Pagina:Alighieri, Dante – La Divina Commedia, 1933 – BEIC 1730903.djvu/128

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122 la divina commedia

     Mentre che tutto in lui veder m’attacco,
guardommi, e con le man s’aperse il petto,
30dicendo: «Or vedi com’io mi dilacco!
     vedi come storpiato è Maometto!
Dinanzi a me sen va piangendo Alí,
33fesso nel volto dal mento al ciuffetto.
     E tutti li altri che tu vedi qui,
seminator di scandalo e di scisma
36fur vivi, e però son fessi cosí.
     Un diavolo è qua dietro che n’accisma
sí crudelmente, al taglio de la spada
39rimettendo ciascun di questa risma,
     quand’avem volta la dolente strada;
però che le ferite son richiuse
42prima ch’altri dinanzi li rivada.
     Ma tu chi se’ che ’n su lo scoglio muse,
forse per indugiar d’ire a la pena
45ch’è giudicata in su le tue accuse?»
     «Né morte il giunse ancor, né colpa ’l mena»
rispose ’l mio maestro «a tormentarlo;
48ma per dar lui esperienza piena,
     a me, che morto son, convien menarlo
per lo ’nferno qua giú di giro in giro:
51e quest’è ver cosí com’io ti parlo».
     Piú fur di cento che, quando l’udiro,
s’arrestaron nel fosso a riguardarmi
54per maraviglia, obliando il martiro.
     «Or dí a fra Dolcin dunque che s’armi,
tu che forse vedrai il sole in breve,
57s’ello non vuol qui tosto seguitarmi,
     sí di vivanda, che stretta di neve
non rechi la vittoria al Noarese,
60ch’altrimenti acquistar non saría lieve».
     Poi che l’un piè per girsene sospese,
Maometto mi disse esta parola;
63indi a partirsi in terra lo distese.