L'abborto

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Giuseppe Gioachino Belli

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L'assegnati Er cane
Questo testo fa parte della raccolta Sonetti romaneschi/Sonetti del 1833

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L’ABBORTO.

     A Ssaspirito in Zassi,1 in d’un boccione
Pien d’acquavita de le sette peste,2
Sc’è a mmollo una cratura co’ ddu’ teste,
Come che ll’arma der ministro Appone.3

     Er cerusico nostro de l’urione,4
Che ste fótte5 le spiega leste leste,
M’ha ddetto ch’è un buscèfolo,6 e cche cqueste
So’ ccose che cce vò la spiegazzione.

     Abbasta, dico, o ssii scèfolo7 o ttonno,
Vojjo vede8 ar giudizzi’ univerzale
Co cquanti nasi ha da rinassce9 ar monno.

     Si n’ariporta dua, bbèr10 capitale
Da paradiso! e ssi uno, er ziconno,
Dico, indove arimane, a lo spedale?

17 ottobre 1833.

Note

  1. A Santo Spirito in Sassia, uno degli ospedali di Roma.
  2. Cioè rettificata, alcool.
  3. Il conte Appony, ambasciatore austriaco presso la Santa Sede.
  4. Del rione. Ogni rione di Roma ha medico, chirurgo e farmacia, per gratuito soccorso de’ poveri infermi.
  5. Queste materie [strane].
  6. Bicefalo.
  7. [Cefalo.]
  8. Vedere.
  9. Rinascere.
  10. Bel.