Pagina:AA. VV. - Il rapimento d'Elena e altre opere.djvu/59

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o( XXV )o

Nome, che aveva il giovinetto illustre.
Ma già di Menelao Paride stava
Presso a l’eccelsa Casa, e in lui divina
Grazia brillava: nè sì amabil figlio
Già partorito avea Semele a Giove:
Perdona, o Bacco, che hai per Padre Giove.
Poi ch’era al sommo ancor Paride bello
Ne lo splendor del volto. Elena allora
Le stanze aprendo con la chiave, amiche
A gli Ospiti, passò poi per la sals;
E lui mirando, che a le ornate porte
Si stava, come il vide, ed osservollo,
Nel gabinetto lo condusse ancora;
E lo fece seder su nuovo scanno
D’argento, nè in guardarlo era mai sazia;
Ma sebben di mirar credea da prima
L’avreo figlio di Venere, il Ministro
Del letto nuzial; conobbe al fine,
Che Amor non era non avendo accanto
La faretra de’ dardi. Anche talvolta
Pensava di veder ne la splendente
Serena faccia de le viti il Rege,
Ma poi stordita alzò la voce,e disse:
Forestier, donde sei? Dimmi la Patria
E l’amabile stirpe. Un Re tu sembri
D’invidia degno a lo splendor del volto:
Ma presso a’ Greci io non conobbi certo
La stirpe tua. Ne l’arenosa Pilo,
Ch’è ’l terren di Neleo, tu non dimori,
Poi che Antiloco io vidi e te non mai.
Patria non t’è la graziosa Ftia,