Pagina:Alighieri, Dante – La Divina Commedia, 1933 – BEIC 1730903.djvu/300

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294 la divina commedia

     e quali agevolezze o quali avanzi
ne la fronte de li altri si mostraro,
30per che dovessi lor passeggiare anzi?»
     Dopo la tratta d’un sospiro amaro,
a pena ebbi la voce che rispose,
33e le labbra a fatica la formaro,
     piangendo dissi: «Le presenti cose
col falso lor piacer volser miei passi,
36tosto che ’l vostro viso si nascose».
     Ed ella: «Se tacessi o se negassi
ciò che confessi, non fòra men nota
39la colpa tua: da tal giudice sassi!
     Ma quando scoppia de la propria gota
l’accusa del peccato, in nostra corte
42rivolge sé contra ’l taglio la rota.
     Tuttavia, perché mo vergogna porte
del tuo errore, e perché altra volta,
45udendo le serène, sie piú forte,
     pon giú ’l seme del pianger ed ascolta:
sí udirai come in contraria parte
48mover dovieti mia carne sepolta.
     Mai non t’appresentò natura o arte
piacer, quanto le belle membra in ch’io
51rinchiusa fui, e sono in terra sparte;
     e se ’l sommo piacer sí ti fallío
per la mia morte, qual cosa mortale
54dovea poi trarre te nel suo disio?
     Ben ti dovevi, per lo primo strale
de le cose fallaci, levar suso
57di retro a me che non era piú tale.
     Non ti dovea gravar le penne in giuso,
ad aspettar piú colpi, o pargoletta
60o altra vanitá con sí breve uso.
     Novo augelletto due o tre aspetta;
ma dinanzi da li occhi de’ pennuti
63rete si spiega indarno o si saetta».