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Le strade ferrate in Italia durante il mese di luglio 1854

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Anonimo

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Le strade ferrate in Italia durante il mese di luglio 1854.


La rete delle strade ferrate va ognor più rendendosi fitta in Piemonte. Il prospetto numerico del movimento della via ferrata di Genova che pubblichiamo in questo fascicolo comprende due nuovi tronchi, quello da Torino a Mortara passando per Alessandria e quello da Torino a Susa. Al 9 luglio la linea di Alessandria fu prolungata sino a Novara. L’inaugurazione di questa nuova linea venne celebrata con grandi feste e con un immenso concorso di persone. Il prolungamento della via ferrata da Genova, Torino e Novara ha fatto cangiare tutto l’itinerario dei viaggiatori che vengono o partono per la Lombardia. Le corriere postali dirette per Genova non passano più per Torino, ma si [p. 110 modifica] dirigono unicamente a Novara. Tutti i giorni partono da Milano e vi arrivano tre volte al giorno cinque corriere dirette per la strada ferrata Novarese, per cui il viaggio da Milano a Genova che veniva fatto dapprima in diciotto ore ora può compiersi in sole sette ore. Se poi i viaggiatori sono diretti per la Francia hanno il comodo di poter percorrere il loro viaggio colla strada ferrata da Novara sino a Susa e viceversa, risparmiando così una intiera notte di disagio sulle pubbliche vie.

Anche il nuovo tronco di strada ferrata da Torino a Pinerolo è stato nel mese di luglio aperto ed il concorso dei viaggiatori è piuttosto grande.

Nessuna novità è accaduta nel servizio delle strade ferrate del regno Lombardo-Veneto, non essendo stato aperto alcun nuovo tronco. Anche da noi il comodo delle strade ferrate ha fatto cangiare affatto l’itinerario dei viaggiatori. Gli abitanti di Mantova, a cagion d’esempio, non vengono più direttamente a Milano passando per Cremona, ma preferiscono di andare colla strada ferrata sino a Verona per ripiegarsi verso Milano passando per Desenzano, Brescia, Coccaglio e Treviglio.

Il servizio però della strada ferrata che congiunge Milano con Venezia venne combinato per alte viste di comunicazione fra le parti più grandi della monarchia dalla periferia al centro, che non per i comodi forse troppo locali delle rispettive popolazioni. Vi hanno attualmente corse notturne e corse diurne fatte in ore più che meridiane. Questo servizio di corse mentre giova ai viaggi di lungo corso è sommamente pregiudizievole ai viandanti di breve corso. I viaggiatori a breve tratto si trovano gittati qua e là a mezzo cammino nel più fitto orrore della notte senza alcuna ospitalità e senza alcun conforto. Nella misera topaja di Coccaglio si trovano, per esempio, accatastati a mezza notte centinaja di viaggiatori a cui mancano spesso i mezzi di trasporto per continuare il loro viaggio e devono starsene [p. 111 modifica] accampati a modo di zingari aspettando la buona ventura di una qualche sdrucita carrozza di un povero mastro di posta che non ha sempre voglia di condur gente nelle ore sonnolente della notte. I piccoli mezzi di trasporto sono del tutto cessati, e presso le stazioni intermedie delle vie ferrate non si trovano più che i sepolcrali carrozzoni delle antichissime nostre diligenze, per le quali il viaggiatore bipede è un vero episodio e le grosse balle di merci ne sono la principale tenerezza. Queste colossali compagnie hanno saputo così bene monopolizzare il servizio che se non si aspetta genuflessi la misericordia di un qualche misero posto non si trova più modo di proseguire il viaggio. E per citare un solo esempio ci basti il dire che qualche anno fa si ritrovavano tutti i giorni dozzine di carrozze che trasportavano al dopo pranzo i viaggiatori di ritorno da Milano a Bergamo, ed ora bisogna rassegnarsi a non ripartire che di mattina, oppurre arrischiare il viaggio di notte sino a Treviglio nella speranza di trovare colà, quando si trova, un qualche mezzo di trasporto che a pericolo della vita vi conduca a Bergamo due ore dopo la mezza notte.

Noi citiamo queste strane anomalie le quali ci provano che non sempre i mezzi accresciuti e celeri di comunicazione riescono di universale vantaggio. Essi centralizzano i grandi movimenti e paralizzano i piccoli. La società si mette a correre all’impazzata ed i bisogni continui e vivi del minuto convivere sono negletti e quasi spenti. Se questo sia un civile progresso, non lo sappiamo proprio dire. Questo però affermiamo che i comodi non devono essere un privilegio, ma un beneficio universale. E forse questo beneficio verrà, quando il pungolo del guadagno avrà ridestata l’attività del piccolo speculatore che si accontenta di poco per essere utile a molti.

Un cosiffatto sbilancio ha anche funestato le menti dei poveri di spirito. Il popolo toscano che ebbe sempre il vanto di popolo gentile, ha dato in questo mese una tristissima [p. 112 modifica] prova del fatto doloroso che la gentilezza quando non è accompagnata dalla coltura si tramuta in vera selvatichezza. La Toscana è ora solcata da un buon numero di strade ferrate e le locomotive passano come folgore su que’ solchi ove poco tempo fa non germogliavano che le spiche, o dondolavano su i tralci i grossi pampini delle viti. I viaggiatori benedicono que’ mezzi celeri di trasporto, ma i vetturali avvezzi al privilegio della pubblica locomozione li maledicono. Al popolo grossiero de’ vetturali s’è ora aggiunto il popolo più numeroso e più tranquillo dei contadini. Essi immaginarono nella loro stupida fantasia che la muffa che desola da tre ampi le vigne, proceda dal fumo pestifero delle locomotive. E volendo difendersi da questo nuovo nemico si raccolsero a bande per distruggere le vie ferrate e schiantarne le ruotaje. La pubblica forza ha dovuto proteggere le vie ferrate ed il governo dovette dirigere una circolare a tutti i parrochi perchè dissuadessero i popolani dai loro tristi propositi. Questi atti selvaggi di un popolo detto gentile ci mostrano come poco sia stato fatto in Toscana per dirozzare i campagnoli. Sino a che non vi avranno molte e buone scuole in tutti i villaggi di Toscana, si avrà sempre un popolo che associa all’ipocrisia del galateo tutta la selvatichezza del beduino. Noi esortiamo di nuovo tutti i buoni a propagare in Toscana, come si è fatto in Lombardia, le pubbliche scuole elementari per educare alle verità utili il popolo della campagna. Quando sarà educato al vero, non si lascierà più fuorviare da atti di stolidezza che sono indegni per chi sa di vivere nella patria di Dante e di Galileo.