Pagina:Alighieri, Dante – La Divina Commedia, 1933 – BEIC 1730903.djvu/79

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inferno - canto xvii 73

     Lo duca disse: «Or convien che si torca
la nostra via un poco insino a quella
30bestia malvagia che colá si corca»;
     però scendemmo a la destra mammella,
e dieci passi femmo in su lo stremo,
33per ben cessar la rena e la fiammella.
     E quando noi a lei venuti semo,
poco piú oltre veggio in su la rena
36gente seder propinqua al luogo scemo.
     Quivi ’l maestro: «Acciò che tutta piena
esperienza d’esto giron porti,»
39mi disse «va, e vedi la lor mena.
     Li tuoi ragionamenti sian lá corti:
mentre che torni, parlerò con questa,
42che ne conceda i suoi omeri forti».
     Cosí ancor su per la strema testa
di quel settimo cerchio tutto solo
45andai, dove sedea la gente mesta.
     Per li occhi fuora scoppiava lor duolo;
di qua, di lá soccorríen con le mani,
48quando a’ vapori, e quando al caldo suolo:
     non altrimenti fan di state i cani
or col ceffo, or col piè, quando son morsi
51o da pulci o da mosche o da tafani.
     Poi che nel viso a certi li occhi pòrsi,
ne’ quali il doloroso foco casca,
54non ne conobbi alcun; ma io m’accorsi
     che dal collo a ciascun pendea una tasca
ch’avea certo colore e certo segno,
57e quindi par che ’l loro occhio si pasca.
     E com’io riguardando tra lor vegno,
in una borsa gialla vidi azzurro
60che d’un leone avea faccia e contegno.
     Poi, procedendo di mio sguardo il curro,
vidine un’altra come sangue rossa,
63mostrare un’oca bianca piú che burro.