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182 appendice all’autobiografia

mano qualche denaro, cominciai a comprare libri, e sì per avere inteso che niente è inutile in una biblioteca, come principalmente perchè non avevo idea veruna di buono e di cattivo, gettai per lo più il mio denaro comprando alla rinfusa quanto vedevo nei banchetti1 andando a spasso, condotto dal pedante. Nondimeno comprai in quell’età gli Annali del Muratori e il Dizionario storico di Ladvocat.

«Circa li quindici o sedici anni mi capitò una nota di libri che si vendevano in Cesena dagli eredi di quel vescovo defonto (monsignor Agoselli). Ne scelsi e ne feci venire per il costo di trenta scudi. I libri in verità erano buoni, ma non avevo quattrini per pagarli, e provai angustie crudelissime. Non so come ne uscissi; ma avrò ricorso al rifugio abituale della mia adolescenza, il can. Carlo Leopardi mio prozìo, che mi amava con tenerezza di madre. .     .     .     .     

(In altra Memoria dice: «Venuti i libri, mi trovavo molto angustiato non sapendo come pagarli; e così accade a tutti gl’incauti che fanno prima la spesa, e poi pensano al denaro. I miei congiunti però se n’accorsero, e mi dettero i 30 scudi.»)

«Il sig. d. Pietro Pintucci, buon sacerdote recanatese, fornito di un certo gusto letterario corrispondente al suo esteriore bruttissimo, si era formata una cameretta di libri vecchi ed operettaccie insulse o incomplete, ch’egli comperava per due baiocchi, purché fossero stampate nel 1500. Taluno mi parlò di quel letamaio bibliografico come di un tesoro, ed io sentii che non avrei avuto pace senza acquistarlo. Andai a vederlo, e niente atterrito dall’aspetto di quel sudiciume, giudicai essere ignoranza mia il non conoscerne la preziosità, e mi persuasi che il tempo e lo studio

  1. Nei giorni di fiera e di mercato anche oggidì si vendono libri in Recanati sui muricciuoli e sui banchetti.