricchezza di tende e di tappeti e cuscini, per smorzare la luce, per soffocare il rumore dei passi, per favorire le posizioni sui divani a letto o su le poltrone, e il calorifero che dà a l'ambiente l'impressione dell'aria primaverile. E la toeletta ? un elegante ingombro di bottigliette, e vasi e spazzole d'ogni forma e di ogni dimensione, e saponette preziose d'un profumo sottile e squisito, e specchi di tutte le grandezze ... Che dire della delicatezza dei pasti ? ... tutto uno studio di roba appetitosa, piccante eccitante. Tutto ciò pare innocente a molti. Ma il guaio é che non si lavora o si lavora male stando sdraiati in poltrona e dondolandosi nelle sedie a sdraio ! il guaio è che si diventa schiavi dei tappeti e della cucina eccitante ! il guaio è che non di rado si sacrifica la coscenza al così detto comfort ! .. . In altri tempi un padre si considerava come generoso quando assicurava a suo figlio l'alloggio, la tavola e una somma annuale che corrispondesse logicamente ai suoi bisogni. Succedeva spesso che la somma non bastasse e allora la si imprestava. Le commedie del secolo XVII e del XVIII, mostrano tutti gli espedienti che usavano i figli per aprire i portafogli dei padri; ma, obbligato o volontario, il dono del padre, era sempre considerato come dono. Adesso i figli si riguardano — in generale — quali comproprietari dei beni paterni: non contano quello che ricevono dal padre, ma più tosto, quello che il padre possiede. Causa di ciò l'essere diminuita, se non del tutto scomparsa, l'autorità LA TRASFORMAZIONE DELLA FAMIGLIA

paterna e l'essere a questa succeduta la tenerezza eccessiva ; così si suoi credere e dire. Ma l'osservatore attento pensa, che succede della famiglia quello che succede della società. Si direbbe che ogni cosa si scomponga: pare invece che ogni cosa si trasformi. Non è un edificio in demolizione; è piuttosto un edificio in ricostruzione. Se i padri non sanno più usare della loro autorità e i figli vogliono sentire liberamente con l'anima loro e pensare con il loro cervello, la colpa è dei padri in primo, dei figli dopo. La paternità subisce la legge di tutte le funzioni sociali del secolo XIX. Tutti oggi, che governano, lo stato, la parte spirituale dell'uomo, la famiglia, hanno una missione cento volte più difficile d'una volta. Ora la posizione autorevole non basta a onorare chi l'occupa: è chi l'occupa che deve onorarla. L'ufficio si innalza in proporzione dei doveri che comanda, delle virtù che suppone, e del bene che fa. Un padre dunque ai nostri giorni non ha la missione facile di imporre i suoi doveri per essere ciecamente obbedito: per essere obbedito e per conseguenza stimato , deve dare in se un esempio di continua virtù. Ne segue che la paternità di oggi è moralmente superiore a quella del passato, per quanto apparentemente sembri il contrario, La paternità d' oggi è condannata a doveri difficili non solo , ma anche nuovi. Ammessa l'autorità come cosa morale, non bisognava confonderla con il potere. Autorità e potere sono cose differenti. Fra tutti i sovrani, il Gran Turco è certo quello che ha maggiore potere, ma è anche quello che , indiscutibilmente ha minore autorità. Qual maggiore potere del Marchese di Mirabeau, il quale, senza nessun serio motivo, faceva rinchiudere a Vincennes per parecchi mesi, suo figlio di trent'anni, ammogliato e ufficiale d'armata ! ... Ma aveva egli autorità il marchese di Mirabeau ? Regnava su la vita esteriore del figlio, ma l' anima di questi, che si sarebbe piegata a l'autorità, si ribellava al potere.

Secondo i seri pensatori, succede dunque nella famiglia, quello che succede nella società ; si direbbe che tutto si scomponga invece, tutto si trasforma. Ora non si può ricostrurre una casa, senza abbatterla del tutto o in parte. Ci vuole dunque un momento di ricerca per ottenere il meglio, forse il buono, forse anche qualche cosa che somigli la perfezione. Non bisogna perdere di vista questa idea o verità, dicendo della famiglia d'oggi, che è quello del secolo XIX. La vita di famiglia rafforza i legami del sangue e sveglia e coltiva l'amore di patria. Chi è inutile alla famiglia è generalmente inutile al proprio paese e all'umanità. Chi non conosce i doveri e gli affetti della famiglia o vi è indifferente, è snaturato. Nella società moderna si sono ingentiliti i rapporti fra i membri della famiglia. Ma per moltissime cause, fra le quali varie istituzioni, i costumi L'AGITAZIONE DELLA SOCIETÀ ATTUALE

derivanti dalla mischianza di popoli, l'estensione del commercio, ecc. si direbbe diminuito il bisogno e il desiderio delle gioie domestiche. A la calma, a la sobrietà, al lavoro tranquillo e assiduo dei nostri padri, è successa una specie di inquietudine malata. C'è in tutti o in quasi tutti, un bisogno di eccitamento e di emozioni che per certo, la famiglia non può dare. I libri che ora si leggono, più non sono i pochi libri esemplari, le grandi immortali opere del genio, che esigono la calma del pensiero e ispirano sentimenti profondi: sono più tosto, in generale, lavori effimeri, che si percorrono con rapidità e danno un piacere che somiglia spesso a l'ebbrezza. Adesso si vive d'una vita affannosa. Gli affari sono una corsa sfrenata in cui il rischio fa da staffile, e la smania dei grandi profitti attira, offuscando spesso ogni sentimento di riguardo e perfino di pietà: fascino irresistibile. Mai come ora si sofferse della terribile necessità dello « struggle for life ». Si lotta per l'impiego, per la professione, per il iavoro manuale, per aprirsi una via nell'arte, per tutto. E la religione risente dell'agitazione universale. Quanti ora che hanno conservato rispetto per il culto, vanno in Chiesa più tosto per eccitarsi nell'astrazione che per pregare con l'ingenua santa fede, che dà riposo a l'anima ! .. Si direbbe che si è arsi di una sete di stimolanti. E questa sete febbrile, da deliranti, spinge spesso a piaceri pazzi, ai liquori, a l'ubbriachezza, a l'oblio della dignità umana ; ciò che per certo non favorisce la intimità della famiglia. Ora, nel secolo XIX si sentì il bisogno di mettere un rimedio a questo male, che nonostante l'educazione introdotta nella famiglia, nonostante il progresso materiale e intellettuale, allontana dalla casa e rallenta i vincoli della parentela ? .. Nel secolo XIX si sentì la necessità di frenare la fatal corsa al male, a l'abrutimento, quindi al delitto e allo sfacelo della morale senza della quale non può sussistere la famiglia ? CAPITOLO IV.

La filantropia — L'esercizio della beneficenza — La filantropia e la religione — Gli asili — La donna e la carità. —celi ospedali — La loro storia — Il loro benefizio — La società di previdenza — I ricoveri per l'infanzia — Gli ospizi per i vecchi — Gli orfanotrofii.

La larga schiera dei malcontenti può intronarci le orecchie con le lodi degli avi; può decantarcene le virtù , la pietà, lo spirito; questo non toglie che attraverso le agitazioni, gli errori, gli avvenimenti deplorevoli del nostro tempo, non risalti vivo e attivo un sentimento che mai non si vide rispondere e volere con altrettanta vivacità: il sentimento della filantropia; l'amore per tutti coloro che soffrono e sono oppressi; la protezione dell'infanzia, della vecchiaia della debolezza, della miseria, perfino del pentimento, un sincero desiderio, di elevare la condizione del povero e dell'ignorante. Filantropia è la divisa e sarà l'onore del secolo XIX. Mai come in questo secolo si sentì il dovere generoso di soccorrere le famiglie, ricoverando in santi asili aperti dalla pietà, gli infelici, che in casa propria possono essere causa di disordine, di malo esempio, di disgusto e di dolore, d'infezione, — di peso sempre. Ma questo sentimento di dovere della società, che si traduce in beneficenza provvidenziale, mostra indebolimento negli affetti della famiglia, che si lascia facilmente strappare dal seno i malati, i vecchi, i disgraziati ; che anzi sente la necessità materiale e spesso anche morale di liberarsene. Si direbbe che il grande amore per l'umanità in generale, abbia scemato la forza dell'amore fra i membri della famiglia. La filantropia non è certo cosa nuova ; essa non è altro che un appellazione della carità, che diciotto secoli prima della filantropia, aveva annunziato agli uomini, che sono tutti fratelli e che devono amarsi come figliuoli d' uno stesso Dio. Così la carità come la filantropia mirano al bene del prossimo e sono mosse dallo stesso sentimento sociale che sta nell'intimo di ogni cuore. La filantropia, che è una tendenza primitiva dell'anima nostra, è ora RELIGIONE E FILANTROPIA

diventata una specie di scienza. Ubbidire a un cieco sentimento, non è sempre senza pericolo e senza conseguenze qualche volta fatali. Il meccanismo delle nostre società moderne, è ora così complicato, che l'esercizio della beneficenza per essere veramente efficace, deve essere illuminato saggiamente per non urtare contro i problemi più spinosi della scienza sociale. Ora si considera l'elemosina della carità privata come questione di economia politica. Il solo sentimento, sia pure sorretto da fervente zelo, ora non basta più per contribuire al bene del prossimo; è necessario uno studio serio dei mezzi meglio opportuni a raggiungere lo scopo cui si mira, per non impiegare invano le forze della società. Vi è chi chiama la filantropia una chimera della filosofia moderna: invece essa non è altro che una virtù la quale forma la forza del cristianesimo, e non è certo un nome inventato per spogliare la carità del suo carattere divino. Carità e filantropia hanno uno scopo comune , che è di aiutare e migliorare la condizione di tutti con mezzi e istituzioni saggiamente suggeriti e sorretti. Senza la saggezza, senza provvedimenti studiati e approvati dal buon senso e dall' odierno bisogno della società, come si potrebbero sciogliere i difficili problemi del sistema penitenziario, del miglioramento morale dei condannati, del patronato dei giovani detenuti ? .. come si potrebbero trovare i rimedii da applicarsi alle piaghe delle grandi città, come la mendicità, il vagabondaggio, ecc. ? . . Religione e filantropia, avendo uno scopo comune, fanno gli stessi sforzi per il meglio della società. Le casse di risparmio, ove la classe laboriosa va versando le sue economie, le quali tendono a recare il benessere nelle famiglie istituendo abitudini d'ordine, al gusto degli stravizii; le sale d'asilo che raccolgono l'infanzia strappandola a l'inerzia, a l'abbandono, ai mali esempi, per avviarli su la via della moralità e soccorrerla materialmente, sono opere filantrofiche che il papa Gregorio XVI, non temette di consacrare di tutta l'autorità della Chiesa, approvandone gli statuti con una bolla del 20 giugno ASILI DI BENEFICENZA

del 1836. E in una istruzione pubblicata con la sua approvazione, si legge: « che non bisognava, vedere in questa istituzione il solo vantaggio materiale ma i molteplici vantaggi, che ne ridonderanno a la religione ed ai buoni costumi. Il giorno del Signore sarà meglio santificato perché vi si risparmierà il danaro che spendevasi in giuochi e in bagordi. I padri e le madri daranno buon esempio ai loro figliuoli e li alleveranno con maggiore attenzione. L'andar vagando sarà loro interdetto, e l'onesto artigiano, in tempo di penuria, non sarà più costretto a tendere la mano. I delitti scemeranno; perché la miseria e la farne menano certamente al male. Dio, che é la carità stessa, benedica dunque questa santa istituzione: egli che é la fonte d'ogni bene, farà che sorgano beni novelli. » In tutti i paesi inciviliti, la beneficenza ha aperto asili per ogni maniera di disgraziati. Basta dare uno sguardo a l'America ove la beneficenza ha per regina la donna, nella quale, la pietà, l'abnegazione, il sacrificio sono bisogni del sentimento. In America, le attivissime associazioni sono fatte quasi tutte per iniziativa femminile. Le donne americane spesseggiano nelle Università, negli Istituti tecnici, nelle scuole professionali, ma spesseggiano anche ovunque si fa sentire il bisogno di educatrici e di infermiere. Educare, confortare, assistere é proprio della donna, e più la donna é intelligente e illuminata, e meglio educa, conforta e assiste. Nei grandiosi ospizi americani, ove scienza e carità uniscono insieme i loro sforzi mirabili a sollievo dell'umanità sofferente, le donne di qualunque condizione, di qualunque culto religioso, si trovano a confortare, a prestare cure delicate e solerti. La miss protestante come la suora dalla candida cornetta, spiegano uno stesso zelo pietoso al letto degli infere nelle sale chirurgiche. L'ORIGINE DEGLI OSPEDALI

