<dc:title> Il Misogallo </dc:title><dc:creator opt:role="aut">Vittorio Alfieri</dc:creator><dc:date>1789-1798</dc:date><dc:subject></dc:subject><dc:rights>CC BY-SA 3.0</dc:rights><dc:rights>GFDL</dc:rights><dc:relation>Indice:Gli epigrammi le satire, il Misogallo di Vittorio Alfieri (1903).djvu</dc:relation><dc:identifier>//it.wikisource.org/w/index.php?title=Il_Misogallo_(Alfieri,_1903)/Epigramma_XIV&oldid=-</dc:identifier><dc:revisiondatestamp>20220709173704</dc:revisiondatestamp>//it.wikisource.org/w/index.php?title=Il_Misogallo_(Alfieri,_1903)/Epigramma_XIV&oldid=-20220709173704
Il Misogallo - Epigramma XIV Vittorio AlfieriGli epigrammi le satire, il Misogallo di Vittorio Alfieri (1903).djvu
Fra Re signori e Re villani, corre
Diversità non lieve,
Benchè un flagel d’Iddio, perenne, e greve,
Sien gli uni e gli altri, e vivano del torre. Chi, nato in trono, non conobbe uguali,
Spesso è il minor di tutti,
Ma il peggior, no; perchè dai vizj brutti
Lo esenta in parte il non aver rivali. Ma chi povero, oscuro e vil si nacque,
S’ei mai possanza afferra,
La lunga rabbia che repressa tacque,
Fa che a tutti i dappiù muova aspra guerra.
Allor la invidia e crudeltà plebea,
De’ Grandi l’arroganza,
Immedesmate entro una pianta rea,
Forman lo scettro orribile di ferro
D’un Re, che in capo ha il pazzo, in cor lo sgherro.