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Alla luna (Prati)

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Giovanni Prati

Olindo Malagodi 1847 Indice:Prati, Giovanni – Poesie varie, Vol. I, 1916 – BEIC 1901289.djvu sonetti Alla luna (Prati) Intestazione 17 agosto 2022 75% Da definire

Riva e il Garda La passeggiata
Questo testo fa parte della raccolta VIII. Da 'Storia e fantasia'
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I

ALLA LUNA

     Chiusa in vel di puro argento,
occhio e amor del firmamento,
tu m’allegri, e m’impauri
di tua gelida beltá.
          5Colle lingue e coi pugnali
qua si sbranano i mortali,
e tu placida misuri
la celeste immensitá.

     Tu che varchi i mari aperti,
10tu che pendi sui deserti,
tu che assisti a tanta guerra
di superbia e di dolor;
          tu conosci il breve nulla,
che ci attrista e ci trastulla,
15e passeggi sulla terra
senza sdegno e senza amor.

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     Ben cortese e non pudica
ti sognò la fola antica,
e di Latmo i mirti ombrosi
20van parlando ancor di te,
          quando, languida sul petto
dell’ardente giovinetto,
gli recavi i gaudi ascosi
d’un amor che in ciel non è.

     25Ma tu, strania al fallo bieco,
tu ridesti il genio greco,
né dell’ira il cupo istinto
la vendetta t’insegnò;
          e sull’urne di Platea,
30e sui fior di Mantinea,
e sui marmi di Corinto
la tua luce ognor brillò.

     Né giá visiti quei segni
di superbi e morti regni,
35per un senso, qual che fosse,
di tristezza o di piacer.
          Esser pia non ti bisogna,
né tal sei. Ma tal ti sogna
nelle fervide e commosse
40sue fantasme il passeggier.

     Fredda sí, ma pur divina,
la tua luce a noi s’inchina,
e d’un palpito ci scote
malinconico e immortal.
          45Chi nol sente ha sterilito
il pensier dell’infinito:
stranio verme a cose ignote,
polve ed ombra in lui preval.

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     Quante tele e quanti carmi
50tu inspirasti, e bronzi e marmi,
senza amor che a noi ti stringa,
tu romita in grembo al ciel!
          Di Simonide la lira
al tuo lume ancor sospira,
55lá in Termopili solinga
tra le querce e il venticel.

     Pia non sei, ma non sei cruda
tu, di sensi affatto ignuda.
Pur la vergine ti manda
60la notturna sua canzon:
          parla a te del chiuso foco,
di sospiri accende il loco.
Ma la gelida tua landa
non contrista umano suon.

     65Meglio a te. Se errar non godi
sulle antiche ossa de’ prodi,
che fregiâr d’un mondo infranto
col lor sangue i vani altar;
          se il tuo raggio inerte scorre
70sovra il Libano e il Taborre,
dove i cedri al fiero canto
d’Isaia si conturbâr;

     non udisti almen le grida
del fuggiasco fratricida,
75né d’Abel l’estinto viso
i tuoi rai contaminò;
          e, a Getsemani movendo,
ti fu ignoto il bacio orrendo,
che degli angeli il sorriso
80in eterno addolorò.

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     Ahi! quel bacio e quella piaga
d’odio e sangue il mondo allaga;
e tu scherzi, o fortunata,
co’ tuoi raggi in mezzo ai fior,
          85come fossero innocenti
delle colpe de’ viventi.
Ma la rosa anch’ella è nata
rea coll’alba, e a vespro muor.

     Cosí armonica e sincera
90tu sei lá, nella tua sfera!
Sulle nozze, inconscia luna,
sui ferètri egual sei tu;
          lá, da secoli, risplendi;
nulla speri, a nulla attendi;
95muta al mondo, alla fortuna,
al dolore e alla virtú.

     Muta sempre e sempre bella,
tu m’atterri, arcana stella.
Ecco, in faccia al mar che romba,
100il Vesèvo urlando va;
          due cittá la lava inghiotte:
tu ne illumini la notte,
e d’un popolo la tomba
non ti veste di pietá.

     105Strana dea, che valse mai
por su Erina i dolci rai,
sotto i platani tranquilli,
meco in grembo al gelsomin?
          Schiava ad altri, a me rapita,
110ombra e pianto è la sua vita;
e serena ognor tu brilli
tra quei fiori e su quel crin.

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     Tutto muor d’umane tempre;
tu sei bella e giovin sempre.
115Dunque il duol dell’universo
ti fu sempre ignoto duol?
          No. Tu pur, superba dea,
lá nel ciel della Giudea
scolorasti, il dí che asperso
120d’atro sangue apparve il sol.

     Quando Cristo sulle spalle
tolse il legno, e ascese il calle
dei tormenti, e il capo afflitto
nella morte reclinò;
          125in quell’ora irati e folti
si rizzarono i sepolti,
e dei vivi il gran delitto
di terror ti circondò.

     Forse è ver. Da quel momento
130ti fu dato il sentimento;
e tu in ciel pensosa udisti
d’ogni Solima il sospir.
          Forse è vero. Il cor temprando
al tuo raggio arcano e blando,
135si può vivere men tristi,
meno rei si può morir.

     Cara luna, allor ch’io veggio
far le stelle a te corteggio,
e il tuo passo in alto preme
140i sentieri del Signor;
          teco parlo, e tu mi sveli
le armonie di nuovi cieli,
e la cetera mi freme
di mistero e di splendor.