E’ principalmente la donna, che spiega tutta la sua attività generosa per il ravvicinamento delle razze a mezzo degli stabilimenti coloniali e delle scuole cui gli indiani, in particolar modo, devono il loro incivilimento. E’ la donna l'anima delle crociate mosse contro l'intemperanza e l'ubbriachezza; e certo non vale a diminuire la grande opera benefica, il chiasso delle poche agitatrici esaltate. E’ la donna che presiede al buon ordine degli istituti di carità; che lavora gratuitamente nelle amministrazioni; che esercita da per tutto una intelligente vigilanza: da per tutto ove sono raccolti i bambini, i vecchi, gli infelici, i malati, gli orfani. A Washington, quasi tutti gli ospizii, le case di beneficenza, gli asili d'infanzia, sono intieramente tenuti da donne. E nelle scuole di carità, erette in ogni parocchia, sono le signore che la domenica insegnano e spiegano il Vangelo. E in tutti questi grandiosi istituti, trovano asilo, cure, educazione, una immensa quantità di persone, che per una causa o per un'altra sono — a l'infuori dei derelitti che non hanno parenti — allontanate dalla famiglia per sempre o per un dato tempo, o per la giornata, quali aggravi che sarebbero d'inciampo e di danno al buon andamento della casa. Sono istituzioni che detono l'amore per l'umanità e il desiderio evidente di venire in aiuto delle famiglie povere e disgraziate. Ospitare in luogo opportuno, assistere e curare gli infermi, é una delle opere benefiche, sante e di diretto soccorso alle famiglie. L'origine degli ospedali risale ai primordi del consorzio civile. Tutti i popoli, che passarono dallo stato selvaggio alle istituzioni della civiltà, ebbero fra le prime, quello di dar ricovero e ricetto a quanti abbisognavano di ricovero e di assistenza per essere travagliati da morbi o infermità, di vitto e di alloggio. Ospedali, o meglio ospizii, che accoglievano viaggiatori, infermi, accattoni, tapini, poverelli, sventurati e infelici d'ogni maniera, ne ebbero le più antiche e più remote nazioni paganiche ed idolatriche, i Romani compresi, i quali come i Greci, avevano gli ospizii pubblici e privati giusta le tradizioni umanitarie e caritatevoli dei popoli Orientali, di cui la religione e la civiltà furono trapiantate e modificate in Occidente, fino dalle I GRANDI BENEFATTORI

prime età mondiali come si trapiantano, modificano e trasformano tuttodì. Gli ospedali e gli ospizi si resero necessari con l'emancipazione dell'industria e con la nuova organizzazione data a la società umana sotto l'impulso della cristiana civiltà. Nel primo inaugurarsi della religione di carità, quando la casa d'ogni credente era aperta a ciascun confratello e vescovi e preti davano asilo e alimento a chiunque a loro ricorreva, non occorrevano ospedali nè ospizii. Ma con il moltiplicarsi dei bisognosi, più non bastò la carità privata e venne la necessità degli stabilimenti collettivi. Il primo ospedale di malati è quello fondato dalla dama romana Fabiola la quale insieme con altre matrone, dischiuse un ricovero nel quale ella stessa con le sue compagne si consacrava al soccorso degli infermi. E non si limitavano a l'assistenza dei malati le generose matrone; ma offrivano le loro campagne ai convalescienti perché nell'aria pura presto riprendessero le forze. Giuliano imperatore dischiuse le porte di pubblici uffici , agli infermi poveri. Ma i più grandiosi furono quelli eretti da S. Basilio Vescovo di Cesarea, da Gregorio di Nazianzio e da S. Giovanni Grisostomo a Costantinopoli nel 370. La fondazione dei monasteri giovò assai a la diffusione degli ospizi. L'imperatore Giustiniano fece costruire su la via che conduceva al tempio di Gerusalemme, un ospizio per i pellegrini e un ospedale per i malati. Nel Medio Evo l'istituzione degli ospedali sopravisse e la ruina dell'ordine sociale. Due malattie — il fuoco di S. Antonio e la lebbra — che afflissero l'Europa nei secoli IX e XII, contribuirono ad eccitare lo zelo della pubblica e della privata carità. Nel secolo XVI, in mezzo a la lotta cagionata dal protestantismo, la carità cristiana rifulse nelle creazioni dell'ordine ospitaliero di S. Giovannni di Dio i cui religiosi sono conosciuti in Italia sotto il nome di Fatebenefratelli. Nel numero dei grandi benefattori dell'umanità conviene mettere S. Camillo de Lellis che fondò l'ordine dei serviti per i soccorsi da prestarsi a domicilio, S. Vincenzo de' Paoli e la madre Francesca della Croce, fondatrice delle suore di Carità. Il più grossolano senso di pietà e di commiserazione per gli infortuni umani basta a persuadere a chiunque la necessità di provvedimenti pubblici e sociali a sollievo degli ammalati. Pure seri dubbi furono suscitati contro l'istituzione degli ospedali: e da uomini, per ogni riguardo commendevoli. E’ bene — chiedono molti — avvezzare i poveri a respingere da sè e dalla propria casa i loro più prossimi parenti nell' ora del più crudele infortunio qual'è quello della malattia ? . . . Non è questo un rallentare i vincoli che devono avvincere i vari membri della famiglia ? . . . non è un indebolirne l'affetto ? Uno scrittore moderno scrisse così.: « Gli ospedali, nonostante gli inconvenienti che apportano, sono gli stabilimenti caritatevoli la cui necessità è la più facile e venire giustificata. La malattia infatti, flagello che viene ogni giorno ad attestare la fralezza umana, ci assale in un modo cosi impreveduto e subitaneo, che delude spesso tutti i calcoli della previdenza e sopprimerebbe LA NECESSITÀ DEGLI OSPEDALI

sopprimerebbe ogni energia, ogni spirito d'intraprendenza, se fosse necessario aver sempre presente i pericoli dei quali può essere apportatrice. Il più severo economista non potrebbe domandare al giovine operaio al cominciare della sua carriera, ed al viaggiatore nelle lontane escursioni, di avere rigorosamente seco i fondi sufficienti per curare una malattia: d'altronde troppo costosa e cagione di troppi inconvenienti, per poter fare assegnamento su gli effetti della carità individuale. Noi più non ci troviamo, per così fare, nei tempi dell'antica ospitalità; non già che si creda il cuore dell' uomo più insensibile che per il passato alle sofferenze dei suoi simili: ma ben altre necessità di famiglia, ben altre condizioni di abitazioni , sono oggi imposte e rendono il più delle volte impossibile l' introdurre nelle pareti domestiche e sovratutto in istato di malattia, uno straniero, che tuttavia non si può lasciar soffrire e morire senza soccorso. A la comunità dunque compete il debito di sovvenire a si fatto bisogno mercè gli stabilimenti ospitalieri: questi formano parte integrante di quelle condizioni di sicurezza ch'essa è tenuta di provvedere a tutti i suoi membri. Nella categoria di queste condizioni entrano ancora più cotali stabilimenti, ove si rifletta, che oltre alle malattie che colpiscono il celibe, l'uomo solitario, il viaggiatore, ve ne sono altre per le quali è necessaria che la società adotti speciali provvedimenti, poichè le loro conseguenze non si limitano a l'individuo che ne è colpito, ma vanno a ferire la pubblica incolumità. Tali sono l'alienazione mentale ed alcuni morbi contagiosi ed anche epidemie, per cui gli ospedali diventano veri ricoveri di beneficenza generale » . Riguardati dunque come stabilimenti destinati a raccogliere l'infermo celibe abbandonato, solo, viaggiatore, gli ospedali devono considerarsi come una delle istituzioni sociale non solo più benefiche ma anche più necessarie; e DUBBI E PREGIUDIZI SULL'ISTITUZIONE OSPEDALIERA

non è possibile muovere il più piccolo dubbio su la loro utilità. Ma non così assoluto può essere il giudizio che dobbiamo portarne, ove li riguardiamo come ricoveri abituali e permanentemente aperti ai malati della popolazione indigente sedentaria. Riguardo a questa, l’influenza degli ospedali non è cosi innocente e così benemerita come molti possono supporre. E nondimeno è precisamente per queste classi sociali , che la maggior parte degli istituti ospedalieri sono fondati; è specialmente con lo scopo di assicurare ai poveri affetti da malattia e residenti in paese, un asilo e una cura medica che in ogni tempo si è provveduto a la fondazione degli ospitali. E sebbene il primitivo intento della cristiana ospitalità , sia stato quello di soccorrere i pellegrini ed i viandanti ammalati, questi, al di d’oggi, non formano più che la menoma parte degli ospiti, abitualmente raccolti nelle case di pubblica cura; la regola è divenuta eccezione, Ora questa profonda e radicale mutazione nell’indole e nella destinazione degli ospedali, si che i moderni stabilimenti cosi notabilmente differiscono dagli antichi, deve essa riguardarsi come un progresso o come una degenerazione ? … Merita di venire promossa e lodata o di essere segnalata come un pericolo ed una fonte di irreparabili danni sociali ? E’ un fatto pur troppo avverato e notorio , che là dove esistono grandi ospedali nei quali è a chiunque agevole ottenere l'ammissione, si manifesta una tendenza nella popolazione a ricorrere, durante le malattie alle cure gratuite ch'essa è certa di trovarvi. Or bene, una tale tendenza, in sè medesima considerata, non può che riuscire contraria tanto ai precetti della morale quanto a quelli dell'economia. Quando l'ammalato ha una famiglia, è nel suo seno che dovrebbe ricevere i soccorsi dei quali abbisogna ; avvezzare i poveri a respingere da sì; e dalla propria casa i loro più prossimi parenti nel momento della malattia, quando le forze fisiche e morali sono abbattute da! morbo , per metterli a carico della carini pubblica, è tale cosa di cui è difficile concepirne alcuna più dissolvente e più funesta per il sociale ordinamento. E specialmente durante la malattia che rivelasi, in tutta la santa potenza, la fecondita morale della famiglia. I doveri adempiuti e i benelizi ricevuti, la riconoscenza da una parte e la tenerezza dall'altra, le notti passati da una madre o da una moglie al capezzale del febbricitante figlio o marito , i timori le speranze le consolazioni, la solennità medesima della morte, tutti questi sono elementi di educazione di perfezionamento, di virtù, che sarebbe colpa il disconoscere, che è gravissimo errore il trascurare e spegnere nei cuori della popolazione. Per poco che vi si rifletta, è impossibile non sentirsi attristati e quasi sgomenti dal gran numero di pessimi istinti, dall'egoismo, dalla crudeltà, elle in molte famiglie del popolo sviluppa e mantiene l'abitudine di mandare a l'ospedale i loro congiunti non appena questi sono affetti di una di quelle affezioni morbose, che dovrebbero essere una propizia occasione a fare svolgere tutta la potenza d'amore e di pietà di cui è capace il cuore umano. Tali sono gli effetti che dal lato morale produce la spedalità male intesa ed improvvisamente amministrata. Né meno deplorevoli sono gli effetti economici. Fra tutte le qualità necessarie ad assicurare il progresso della umana L'AMORE PER lL PROSSIMO

associazione, niuna importa maggiormente di promuovere e mantenere viva nell'anima, della previdenza. Per misurare la bontà e l'utilità delle pubbliche istituzioni, non vi ha più sicuro criterio di quelle di osservare quale influsso esercitano su questa virtù; quelle che la destano, la secondano e l'incoraggiano sono da encomiarsi come sono da respingere quelle che la deprimono. A questa stregua, chi non vede i pericoli che circondano gli ospedali, aperti gratuitamente chiunque voglia ricorrervi, non richiedendo per l'ammissione che condizioni troppo facili e comuni ? .. Quando — dice un altro scrittore — accostandosi a la maturità della vita, il lavoratore pensa formarsi una famiglia, egli deve previamente accettarne i pesi e i doveri. Ora, supporrà egli di adempire a questi doveri, man-dando a l'ospedale la moglie e i figli malati, riguardando l'ospizio come un rifugio aperto alla sua vecchiezza ? . . . Tale è pure tuttavia la tentazione che gli dà la vicinanza di questi stabilimenti, congiunta con l'abitudine che egli ha sempre veduto seguire dai suoi compagni, con gli esempi che gli vengono continuamente dati. Ciò gli farà dimenticare di risparmiare durante l' età del lavoro: gli farà trascurare i salutari consigli che gli offrono, per i giorni difficili , le associazioni di previdenza; vivrà la dipendente vita del proletario, perdendo quasi la dignità e l'indipendenza del cittadino, logorerà il capitale sociale invece di apportare la sua pietra a l'edificazione del progresso generale dell'umanità. Oltre agli ospedali quali e quanti altri istituti di beneficenza non apre la società, ai poveri, agli abbandonati, agli orfani, ai pericolanti, a l'infanzia, soccorrendo a ogni bisogno della famiglia, con illuminata previdenza ! .. . Sono istituti che dicono altamente il generale sentimento di umanità, il desiderio del progresso morale, l'amore che é il solo legame, la sola religione universale; l'amore, principio di unione , di fratellanza, che Dio ha messo nel cuore, non nello spirito dell'uomo; l'amore, fonte inesauribile di carità. Un amore, una carità previdenti, provvidenziali, che danno la smania di aiutare L'ALLATTAMENTO DEI BAMBINI

