Lezioni di analisi matematica/Capitolo 18/Paragrafo 110

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Capitolo 18 - Equazioni differenziali, la cui integrazione è ridotta a quella di un differenziale esatto

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Capitolo 18 - Equazioni differenziali, la cui integrazione è ridotta a quella di un differenziale esatto
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§ 110. — Equazioni differenziali, la cui integrazione è ridotta a quella di un differenziale esatto.

) Sia una funzione delle due variabili ; trovare tutte le funzioni della che soddisfano a un'equazione del tipo

                                                                                (1)

equivale a trovare tutte le funzioni definite implicitamente dalla (1).

È chiaro che per tutte e solo le funzioni definite implicitamente dalla (1) si ha che, sostituendo nel primo membro della (1) in luogo di il suo valore e derivando la funzione di che ne risulta, si ottiene lo zero. In altre parole la1

                                                            (2)

vale per tutte e sole le funzioni definite implicitamente dalla (1)

La (2) è un'equazione differenziale ordinaria del primo ordine: tutte le funzioni che la risolvono sono tutte e sole quelle che soddisfano alla 81).

Si abbia ora l'equazione differenziale del tipo:

                                        ,                    (3)

La quale, moltiplicata per , si può scrivere:

                                        .                    (4)

Se il primo membro di (4) è un differenziale esatto, se esiste cioè una tale che:

 ; ,

 [p. 360 modifica]per le considerazioni precedenti tutte e sole le funzioni  della  che risolvono la (3) o la (4) sono le funzioni rappresentate implicitamente dall'equazione

,

dove è una costante affatto arbitraria2.

Esempio.

Si voglia, ad esempio, risolvere l'equazione differenziale ordinaria del primo ordine

                              ;                    (5)

si vogliano cioè trovare tutte e sole le funzioni della , che la soddisfano. Poichè , la (5) si può scrivere moltiplicata per :

.

Il primo membro è un differenziale esatto, poichè:

.

Le funzioni , per cui:

, ,

si ottengono integrando rapporto a e aggiungendo una funzione di tale che la funzione che ne risulta abbia per derivata rapporto a la .

Sarà dunque:

,

essendo tale che:

.

[p. 361 modifica]Ma:

.

Dovrà dunque essere:

,

ossia:

,

cioè:

Sarà dunque:

E le funzioni di che risolvono la (5) sono le funzioni definite implicitamente dall'equazione:

.

dove è una costante arbitraria.

) Se nella (3) la e la sono rispettivamente funzioni della sola e della sola , il primo membro della (4) è certamente un differenziale esatto (§ 90, che hanno per differenziale il primo membro della (4) sono espresse da

.

e le funzioni che soddisfano l'equazione differenziale proposta sono quelle definite implicitamente dall'equazione:

Simili equazioni differenziali si dicono a variabili separate (cfr. § 90, , pag. 299).

Così, ad esempio, si abbia da integrare l'equazione differenziale del primo ordine:

.

[p. 362 modifica]Le funzioni che soddisfano l'equazione differenziale sono date implicitamente dall'equazione:

dove è costante arbitraria.

Risolvendo l'ultima equazione rispetto a si ha:

.

Talvolta, pur non essenso il primo membro della (4) un differenziale esatto a variabili separate, si può con facili artifici ridurlo tale.

Così, ad esempio, si abbia da risolvere l'equazione differenziale:

,

ossia:

.

Dividendo ambo i membri dell'equazione per 3 si ha:

                                        .                         (6)

Colla divisione operata abbiamo ricondotto l'equazione differenziale proposta al tipo precedentemente esaminato, onde, integrando la (6), si ha che le dun<ioni che la risolvono sono date implicitamente dall'equazione:

()

ossia dalla:

.

da cui:

.

[p. 363 modifica]Le funzioni rappresentate dalla formola precedente insieme con la soluzione sono tutte e sole le funzioni che risolvono l'equazione differenziale che ci eravamo proposti di studiare.

In generale si può dire che, se si ha un'equazione differenziale del tipo:

                                        ,                    (7)

dove sono funzioni le prime di e le seconde di , si può facilmente rendere il primo membro della (7) un differenziale esatto a variabili separate, dividendo ambo i membri della (7) per .

Esempio.

Consideriamo la pila di un ponte; ne sia la sezione superiore; sia la distanza di un punto della pila da , e sia la sezione della pila posta alla distanza da . Si richiede talvolta nella tecnica che l'incremento della sezione sia proporzionale al volume

di quella parte di pila, che è racchiusa tra le sezioni poste alle distanze da 4. Sarà perciò:

dove è una costante dipendente dal tipo di costruzione adottato.

Passando al limite per si trova:

,

cioè:

donde:

Poichè per , sarà:

.

[p. 364 modifica]) Altro tipo di equazione differenziale ordinaria del primo ordine, che si può ridurre al tipo precedente, è quello din cui la e a che figurano nella (4) siano funzioni omogenee dello stesso grado .

Ricordo che una funzione si dice funzione omogenea di grado zmath>n</math> se è uguale al prodotto di per una funzione di .

Così, ad esempio: è una funzione omogenea di 2 grado, perchè è uguale a

.

È funzione omogena di grado la

poichè:

Se nella (4):

,

la e sono funzioni omogenee dello stesso grado , è facile indicare un metodo generale di integrazione. Infatti introduciamo la nuova variabile in luogo di , ponendo:

                                                                      (8)

Dividendo la (4) per , i coefficienti di e risultano funzioni del solo rapporto ; cioè si ha un'equazione del tipo:

                                        .                    (9)

Intanto da:

ovvero ,

differenziando si ottiene:

                                                                      (10). [p. 365 modifica]Spstituendo in (9), si ottiene

,

donde, raccogliendo a fattori comuni e , si ha:

che, separando le variabili, diventa:

                                   ,                    (11)

che è a variabili separate, e noi sappiamo quindi integrare.

