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il paradiso delle signore

Di che mai credeva si trattasse? E la predica finiva con degli scherzi sussurrati furbescamente, quando si sentirono dei passi nel corridoio.

Paolina s’era alzata per dare un’occhiata fuori dell’uscio.

— Zitta! la signora Aurelia! Scappo via subito. E voi asciugatevi gli occhi. Non c’è bisogno che lo sappiano tutti.

Quando Dionisia fu sola, si alzò e si forzò a rattenere le lacrime; con le mani, che ancora le tremavano per la paura d’essere trovata lí a non far nulla, richiuse il pianoforte, che Paolina aveva lasciato aperto. Ma sentí la signora Aurelia picchiare all’uscio di camera, e s’affrettò fuori del salotto.

— Come! vi siete levata? — esclamò la direttrice. È un’imprudenza bella e buona, piccina mia. Venivo appunto a sentire come stavate, e dirvi che giú non abbiamo punto bisogno di voi.

Dionisia le accertò che stava molto meglio, e che, anzi, il distrarsi le avrebbe fatto bene.

— Non mi straccherò mica. Mi metterete a sedere, e scriverò gl’inventari.

Scesero. La signora Aurelia, tutta premurosa, l’obbligava ad appoggiarsi sulla sua spalla; s’era certamente accorta degli occhi rossi della ragazza, e le dava sbirciate indagatrici. Doveva sapere ogni cosa.

Quella di Dionisia era una vittoria affatto insperata; aveva finalmente dalla sua tutta la sezione. Dopo essersi per quasi dieci mesi dibattuta fra i tormenti delle principianti senza riuscire a stancare il maligno animo delle compagne, era giunta in poche settimane a dominarle e a vedersele intorno tutte obbedienti e rispet-


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