i disgraziati, di migliorare la condizione del povero, di impedire il male, di diminuire il dolore e avviare al bene ogni classe di persone. Questo amore, questa carità, che pure, salvano da tanti guai, riparano a tante miserie, possono indebolire il sentimento di affetto fra i membri della famiglia; ma come fare altrimenti ? La società è così costituita che è indispensabile provvedere ai mille bisogni di tanti e tanti soffocando forse nella grande opera pietosa gli affetti più naturali. Come provvedere ai bisogni morali e materiali dei bambini e dei fanciulli poveri, dei giovinetti discoli , dalle fanciulle pericolanti , dei ciechi e dei sordomuti, di adulti spostati e incapaci di lavorare, dei vecchi affraliti che sarebbero di spesa alle famiglie ? .. E ci sono, perciò varie specie di ospizi; quello dell'allattamento dei neonati, gli asili d'infanzia, gli orfanotrofi, i ricoveri per i discoli, le case provvidenziali per le giovinette in pericolo , per gli adulti che hanno bisogno di lavoro, per tutti i disgraziati o quasi. Che sarebbe di questa moltitudine di poveretti se la società non pensasse a provvedere ai loro bisogni ? . . . Basterebbe l'affetto della famiglia a soccorrerli, a salvarli dal male ?... . Il cuore, il buon senso, il desiderio della famiglia, logicamente e santamente costituita, fanno pensare con una certa incresciosità agli istituti — per esempio — dell'allattamento dei neonati. Addolora l'idea che una madre deva assoggettarsi a la necessità di staccarsi dal seno la propria creatura, di affidarla per l'intera giornata alle cure degli altri ! E chissà quante poverette rinuncieranno con angoscia, quasi con gelosia, al dovere di allattare i loro piccini, di circondarli delle delicate cure richieste dalla loro debolezza! E vi rinuncieranno per mancanza di mezzi materiali, di tempo, magari Chi sa quante poverette dovranno sacrificare al lavoro nelle casi industriali, nei negozii, nelle famiglie, il piacere di tenersi presso i propri bambini in fasce. Ma come fare se il lavoro è necessario al pane della famiglia ? Sicuro; tutti lo sentono, tutti lo sanno: l'allattamento materno è desiderabile, come quello che offre, oltre molti altri vantaggi, quello di rafforzare i legami della famiglia, di mantenere le affezioni domestiche. La vista della culla eccita l'attività, insegna la previdenza, compensa la moderazione, impone rispetto all'uomo per la donna, comanda il sentimento della protezione. E il bimbo riceve cure, se non più igieniche, certo più tenere; e in tanto gli si figge nel cervello la rappresentazione della madre che lo allatta, del padre che lo accarezza, degli oggetti che lo colpiscono; e le prime impressioni che riceve dal mondo esteriore sono quelle della casa e dell'ambiente nel quale è destinato a vivere. L'alattare i proprii figli è uno dei più santi e cari doveri della madre. « Partorire con dolore — dice Mantegazza — è della femmina. Allattare il proprio figlio, riscaldarlo del calore del proprio petto, dargli un altra volta la vita con l'alimento del seno, è della madre ». Ma pur troppo ci sono delle madri che non sentono questo santo dovere e rinunciano con un sospiro di sollievo a l'incomodo di curarsi dei loro bimbi in fasce, e fanno impegni per affidarli, anche senza bisogno, agli istituti di allattamento. E che dire delle altre molte appartenenti alle classi agiate, che con tutta indifferenza affidano le .loro creature alle balie, rinunciando SCUOLA E FAMIGLIA

rinunciando al dolcissimo piacere di allattarle per schivare seccature, per non avere impicci, per non recar danno a la fresca bellezza ?.. Il sentimento della famiglia non può certo trovarsi nel cuore di queste madri: nè per esse gli istituti di allattamento saranno una prova di affievolimento nelle affezioni più intime. Vi sono bambini che passano i giorni della prima infanzia via di casa sempre o quasi. Sono mandati a balia, in campagna, o affidati per l'intero giorno a l'istituto di allattamento; a l'età di due, tre anni, li accolgono i giardini d'infanzia, da mattina a sera. Dai giardini d' infanzia passano alle scuole elementari, e nelle ore che corrono fra la fine della scuola e la sera, sono raccolti nella scuola e famiglia, ove la generosità pubblica li sorveglia mentre fanno i compiti o studiano le lezioni, procura loro svaghi sani e innocenti e quasi sempre del pane per la merenda. Questi fanciulli non si trovano in casa propria che la sera, quando i genitori sono tornati dal lavoro, e stanchi e spesso inaspriti, specie le donne, dalla continua obbligata assenza dalla casa, dalla necessaria mancanza dei doveri di madre di famiglia e di massaia, non sentono altro bisogno, altro desiderio che quello del riposo e del nutrimento non sempre corrispondente alle fatiche sostenute. Quel ritrovo della famiglia non è certo sempre allegro nè allietato dalla pace serena. In simili condizioni di cose come possono rafforzarsi i legami fra genitori e figli, fra sorelle e fratelli ?.. Poi che la società è costituita in modo che in molte classi, i genitori devono disertare la casa per il lavoro, e la donna non ha tempo o pochissimo di occuparsi della famiglia, conviene benedire agli asili, agli ospizii, alle scuole ed ai riareatori laici o religiosi, che nel miglior modo possibile, cercano di supplire a la famiglia raccogliendo i bambini, i fanciulli, gli adolescenti, per proteggerli contro la inerzia, l'abbandono, il malo esempio, per distoglierli dalla via del male che conduce L'OSPIZIO PER I VECCHI

a perdizione, che si oppone al morale progresso, a la economica floridezza della società. Un'altra istituzione che si deve benedire come provvida e pietosa è quella dell'ospizio dei vecchi. Non sono più capaci di lavorare, sono, acciaccosi, e dopo di avere cresciuto i figli, sentono che i figli non possono senza grave sacrificio sostenerli nei loro ultimi giorni di stanchezza, che dovrebbero per molti essere giorni di riposo meritato. L'ospizio li raccoglie, la carità li strappa a la miseria, offre loro tetto, vesti, vitto. La necessità li stacca dalla famiglia; non più vecchi o ben pochi nelle case del povero, non più la saggia voce dell'esperienza, la scuola del rispetto, l'affezione santa fra nonni e nepoti!... Un altro crudele, necessario strappo alle affezioni della famiglia !... Strappo crudele che ferisce il cuore e fa pensare. Ma non sorgerà dunque mai, mai una società abbastanza ricca e devota al dovere, che permetta al vecchio povero di morire dove ha vissuto, fra la gente che ama, seguendo le abitudini incontrate, circondato dall'affetto dei suoi ?.. Perchè la società non è costituita in modo da lasciare il vecchio povero nel posto che Dio gli ha assegnato, là dove l'uomo giovane e forte dovrebbe aiutarlo, la donna averne cura, i fanciulli sorridergli ed ascoltarne riverenti le parole ? E’ così dolce vedere la debolezza sorretta dalla forza, la infermità alleviata dalla salute fiorente, il capo canuto curvo su i riccioli biondi !... E’ invece triste l'ospizio ove sono raccolte tante vecchiaie, ove giacciono sepolti i ricordi, i desiderii, le languide speranze, non di rado il rammarico, qualche volta la sorda, impotente ribellione contro l'ingiustizia. E pure che sia mille volte benedetto l'ospizio che toglie il vecchio povero al freddo, a la fame e pur troppo anche a l'ingratitudine ! Ma che si possa sperare in un tempo in cui la famiglia sia costituita in modo che cessi d'essere necessaria questa pietosissima e grandiosa opera di beneficenza, in un tempo in cui le condizioni sociali sieno tali che l'amore e la gratitudine possano unirsi insieme, per offrire un posto d'affetto e di riconoscenza in seno della famiglia, ai vecchi affievoliti e impotenti al lavoro ! In Danimarca si concedono pensioni ai vecchi poveri. Per ciò fu approvata una legge il 9 aprile 1891: legge che andò in vigore il primo luglio dello stesso anno per tutto il regno, salvo Copenhagen e il suo sobborgo Frederiksberg, in cui andò in vigore nel 1892. Scopo della legge è di accordare pensioni, su fondi pubblici, ai poveri che hanno superati i 60 anni e che possono dimostrare come la miseria non sia per essi cagionata da vizi, o da condotta irregolare o dall' essersi privati di tutto a vantaggio dei figli o di altri. Gli aspiranti a la pensione, espongono lo stato loro e le rendite di cui godono, i debiti se ne hanno, gli aiuti che già hanno ricevuto ecc; e queste loro dichiarazioni devono essere attestate da due persone minacciate da severe pene se dicono il falso. Allora si fa un'inchiesta e si accorda la pensione se ne è il caso. Si può però appellare contro la risoluzione dell'autorità che ha applicato la legge. Nell'anno 1897 furono date in tutto il regno, 52,930 pensioni. Nel 1893, sopra 220 persone, che avevano varcati i 60 anni, ve n'erano 30 che ricevevano la pensione e dodici che da loro dipendevano (figli, mogli, ecc.); LA PROTEZIONE DE' VECCHI

ma al principio del 1897, il numero dei pensionati era cosi cresciuto, che solamente su 180 persone sopra i 60 anni si trovava la stessa quantità di pensionati. In alcuni luoghi i pensionati sono alloggiati in case, alcune delle quali sono specialmente assegnate a loro soli, e nel 1896 ve n'erano 426 che ricevevano questo trattamento a Copenhagen, e 339 nelle altre parti del regno. Soccorrere con una pensione i vecchi, i quali se hanno famiglia possono vivere con essa senza essere di peso e soffrire avvilimento, cosa che prova il progresso nel sentimento filantropico. Come in tutto, anche qui c'è qualche inconveniente. Per esempio; molti che hanno o stanno per avere i 60 anni, cambiano di residenza per andare in luoghi dove sperano di poter ottenere una pensione più grande di quella che avrebbero liquidato se fossero rimasti nel luogo di origine, e ciò avviene principalmente dalle campagne a la città. Nè mancano questioni e difficoltà che debbono ancora essere risolute, come per esempio: se chi possiede una piccola proprietà possa godere della pensione accordata su i fondi pubblici, o se debba restare a l'autorità il diritto di rivalsa su la proprietà lasciata da un pensionato dopo la morte di costui. Li ogni modo questa legge ha un'azione benefica anche in riguardo ai suoi effetti morali. Il primo di tali effetti quello di accordare al vecchio la possibilità di passare i suoi ultimi anni con le persone della famiglia; di evitare uno strappo crudele di abitudini e di affetti. Un altro quello di influire su la condotta. Il pensiero, il desiderio, la speranza della pensione, non possono a meno di essere di sprone al ben condursi, al meritare la stima pubblica, e insieme con la stima una sincera testimonianza di regolarità per il momento opportuno. Nel secolo XIX la famiglia del povero fu soccorsa e istruita; ma i vincoli fra i membri che la compongono non vennero rafforzati. E pure non GLI ORFANOTROFI

mancò il desiderio di educare negli animi il sentimento della famiglia. Molti sono gli esempi che lo dimostrano, e fra questi il seguente, che si riferisce agli orfanelli. L'istituzione degli orfanotrofi é antichissima. La sorte dei poveri fanciulli privi dei genitori, ha sempre impietosito, ha sempre destato un sentimento generoso. Ma gli antichi orfanotrofi non miravano ad altro che a dare agli sventurati fanciulli senza difesa, un asilo ed una protezione, contro i pericoli d'ogni genere che li minacciavano, senza curarne l'educazione, se si toglie la religione, grossolanamente impartita. Al genio della moderna carità era riserbato di risguardare sotto un aspetto più largo e più filantropico questo genere di benefici stabilimenti. Gli orfanotrofi si propagarono rapidamente in Italia più che negli altri paesi. L'ospizio degli orfanelli fondato in Roma nel secolo XVI, destinava e preparava ad utili professioni i ragazzi ricettati, e il cardinale Salviati vi unì un collegio per i fanciulli che a dodici anni, mostrassero di avere attitudine a l'istruzione letteraria. Papa Innocenzo XII fondò poi un secondo orfanotrofio annesso al grande ospizio apostolico, di S. Michele, nel quale si insegnano le arti meccaniche e le liberali. I due grandi stabilimenti per gli orfanelli di Milano, i Martinetti e le Stelline rivaleggiano con quelli di Roma, Tutte le città ormai hanno il loro orfanotrofio. E i ricoverati ormai non sono tutti obbligati a star reclusi il giorno intero nello stabilimento. Si trovò che nell'officina dell'ospizio, il fanciullo compie per lo più senza passione il suo dovere. Non vi è nulla che ecciti il suo ardore; nulla che lo divaghi e con la divagazione gli rafforzi la volontà. Si è quindi pensato di disseminarli nelle botteghe e nei negozi privati. Così gli orfani possono scegliere il mestiere o l'arte verso cui si sentono inclinati ; la speranza del lucro e l'emulazione servono loro di stimolo; imparano non solo l'arte o il mestiere, ma anche il modo di vivere in società; quindi a fare frequenti e utili osservazioni sul proprio carattere; e sopra tutto a farsi un'idea della famiglia, ne respirano l'aura vitale e educano nel loro cuore quei sentimenti d' affetto che non possono essere svegliati e sviluppati in un ospizio CAPITOLO V.

Le scuole — I frutti de'l'istruzione — scienza e morale — L'insegnamento religioso — Genitori e maestri — L'uomo nella society — Qual sia l'uomo ideale — I doveri degli educatori — La loro educazione — Le scuole popolari all'estero — Il loro benefizio — Cristiani ed apostati — Gli uomini futuri, ecc. ecc.