Sia, p. es., data l'equazione:

.

Posto , essa diventa:

ossia:

.

Integrando si ottiene . Donde e quindi .

) Noi abbiamo visto che la

                                                            (12)

è risolubile mediante quadrature, se il primo membro è un differenziale esatto, e in particolare se le variabili sono separate (o si possono con qualche artificio separare).

Se il primo membro di (12) non è un differenziale esatto, ci si può chiedere se è possibile trovare una funzione delle , che, moltiplicata per esso, lo renda un differenziale esatto. Una tale funzione si dice essere un moltiplicatore di .

È chiaro che, se in qualche modo si può giungere a trovare un tale moltiplicatore, allora la risoluzione, o, come si suol dire, l'integrazione della (12) è ricondotta a calcolare degli integrali indefiniti, cioè è ridotta alle quadrature. [p. 366 modifica]Affinchè sia un moltiplicatore, ossia affinchè sia un differenziale esatto, deve essere:

, ossia:

.

Questa è un'equazione alle derivate partiali per la ; e il problema di risolvere le equazioni a derivate partiali è assai più complicato del problema di risolvere le equazioni a derivate ordinarie.

Il metodo di cercare un moltiplicatore riesce perciò utile solo in casi particolari.

1° Esista, p. es., un moltiplicatore funzione della sola . Essendo in tal caso , la nostra equazione diventa

.

E, affinchè si possa risolvere quest'equazione con una funzione della sola , anche il secondo membro deve essere funzione della sola .

Se così avviene, il problema è dunque ridotto alle quadrature.

2° Così pure, se è costante, non dipende da ; esiste un moltiplicatore funzione della sola definito dalla .

Si può dunque porre ; e l'equazione diventa:

.

Posto , s itrova , dove è una funzione di , tale che , ossia . Le funzioni che soddisfano alla nostra equazione differenziale sono dunque quelle date dalla . [p. 367 modifica]

Esempio.

La qualità di calore data ad una massa di gas ne fa variare o la pressione o il volume , o entrambe le . Se noi, p. es., teniamo costante, varierà la pressione ; il rapporto , ove è la quantità di calore necessaria per far aumentare la temperatura di , + una costante ; il cosidetto calore specifico a volume costante. Sarà dunque ; l'incremento di temperatura è dato da ; cosicchè infine:

.

Così pure, se con indichiamo il calore specifico a pressione costante, sarà:

l'incremento di calore che si deve dare, affinchè il volume del gas (tenuto a pressione costante) aumenti di .

Cosicchè complessivamente

è la quantità di calore necessaria per aumentare rispettivamente di .

Ora noi ci chiediamo: Può essere una funzione di : ossia può una massa di gas, ritornando alle stesse condizioni (di temperatura e di pressione) possedere in ogni caso la stessa quantità di calore) Ciò che sembra la conseguenza più semplice dell'antica ipotesi dell'indistruttibilità del calore.

Se ci fosse, l'espressione sopra trovata per sarebbe un differenziale esatto. Di avrebbe cioè:

ossia

ciò che non è, perchè , e , dove è una costante.

Se non è esatto, noi possiamo cercare di renderlo esatto moltiplicandolo per un moltiplicatore . [p. 368 modifica]Dovrà essere:

ossia

ossia          .

La soluzione più semplice si ottiene, supponendo

;


;


ossia supponendo inversamente proporzionale a e a , ponendo, p. es., . Si ha così che è un differenziale esatto; la funzione, di cui esso è differenziale, dicesi entropia. E ne è ben nota l'importanza termodianmica.

Dicesi abiabatica ogni trasformazione, che non richiede nè assorbimento, nè dispersione di calorico; tali trasformazioni sono quindi definite dalla

ossia dalla .

Separando le variabili si trova , cioè

                                 ,   ,

che ci dà in termini finiti l'equazione di una adiabatica.

Un'applicazione all'equazione .

[p. 369 modifica]Così, p. es., si trovino le soluzioni di

Le soluzioni della , ossia della sono quelle tali che , ossia tali che Le funzioni cercate sono tutte e sole le funzioni di , come è facile verificare.

L'Equazione di Eulero ( cost.)

Posto , tale equazione diventa . Perciò è funzione del rapporto . Altrettanto avverrà di . Perciò . In tal caso si dice che è funzione omogenea di grado n, perchè, moltiplicando x ed y per una stessa costante h, la resta moltiplicata per . Più in generale le soluzioni dell'equazione sono tutte e sole le funzioni omogenee di grado delle , cioè le funzioni del tipo . Infatti se consideriamo come funzioni delle variabili ; ; ; .....; , la nostra equazione diventa , donde ; ; dove (e quindi anche ) sono costanti rispetto alla , e ciop sono funzioni delle sole .

Note

  1. Si suppongono qui, e nei seguenti §§, finite e continue tutte le funzioni, e loro derivate, che si presentano nel calcolo
  2. Più precisamente la deve soddisfare a questa unica condizione, che la sia risolubile rispetto alla . Così, p. es., se per , le sono finite e continue, ed , si può porre . (Cfr. § 84, ).
  3. Questa divisione è lecita (se è generico) supposto . Bisognerà poi esaminare a parte se la (come avviene appunto nel caso nostro) una soluzione della nostra equazione.
  4. Èciò, perchè generalmente l'area di una tale sezione si fa proporzionale al carico complessivo (del ponte e della stessa pila), che gravita su tale sezione. Sulla gravita, p. es., soltanto parte del ponte.