Molti gridano la croce addosso alle scuole, e dicono e ripetono che uno dei guai della nostra società, e della famiglia più direttamente, l' istruzione. Altri correggono l' asserzione soggiungendo: « l'istruzione male impartita ». Rispondo con le parole d' un pensatore: « Siano istruiti tutti, ma non per sola autorità, come in passato, bensì per intelligenza ; e tutti riconoscano la morale necessiti) dell'adempimento di ogni dovere ; in caso opposto, migliore ì l'analfabeta, che riceve la legge morale con riverenza da un'autorità che non abusi ». Un altro pensatore dice che la maggior proporzione dei delitti contro le persone, ed in genere della molteplicità dei medesimi, sta a carico della istruzione quale oggi t Impartita. E soggiunge che la istruzione sola non reprime le male inclinazioni più che non le sviluppi. L'istruzione sola non ha azione morale; non scema , anzi aumenta l' orgoglio e non induce al lavoro, se non a misura che combinata con lo spirito religioso e con l' educazione al buon costume. E mette sott'occhio la Perseveranza del 7 gennaio 1872, dove è riportato un brano della Gazzetta di Mosca, la quale, deplorando le associazioni alle Internazionali, riferiva: « Non senza profondo dolore e serio timore guardiamo a la nostra gioventù. A 12 anni il fanciullo cessa di credere in Dio, nella famiglia e nello stato; a 14 anni cerca di dimostrar ciò con la misura delle sue forze: a 15 anni si fa cospiratore: a 16 diventa forse malfattore: a 17 chiude la sua partita con una palla nella testa; questa pur troppo la biografia di molti nostri giovanetti ». E dice altresì che la relazione statistica di polizia di Nuova York, 3 dicembre 1868, espone che furono arrestati 12,108 analfabeti e 65,873 alfabeti. SCIENZA E MORALE – L’ 'INSEGNAMENTO RELIGIOSO

A l'accrescimento poi del numero dei delitti in Europa, in ragione che va diffondendosi l'istruzione, Villermé dà per causa un monque effrayant d'education religeuse. Conclude che la scienza senza la morale, è dannosa; che una educazione senza morale e senza il principio di Dio, è un seme non fecondo il quale serve, per lo sviluppo della intelligenza, a far più accorto il tristo; è un dissolvente della famiglia. Uno dei più forti scrittori e originali pensatori della Francia moderna , Alfredo Fouillée, ha pubblicato nella Revue Bleue una serie di articoli, che trattano della istruzione, ne mostrano i difetti, e additano il modo di renderla utile e tale da recare vantaggio a l'uomo in tutte le età e in ogni condizione. Ora poi che l'insieme della famiglia dipende in gran parte dall'istruzione e meglio dell'educazione che i fanciulli ricevono a la scuola, è bene fare una rapida corsa su gli studii dell'autore. Quello che egli dice della Francia, a me pare si possa applicare a l'Italia. Il Fouillée comincia con questa domanda: « Su quale base si deve fondare l'insegnamento morale e sociale nelle scuole? » C'è chi vorrebbe si ristabilisse l'antica base religiosa e chi vorrebbe istituire un insegnamento antireligioso: l' insegnamento d'una morale veramente civile e indipendente dalla religione. Tutti convengono, che è impossibile riporre alcuna speranza in un insegnamento religioso per la ragione che molte famiglie, essendosi ormai staccate dalla fede, non vogliono che questa venga comunicata ai figli. Ma si può forse insegnare dalla cattedra il sentimento religioso:... Il sentimento religioso non si insegna: esso si sviluppa per mezzo dell' esempio. Nell'attuale società è indifferenza religiosa, è spesso ostilità. Un maestro di scuola credente, non può lottare da solo contro l'indifferenza e l'ostilità. Mi preme di avvertire che io riassumo liberamente le idee di Alfredo Fouillée il quale parla da storico e da pensatore. Tutto ciò che lo Stato fa insegnare ai fanciulli deve essere in armonia con le convinzioni dei genitori e sopra tutto dei maestri : se gli scolari credono che la parola dei maestri non è assolutamente conforme al loro pensiero e alle loro azioni, questa parola non è altro che un vano suono. Se dunque più non si può avere una religione di Stato, conformemente ai principi di diritto e di libertà della coscienza, si abbia la neutralità; s'impartisca un insegnamento puramente civile. Non bisogna però dimenticare che quando si sopprime un insegnamento morale in una forma, bisogna ristabilirlo efficacemente in un'altra forma equivalente. Una fede non può essere sostituita se non da un'altra fede più larga e più razionale. Al catechismo positivo del credente, non si deve sostituire un catechismo puramente negativo, quello dell' incredulo e talvolta dello scettico. Non si deve interpretare la tolleranza nel senso di intolleranza, nè bisogna che il sistema di neutralità imposto a la scuola, diventi un sistema di eliminazione e conduca a fare il silenzio su tutte le grandi questioni ; perché in tal modo, si avrebbe per risultato l'immobilità morale; con la scusa di non impegnare la coscienza, non la si sveglierebbe ; e per paura di urtare delle convinzioni, si rischierebbe di distruggere ogni convinzione e di seminare da per tutto l' indifferenza. Si dia ai fanciulli l'idea del bene come la più alta di tutte e la meglio fondata L'UOMO NELLA SOCIETÀ

nella ragione; si spieghino ai fanciulli, in forma semplicissima, le ragioni particolari dei loro doveri, sopra tutto verso gli altri. Un educatore eminente, il Boutroux, sostiene che a la domanda dei fanciulli « Perché questa cosa va fatta e quella evitata ? » Si deve rispondere : « Perché questa è bene e quella male ». La morale, considerata anzi tutto dal punto di vista positivo, ha dei fondamenti essenzialmente sociali dimostrati e spiegati. Tutti i doveri, compresi quelli che si dicono verso se stessi, poggiano oltre che su altre ragioni, su ragioni sociali. Si hanno tutti i vantaggi a mostrare ai fanciulli le ragioni sociali dei doveri e a far loro capire che non vi può essere una società fuori delle seguenti regole : « Tu vuoi vivere insieme con gli altri perché sei un uomo non un bruto ? . . Fa dunque per quanto é in te, ciò che è necessario perché gli uomini possano vivere una vita comune. Bisogna far capire ai maestri prima e poi ai fanciulli, che un essere ragionevole il quale concepisce l'universo e ne ricerca il principio, non può fare a meno di riconoscersi legato a la società, fuori della quale egli non potrebbe nè esistere nè pensare. Questa idea del tutto in cui viviamo con il pensiero, questa idea dell'universale e dell'infinito, dà a l'essere cosciente e ragionevole, sia pure un fanciullo, un sentimento di dignità personale, di superiorità, di fierezza morale; e questo sentimento l'educatore deve destare molto per tempo. Se si persuade il fanciullo, che un essere capace di pensare e di amare non viene al mondo unicamente per vivervi, per godervi qualche tempo e poi morire; bensì per rinascere d'una vita nuova e migliore e fin d'ora eterna, giacché é una vita di verità e d'amore senza limiti di spazio né di tempo, la quale cerca di trionfare per fino della morte ; ecco che in nome della scienza e della coscienza, gli si sarà fatto capire, che l' essere pensante vale qualche cosa al di sopra del mondo in cui é chiuso ; ecco la vera e pura ragione morale, la quale é ad un tempo, la più legittimamente PER MORALIZZARE I FANCIULLI

interessata di tutte in quanto è la dignità nostra, e la più disinteressata in quanto è la dignità degli altri. Qui è la fonte della solidarietà , non solo materiale , ma morale; di quella vera solidarietà, la quale viene dal fatto , che per noi, esseri coscienti e ragionevoli, il vero io è là dove noi formiamo un insieme unitamente con gli altri. Si faccia dunque capire al fanciullo, che l' uomo ideale e veramente morale, è quello il quale agisce sempre secondo questo principio di solidarietà senza limiti, fondato sulla ragione stessa. « Io non posso essere pienamente felice se non sono felici tutti gli altri; non posso amare veramente gli altri se non mi faccio amare da loro a forza di far loro del bene ». L'ideale cristiano è la felicità degli eletti ; l'ideale patriottico è la felicità della nazione; l'ideale filosofico è la felicità di tutti gli esseri, nessuno eccettuato. Solo questo sentimento della nostra solidarietà universale, può combattere il ristretto individualismo e il limitato nazionalismo che caratterizzano l'epoca presente. Ormai più non si può contare su la paura dell'inferno per moralizzare i fanciulli come si faceva nella prima metà del secolo XIX; ma questa non è una ragione per rinunziare a mostrare ai fanciulli le conseguenze razionali e sperimentali delle loro azioni, la fecondità malefica del male e la fecondità benefica del bene, l'identità del bene morale e della felicità individuale e collettiva. I doveri verso se stessi sono, in gran parte, le condizioni stesse della vita individuale più intensa e più espansiva e quindi più veramente felice ; i doveri verso gli altri, sono, in gran parte, regole di vita collettiva e di comune progresso. La sregolatezza, l'alcoolismo, l'accidia, l' inedia, tutti i peccati capitali, non hanno soltanto un' essenza mistica, ed è facile dimostrare la catena fatale di mali che si tirano dietro. L'educatore deve persuadersi che, contrariamente a l' opinione volgare, le idee più alte sono le più pratiche, perchè sono quelle che svegliano i sentimenti grandi e durevoli. L'utilitarismo nell'insegnamento va contro il proprio scopo ; invece, è la morale più disinteressata quella che ha maggiore probabilità di agire su le anime dei giovani. Che se a questi si fanno conoscere le verità morali, se ne fa conoscere anche il buon uso; se si mostrano loro le ragioni sociali, psicologiche e filosofiche del dovere, si viene a indicar loro lo scopo e insieme anche i mezzi per giungervi. Per una tale istruzione morale e sociale , ci vorrebbe del tempo ; bisognerebbe fare dei grandi tagli nei programmi stracarichi di scienza, di storia, di geografia, di grammatica, di erudizione in tutte le forme; programmi, che sono un vero capolavoro di ignoranza pedagogica. Si potrebbe introdurre nell'insegnamenro un'unità di spirito, uno scopo, dandogli un'orientazione sociale e morale, facendo convergere tutto a la formazione dell'uomo e del cittadino. Come nell'antico insegnamento religioso ogni cosa prendeva un colore religioso e metteva capo a la conferma della fede e a la pratica del dovere religioso, così la democrazia dovrebbe fare concorrere razionalmente ogni cosa a la pratica del dovere sociale. Ai molti, e sono i più e diventano i più forti , che non pensano a nulla o pensano stortamente a mille cose, è atto di prudenza l'insegnare a pensare razionalmente ai doveri e agli interessi di tutti. L'EDUCAZIONE DEL MAESTRO

La riforma dovrebbe cominciare dai maestri, nelle mani dei quali è, in gran parte, l'avvenire del paese. Ai maestri manca qualche cosa ; non per colpa loro, ma per colpa del tempo in cui viviamo: manca un insieme di convinzioni morali ragionate, che dia al loro insegnamento un indirizzo preciso e sicuro. Il maestro ha bisogno di ideale. Gli occorrerebbe un'educazione filosofica e morale più forte, una direzione di coscienza virile e simpatica durante gli anni giovanili. Oggi tutte le fonti di moralità sono esaurite per colui che più non ha fede. L' aridità, l' atonia che ne risultano sono particolarmente funeste a l'educazione nazionale. Il maestro dovrebbe ricevere l' unica istruzione che fosse per se stessa educativa ; che non avesse per risultato una specie di spostamento intellettuale ; che invece di ispirargli quasi il disgusto della propria condizione, lo rialzasse ai suoi occhi ; dovrebbe ricevere l'istruzione morale e sociale, su la base di un largo idealismo. Al caos di cognizioni scientifiche, storiche e geografiche, bisognerebbe sostituire un'organizzazione di idee direttrici, una sintesi teorica e pratica delle principali nozioni di ordine morale e sociale. Solo lo spirito filosofico e sociologico è atto a formare degli educatori. Gli insegnanti poi dovrebbero essere indipendenti dagli agenti della politica militante. Importa moltissimo che coloro ai quali è affidato l' educazione, vale a dire un ufficio di conservazione e di progresso sociale, non diventino un elemento di sociale dissoluzione. Nel secolo XIX, o meglio verso la fine del secolo XIX, si è convenuto che la principale causa degli scarsi risultati morali e sociali, che si ottengono dalla istruzione elementare, è questa; che manca il complemento indispensabile; cioè la estensione necessaria agli adolescenti ; che perciò , le LE SCUOLE POPOLARI ALL'ESTERO

cognizioni morali e sociali dovrebbero essere diffuse, non tanto nella scuola quanto dopo. E si fece il possibile di fondare la seconda educazione del popolo ; quella da cui, dipendono in gran parte, il benessere e la felicità della famiglia. Perciò si è pensato di aprire le scuole serali e le scuole festive, ove i figli del popolo, obbligati a guadagnarsi prematuramente la vita o a imparare il mestiere nelle botteghe e nelle officine , possono progredire nello sviluppo intellettuale e morale, facendo in tal modo l'interesse dell'industria, la quale vivendo essa stessa dalla scienza, sia teorica, sia applicata, abbisogna di lavoratori istruiti e pratici. Si è pure pensato di fondare dei circoli popolari ove, per mezzo di conferenze e di letture, si cerca di diffondere la moralità popolare, che è il primo e il più vitale dei grandi interessi nazionali. In Italia non vi ha città, non vi ha borgata nè paese, che non abbia le sue scuole serali e festive. E in molte città e paesi, vi sono pure i circoli popolari per davvero fondati a scopo morale. In Germania, oltre a una quantità di istituzioni private per giovinetti, c'è un insegnamento primario pubblico, domenicale, per i fanciulli e le fanciulle dai dodici ai diciotto anni. In ogni borgo, in ogni villaggio, si danno lezioni ogni domenica, fuorchè a l'epoca della mietitura. I giovani e le fanciulle non possono sposarsi se non provano d'avere assiduamente frequentate queste lezioni domenicali. Vi sono pure, in Germania , a complemento delle scuole elementari, le scuole « borghesi » corrispondenti presso a poco alle scuole elementari superiori; e queste scuole sono, per la maggior parte, domenicali e festive. In Svizzera, la scuola complementare è ordinariamente di tre anni; e in molti cantoni la frequentazione è obbligatoria per tutti i giovinetti e le giovinette, che hanno compiuto gli studi primarie non frequentino una scuola secondaria. A tale scopo, in Francia come in Italia, molto si adoperano gli istituti cattolici, che come i laici offrono a la giovinezza, oltre a l' istituzione , il mezzo di svagarsi e divertirsi igienicamente. In Inghilterra, poi, gli istituti d'istruzione e di educazione a complemento della scolastica si moltiplicano continuamente. L'inghilterra ha una « estensione universitaria » le sue « colonie universitarie » i « suoi palazzi del popolo » e un' infinità di patronati. E tutte le classi sociali , dall' aristocrazia alle corporazioni operaie e ai singoli lavoratori, contribuiscono a l'educazione popolare con mirabile slancio. A New York, nel marzo del l898, alcuni di quei riformatori sociali, che non corrono dietro alle chimere, ma si tengono sul terreno della pratica, si adoperarono per far istituire dei corsi di lezioni per gli operai adulti ; lezioni che prendono le mosse dalle principali questioni politiche del giorno, nelle quali, si dovessero discutere specialmente, problemi storici politici e sociali. Oratori e dotti di fama riconosciuta, si dichiaravano pronti a prestare l'opera loro, e il risultato della prova superò l'aspettativa, giacché gli operai mostrarono per quelle lezioni il più vivo interesse. Incoraggiti dal successo del primo tentativo, gli organizzatori pensarono di dare maggiore estensione e regolarità a l' opera loro e disposero le cose in modo, che, durante l'inverno passato, le lezioni si davano di sera, tre volte IL BENEFIZIO DELLE SCUOLE POPOLARI

la settimana. Ci sono locali che contengono da mille a mille cinquecento uditori i quali accorrono a sentire la parola istruttiva e educatrice di valenti oratori. L'ingresso è libero; il programma delle lezioni interessantissimo. Non si predica contro il socialismo; si cerca invece di elevare la coltura generale degli operai, d' interessarli a considerare le cose dal punto di vista storica, a guardare al di là dei loro interessi immediati. L' esempio di New York è già imitato in altre città. L' Italia lo segue con le Università popolari. Interessare i fanciulli e i popolani a l'istruzione e a l'educazione, è toglierli al pericolo di piaceri pericolosi, renderli forti contro le insurrezioni 'degli agitatori, favorire il bene della famiglia. Nel secolo XIX tutti riconoscono, che si fecero studi, tentativi e opere d'ogni maniera per educare seriamente il fanciullo e il popolo a beneficio dello Stato e della famiglia. Mai come in questo secolo fu favorita l' idea dell' educazione liberale, che vuoi dire: saper sottomettere le passioni a la volontà, la quale obbedisca a sua volta a una coscienza delicata; avere una intelligenza che sia, per cosi dire, uno strumento di logica lucida e calma, di cui tutte le parti siano della stessa forza e in ordine perfetto, quasi macchina a vapore applicabile a ogni genere di lavoro; avere uno spirito nudrito delle conoscenze delle verità fondamentali della natura e delle leggi delle sue operazioni; aver imparato a comprendere e ad amare tutte le bellezze, quelle della natura come quelle dell'arte; a detestare la viltà; a rispettare gli altri come se stessi. Che vuol dire, essere, quanto è possibile a l'uomo, in armonia con la natura, la quale farà di lui quanto è possibile a l'uomo di essere, mentre egli trarrà da essa tutto il possibile vantaggio. Mons. Geremia Bonomelli Vescovo di Cremona, nel suo libro « Seguiamo Una scuola promiscua della fine del secolo XIX. (studio dal vero della fotografia L. Ricci, Milano) CRISTIANI ED APOSTATI

la ragione » che è la prima parte di un lavoro « vasto e arduo qual è il compendio razionale della nostra fede » dice: « E’ vero; sono molti oncora al giorno d'oggi, che, nati in famiglia credente, cresciuti in una società cristiana, senza fatica alcuna, hanno ricevuta la fede, come una eredità non contesa, la conservano e camminano speditamente per dritta via. Per essi, i primi e santi affetti di famiglia si confondono con quelli della religione, né mai sorge ombra di dubbio a turbare la pace della loro fede; e se talvolta sorge, prontamente la scacciano. Anime felici ! per le quali nascere a la terra è nascere al cielo e a le quali il tesoro della fede è dato prima ancora di conoscerlo, e più che una conquista, è una eredità veneranda e resa cara dall'amore della famiglia ... Ma vivono altri (e oggidì sono moltissimi) i quali, quantunque nati in un ambiente religioso e cristiano e per alcuni anni nutriti col latte della fede, colpa dei tempi e degli uomini, a poco a poco ne ritrassero le labbra, poi respinsero la madre, che loro la porgeva, e finalmente consumarono il loro divorzio dalla Religione, che aveva rallegrati i giorni della loro infanzia, corsero dietro ai predicatori del libero pensiero e caddero nella miscredenza. La miscredenza teorica o pratica ! ecco il terribile morbo che da circa due secoli travaglia la società cristiana e che ai nostri tempi ha preso proporzioni non più viste e che ogni di più si dilata. Nei tempi remoti era una malattia pressoché ignota, ristretta tutt'al più a qualche individuo, e per essere rarissima, al popolo ispirava un cotal orrore. Ora questo tremendo contagio siè diffuso dovunque e in particolar modo si è applicato alle classi colte e istruite. Una credenza, quale che si fosse, nei secoli andati, era comunissima : se alcuni uscivano dalla Chiesa cattolica (e talora uscivano intiere nazioni) formavano una Chiesa a sè, o abbracciavano una religione già esistente, o la creavano a lor modo, ma non vi è esempio di un popolo senza una religione positiva, più o meno determinata e pubblicamente professata. L’ elemento sovrannaturale e divino sotto le forme più svariate ed anche contradittorie apparisce dovunque e sempre, e brilla in tutte le manifestazioni dell'umanità come il sole rifulge in cielo sul suo capo. Solamente sul finire del secolo XVIII, comincia una fase nuova che nel nostro è smisuratamente cresciuta. E una fase, in cui gli occhi di molti non si levano più in alto, ma si fisssano in basso e cercano intorno e dentro sè quello che cercavano fuori di s., in cielo. Gli uomini della scienza, pressochè tutti, ora fanno parte a sè in materia di religione, ciascuno tiene ciò che gli taleuta e anche nulla se così gli piace. Non si vuol più accettare una regola suprema, eguale per tutti, esterna; si sostituisce praticamente il proprio modo di vedere, e questa è la norma del credere e dell'operare. Il protestantismo poneva, qual norma assoluta e comune di religione, la Bibbia; ora vi si mette la ragione di ciascuna e perciò si hanno tante religioni quante sono le teste; è l'individualismo più assoluto che si possa mai immaginare in religione. Tutto il sovrannaturale si dilegua: resta la sola ragione dell'uomo; e troppo spesso in luogo della religione, la passione arbitra inappellabile di tutto. Di qui l’indifferentismo, lo scetticismo e la miscredenza, che invadono la società moderna. In questa fase o evoluzione dello spirito umano, è impossibile una religione D'ONDE VIENE LA MISCREDENZA

novella; non si hanno che atomi disgregati, impotenti a formare un corpo organico. La miscredenza moderna è dissolvitrice per eccellenza; nell'opera sua distruggitrice , si lascia indietro qualunque scisma , qualunque eresia e lo stesso paganesimo. Ella fa di sua natura il vuoto più perfetto, annienta ogni religione e tende a fare della irreligione la religione universale, come altri francamente ebbe a confessare. E questa la malattia religiosa caratteristica della nostra società istruita. In quali classi sociali la miscredenza trova i suoi proseliti ? . . . Non certo nel popolo, che lavora sui campi e che suda nelle officine: qui troverete forse l'indifferenza, il dubbio, l'ignoranza della religione, anche, se volete la superstizione, non la miscredenza nel senso rigoroso della parola. La miscredenza fredda, risoluta, che ha coscienza di ciò che dice e vuole la miscredenza sistematica, per convinzione (non cerco se sincera e in buona fede o mascherata) la si incontra soltanto nelle classi istruite. Essa scende dall'alto al basso: non ascende dal basso all'alto ». L' illustre pensatore, indagando le cause della miscredenza del secolo XIX, scrive ancora : « Si disse : questa piaga sì larga e gangrenosa della società cristiana istruita, deriva dalle passioni, prima delle quali, l'orgoglio. Causa della miscredenza, dicono altri, sono le passioni politiche e le lotte fra le due autorità, religiosa e civile. E il rispetto umano che relegando la fede nel santuario della coscienza, fa pompa d'una miscredenza che non ha e ne ingrossa fuor di misura le file ? E lo spirito di curiosità, la smania di tutto conoscere e spiegare, quello che ci ha dato la miscredenza ? - Così altri. La ragione umana è finita e debolissima ; qual meraviglia, che volendo GLI UOMINI FUTURI

volendo fissare lo sguardo nelle cose divine, ne rimanga abbagliato, perda l'equilibrio e cada nel dubbio e rigetti con superbo disdegno ciò che non può comprendere? ...E il ragionamento di parecchi uomini dotti. E a questo ragionamento di uomini dotti, egli aggiunge. « Si farebbe oltraggio a la verità se non si riconoscesse il progresso grandissimo che la ragione ha fatto in questi due secoli ». Conclude dicendo « che la moderna incredulità trae la sua precipua origine dalla scienza e cresce in ragione de' suoi progressi » l' incredulità è una malattia propria d'una società colta e progredita, come, nell'ordine fisico, lo sono il suicidio, gli enormi eserciti stanziali, le sètte anarchiche, i colossali fallimenti e andate dicendo. E spiega questa sua conclusione, che pare stolta, assurda, empia, condannata dalla chiesa. « Guardimi il cielo di considerare la scienza per se stessa quasi madre della miscredenza e nemica della religione ! Quando dico che la miscredenza si origina dalla scienza e cammina sui suoi passi, lo dico in quel senso nel quale il Vangelo afferma, che Cristo è posto in ruina e in salute di molti ; lo dico in quel senso, in cui altri potrebbe dire, che le acque distruggono le messi, che il sole brucia i campi, che la luce accieca, che il vino è un veleno, che le ricchezze corrompono, elle l'ingegno è una sventura. Ciascuno intende che tutte queste cose per se stesse sono buone, utili, anzi necessarie ; ma pure sovente accade che per loro difetto, o per il loro eccesso, o pcl mal uso che se ne fa, anzichè vantaggio, rechino danno ed estrema ruina. La scienza fu ed è causa, o meglio occasione di miscredenza, per molti rispetti. . . . E uno dei principali rispetti lo trova nella mancanza quasi assoluta della istruzione religiosa in quasi tutte le famiglie, nelle Università, nei Licei, nei Ginnasi, negli Istituti Tecnici e si può dire in tutte le scuole governative. Una delle cause più efficaci della miscredenza moderna e la massima, vuolsi calcolare nella separazione totale o parziale della istruzione religiosa dalla scientifica e nello squilibrio immenso tra questa e quella ; la prima è rimasta fanciulla, la seconda è divenuta adulta, e questa naturalmente, disprezza e schiaccia quella. E il Bonomelli a tal proposito riporta il linguaggio santamente audace che l'arcivescovo Ireland di S. Paolo negli Stati Uniti, ci fa sentire. L'epoca nostra è un' epoca intellettuale. Ella adora l' intelletto. Tutte le cose sono messe a la prova della ragione ; l'opinione pubblica, il potere che governa, sono formati da essa. La Chiesa stessa sarà giudicata a la stregua della ragione. I cattolici devono tenere il primo posto nella scienza religiosa. Essi devono mostrarsi in prima linea in ogni movimento intellettuale. Un'opera importante nel secolo futuro, sani, costruire scuole, collegi, seminari, e ciò clic è ancora più importante, inalzare le presenti e le future istituzioni al più alto grado di grandezza intellettuale. Solo le migliori scuole daranno a la Chiesa gli uomini di cui abbisogna. E queste scuole devono essere moderne nel corso degli studi' e nel metodo, per modo che gli scolari che escono dalle loro aule, siano uomini del secolo ventesimo. . . . Cercate gli uomini ; parlate loro un linguaggio non affettato e in istile del secolo XIX, ma ardente, che vada al cuore e a IL PENSIERO CRISTIANO E IL PROGRESSO

la mente ; rendete popolare la religione fin dove possibile. Se vogliamo guadagnare questa società, che nella parte sua più eletta, ha fatto divorzio quasi totale dalla Chiesa, e tenere nel suo seno quello che ancora vi sta, non illudiamoci ; dopo la virtù sia la scienza ; scienza vera, moderna, forte, spigliata, sciolta, da certe pastoie vecchie, create da un ridicolo convenzionalismo, accessibile a tutti; sia l'arma a cui diamo di piglio. Chi tiene le masse, regna ; le masse non sono tenute che dal loro Intelletto e dal loro cuore. Nessun potere le domina se non quello che tocca le loro anime libere ». Le legittime e veramente gloriose conquiste del progresso scientifico, non furono dunque sconosciute dal sincero pensiero cristiano nel secolo XIX. Il pensiero cristiano in urto con il progresso scientifico, sarebbe in urto con se medesimo. La via che la Provvidenza aperse al bene, a la verità , e al meglio a sollievo delle creature e a la loro esaltazione, non può essere disertata da chi perla in nome della verità e del bene. La scienza che dà ragione d' ogni cosa e studiando la bellezza dell' universo, innalza la niente commossa e grata al Creatore ; la scienza che avvicina i popoli rendendo possibile, anzi favorendo la santa fratellanza e la diffusione del bene ; che .allevia il dolore e diminuisce le malattie ; che stenebra la mente, distrugge i pregiudizi, insegna com' formata la terra e quali forze sono negli elementi, che indaga le vicissitudini del tempo, il moto degli astri , la natura della vita animale, le segrete virtù della vegetazione, la forza dei venti, non che un nuovo legame fra l'uomo e Dio. CAPITOLO VI. Le diverse religioni nel mondo — Sconcordanze religiose nelle famiglie — La religione dei figli — La donna senza religione — I sofismi di un grande moralista — I danni del materialismo — Dubbi e incertezze — Un esempio commendevole — L'incredulità di due secoli — Fogazzaro e l'evoluzione umana.

La storia di Grecia e di Roma mostrano, che la società si espone ad un grande pericolo quando si svincola dalla sua religione. Ma la storia mostra pure che nessuna cosa è eterna e che le religioni si trasformano con lo svilupparsi dell'umanità. Quanti sono i paesi ove si osserva la religióne di Cristo? La popolazione d'Europa si stima ascendere a trecento e un milione di individui; di cui 185 sono cattolici romani; 33 cattolici greci; di protestanti se ne contano 71 milioni divisi in molte sette; si annoverano 5 milioni di Ebrei, 7 di maomettani. E in America ?... La meridionale, come la centrale, è cattolica romana; il Messico e le colonie spagnuole e francesi, che si sono stabilite nell'America occidentale, sono pure cattolici. Negli Stati Uniti del Canadà e in Australia, prevale la religione protestante. I cristiani sparsi per l'India si sperdono fra 200 milioni di maomettani e di altri settari (I).

(I) Sono quattro le religioni importanti che ora si praticano nel mondo. Il Cristianesimo domina in Europa e in America ; ove si contano 435 milioni di cristiani divisi in tre rami: 200 milioni di cattolici; 550 milioni di protestanti; 85 milioni di ortodossi greci. Il maomettismo domina in Africa e nell'Asia occidentale; si contano 170 milioni di musulmani. Il Buddismo domina nell'Asia orientale; ove ha 500 milioni di segnaci. Il Bramismo nell' India con 150 milioni. Gli Israeliti, sparsi un po' da per tutto, sono in numero dai sette agli otto milioni. Rimangono circa 250 milioni di idolatri fra i selvaggi dell'Oceania, gli Indiani dell'America, i negri dell'Africa. Ma questi vanno rapidamente convertendosi al Cristianesimo o al Maomettismo. Le razze non corrispondono alle religioni. Ma a ciascuna religione corrisponde una forma di civiltà La civiltà europea corrisponde al Cristianesimo, la civiltà araba al Maomettismo, l'indiana al Bramismo... la cinese al Buddismo. SCONCORDANZE RELIGIOSE NELLA FAMIGLIA

Fra tutte le società moderne, la Chiesa Cattolica romana è la più diffusa e la più fortemente organizzata. Una volta la fede comune costituiva nella famiglia una forza, una disciplina, un legame morale. Tutti seguivano le pratiche religiose, e se non le seguivano per bisogno di fede, le seguivano per abitudine, per calcolo, per imitazione se si vuole. Tutti credevano o volevano mostrare di credere, e neppure gli indifferenti si ribellavano a l'uso dei sacramenti. Vi erano abitudini religiose che riunivano le famiglie in date ore del giorno, in date circostanze, e ne raccoglievano i membri in uno stesso sentimento di riconoscenza e di adorazione. Nella casa del povero come in quella del ricco, il pasto era consacrato dalla recitazione del Benedicite. La sera si faceva la preghiera in comune; donne, fanciulli, servitori, rispondevano alle invocazioni del padre di famiglia e chinavano la riverente fronte a la benedizione dell'avo. Vi era in quel momento una commovente comunione di animi. Nei di di festa si faceva la lettura del vecchio e del nuovo Testamento, e veniva ascoltato con raccoglimento, considerato come un dovere. Adesso dove sono andati questi usi ? . . . Ci sono ancora delle famiglie religiose, ma non vi ha più religione di famiglia nè di stato. Nel secolo XIX la religione, si può dire, si sia, salvo le eccezioni, rifugiata presso la donna e gli ignoranti. Infatti le donne e non tutte — continuano quasi sole a seguire le pratiche religiose. Qualche volta riescono a condur seco gli uomini; ma questi, in generale, cedono per debolezza e si assoggettano mormorando. Ma generalmente gli uomini resistono alle istanze ed alle preghiere delle donne, e spesso resistono canzonando le credenze della madre o della moglie e della sorella. Vi sono dei mariti, che vogliono per se stessi e consentono agli altri perfetta libertà in fatto di religione. E allora si direbbe che ognuno viva per proprio conto; la donna va a la Messa, l'uomo no ; la donna mangia di magro, l'uomo di grasso; una mutua tolleranza rende la cosa possibile e la pace della famiglia non risente della diversità di sentimenti. Ma succede spesso che fra marito e moglie, sorga, causa di battibecchi e di dissensi, l'intolleranza. Il marito presume di aver una idea superiore della creazione e chiama superstizione la fede della moglie. La moglie, per la quale non vi ha che una fede, chiama ateismo la credenza del suo compagno. E il malumore, il broncio, distendono il loro cupo tendone su la famiglia, per la quale non vi ha più sereno. E i figli ? . . . In quale educazione religiosa saranno essi cresciuti ? … Quale sarà la loro fede ? . . Nel secolo XIX sono parecchi e parecchi gli esempi di padri di famiglia, i quali, pure gridando le loro idee di liberi pensatori, esigono o se non esigono, permettono, che i loro figliuoli vengano cresimati, che si confessino e facciano la prima Comunione. Ce ne sono che, nonostante le loro idee, affidano i figlie le figlie in collegi religiosi. E una volta che le figliuole , — specialmente le figliuole — abbiano raggiunta l'età della giovinezza, si rallegrano di vederle seguire le pratiche religiose insieme con la madre e dicono che non vorrebbero saperne d'una figlia incredula. Sentono, forse anche confusamente, che la donna senza religione, manca della principale sua attrattiva non solo, ma manca di una grande difesa contro i pericoli e i dolori della vita. I SOFISMI DI UN GRANDE MORALISTA

I figli invece hanno maggiore tendenza a seguire l'esempio paterno. E poi che nelle scuole nessuno pensa a rafforzare loro in cuore la fede materna che fu compagna della loro infanzia, succede spessissimo, che una volta giovani fatti, o più non credono o dubitano, cosa opportuna per il disfogo delle loro passioni, ma punto consolante per i parenti. Nel secolo XIX ci sono padri di famiglia credenti, ma ce ne sono, pure e molti di atei, liberi pensatori, potenti materialisti e deisti. Legouvè, il moralista dolcissimo e affascinante, dice di se stesso: « Io sono deista : dico deista e non panteista o libero pensatore. Il mio deismo non ha nulla di comune con un ateismo dissimulato; non Una vaga credenza in una possanza più vaga ancora, una fede compiacente o indifferente che si esprima volentieri con un : Io credo a qualche cosa. Credere a qualche cosa equivale a non creder niente. Però importa che, per sfuggire all'imbarrazzo davanti ai problemi dell'universo, la vostra intelligenza accetti una specie di causa prima, quando questa causa non ha e non può avere influenza alcuna nè sui vostri pensieri nè sulle vostre azioni, nè nel vostro cuore, nè sulla vostra vita. Questa non è la mia fede. Io credo non solamente a qualche cosa; io credo a qualcuno. Io Credo a un Dio personale, distinto dalle cose del mondo, creatore e rettore del mondo. Credo all'immortalità umana, vale a dire alla persistenza della nostra personalità dopo la morte. Io credo infine alla pena ed al premio, e le dottrine del cristianesimo, sembrandomi divine, io non vado più in là. « Che Cristo sia stato inviato da Dio, io non ne dubito; ma che egli stesso sia Dio io non posso comprenderlo. Ecco il punto in cui la mia ragione s'arresta invincibilmente. « Tuttavia nessun fanciullo fu educato più religiosamente , direi anzi più cattolicamente di mio figlio. Ecco perchè ... » . E spiega il perchè, dicendo, d' aver sempre avuto una viva ripugnanza per il materialismo ; e più che ripugnanza, anzi paura ; poi che, il materialismo che rappresentava una opinione eccezionale e timida e che non si confessava che a mezzo, è passato a lo stato di dottrina scientifica, e come tale, ha reclamato, qual era suo diritto, il suo posto nella filosofia. Oggi entra nel dominio politico e vi entra da padrone. « Il materialismo e la libertà — egli dice — sono una cosa sola. Il materialismo è la negazione completa di ogni sorta di diritti divini, e proclama l'affrancamento assoluto di tutte le superstizioni clericali e monarchiche. Tutti i credenti sono despoti, tutti i despoti sono credenti. Un repubblicano sincero e conseguente è necessariamente ateo, poi che Dio è il despota del cielo ». « Armato di questi sofismi — continua a dire Lègouvè a spiegazione del perchè egli, deista, volle fare di suo figlio un cattolico — il materialismo diventa fanatico come una setta e assoluto come un partito. Pretende d'imporsi a tutti i democratici come uno degli articoli del loro credo, denuncia o biasima pubblicamente i repubblicani che fanno un atto di credenza ; entra nelle loro case per vedere ciò che vi succede e ridere di ciò che vi succede; accusa d' infedeltà politica il democratico che celebra il matrimonio religioso I DANNI DEL MATERIALISMO

e educa i figli secondo i principi della moglie. Tratta da birbanti i liberi pensatori che non impongono la loro opinione a tutta la loro famiglia, e danno lo spettacolo strano di scettici fatti, in nome dello scetticismo, persecutori, come un tempo altri lo furono in nome della fede. Il mondo vide la follia della croce ; noi assistiamo a la follia dell'incredulità. Una tale aberrazione mi sconvolge, prima come padre, a motivo dell' impero che aspiro di esercitare e che esercito su la giovinezza, poi come democratico, poiché nella mia convinzione, il materialismo è la morte della libertà come della virtù pubblica. « Supponiamo che il materialismo diventi subitamente l'opinione di tutti. Supponiamo che la fede scompaia dal mondo, in un istante, come una torcia spenta da un soffio. Che notte, che freddo, che aridità ! Tutto che arde nell'anima umana è spento. La parola stessa muore!... Non più immaginazione, non più poesia, non più preghiera nè legge morale ! Non più sguardi alzati verso il cielo, non più cielo !...In chi spererà l'oppresso?... a chi si rivolgerà l'infelice?... verso chi si rivolgerà il giusto?... su chi giurerà l' innocente?... La storia d' America ci offre un fatto che colpisce a proposito di questa ultima interrogazione. Un americano si presenta come testimonio davanti al tribunale. Il presidente gli dice : « Giurerete voi a Dio di dire tutta la verità ? Non posso giurare davanti a Dio — risponde il testimonio — perchè non credo in Dio. L' INCREDULITÀ DI DUE SECOLI

e forse accettare le mie idee ? Le mie idee sono buone per me, ma chi mi assicura che saranno buone per lei ? No, non la strapperò a una religione che non le ha fatto che del bene ! » Nel secolo XIX ci furono molti padri educatori e pensatori, che si sentirono sgomenti davanti al pericolo della gioventù data a l'ateismo e al materialismo. Un insigne lasciò scritto: «A vent'anni un giovane non è un filosofo di cui la ragione fa freddamente la parte del pro e del contra nelle questioni vitali; è la passione che lo guida , e la passione , quando non è aggiogata a un dovere ben sentito, può condurlo in braccio all'ateismo. Ora, io ho paura dell'ateismo che attira la nostra giovinezza. Non siamo più nel secolo decimottavo: più non si tratta dell'incredulità leggera e ironica di Voltaire, che si poteva dire libertinaggio dello spirito come scetticismo serio. No; l'ateismo d'oggi, dogmatico e pedante, come le dottrine d'onde viene, seduce la giovinezza con un'apparenza di serietà, e l'attira. L'allievo di Voltaire si burlava delle religioni; l'ateo moderno le disprezza. L'allievo di Voltaire aveva ancora, come il maestro, i suoi giorni di fede; per l'ateo d'oggi non vi ha che disprezzo e negazione. L'ateismo distrugge nel cuore dei giovani la più misteriosa , la più nobile , la più fragile delle qualità umane : la fede nell' incomprensibile !». Non si può parlare della religione del secolo XIX senza accennare a l'ipotesi evoluzionista. E in questo caso credo necessario non aggiungere una sola parola a quanto, nelle Ascensioni Umane, ha scritto Antonio Fogazzaro : « Se la ipotesi del'evoluzione viene ancora combattuta fra noi dal punto di vista religiosa e pare odiosa a molti credenti, si è però dimostrata col fatto la libertà nostra di giudicare, che rettamente intesa, essa torna a maggior gloria del Creatore, e fra coloro che le gridano anatema, non vi ha più, forse, un intelletto alto. Persiste invece più valida di certi bassi clamori, una opposizione oscura, coperta d'indifferenza, mista di elementi diversi. Vi stanno insieme senza intesa, coloro a cui dà noia il dileguarsi del presunto antagonismo fra una scienza e una religione da essi non seguita, non creduta, e pur molesta per la minacciosa sua voce, per il dubbio che talvolta li morde al cuore; coloro che hanno paura di guastarsi la fede se ci fanno qualche ritocco e la custodiscono con timore come un gioiello antico, al quale è bene lasciar la vernice dei secoli; coloro cui fu proposto il concetto della evoluzione spiritualista quando FOGAZZARO E L' EVOLUZIONE UMANA

toccavavano l'età in cui le vene e le idee cominciano a ossificarsi; coloro che hanno certa istintiva avversione per i concepimenti troppo vasti, una specie di agorafobia intellettuale; coloro che onorano bensì il Padre universale dei viventi, ma provano di certe conseguenti parentele, un ribrezzo che offenderebbe S. Francesco d'Assisi; coloro finalmente, cui pare poco rilevante, che l'Universo sia stato creato in un modo o in un altro. E questa diga muta e sorda, che bisogna, con l'aiuto di Dio, rompere; perché non vero che importi poco di leggere o di non leggere la magnifica Rivelazione scritta nei graniti delle montagne e sulle ali delle farfalle, sulle acque del mare e nei rivi del sangue, nelle fiamme della nebulosi e in fondo alla pupilla umana. L'uomo che l'apprende, viene a scoprire, con riverenza e stupore, inesplorati abissi del Consiglio Eterno, viene a conoscere sperimentalmente la legge amorosa e terribile che lo ha creato per esserne obbedita per una perpetua gioia e per un perpetuo dolore. E rea la ignoranza di coloro che malamente confondono il fatto della evoluzione con le teorie sui fattori suoi, specie con la più divulgata, il darwinismo, per sostenere che dalla evoluzione discende una morale obbietta e crudele. Maggiore stoltezza giammai fu proferita. Dal tenebroso « Thohuvabohu » della Bibbia in poi la ipotesi della Evoluzione ci mostra un ordine meraviglioso d'infinite operazioni costanti, condotte con occulte, inflessibili norme nell'interno dei corpi gravidi di spirito, condotte con altre ferree norme sull'esterno di essi, cooperando i moti degli astri obbedienti. Ci mostra infiniti propositi, continuamente attuantisi di una volontà la cui vie sono diverse dalle vie degli uomini; ci mostra, invece dei sei giorni miracolosi, un miracolo continuato per lunghissimi secoli in ogni atomo del pianeta, in ogni istante del tempo, e troncato al comparire dell'uomo quando cessa l'ascensione degli organismi e incomincia la libertà dello spirito. Cieco chi si crede onorare Dio negando l'immenso lavoro onde sorse l'uomo, e rifiutando il racconto divino per tenersi alla lettera al racconto di Mose. Nel racconto di Dio cui la scenza va pazientemente decifrando, lettera per lettera, noi non sappiamo ancora leggere come le energie originarie delle cose si trasformassero, in un solenne istante, nella energia vitale: ma incominciamo pere a divinarvi, che questo dovette nel principio accadere, che l' apparire della vita fu atto di evoluzione. Il pensiero moderno inclina a respingere il problema della origine della Vita più indietro nel passato profondo e tenebroso. Tutto induce a credere che nel primo essere vivente si soltanto manifestato un Principio che già prima esisteva nella materia inorganica e che le energie fisico-chimiche sono fenomeni di una vita elementare, di un'animazione universale degli atomi...». CAPITOLO VII. Il lavoro della donna fuori casa — La madre operaia — La necessità del lavoro femminile — L'ideale — La donna negli stabilimenti industriali — Il progresso dei lavoratori — Il matrimonio — L'età degli sposi — Il contratto matrimoniale — Il matrimonio fra gli operai — I vincoli familiari dei lavoratori — Il benessere nella famiglia moderna.

Accennai già che nella famiglia del secolo XIX si è introdotto generalmente un certo benessere materiale , un certo modo meno rozzo, parlando del popolo, di comportarsi. Senonchè (ed è forse ciò che a noi pare un male, una necessità della evoluzione della famiglia) si può dire che sia diminuita la recondita simpatia morale , che siano rallentati gli affetti, per mancanza d' intimità. E la causa della poco intimità in molte famiglie, è, mi pare, la necessità della donna di lavorare fuori di casa. Il lavoro della donna negli stabilimenti industriali, nelle case di commercio, nelle scuole, nei pubblici uffici, e si può aggiungere che pure i così detti doveri di società, hanno contribuito a fare, che i membri della famiglia fossero obbligati a vivere fuori di casa, la maggior parte del giorno, e spesso la sera. Vediamo l'operaia dei grandi stabilimenti industriali, ove guadagna una giornata che contribuisce al benessere materiale della famiglia. Se ha un bimbo in fasce, deve staccarselo dal seno per affidarlo a l'istituto dei bambini lattanti quando c'è, e quando non c' è, alle cure mercenarie di qualche vicina. I figlioletti, che non ancora si reggano saldamente su le gambucce e cianciugliano i loro bisogni ed i loro desideri, li deve mandare agli asili infantili: alla scuola e poi alla scuola e famiglia i più grandicelli, e i ragazzi e le giovinette da mattina a sera. E la sera, tornando dal lavoro , dopo di essere passata a riprendere i piccini, a pena in casa, deve darsi intorno a preparare l'unico pasto che raduna la famiglia. Ed è quella, ordinariamente la sola ora in cui i vari membri della famiglia si trovano; ora, in cui la stanchezza, che non può avere un pronto conforto di riposo , spesso si sfoga in mali umori , in rimbrotti, in lagnanze e peggio. E le fanciulle, operaie o artigiane, commesse o maestre ? ... A che si riduce per esse la famiglia ? ... Al ritrovo di qualche ora, la sera; ora stanca, nella quale non desiderano che il riposo, necessario a la fatica del domani. E pure bisogna benedire al progresso sociale, che offre un lavoro onesto a la madre, a la fanciulla, e con il lavoro rende possibile l'indipendenza e spesso il mantenersi oneste. IL LAVORO DELLA DONNA

La donna che lavora fuori delle mura domestiche, che può entrare nelle carriere professionali, proprio del secolo XIX. C'è ancora in questo secolo alcuno che idealizza l'imagine della donna, che la trasporta al di là del contatto della vita materiale. Per costoro la donna amante, vergine, angelo, giovine, bella, un essere che a pena tocca la terra; i suoi piedi non rasentano la polvere, le sue mani non lavorano; e questa adorazione è un omaggio a la delicatezza del suo cuore, una pietosa cura della debolezza del suo corpo. C’è ancora chi pensa, che solo i popoli selvaggi e i più rozzi dei nostri montanari, possono condannare la donna al duro lavoro. C'è chi pensa, che il titolo di sposa vuol dire una creatura messa al riparo d'ogni pericolo della vita esteriore e cautamente nascosta a l'ombra del focolare domestico. Ora per costoro, aprire le carriere professionali alle donne e strappar loro per così dire le ali d'angelo; obbligarle a camminar nelle fangose vie delle città; un far discendere la vergine dal suo piedestallo ed esporla agli sguardi di tutti. Imporre a la donna le fatiche della vita, obbligare la sposa a la dura lotta della realtà, rapire la grazia a quella, a questa il fascino ideale del pudore, che qualità squisita e armamento. Ma chi ancora idealizza la donna in questa maniera, dimentica una cosa: che la donna deve vivere , provvedere a se stessa e spesso anche a la sua famiglia. Dimentica, che poche sono le donne alle quali è concesso attraversare la vita senza lavoro; che anzi, per la maggior parte, le donne reclamano come un beneficio, come una necessità la sovrana legge del lavoro. Spesso è la stessa condizione di madre di famiglia che loro impone un mestiere, un impiego, un'occupazione continua. Per molte donne è necessario lavorare per aiutare il marito nel sostentamento della famiglia. Per moltissime indispensabile il lavoro, che le rende indipendenti, che le toglie a le mortificazioni di essere d'aggravio a la famiglia. Sicuro; la donna dovrebbe essere l'angelo della casa e non occuparsi che di essa e dei figliuoli. Il bellissimo libro di Jules Simon su l' operaia , mira appunto a questa conclusione: l'uomo solo dovrebbe uscire dalla casa per guadagnare il pane della famiglia; ma questa un'idealità che per ora ben lontana dall'essere realizzata. E forse, chi sa ? ... il sogno che a taluni può parere bello, avrebbe per fine di ripiombare la donna nell'antico stato dal quale si è elevata con tanto stento e in sì lungo seguito di anni ! In una pubblicazione uscita nel 1847, un uomo di cuore mostrava con un linguaggio inspirato dalla pietà e da generoso desiderio, la condizione della donna operaia , esposta a lavoro spesso dannoso a la salute , quasi sempre faticoso per un compenso piccolissimo, sempre o quasi inferiore a quello dell'operaio. Dal 1847 in poi la condizione della operaia e specie dell'operaia dei grandi stabilimenti industriali , si è migliorata , ma certo non abbastanza da salvarla dalla miseria nei momenti non rari di malattia , di gravidanza, ecc. Ora, se per l'operaio la miseria vuol dire fame, per l'operaia vuol dire fame e vergogna. Quante poverette, inasprite dal bisogno, avvilite, disperate, perduta la fiducia in sè, nella società, nella Provvidenza, maledicono al lavoro che non basta a sostentarle, che manca spesso, che la concorrenza loro strappa di mano, e ricordano di essere belle o se non belle, donne ! ... IL PROGRESSO DEGLI OPERAI

Nel secolo XIX si è fatto il possibile di assircurare la condizione degli operai per mezzo di società di mutuo soccorso, di società cooperative, ecc. Ma rimane ancora molto da fare a loro vantaggio; il pauperismo che è il grande probblema della democrazia, è ancora in pieno vigore e se più non dice indigenza, dice la condizione delle classi operaie che non ha altra risorsa se non le braccia e vive a giornata. Quando il lavoro abbonda, la condizione dell'operaio non è cattiva; qualche volta presenta anche qualche agiatezza. Ma se il lavoro manca, è la ruina. La mancanza del lavoro toglie a la famiglia pane e tetto. L'operaio, e sopra tutto l'operaio degli stabilimenti, non è mai sicuro del domani. Per lui la fortuna di migliorare lo stato della famiglia è rara è invece spessissima la probalità della miseria. Il pauperismo non è conseguenza della rivoluzione nè della filosofia come si va ripetendo da parecchi; non è punto vero che nel tempo andato la condizione dell'operaio fosse migliore e più sicura. Al contrario, nulla era più miserabile e incerto della vita degli operai dei quali nessuno o ben pochi si curavano. Gli è che vivevano isolati e dispersi e soffrivano e morivano senza che la società badasse a loro. Oggi gli operai formano una classe considerevole. Una crisi industriale vuol dire la miseria di migliaia e migliaia d' uomini , donne e fanciulli , di intere famiglie. E la stampa se ne occupa, la carità si desta, il governo si inquieta e provvede se può e quando può. E l' interesse generale per il povero che soffre, dice che la società moderna ha per i diseredati una sollecitudine che mancava ai nostri avi, i quali erano indifferenti e qualche volta crudeli per ignoranza.

Come la famiglia é la base della società , così il matrimonio è la base della famiglia. Non si può parlare della famiglia senza dire del matrimonio. Il matrimonio d'oggi non è certo come il matrimonio dei tempi andati IL MATRIMONIO

e nè pure come quello del principio del secolo. Dice Letourneau: « La peur du mariage et de la famille, est le trait particulier de la matrimonialitè d'aujourdhui ». D. A. Bartillon scrive che l'età opportuna per il matrimonio è dai ventidue ai venticinque anni per l'uomo, dai diciannove ai venti per la donna. E osserva che in Inghilterra la maggior parte dei matrimoni si fanno fra uomini e donne prima dei venticinque anni. Ora ciò non succede in Francia e in molti altri paesi. In Italia, per esempio , su 1000 uomini, solamente 232 Si ammogliano prima dei venticinque anni. A Parigi, ove la lotta per la vita è più aspra e la passione del danaro più dominante, abbondano i matrimoni in ritardo; in generale, gli uomini prendono moglie dai quarant'anni in poi, e le donne vanno a marito dopo i trentacinque. Da ciò risulta un quantum più scarso di nascite per ogni matrimonio. Quale è la causa di ciò ? Le crescenti difficoltà della vita, dicono gli studiosi; la paura, che va sempre aumentando, dei crucci e dei disagi; la previdenza spinta al punto da diventare timidezza; un bisogno di agiatezza, del superfluo, del lusso, che nei tempi andati non si conoscevano. Ne viene che i matrimoni sono meno frequenti che per il passato « d'où la pire, la plus honteuse des sèlcction, la rèlaction par l'argent ». Un altro grande moralista inveisce contro ciò che egli chiama « il sistema delle dote » più speciale alle razze latine, poichè viene da Roma, ove, per certo, vi si ricorse in principio per emancipare la donna patrizia dalla dura schiavitù coniugale. Ma il rimedio di una volta è diventato un danno del presente « Et c'est surement, continua il moralista francese « à l'amour de la dot, plus généralment aux beaux yeux de la cassette qu'il faut attribuer toute une categorie de vrais mariages par achat, beaucoup plus communs dans notre pays qu'ailleurs ». In Francia sono moltissimi i matrimoni fra uomini vecchi e donne giovanissime e fra donne vecchie e uomini giovani. Bebel dice, che molto frequentemente oggi il matrimonio è deviato dal suo vero scopo e che per conseguenza, non può essere considerato nè come morale nè come sacro. Il matrimonio è l'unione di due esseri che si mettono insieme per amore reciproco e per raggiungere i fini naturali. Senonchè l'amore e lo scopo spesso, nei nostri tempi, non sono sempre considerati nel matrimonio. Spesso la donna si sposa per avere una posizione, per acquistare indipendenza, qualche volta anche per la smania degli agi materiali e perfino dei divertimenti e del lusso. E l' uomo, non sempre fortunatamente! ... ma certo non di rado, più che dall'amore è tratto al matrimonio dal calcolo materiale. In generale poi la brutale realtà mostra che anche nei matrimoni così detti di amore o di simpatia, i crucci e mille elementi di discordia, entrano a soffocare le speranze e a spegnere l'entusiasmo sognato prima della unione. Non è certo raro lo spettacolo di matrimoni infelici, per la sproporzione che vi si trova fra il dovere e la volontà e la possibilità di compirlo. Il professore Lorenz von Stein, fa del matrimonio del nostro secolo una pittura tutta poetica, anzi fantastica e tale che ritorna la donna allo stato di schiava volontaria. Ecco quanto dice l'illustre professore « L'uomo vuole nella donna IL CONTRATTO MATRIMONIALE

un essere che non solo lo ami, ma che anche lo comprenda. Vuole in lei un cuore che continuamente batta per lui e insieme una mano sempre pronta a tergergli il sudore della fronte; vuole una creatura tutta tranquillità, pace, ordine, che non abbia altro desiderio, altro piacere di quello di rendergli la casa bella e cara; una specie di paradiso, fulgido di luce, soave di profumo, quella luce e quel profumo che vengono dalla donna, raggio e calore della vita domestica... » Nel suo poetico sogno, l' illustre professore canta, mi pare, l' egoismo maschile. Nel matrimonio d'oggi, dicono i moderni pensatori, si sono introdotti dei nemici che spesso contribuiscono a distruggerlo. Il matrimonio è per molti un affare. Basta dire delle agenzie matrimoniali ; basta leggere certi avvisi nella quarta pagina dei giornali; basta sapere di certi mediatori e mediatrici matrimoniali. Nel 1878 ebbe luogo a Vienna un processo contro una mediatrice di matrimoni, per le tristi conseguenze di quella speculazione. In molte famiglie ricche il padre è stappato fuori dalle mura domestiche dalla corsa sfrenata al lavoro che mantiene e procura la ricchezza. La madre è tolta alle cure di madre e di massaia, da mille impegni che sono diventati altrettanti doveri. La non facile occupazione di conservare nella casa il lusso che esige lavorio e studio; le visite da rendere e da ricevere; l'abbigliamento, gli spettacoli, le conferenze di moda, la lettura dei romanzi ; tutta una vita IL MATRIMONIO FRA GLI OPERAI

affannosa. E i figli ? Spesso abbandonati alle bambinaie nella prima infanzia; poi in balia di governanti e precettori o in collegio. Padre, madre, figliuoli, si ritrovano a l'ora dei pasti; e non c'è tempo nè voglia e nè pure si sente la necessità di una mutua continua sorveglianza, d' uno scambio di intime idee, di quel continuo calore di affettuosità e di confidenza, senza il quale nella famiglia i sentimenti non possono fare a meno di raffreddarsi. E il matrimonio fra gli operai ? In generale l'operaio sposa una donna perchè l'ama. Ma nè pure nell'operaio è raro il caso del calcolo nell'unione matrimoniale; egli pensa al vantaggio del lavoro della sua donna e vede nei figli appena grandicelli strumenti di un lavoro che basterà al loro sostentamento. E quante impreviste e improvvise vicende sorgono a turbare la pace del matrimonio fra i poveri ! Vi sono le crisi commerciali e industriali, le guerre, gli scioperi, le nascite dei nuovi figli, che diminuiscono e tolgono il lavoro del padre di famiglia e mettono la madre nell'impossibilità di occuparsi fuori di casa. E tutto ciò inasprisce il carattere e influisce tristamente su la vita domestica, dove la cruda necessità entra per scacciare la modesta agiatezza, la mutua tolleranza, la generosità e spesso la virtù. Non di rado allora l'uomo disperato cerca conforto e oblio nel vino e nei liquori; a l' osteria finiscono gli ultimi risparmi; la casa diventa un doloroso luogo di querele, pianti, rimproveri. E la ruina del matrimonio e della vita di famiglia si compie. Grazie a Dio, non sempre succede così. Vi sono famigliuole fra operai che resistono agli urti della male sorte e con la forza della volontà, l' economia, il buon senso e l'amore, si salvano dalla ruina. E quando il lavoro c'è, e il padre e la madre possono guadagnare la loro giornata ? I figli piccoletti che non possono ancora essere accolti negli asili infantili, sono lasciati in custodia dei fratelli e delle sorelle più grandicelli, che non li possono educare per la ragione che non sono educati. Padre e madre tornano a mezzogiorno per il pasto affrettato; ma non sempre nè tutti tornano; mangiano fuori, per necessità di tempo. Il pasto solo della sera riunisce la famiglia. La madre non ha che la serata per accudire alle faccende domestiche, per badare ai vestiti, a la biancheria, a l'ordine della casa. E il da fare la rende inquieta, irascibile, attrabiliare. I fanciulli fanno il chiasso ed essa li manda bruscamente a letto; poi si dà attorno per le povere stanze; ripulisce, prepara, cuce, rattoppa fino ad ora tarda; e intanto disfoga in mal umore, in lagnanze e in maledizioni, la sua vitaccia faticosa e grama. Il marito, che ha sgobbato il dì intiero, sente il bisogno di un'ora di svago ed esce di casa. Nei momenti di grande lavoro, l'operaio non ha libera neppure la festa; anche quel giorno è tolto a la vita della famiglia ! Spesso deve lavorare delle ore in più assentandosi da casa il poco tempo che di solito vi passa. La sua abitazione è lontana dall'officina ? Si alza il mattino quando i figli dormono ancora sodamente, e torna la sera quando già sono a letto. Alle volte l'officina è così lontana, che l'operaio è costretto a starvi tutta la settimana, non tornando a casa che il sabato sera. Il lavoro della donna e dei fanciulli accresce sempre più, sopra tutto nelle industrie tessili. E donne e fanciulli passano l'intera giornata lontani dalla famiglia. I VINCOLI PAMILIARI DE' LAVORATORI

A Colmar verso la fine del novembre 1873, sopra 8109 operai impiegati nell'industria tessile, vi erano 3509 donne, 3416 uomini e 1184 fanciulli. Nei cotonifici inglesi, nel 1875, su 479,515 operai vi erano 258,667 donne, 38,558 giovinetti e giovinette dai 13 ai 18 anni, 66,900 fanciulli al disotto dei 13 anni, e 115,391 uomini. Quale doveva essere la vita di famiglia di quella povera gente ? Qual è la vita di famiglia di molti operai e operaie della nostra Italia Nei centri industriali il padre è a l'officina, la madre nelle filande, nei filatoi nelle fabbriche tessili; i figli piccoli nelle scuole, i grandi al lavoro; e questo tutto il giorno ed ogni giorno. Il pane in casa non manca, e nè pure il companatico; quello che manca è la vita della famiglia. Scrive herbert Spencer: « Quando con la legge sui poveri si provvide pubblicamente ai bambini che igenitori non potevano o non volevano sostentare adeguatamente , la società assunse funzioni familiari, come fece pure. allorquando prese in qualche modo cura dei genitori non aiutati dai figli. La legislazione ha di recente rallentati i legami famigliari dispensando i genitori dalla cura intellettuale dei figliuoli e sostituendo l'educazione pubblica a la paterna. Ed ha sostituita maggiormente la responsabilità dei genitori con quella nazionale, quando le autorità deputate a ciò, hanno provvisto in parte al vestiario dei fanciulli abbandonati prima che siano in età di poter apprendere, ed han fatto anche frustare, per mezzo degli agenti di polizia, i ragazzi renitenti ad andare a scuola. Questo riconoscere come unità sociale l'individuo piuttosto che la famiglia, è davvero giunto adesso al punto che i doveri paterni dello stato, sono ritenuti da molti indiscutibili. A disgiungere, e sperdere quindi a rallentare gli affetti della famiglia, nel secolo XIX, contribuisce anche l'emigrazione. La popolazione dei paesi inciviliti, nel nostro secolo, si è tanto aumentata, che ha cominciato a trovarsi troppo fitta in Europa. Nello stesso tempo i mezzi di trasporto si andarono perfezionando al punto da facilitare assai l'emigrazione. Nei tempi andati erano pochissimi gli emigranti; solamente nel secolo XIX cominciò la grande emigrazione che porta ciascun anno gli Europei a centinaia di migliaia nei paesi tuttora deserti del Nuovo Mondo. IL BENESSERE NELLA FAMIGLIA MODERNA

Durante la carestia dell'Irlanda, causata dalla malattia nelle patate, dal 1847 al 1853, emigrarono tre milioni d'Irlandesi. Tedeschi, Norvegesi, Inglesi, Irlandesi, Italiani, Francesi, tutti emigrano. Qualche volta le famiglie intiere vanno a cercar fortuna oltremare. Ma più, spesso sono gli uomini soli o anche le donne sole, che se ne vanno. Gli uomini lasciando moglie e figli o i vecchi genitori ; le donne staccandosi dalla loro famiglia. E la lontananza illanguidisce i ricordi e scema o annulla gli affetti più sacri. Vi sono famiglie di contadini ove al focolare non sono che i vecchi genitori. I figli e le figlie se ne sono andati tutti; messe le ali, diventati forti al volo, hanno lasciato il nido deserto. Non manca del tutto il gradito spettacolo della famiglia come il cuore e la ragione la vorrebbero. Ma sono ancora le famiglie ideali. Si trovano là dove la ricchezza non ha introdotto fra le mura domestiche troppe esigenze: troppo lusso, troppa ambizione e vanità. Si trovano là ove il padre di famiglia guadagna abbastanza con il suo impiego e la madre può darsi tutta alle cure domestiche, a l'educazione di figli; si trovano fra i campaguoli agiati, fra i contadini che lavorano la terra propria; fra i piccoli commercianti; fra gli operai che hanno una fucina, una bottega propria. Queste famiglie che il bisogno non disgiunge, che la smania dell'apparire non tocca, che l'emigrazione non diminuisce, sono come verdi oasi nel deserto. L'occhio e il sentimento si fissano in esse e riposano e si confortano. Ma sono molte queste famiglie in questa fine del secolo XIX.? Nel secolo XIX tutto è stato trasformato. La società moderna più non riconosce il diritto d'un uomo sopra un altro uomo; del padrone sul servo, del ricco sul povero; l'uomo, in qualunque condizione si trovi, è libero. Vi ha libertà di coscienza di culto, di parola, di andare e venire dove meglio pare e piace, di scegliere il domicilio, di regolare il proprio modo di vivere; libertà di industria e di commercio; la società contemporanea riposa su la libertà individuale. Dell'antico non sussistono che la famiglia e la proprietà. Ma la famiglia sussiste in modo differente dall'antico. Siamo noi più felici dei nostri avi ? Chi potrebbe affermarlo. ? Per certo la nostra vita è meglio organizzata di quella dei nostri padri Ma come i fanciulli abituati a ogni comodità, agli agi, agli spassi, al lusso, noi ci siamo abituati al meglio e più non ne -sentiamo il diletto. L'educazione ha forse indebolito in noi il senso del piacere. Il lusso adesso non è privilegio di pochi; è entrato più o meno in ogni famiglia. I facili e poco costosi prodotti dell'industria e del commercio sono adesso a la portata di tutti e in ogni casa è entrato il bisogno di un certo benessere dorato detto dagli inglesi « comfort ». Un piccolo borghese di adesso, ha maggiori esigenze di un gran signore dei tempi andati. La vita materiale, l'intellettuale, la sociale : tutto è cambiato. Più la civiltà progredisce e più la sua corsa si fa rapida. Dobbiamo sgomentarci per ciò ? L'umanità ha subito trasformazioni che manco si sarebbero immaginate, e non ha perito. La storia della civiltà insegna ad avere confidenza nell'avvenire: confidiamo!

ANNA VERTUA GENTILE. I DUBBI DEL PADRE - UN ESEMPIO COMMENDEVOLE

— Su cosa dunque giurerete ? — soggiunge il presidente Sopra voi stesso ?... Ritiratevi ; la giustizia non può accettare la vostra testimonianza, poiché nessuno ha diritto d'essere creduto dagli altri uomini se non ha un responso superiore a l'uomo ! … « Colpito dalla profonda osservazione che oggi più che mai una forte disciplina religiosa é il fondamento di una solida educazione, io ho cresciuto mio figlio nel cattolicismo » ! Il caso dell'illustre moralista si ripete spessisimo nelle famiglie del secolo XIX. E si ripete non già fra le persone volgari, ma fra quelle che, a una sana e superiore cultura, congiungono una coscienza delicata, una prudenza affettuosa e previdente, una chiara esperienza della vita. Dal cattolicismo condotte al deismo da un lento lavorio di riflessioni personali e di tempo, esse hanno trovato opportuno e giusto lasciare che i figli seguissero la religione materna con tutte le pratiche imposte dal culto. Ma come accadde a Légouvé, e come racconta lui stesso, i figli un giorno sonocolpiti da ciò, che il padre consenta a tutto quanto la madre desidera infatto di religione e pure consentendo si astiene da qualunque pratica. E in tal caso ?... In tal caso il padre, che ha coscienza delicata e anima retta, che non vorrebbe assolutamente prendere suo figlio in piena fede religiosa per tuffarlo nelle acque gelide del dubbio, versare nell'anima sua, come si versa il veleno, l'amara delusione, frutto dell' esperienza; insegnargli quasi a disdegnare ciò che fino allora ha adorato: il padre cui ripugna una trasformazione, che è piuttosto una deformità morale, convinto non potersi a una fede :sostituirne un'altra, come si sostituisce albero ad albero, si scusa, si difende come può, trovando nel suo cuore di padre, parole e argomenti tali da persuadere senza strappare il figlio a una dottrina che non gli ha fatto che del bene. E il dovere d'un padre è di mirare al bene dei figli, dovesse fare per ciò il sacrificio delle sue aspirazioni. Per mostrare quale fosse il sentimento religioso nelle famiglie durante il secolo XIX, l'unica maniera è di esporre degli esempi quando si offrono opportuni, e di riportare giudizi che non possono a meno di essere sinceri perché dati da persone di alto carattere. Per questo, e a proposito del dovere del padre, ripeto qui un tratto ammirabile d'un uomo venerabile per quanto capo di una delle più celebri scuole materialiste della seconda metà del secolo. Il giorno ch'egli ebbe una figlia disse a sua moglie: « Non voglio che sia battezzata ! Ma la moglie prega e lo persuade. « Sia ! — dice il filosofo fai come meglio ti piace. Educa tua figlia secondo il tuo sentimento e le tue convinzioni. Ma quando ella avrà quindici anni, io le esporrò tutte le mie idee. La madre accetta. La figlia diventa una fanciulla religiosamente e saggiamente educata. Il giorno stesso in cui essa finisce i quindici anni, fedele al patto, la madre con il terrore nell'anima, dice al marito: « Oggi ti condurrò tua figlia: dille quello che vuoi ! « Non le dirò nulla ! — risponde il grande uomo commosso — Tu hai fatto di mia figlia una creatura pia, dolce, buona, affettuosa, felice, e credi ch'io voglia tentare di distruggere tutto ciò ? E perché ? per farle conoscere